Parte IV. Natura giuridica dei titoli energetici e delle quote di emissione di gas serra
Capitolo 1. L’emersione della proprietà funzionale
1.1. La proprietà funzionale e i mercati artificiali. Il modello di efficienza economica
Raccolti tutti i dati teorici ed empirici di riferimento nei capitoli che precedono, si giunge
quindi al cuore della presente ricerca.
Si è già detto ampiamente circa le particolarità che caratterizzano i c.d. mercati di carbonio e
dei titoli energetici (cfr. supra, p. II); si è altresì messo in guardia circa possibili traiettorie che
l’analisi giuridica civilistica potrebbe (rectius: dovrebbe) percorrere nell’ottica di fornire
inquadramento sistematico a nuove fattispecie, frutto di mutate esigenze e un ben più complesso
apparato di produzione di regole che pongono in crisi le categorie tradizionalmente avvicinate al
carattere dell’assolutezza e dell’intangibilità (cfr. supra, p. III, 1).
Ebbene, l’afflato logico-sistematico finalizzato all’inquadramento dogmatico delle quote di
emissione e dei C.V./TEE non può prescindere dall’analisi circa il riferimento in termini
giuridico-soggettivi che opera alla base del sistema costituito dai mercati per l’ambiente.In altre parole, urge
sottoporre all’attenzione il quesito attinente non tanto all’ontologia delle entità oggetto di
negoziazione, quanto alla peculiare tipologia di diritto soggettivo cui quest’ultime si attagliano.
L’individuazione della situazione giuridica soggettiva sottostante quella di appartenenza
rappresenta infatti un passaggio consustanziale all’esatta collocazione negli schemi concettuali
esistenti nell’ideale trasmigrazione da situazione soggettiva complessa a situazioni semplici (
740). In
particolare, al fine di identificare quella situazione statica (o finale) che adempie la funzione di
tutela degli interessi del soggetto, i.e. di assicurare una relazione di utilità tra soggetto e oggetto del
rapporto giuridico (
741).
Si può dunque esordire propugnando la tesi che, con riferimento ad entrambe le fattispecie
oggetto di studio, la situazione giuridica soggettiva in discorso si identifica nel diritto di proprietà
(
742). Pare infatti difficilmente revocabile in dubbio il rilievo che, sebbene all’esito di un
procedimento amministrativo (cfr. infra, 3.1), il diritto attribuito al soggetto titolare dell’impianto
ammesso all’ETS (come al sistema dei titoli energetici) incorpori tutti gli elementi strutturali tipici
dell’istituto dominicale ex art. 832 cod. civ.: la facoltà di godimento; la facoltà di disposizione; lo
ius excludendi; l’assolutezza, intesa come non sopportazione di limitazioni derivanti dalla
(740) Cfr. M. COMPORTI, Dei diritti reali in generale, in Trattato Cicu-Messineo, II ed., Giuffrè, 2011, 43 ss.. (741) Idem, 45.
sussistenza di altri diritti del medesimo tipo sulla res – corporales o incorporales – di cui è oggetto
(
743).
Tuttavia, non può sottacersi il fatto che l’evoluzione teorica recente ha individuato
nell’oggetto della proprietà – con i suoi caratteri economici, sociali e strutturali – un elemento atto a
orientare le scelte che a loro volta ne determinano le facoltà e ne indirizzano l’esercizio; sì
plasmando di volta in volta la facoltà di disporre e godere indicata nella tradizionale nozione
codiscitica dominicale (
744).
