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Inidoneità dei C.V./C.B. e delle quote di emissione ad essere titoli di credito

Parte IV. Natura giuridica dei titoli energetici e delle quote di emissione di gas serra

Capitolo 2. Titoli energetici e quote di emissione come beni giuridici

2.1. Inidoneità dei C.V./C.B. e delle quote di emissione ad essere titoli di credito

La questione inerente la qualificazione giuridica delle quote di emissione e dei titoli energetici

ha finora attratto solo parzialmente l’attenzione della dottrina, il cui sforzo interpretativo ha peraltro

generato soluzioni diverse, finanche radicalmente opposte.

Fra queste, una proposta sostenuta da forte vigore argomentativo è quella volta a identificare

le fattispecie in discorso come titoli di credito (

804

). Siffatta ricostruzione fa leva principalmente

sulla prospettiva circolatoria delle quote e – soprattutto – dei C.V./C.B.. Potendo essere negoziati

separatamente dall’energia e/o dal quantitativo di gas serra sottostanti, essi farebbero riferimento in

maniera cruciale a una possibile distinzione in termini assoluti fra il titolare dell’impianto soggetto

all’obbligo legislativo e la posizione giuridica soggettiva del titolare della quota e/o del certificato

(

805

). Si sarebbe dunque in presenza di un effettivo «documento di un diritto letterale destinato alla

circolazione, idoneo a conferire in modo autonomo la titolarità di tale diritto al proprietario del

documento, e necessario e sufficiente per legittimare il possessore all’esercizio del diritto stesso»

(

806

), sebbene plagiato in un’ottica di mercato, ove «il contesto esiga l’applicazione di regole che

favoriscano la prevalenza delle ragioni dell’acquisto su quelle della titolarità, prevalenza funzionale

all’instaurazione di un mercato di diritti» (

807

). Tale dato sarebbe ulteriormente avvalorato dalla

(804) Per quanto riguarda i C.V., si rimanda in particolare a F. PERNAZZA, I certificati verdi: un nuovo “bene

giuridico”?, cit., 2006, n. 2, 177 ss.; E. PICOZZA – S.M. SAMBRI (a cura di), op. cit., 240 ss..

(805) Cfr. F. PERNAZZA, op. cit..

(806) Questa la definizione di titolo di credito fornita dallo stesso A. ASQUINI, op. cit., 49.

(807) Così l’eminente opinione di P. SPADA, Introduzione ai titoli di credito, Torino, Giappichelli, 1994, 85-91, che richiama il precedente pensiero di F. CHIOMENTI, Il titolo di credito. Fattispecie e disciplina, Milano, 1978, spec. 24 ss., il quale ha per primo suggerito di porre l’attenzione sulla funzione del titolo, inquadrandolo come un vero e proprio “strumento di mercato”, sebbene con particolare riferimento alle necessità dell’individuo circa la fruizione di liquidità

progressiva dematerializzazione dei titoli di credito, a cui si accompagnano – in assonanza con il

sistema delle quote di emissione, dei C.V. e C.B. – un sistema di gestione accentrata e una

movimentazione attraverso registri elettronici e procedure telematiche (

808

).

Ebbene, è mia opinione che una simile ipotesi sia minata da eccessiva eterogeneità (

809

).

Procedendo a un’analisi più approfondita, infatti, si può constatare la mancanza in capo all’oggetto

del presente studio di tutte le caratteristiche fondamentali che tradizionalmente esprimono la

dinamica strutturale (detta anche da alcuni “posizione dualistica”) dei titoli di credito (

810

):

 astrattezza;

 autonomia;

 letteralità (

811

).

In termini generali va anzitutto rimarcato come, al fine della piena configurazione circa

l’elemento fondamentale dell’incorporazione, il diritto incardinato nel titolo di credito non trova

non momentaneamente disponibile, mediante lo scambio contro denaro attuale di denaro che è investito o non accessibile. Approcciando il tema sempre da un versante assiologico, non si possono tacere le parole di T. ASCARELLI, La letteralità nei titoli di credito, in Riv. dir. comm., 1932, I, 238, il quale individua nei titoli di credito l’espressione massima di quella esigenza di «certezza del diritto e sicurezza della sua realizzazione», attuata mediante un processo di semplificazione analitica, frutto tangibile del formalismo giuridico.