Invero, da un’analisi più attenta e analitica del concetto di proprietà, se ne possono palesare
ben più numerosi e diversificati elementi costitutivi. Richiamando uno schema che U. Mattei ricava
brillantemente da un’analisi comparata dei pensieri di Hohfeld ed Honorè (
745), essi possono
relazionarsi a:
Il diritto al possesso esclusivo;
Il diritto al godimento personale;
Il diritto a controllare e monitorare l’uso che altri fanno della risorsa scarsa oggetto del
diritto;
Il diritto alla rendita derivante dall’uso altrui;
Il diritto sul valore del capitale, incluso quello di alienarlo, consumarlo o distruggerlo;
Il diritto alla sicurezza della situazione proprietaria;
Il diritto alla trasmissione gratuita inter vivos o mortis causa;
L’assenza di condizionamento su tale diritto;
Il dovere di usare la risorsa scarsa in modo da non danneggiare gli altri;
L’esposizione della risorsa scarsa ad esecuzione forzata in caso di inadempimento;
I diritti residuali dovuti all’elasticità del dominio.
Il carattere di assolutezza, tuttavia, porta con sé un ulteriore elemento strutturale di cui non va
pretermessa la menzione: la generale assenza di vincoli e limiti imposti dall’ordinamento giuridico,
(743) Cfr. in tal senso S. PUGLIATTI, La proprietà nel nuovo diritto, cit., 135-136, ove l’A. illustremente rimarca che “[Q]uesta capacità di espansione, questa tendenza al totale assorbimento di tutte le possibilità di utilizzazione della cosa, costituiscono, positivamente, la sostanza del diritto di proprietà”. Sul punto si rimanda inoltre agli eminenti rilievi di S. RODOTÀ, Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni, cit., 93 ss. e C. SALVI, Il contenuto
del diritto di proprietà, nel Commentario Schlesinger, Giuffrè, 1994, sub art. 832, 34.
(744) Cfr. C. TENELLA SILLANI, Panoramica del diritto di proprietà, in AA.VV., Fra individuo e collettività: la
proprietà nel secolo XXI, Atti del convegno dell’Osservatorio Giordano Dell’Amore sui rapporti tra diritto ed economia
tenutosi a Milano, 8 novembre 2012, Milano, Giuffrè, 2013, 53-68, spec. 55.
(745) Cfr. U. MATTEI, La proprietà, cit., 147, il quale rimarca la vocazione universale dell’elaborazione teorica di Honorè, esaurisce la sua pur importante funzione a livello di schema concettuale-organizzativo del discorso sulle prerogative proprietarie.
per la quale libertà del proprietario circa l’utilizzo e sfruttamento del bene e interventi restrittivi da
parte dell’ordinamento devono necessariamente porsi in rapporto di regola-eccezione (
746).
E sotto questo profilo, viene in aiuto il fondamentale rilievo che nella dimensione moderna
della proprietà privata nuovi profili guidano le conformazioni legislative o volontarie del diritto,
diversificando gli statuti proprietari. Essi possono consistere in: le qualità strutturali e funzionali dei
beni; la loro destinazione economica; il valore culturale, etico o ambientale che nei medesimi si
esprime. Di conseguenza, il parametro assiologico principe a cui ricollegare il vaglio in merito
all’opportunità circa il ricorso al regime di appartenenza privata è fondamentalmente legato
all’utilità che i beni generano, in considerazione della pluralità di interessi – individuali e collettivi,
pubblici e privati – connessi alla loro fruizione (
747).
In dato contesto, è stato correttamente sottolineato il ruolo di scienziato sociale che dev’essere
ricoperto dall’interprete. Egli deve osservare i comportamenti degli individui e dei soggetti
giuridici, ricavandone quei caratteri condivisi e innovativi che ineludibilmente si riversano sul
modello proprietario. Modello la cui unità – come ampiamente osservato nei paragrafi precedenti –
è ad oggi posta in forte crisi da una serie di elementi giuridici ed extra-giuridici, che invece ne
reclamano un cambiamento dal punto di vista paradigmatico (
748).
A questo punto, il nostro quesito di partenza si colora di nuovi elementi fondamentali, virando
quindi verso l’individuazione circa una peculiare tipologia e delineazione della fattispecie
dominicale.
(746) Acquisirebbe carattere di mera digressione retorica soffermarsi in questa sede sulla natura di tale concezione, ad oggi concepita come liberale, ma che attinge il proprio fondamento gnoesologico nel pensiero giusnaturalista di Grozio e Pufendorf, nonché dalle posizioni filosofiche di Hobbes e Locke, per il quale la prospettiva della proprietà-disposizione sarebbe espressione dell’uomo libero e autonomo da ogni vincolo giuridico precedentemente incardinato nella visione medievale della proprietà-godimento. Cfr. sul punto, con riferimento al carattere assoluto del diritto di proprietà, la chiara trattazione di C. SALVI, op. ult. cit., 33 ss.
(747) D’altra parte, il medesimo aspetto si rivela fondativo rispetto al mercato. Concordando con la brillante ricostruzione di N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, Laterza, 2003, 97-98 e in contrapposizione al pensiero naturalista economico, il mercato stesso non può costituire un locus naturalis, preesistente rispetto alla norma giuridica e indipendente da essa, bensì un locus artificialis, un sistema di relazioni governato necessariamente dal diritto, nonché dalle scelte politiche che informano la sua produzione in un dato contesto storico e che ne seleziona analiticamente gli interessi rilevanti. E ciò viene svolto ricorrendo primariamente all’individuazione di criteri determinativi delle singole proprietà, dell’appartenenza delle cose e dei beni che fungono da oggetto allo scambio economico, che il dirito rende tale mediante la qualificazione giuridica, l’attribuzione di un’efficacia vincolante e per la predisposizione di rimedi e sanzioni, forme di garanzia patrimoniale e responsabilità patrimoniale (Idem, V-VI). Quest’ultimo aspetto in particolare è bene messo in evidenza dall’A. in ID., Le categorie giuridiche della
globalizzazione, in Riv. dir. civ., 2002, n. 5, in cui si rimarca come le spinte globalizzatrici del mercato, pur anelanti dal
punto di vista filosofico al formalismo e all’arbitraria artificialità dello spazio giuridico kelseniano, informato alla mera collocazione topografica della norma – in contrappunto alla teoria del nomos di Carl Schmitt, per la quale lo spazio diventa elemento costitutivo del diritto – si continuano a necessitare l’intervento salvifico dello Stato, quale unica formazione politico-giuridica in grado di «difendere e attuare regole giuridiche mercé l’esercizio della forza».
(748) Cfr. sul punto l’acuta trattazione di A. QUARTA, Non-proprietà. Teoria e prassi dell’accesso ai beni, Napoli, ESI, 2016, 279 ss., la quale pone l’accento sul fatto che la proprietà andrebbe analizzata ribaltando il punto focale dell’indagine dal diritto di esclusione a quello di inclusione, al tema dell’accesso ai beni, così annoverando il medesimo diritto dominicale fra potenziali strumenti risolutori circa conflitti sociali. Alcuni spunti legati a questa elaborazione di principio saranno peraltro ripresi infra, 1.3.
Per dare una risposta a questa domanda bisogna partire dall’asserzione, già ampiamente
verificata dalla dottrina, che sia sempre esistito un nesso inscindibile fra la struttura di un sistema
economico e quella degli assetti proprietari. Ne consegue che ogni modifica occorrente al primo
genera nuovi rapporti costi-benefici che influenzano lo sviluppo dei secondi (
749); che al diritto
dominicale viene primariamente conferita la funzione di internalizzare le esternalità generate
dall’utilizzo di risorse scarse (
750); così mediando i conflitti fra individui e incoraggiando i soggetti
a lavorare e negoziare, anziché combattere, onde portare vieppiù a realizzazione i loro desideri (
751).
Allo stesso tempo, sempre aderendo a una prospettiva influenzata dall’analisi economica, pare
innegabile che il diritto dominicale sia costantemente soggetto a forze centripete, volte alla sua
frammentazione, anziché riconduzione unitaria (
752). L’ordinamento cerca di reagire a queste forze,
per lo più introducendo regimi volti a loro volta a ricreare il contesto idealmente generato
dall’autonomia privata in assenza di costi transattivi (
753).