(808) Questa prospettiva sarebbe passibile invero di una certa considerazione, nella misura in cui si approcci il fenomeno – prettamente giuridico – dell’incorporazione del diritto nel documento in una logica maggiormente critica, in particolare abbandonando una prospettiva dogmatica, focalizzando invece l’attenzione sulla nozione intrinseca di titolo di credito da intendersi piuttosto, per dirla con illustre dottrina, come «concetto che identifica quelle entità, diverse dalle cose mobili […] cui si è valutato di estendere, con gli opportuni adattamenti, la legge di circolazione delle cose mobili» (F. GALGANO, Dei titoli di credito, nel Commentario Scialoja-Branca, Zanichelli-Foro it., 2010, sub artt. 1992-2027, spec. 13). Per una ricostruzione – anche in chiave diacronica – circa il fenomeno della dematerializzazione cfr. M. CIAN, La dematerializzazione degli strumenti finanziari, in Banca, borsa, tit. cred., 2007, I, n. 6, 641-660 e più in generale supra, p. III, 3.2. Sulle modalità di negoziazione delle quote e dei C.V./C.B. ci si è già soffermati supra, p. II, 1.3 e 2.3. Per altro verso, non si può sottacere in quest’ottica la recente inclusione delle quote di emissione negoziate all’interno dell’EU ETS (EU EUA) fra gli strumenti finanziari da parte della normativa europea sui mercati finanziari – in particolare, la dir. n. 2014/65/UE, c.d. “MiFID 2”. Su questo punto si tornerà diffusamente infra, 2.2.1.

(809) Risuonano infatti nelle argomentazioni dottrinali a sostegno di tale ipotesi ricostruttiva gli elementi portanti della c.d. teoria eterointegrativa dei titoli di credito, volta ad adempiere al non semplice sforzo qualificatorio dell’istituto facendo leva sulla funzione economica a quest’ultimo attribuita dall’ordinamento – o dall’autonomia privata (v. T. ASCARELLI, Sul concetto di titolo di credito e sulla disciplina del titolo V libro IV del nostro Codice, in Banca, borsa,

tit. cred., 1954, I, 381 ss.). In estrema sintesi, secondo questa dottrina andrebbe inteso come titolo di credito

qualsivoglia documento contente un impegno di natura obbligatoria e destinato, anche apparentemente, alla circolazione. Tuttavia, come correttamente rileva F. MARTORANO, Lineamenti generali dei titoli di credito e titoli

cambiari, Napoli, Morano, 1979, 66, tale teoria risulta minata alla base dall’eterogeneità dei dati portanti la struttura

della fattispecie giuridica: “titolo di credito”; ad ogni modo, il connotato della destinazione circolatoria non assumerebbe funzione denotativa della fattispecie, poiché esso è pacificamente rinvenibile anche in altre, quali ad esempio i c.d. titoli impropri, che assurgono a strumenti traslativi di diritti a prescindere dalla loro inclusione nella disciplina sui titoli di credito. Per ulteriori approfondimenti sul punto si rimanda a M. MILLI, Titoli di credito.

Disposizioni generali, nel Commentario Schlesinger, Giuffrè, 2012, 31-32.

(810) La letteratura sul punto è chiaramente ampia e dettagliata. Degna di menzione purtuttavia è l’opinione espressa da P. SPADA, op. cit., 12 ss., il quale denota come le tre categorie indicate non vadano intese necessariamente in maniera rigida.

(811) Dal punto di vista metodologico, in particolare, si farà riferimento diffusamente all’acuta ricostruzione operata da A. ASQUINI, Titoli di credito, Padova, Cedam, 1966, il quale raccoglie tutti gli atti del corso di diritto commerciale dell’Autore sull’argomento e che costituisce tuttora un importante fondamento concettuale con riferimento alla disciplina dei titoli di credito nel nostro ordinamento.

origine nel rapporto giuridico causale a cui l’emissione del titolo si accompagna (rapporto c.d.

fondamentale). Per contro, esso rappresenta una situazione giuridica a sé stante, «correlativo

all’obbligazione nascente dalla creazione e messa in circolazione del titolo» (

812

). Da qui la

costituzione di un rapporto obbligatorio di natura pienamente autonoma rispetto a quello

sottostante, riconducibile alla funzione costitutiva dell’obbligazione cartolare cui fa riferimento il

titolo (

813

).