Siffatto percorso evolutivo in astratto va dunque calato nel processo palingenetico storico del
diritto dominicale – che qui non è luogo per ricordare compiutamente. Così facendo, si addiviene
alla conclusione che la proprietà è ormai definitivamente passata dall’essere diritto sacro ed
inviolabile, di vestitura divina, a perdere ogni «connotato genetico di diritto assoluto a contenuto
totalizzante e predeterminato», divenendo «punto di riferimento che si definisce in funzione dei
poteri possibili, nel dato momento storico, quale esito del confronto delle parti sociali coinvolte e
controinteressate nel conflitto per la gestione dei beni» (
754). Una proprietà flessibile, da taluni
definita produttiva (
755), che consta di plurimi modelli di relazione fra soggetti e beni (
756).
(749) Sotto questo profilo, si deve rimandare alla lettura di maestri come R. POSNER, Economic Analysis of Law, VI ed., New York, Aspen Law & Business, 2003 e C.M. ROSE, Canons of Property Talk, or, Blackstone’s Anxiety, in Yale
Law Journal, 1998, vol. 108, n. 3, 601-632, il quale conclude che «[…] property rights have always overlapped social
claims with individual ones, just as they have always mixed stability with change over time. Property regimes always consist of some individual rights, mixed with some rights shared with nearby associates or neighbors, mixed with still
more rights shared with a larger community, all held in relatively stable but nevertheless changing and subtly renegotiated relationships» (corsivo mio). Per dirla infine con la più recente voce di M. KELLY, Owning our Future: The Emerging Ownership Revolution, San Francisco, Berrett-Koehler Publishers, 2012, 3, «[…] ownership is the
underlying architecture of our economy».
(750) Questo uno dei fondamentali elementi rimarcati da H. DEMSETZ, Toward a Theory of Property Rights, cit. (751) A tale conclusione cui giungono R.C. ELLICKSON – C.M. ROSE – B. ACKERMAN (a cura di), Perspectives on
Property Law, III ed., New York, Aspen Publishers, 2002, 22.
(752) Di questo processo di frantumazione circa il diritto di proprietà sono testimoni illustri a livello italiano su tutti P. GROSSI, La proprietà e le proprietà nell’officina dello storico, cit. e più recentemente gli scritti raccolti nell’antologia curata da G. ALPA – A. FUSARO, Le metamorfosi del diritto di proprietà, Matera, Antezza, 2011.
(753) Così argomenta, invero in maniera convincente, F. PARISI, Entropy in Property, in AJCL, 2002, vol. 50, n.3, 595-632, spec. 596-597. Sul punto si rimanda inoltre alla lettura di S. CASSESE (a cura di), La nuova Costituzione
economica, Roma-Bari, Laterza, 2012. Con riferimento al diritto europeo in particolare, cfr. S. PATTI, Autonomia contrattuale e diritto privato europeo, in Contr. e impr., 2013, n. 3, 632 ss..
(754) Così C. MAZZÙ, Ascesa e declino del diritto di superficie: il ritorno alla proprietà, in ID., Il diritto civile all’alba
del terzo millennio, vol. II, Diritti reali-Pubblicità immobiliare, Torino, Giappichelli, 2011, 56.
(755) Cfr. sul punto M. TRIMARCHI, Proprietà e impresa, in Contr. e impr., 2009, nn. 4-5, 895-910.
(756) Sotto questo profilo, cfr. gli interssanti contributi riportati in AA.VV., Fra individuo e collettività. La proprietà nel
Questo aspetto emerge peraltro nel dettato costituzionale. L’art. 42, comma 2 Cost.,
nell’attribuire alla legge il compito di definire i modi di godimento della proprietà, si riferisce anche
alla sua utilizzazione. Pertanto, «non solo agli atti e le attività di utilizzazione autonomamente
decisi dall’avente diritto, ma anche i provvedimenti amministrativi e in genere gli atti autoritativi
che hanno effetti conformativi del contenuto e dell’utilizzazione del diritto di proprietà privata»
(
757). Tramite la disposizione, il Costituente avrebbe inteso adottare una nozione atta a giustificare
ogni operazione conformativa del contenuto della proprietà operata dal legislatore ordinario (
758) –
nonché, a fortiori, quello europeo, sebbene entro i limiti del principio di sussidiarietà stabilito dalle
norme di diritto primario (
759).
Ad ogni modo, il richiamo costituzionale può essere considerato rilevante in chiave
assiologica, ma non decisivo al nostro fine. Permangono infatti esiziali distanze fra la nozione
unitaria di proprietà tutelata ex art. 42 Cost. e la pluralità di forme civilistiche in cui la prima si
manifesta; quest’ultime, infatti, attengono alle scansioni interne del diritto dominicale medesimo,
concretizzandone il valore organizzativo nell’effettività del sistema giuridico (
760). Cionondimeno,
si può qui ribadire il fondamentale assunto che all’evoluzione economico-sociale si accompagna il
fenomeno conformativo della proprietà privata (
761).
È dunque appena il caso di sommare i dati fondamentali appena riportati e ipotizzare una loro
collocazione nell’ambito dei tre modelli base di analisi che sono stati menzionati dal punto di vista
metodologico in esordio al presente lavoro, e nello specifico in quello di efficienza economica (cfr.
supra, p. I, 1.3).
Sotto questo profilo, tre sono i rilievi principali su cui focalizzare il ragionamento.
In primo luogo, i diritti oggetto di negoziazione, al fine di ottenere la massima funzionalità e
liquidità del mercato, devono essere trasferibili quanto più liberamente possibile. Ciò importa che
qualsiasi limitazione alle facoltà di disposizione del titolare dev’essere prevista solamente al fine
(757) Esprime forte sostegno a questa opinione S. RODOTÀ, Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni
comuni, cit., 403-404, riprendendo il lungimirante pensiero di M.S. GIANNINI, Basi costituzionali della proprietà privata, in Pol. dir., 1971, 443 ss., spec. 470-471. Sotto questo profilo, si riporta invece l’opinione critica di A.
GAMBARO, La proprietà, cit., 302-303, secondo cui invece l’asserzione per la quale la proprietà può essere conformata in funzione della natura del suo oggetto andrebbe svincolata dal dettato costituzionale, giacché la disciplina dei beni attiene all’attività legislativa, legata a sua volta ontologicamente alle scelte di politica economica, le quali vanno valutate e verificate razionalmente a seconda delle contingenze storiche che le hanno suggerite.
(758) Cfr. S. RODOTÀ, op. loc. ult. cit..
(759) Sul punto, anche per la rivisitazione in chiave critica dell’effettiva incidenza da parte dell’ordinamento eurounitario, si rimanda a supra, p. III, 2.3.
(760) Cfr. sul punto A. GAMBARO, op. loc. ult. cit., il quale prosegue rimproverando alla dottrina giuridica di aver subito un eccessivo condizionamento, nell’ambito dell’importante opera di conferire coerenza alle due nozioni, dalla visione ottocentesca tendente a identificare la proprietà con il bene; il che ha condotto alla fallace riconduzione della funzione sociale allo statuto del bene stesso.
(761) Coglie questo aspetto con la consueta finezza di ragionamento giuridico S. RODOTÀ, voce «Proprietà privata (diritto vigente)», nel Noviss. Digesto it., XIV, Utet, 1967, 125 ss.
del raggiungimento delle finalità di policy sottese al mercato artificiale in cui i titolari stessi operano
(
762).
In secondo luogo, tali negoziazioni, per quanto libere nel loro dispiegarsi, sono comunque
limitate nell’oggetto al limite di entità negoziabili, determinato rispettivamente sulla base del cap
per l’emissions trading e nella differenza fra la baseline di produzione/risparmio energetico e
l’effettivo risultato raggiunto dai soggetti obbligati per il certificate trading.