Siffatta distinzione tuttavia non è riscontrabile con riferimento alle fattispecie delle quote di

emissione e dei C.V./C.B.

Ciò si desume primariamente nel procedimento che porta alla loro genesi dal punto di vista

giuridico – elemento cruciale anche per l’individuazione dei titoli di credito, con riferimento al ciclo

del rapporto cartolare. Sia le quote sia i titoli energetici trovano infatti creazione in un

provvedimento della P.A. (

814

), volto specificamente ad includere un determinato soggetto nel

relativo meccanismo, peraltro determinando anche il numero di quote e/o certificati da assegnare in

relazione a ogni singolo impianto o progetto (

815

). Ammesso e non concesso dunque che s’intenda

qualificare il succitato provvedimento della pubblica autorità come iusta causa traditionis idonea a

trasferire il diritto reale sul “titolo-quota” o “titolo-C.V./C.B.”; ad ogni modo ciò non permette di

sormontare il rilievo – senza dubbio dirimente – che la stessa ontologia delle quote e dei titoli

energetici è il fulcro del rapporto giuridico in cui questi trovano fondamento logico-causale, anziché

una mera rappresentazione. Le quote di emissione rappresentano «il diritto ad emettere una

tonnellata di biossido equivalente di CO2

2

per un periodo determinato» (

816

); i C.V./C.B. d’altra

parte vengono definiti come «diritti di cui al comma 3 dell’art. 11 del decreto legislativo 16 maro

(812) Non è questa la sede per soffermarsi compiutamente sul concetto di incorporazione, su cui si è spesa nel tempo la massima dottrina civilistica italiana. Ritengo purtuttavia valevole di menzione il rilievo che la stessa incorporazione va vista come una vera e propria metafora giuridica, da non estendere fino a identificare l’essere (i titoli di credito) con il dover essere (cose mobili). Detto altrimenti, se da una parte è vero che il diritto disciplina il titolo di credito come se fosse una cosa mobile, tale qualifica rimane tale solamente in senso astratto, di modo da rendere ingiustificabile l’assoggettamento tout court al regime previsto per le cose mobili.

(813) Come noto, poi, il grado di astrazione può avere differente portata, a seconda che il titolo faccia riferimento alla causa del rapporto che ha dato luogo alla sua emissione, ovvero non presenti alcun collegamento con il suddetto rapporto di origine: da qui la fondamentale distinzione rispettivamente fra titoli causali e astratti.

(814) Come si vedrà meglio infra, 3.1, infatti, il provvedimento attraverso il quale avviene l’individuazione di una determinata impresa o un determinato impianto nel sistema EU ETS o in quello dei C.V./C.B. in quanto tale va identificato come un’autorizzazione con funzione di verifica di presupposti e requisiti legali, anziché ravvisare l’instaurazione di un rapporto di natura concessoria fra l’autorità pubblica (che emette le quote e/o i titoli energetici) e il privato.

(815) A questo va aggiunto, per quanto concerne nello specifico le quote di CO2, che il rilascio ai singoli impianti viene comunque a concretarsi in un diverso provvedimento amministrativo, ossia l’annotazione delle medesime nel conto proprietà di ciascun soggetto obbligato (cfr. sul punto la disamina di E. LUCCHINI GUASTALLA, Il trasferimento

delle quote di emissione di gas serra, in NGCC, 2005, II, 288). Sulla questione – per nulla secondaria – circa il rapporto

intercorrente fra i provvedimenti amministrativi menzionati e la natura delle quote, C.V./C.B. Anche su questo punto si tornerà approfonditamente infra, 3.1.

1999, n. 79»e «[I]l documento attestante il risparmio energetico riconosciuto» (

817

); pertanto, sia le

quote sia i titoli energetici rilevano se ed in quanto ad essi è possibile far corrispondere un

quantitativo di: gas serra rilasciati nell’atmosfera come conseguenza dell’attività industriale; energia

prodotta da fonti rinnovabili/risparmiata mediante progetti di efficienza energetica. Le quote e i

certificati circolano espressamente in ragione dell’esatto adempimento dell’obbligo legislativamente

imposto in capo ai soggetti obbligati. La loro esistenza è comunque subordinata a eventuali

successivi provvedimenti ablativi o modificativi da parte della P.A., a seconda delle vicende che

influiscono sul mercato tanto dal lato della domanda, quanto da quello dell’offerta (

818

).

Non si verifica dunque l’astrazione del rapporto cartolare rispetto al rapporto fondamentale,

giacché la circolazione del primo potrebbe avvenire solamente in virtù dell’esatto adempimento del

secondo; e quindi i vizi di quest’ultimo non si potrebbero ritenere scevri dal produrre effetti sul

medesimo rapporto cartolare (

819

). In altri termini, non si può ravvisare una separazione fra

posizione creditoria e posizione reale, rispettivamente collocata nei confronti del sottoscrittore

(rectius: il soggetto obbligato cui vengono assegnate le quote o i certificati) e del documento, non

andando le stesse quote e i C.V./C.B. a rappresentare un strumento volto ad attestare l’obbligazione

del sottoscrittore a compiere una determinata prestazione in capo ad altro soggetto – in questo caso,

astrattamente, la P.A. che verifica l’adempimento dell’obbligo legislativo cui soggiace l’emissione

delle quote o dei certificati (

820

). Essi non rappresentano quindi alcun diritto a una determinata

prestazione che possa essere pretesa nei confronti dell’emittente ai sensi dell’art. 1992 cod. civ.

(

821

).

Allo stesso modo, negli strumenti in esame non è riscontrabile l’altrettanto fondamentale

caratteristica dell’autonomia. Essa trova a sua volta ragione nella tradizionale scissione fra:

titolarità del diritto cartolare incorporato nel titolo, collegata al diritto di proprietà sul documento e

dunque oggetto di acquisto a titolo originario, salva l’eccezione di dolo generale (artt. 1993-1994

cod. civ.); legittimazione all’esercizio del diritto medesimo, intesa invece come «il potere di

esercitare il diritto cartolare e di disporne», prescindendo dalla titolarità del diritto e dalla proprietà

(817) V. rispettivamente gli artt. 2, comma 1, lett. o) d. legis. n. 387/2003 e 3, comma 1, lett. a), d.m. 11 gennaio 2017. (818) Sotto questo profilo, basti pensare a due fattispecie: la modalità di rilascio dei C.B. a consuntivo, ove l’emissione viene ricondotta a una verifica ex post circa la quantità di energia effettivamente oggetto di risparmio mediante processi di efficienza energetica, cui può conseguire un provvedimento ablativo della stessa P.A.; la facoltà in capo all’autorità pubblica, ai sensi dalla recentissima modifica alla direttiva emissions trading (n. 2003/87/Ce), di costituire una “riserva” di quote per compensare eventuali fluttuazioni inaspettate dei prezzi di mercato.

(819) A tale conclusione altresì giunge – seppur limitatamente ai C.V. – V. COLCELLI, Profili civilistici del mercato dei

Certificati Verdi, cit., 30.

(820) Il tutto può essere ben rappresentato con l’espressione di A. ASQUINI, op. cit., 38, il quale identifica il titolo di credito altresì nel «[…] documento di un estratto unilaterale di rapporto giuridico, stilizzato e standardizzato negli elementi letterali più semplici per essere idoneo a circolare come documento rappresentativo del diritto corrispondente» (corsivo originale).

(821) Concordi sul punto G. BONARDI – C. PATRIGNANI, Energie alternative e rinnovabili, Milano, IPSOA, 2010, 542.

del titolo, ma anzi facendo riferimento alle «forme esteriori del possesso stabilite dalla legge» (art.

1992 cod. civ.).