In terzo e ultimo luogo, il rilievo di non poco momento pratico che, almeno con riferimento
all’emissions trading, la maggior parte del volume delle negoziazioni avviene nel mercato non
organizzato – anche attraverso prodotti finanziari derivati (
763) – al fine ultimo di garantire gli
operatori dalla possibile volatilità del mercato e assicurarne la liquidità (
764). Diversamente, per
quanto riguarda i C.V/C.B. non si assiste allo sviluppo di meccanismi così sofisticati, attesa la
poliedricità circa le modalità di emissione dei certificati medesimi e la limitatezza geografica del
fenomeno, ancora lungi peraltro dall’essere collegato con sistemi analoghi come quelli adottati ad
es. in Francia e nel Regno Unito (
765).
Emerge da questi rilievi in maniera netta quello che è l’odierno scolorire del tradizionale
paradigma dicotomico composto: dall’organizzazione pubblica, retta dall’autorità e
dall’imposizione da una parte; dal mercato, retto invece dalla libertà e autodeterminazione e
(762) Per i C.B., questo aspetto è messo bene in evidenza nelle Linee guida AEEGSI EEN 9/11, ove si afferma – sebbene indirettamente, con riferimento agli scopi delle novelle regolamentari – che le finalità perseguite della disciplina sul mercato sono: potenziare l’efficacia del sistema nel promuovere la realizzazione di nuovi interventi di efficienza energetica, sia ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali di risparmio di energia primaria già fissati dalla normativa, sia nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi di medio-lungo periodo previsti dalla pianificazione europea al 2020 – ora, al 2030; tutelare gli interessi dei consumatori finali con riferimento alla necessità sia di garantire la promozione di nuovi interventi in grado di generare risparmi energetici reali, verificabili e addizionali, sia di minimizzare il costo complessivamente sostenuto per il funzionamento del meccanismo; promuovere ulteriormente lo scambio di titoli di efficienza energetica, evitando di interferire con la capacità del mercato di selezionare prioritariamente gli interventi con il miglior rapporto costo-efficacia; mantenere e, ove possibile, migliorare ulteriormente la semplicità, la trasparenza e la certezza delle regole e delle procedure attuative; tutelare la concorrenza e promuovere lo sviluppo tecnologico.
(763) In particolare, molto in uso sono i contratti: forward, swap, option e spread. Sugli aspetti legati ai mercati finanziari si ritornerà infra, 2.2.1.
(764) Questo fenomeno è stato particolarmente avvertito in Francia, laddove il report della Commissione governativa, appositamente nominata dal Parlamento e la cui presidenza è stata affidata a COMMISSION PRADA, La régulation
des marchés du CO2, Emeritus General Inspector of France, Republique Française, 2010, invoca un sistema
armonizzato di regole e di sorveglianza sui mercati, al fine di garantire: un sistema unificato dal punto di vista giuridico, fiscale e contabile delle quote di CO2; un sistema più rigoroso di accesso ai registri, al fine di prevenire frodi e abuso di mercato; maggiore trasparenza nei fondamentali del mercato; sanzioni al fine di disincentivare gli abusi di mercato; un’autorità di sorveglianza sul mercato; maggiore coordinamento con i mercati internazionali e quelli in fase di sviluppo.
(765) Con riferimento ai TEE, non va poi sottaciuto il fenomeno dell’emissione a consuntivo (cfr. supra, p. II, 2.3), in cui l’autorità pubblica calcola a priori in numero di C.B. che verranno rilasciati sulla base del progetto presentato dall’interessato, salvo rilasciarli ex post sulla base degli effettivi risparmi energetici conseguiti dall’impianto. Questo è il caso senza dubbio più delicato, anche alla luce della giurisprudenza amministrativa, tendenzialmente incline a non censurare eventuali provvedimenti ablatori da parte della stessa P.A., rilasciati in virtù di mutamenti legislativi o regolamentari avvenuti medio tempore rispetto alla realizzazione del progetto (cfr. infra, 3.3).