Sotto questo profilo, due sono gli aspetti di fondamentale importanza da porre in evidenza. In

primo luogo, il trasferimento della titolarità degli strumenti in discorso avviene previo controllo da

parte di un soggetto terzo (ad es., il G.S.E.), il quale verifica tutte le transazioni avvenute sia nei

mercati organizzati sia mediante i c.d. contratti bilaterali, procedendo dunque ad iscrivere

tassativamente ogni quota/C.B. negli appositi registri (

822

). In secondo luogo, e in via più generale,

nel caso in analisi a circolare non è tanto una situazione giuridica soggettiva configurabile come un

diritto di credito, quanto un diritto reale insistente su una cosa in senso giuridico – la quota di

emissione e i C.V./C.B. – invero espressione di un’entità pregiuridica – una tonnellata di CO

2

, un

MWh di energia elettrica, un TEP di risparmio energetico – la cui negoziabilità a titolo oneroso

attribuisce loro un chiaro valore patrimoniale (

823

). A fronte dell’alienazione dei titoli, non vi è di

principio alcun mutamento nella posizione giuridica dei contraenti, i quali rimagono sempre e

comunque soggetti ai regimi autorizzatori proprî della partecipazione al mercato a prescindere dal

numero di quote e/o certificati di cui essi risultino proprietari (

824

).

Infine, l’apparato concettuale che costituisce la struttura portante della teoria dei titoli di

credito non prescinde dall’idea che il diritto cartolare, separato da quello scaturente dal rapporto

(822) Sul punto si ritornerà dettagliatamente infra, 3.2.

(823) Cfr. V. JACOMETTI, op. ult. cit., 428-429. Argomento ulteriore, ancorché laterale rispetto a quelli finora riportati, è quello per il quale le quote e i titoli energetici non sono invero precipuamente destinati alla circolazione: il soggetto obbligato infatti, una volta ottenuti quest’ultimi dall’autorità pubblica, ben potrebbe decidere di non partecipare alle negoziazioni, nella misura in cui se ne intende servire esclusivamente per ottemperare all’obbligo legislativo di riferimento. D’altra parte, va specificato che tale dinamica subisce inevitabilmente forte influenza dall’andamento del prezzo di mercato unitario, a sua volta sostanzialmente indirizzato nelle sue oscillazioni dalla disponibilità di quote rispetto alla domanda.

(824) Va ad ogni modo segnalato come tale assunto sia suscettibile di porsi in contraddizione rispetto a uno dei pochissimi riferimenti normativi presenti nella disciplina europea con riferimento al meccanismo traslativo delle quote di emissione. L’art. 40, par. 4 reg. n. 389/2013/UE che istituisce il registro unionale dell’EU ETS infatti prevede che: «[C]hiunque acquisisca e detenga in buona fede una quota o un’unità di Kyoto acquisisce la titolarità della quota o dell’unità di Kyoto indipendentemente dagli eventuali vizi di titolarità del cedente» (corsivo mio). Tale formulazione rieccheggia innegabilmente tanto quella dell’art. 1994 cod. civ., quanto quella dell’art. 1153 cod. civ. laddove attribuisce massima tutela all’acquirente di buona fede. Tuttavia, essa va considerata estranea agli scopi della presente trattazione al lume di rilievi interpretativi letterali e sistematici. Sotto il primo profilo, non si ritiene di poter attribuire al termine “titolarità” un significato rilevante per le norme del codice civile in materia di titoli di credito, atteso che da un confronto con la versione originale in lingua inglese e francese si denota il ricorso a una tassonomia – rispettivamente, “title” e “titre de propriété” – ad esso non strettamente speculare in ottica concettuale. Sotto il secondo profilo, la disposizione in esame è collocata in un corpo di norme dedicato appositamente all’efficacia dell’iscrizione nel registro delle quote di emissione, anziché asservente una funzione definitoria generale (art. 2); vieppiù lo stesso Considerando n. 8 al reg. n. 389/2013/UE provvede espressamente a menzionare il tema della tutela dell’acquirente in buona fede come elemento importante per «ridurre i rischi connessi all’annullamento delle operazioni inserite nel registro e le conseguenti turbative del sistema e del mercato che tale annullamento potrebbe causare», fermo restando il diritto in capo al titolare di ogni conto iscritto nel registro, oppure a un terzo, di «far valere diritti o crediti […] riconosciutigli per legge ai fini di recupero o restituzione in relazione a un’operazione immessa in un sistema […] purché ciò non comporti l’annullamento, la revoca o il ricalcolo dell’operazione». Pertanto, come sottolinea altresì G. BELLANTUONO, I

contratti dell’energia: mercato al dettaglio; fonti rinnovabili; efficienza energetica, cit., 1390, tale disposizione ricopre

al più la funzione di assicurare definitività alla circolazione delle quote, bensì non ostando a diverse opzioni definitorie da parte degli Stati membri. Sulla questione, con riferimento alla funzione della registrazione ai fini dell’attribuzione traslativa delle quote, ci si soffermerà infra, 3.1.1.

giuridico fondamentale, debba comunque trovare limitazione nella dichiarazione cartolare, «dal

contesto letterale del titolo» (art. 1993, comma 1 cod. civ.). Le risultanze di quest’ultimo segnano

pertanto al contempo il contenuto e i limiti della pretesa azionabile dal titolare (

825

). Al contrario,

dall’analisi delle fattispecie oggetto della presente ricerca non si possono riscontrare in sostanza

elementi utili a individuare alcuna presunta obbligazione cartolare (

826

). Ma soprattutto, l’elemento

della letteralità trova fondamento ineludibile in quello dell’autonomia, donde la funzione costitutiva

che la redazione del documento esercita rispetto al diritto cartolare (

827

). Attesa dunque la sopra

rilevata caducità del prius logico relativo all’impossibilità di separazione fra rapporto fondamentale

e rapporto cartolare, anche tale requisito si deve ritenere assente con riferimento sia alle quote di

emissione sia ai titoli energetici (

828

).

Permane infine un aspetto, di non secondaria importanza. Il requisito della letteralità, unito a

quello dell’autonomia cui è informata la separazione fra titolarità e legittimazione del titolo di

credito, ha condotto dottrina e giurisprudenza ad estendere alla materia in discorso l’applicazione

del principio consensualistico ex art. 1376 cod. civ. (

829

). Da ciò consegue che – almeno in linea di

(825) Cfr. A. ASQUINI, op. cit., 70. Sul punto si rimanda inoltre fra gli altri a F. MARTORANO, Titoli di credito. Titoli

non dematerializzati, nel Trattato Cicu-Messineo, XVII, 1, Giuffrè, 2002, 70 ss. e A. DI AMATO, I titoli di credito, nel Trattato di diritto privato, diretto da RESCIGNO, 5, Torino, Utet, 1985, 442. Secondo la stessa tassonomia di A.

ASQUINI, op. cit., 97-98, il medesimo carattere della letteralità andrebbe distinto a seconda che i titoli: presentino tutti gli elementi idonei a individuare la pretesa cartolare (c.d. titolo a letteralità diretta, o completi); richiamino attraverso un rinvio esplicito o implicito altri documenti il cui contenuto si rivela essenziale per determinarne il diritto cartolare (c.d. titolo a letteralità indiretta, o documenti di rinvio), cui sono stati ricondotti in particolare i titoli rappresentativi di merci, nonché quelli azionari e obbligazionari.

(826) Le quote di emissione e sui C.V./C.B. ccontengono al più riferimenti a uno specifico al periodo d’obbligo, cui è limitata la loro validità – e, verrebbe da dire, la loro negoziabilità: cfr. infra, 3.2.2..

(827) Così si esprime autorevolmente T. ASCARELLI, op. ult. cit., 247-248. Cfr. sul punto inoltre la chiara esposizione di G.U. TEDESCHI, voce «Titoli di credito», cit..

(828) Ponendoci in doveroso ossequio rispetto all’elasticità di pensiero che deve permeare l’analisi dei titoli di credito,è necessario sottolineare come anche in questo caso il requisito della letteralità possa essere presente anche in mancanza di una completezza del titolo, purché sussista un rinvio a un qualsiasi documento soggetto a pubblicità legale o agevolmente accessibile al portatore del titolo, cui dev’essere garantita una facile determinazione circa il contenuto del proprio diritto cartolare (cfr. sul punto, con riferimento ai titoli rappresentativi di merci M. LIBERTINI, Profili

tipologici e profili normativi nella teoria dei titoli di credito, Milano, Giuffrè, 1971); nonché a una certa individuazione

circa la prestazione dovuta dal debitore, atteso che il requisito in parola opera prevalentemente a favore di quest’ultimo

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