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Parte III. Nuove oggettività giuridiche

Capitolo 3. Nuove proprietà (o proprietà sotto mentite spoglie)

3.1. Diritti edificatori

La fattispecie che è stata tradizionalmente assimilata dai civilisti sia dal punto di vista

funzionale sia strutturale come la più prossima in termini analogici ai c.d. mercati ambientali è

quella dei diritti edificatori (

693

), nella loro particolare deriva negoziale a cui è comunemente

ricollegata la fattispecie della cessione di volumetria (o cessione di cubatura) (

694

).

In brevis, la cessione di cubatura consiste nel diritto, attribuito al proprietario di un immobile,

di cedere porzioni della sua superficie edificatoria, come accordatagli dagli strumenti pianificatori

territoriali e dai provvedimenti autorizzativi edilizi, nei limiti e nella misura in cui non si ecceda

complessivamente il rapporto tra area edificabile e cubatura realizzabile in un determinato ambito

territoriale, come stabilito dai medesimi strumenti di pianificazione (

695

).

Fin dall’introduzione dell’istituto si è sviluppato un acceso dibattito a livello dottrinale e

giurisprudenziale sulla qualificazione giuridica da attribuire ai diritti edificatori, con soluzioni

collocabili su un amplissimo spettro. Le ipotesi ricostruttive a cui si può attribuire maggior pregio

sono quelle volte a configurare:

a) una rinunzia traslativa o abdicativa da parte del proprietario contra prezzo, a cui

farebbe seguito una richiesta di permesso di costruire c.d. “maggiorato” rilasciato dal

(693) Non casualmente, uno dei primi esempi di attribuzione di property rights in campo lato sensu ambientale è avvenuto, come nota V. JACOMETTI, op. ult. cit., 22, dai c.d. “rights to sunlight” sviluppatisi in Giappone, a mente dei quali i proprietari di immobili si vedevano attribuiti dalle autorità locali; di modo che i costruttori dovettero negoziare con i soggetti residenti dei veri e propri diritti sulle vedute degli edifici di futura costruzione. Un analogo strumento – ancora più simile alla cessione di cubatura domestica – è poi quello degli air rights statunitensi, entrati a far parte degli strumenti urbanistici locali fin dagli albori del XX Secolo. Sul punto v. inoltre le considerazioni della medesima autrice in B. POZZO (a cura di), Property and Environment. Old and new remedies to protect natural resources in the

European context, Durham, Carolina Academic Press, 2007, 81-84.

(694) Il punto di partenza nell’indagine sul trasferimento di volumetria nel nostro ordinamento va individuato nella c.d. legge “ponte” (l.n. 765/1967), il cui art. 17 – poi trasposto nell’art. 41 quinquies l. urbanistica del 1942 (l.n. 1150/1942), attuato dal d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 – ha introdotto gli standards urbanistici al fine di indirizzare la pianificazione territoriale nel senso di porre limiti inderogabili di densità edilizia, altezza, distanza tra fabbricati e tra spazi destinati a scopi residenziali, produttivi, verde pubblico e parcheggi. Il contratto di trasferimento di volumetria, per contro, trova piuttosto origine nella prassi contrattuale sviluppatasi in seguito a predetta innovazione normativa. Sul punto cfr. A. CANDIAN, voce «Trasferimento di volumetria», nel Dig. IV ed., disc. priv., sez. civ., Utet, 735-736.

(695) In questo senso, è pacifico che il meccanismo di trasferimento può riguardare anche porzioni di terreno non necessariamente attigue, fungendo da parametro di riferimento principale per la sua validità: l’omogeneità della destinazione d’uso degli immobili (s.v. ex multis CONS. STATO, sez. V, 22.10.2007, n. 5496, in e TAR CAMPANIA, sez. VIII, 16.12.2011, n. 5867, entrambe in Banca dati Leggi d’Italia); la mera contiguità territoriale, intesa come significativa vicinanza, ma non adiacenza, fra gli immobili oggetto dell’attribuzione traslativa (s.v. da ultimo CONS. STATO, sez. IV, 4.5.2006, n. 2488, in Urb. e app., 2006, n. 8, 941 ss.; TAR SICILIA, Catania, 24.4.2012, n. 1129, in

Banca dati Leggi d’Italia). In difetto di tali requisiti, infatti, si andrebbe a pregiudicare eccessivamente le previsioni

degli strumenti urbanistici che stabiliscono una determinata densità edificatoria per ogni zona, in ossequio all’inderogabilità di principio delle relative prescrizioni (cfr. sul punto F. CANCELLI, La cessione di cubatura nel

contesto dell’amministrazione c.d. concordata, in Urb. e app., 2000, n. 11, 1165 ss.). Tant’è che in dottrina si è

proposta la distinguere – a livello squisitamente terminologico – fra la cessione di cubatura, in presenza di fondi contigui, e la cessione di volumetria, in assenza di tale contiguità (A. BARTOLINI, Profili giuridici del c.d. credito di

Comune. L’incremento edificatorio sarebbe quindi collegato al provvedimento

amministrativo, anziché all’atto abdicativo unilaterale del cedente (

696

);

b) un diritto reale di servitù non aedificandi o altius non tollendi, tendenzialmente

perpetua, gravante sull’immobile cedente, in continuità rispetto alla consolidata prassi

commerciale (

697

); ovvero di superficie atipico, esercitato non sul fondo del

concedente, bensì su quello del superficiario, con riferimento alla mera potenzialità

edificatoria (

698

);

c) un diritto reale tipico, suscettibile di autonoma cessione attraverso i tradizionali

schemi negoziali a causa traslativa (

699

);

(696) Questa l’impostazione, invero risalente, sostenuta in giurisprudenza da CASS., 6.7.1972, n. 2235, in Riv. not., 1973, 1165 ss.; ID., 29.6.1981, n. 4245, in Giur. it., 1982, I, 685 ss.. Per la dottrina si rimanda a R. TRIOLA, La

“cessione di cubatura”: natura giuridica e regime fiscale, inRiv. not., 1974, II, spec. 115.

(697) L’ipotesi in discorso ha avuto deciso seguito sia in dottrina sia in giurisprudenza. Essa è stata infatti ritenuta idonea a “soddisfare esigenze di certezza giuridica e di effettività delle previsioni urbanistiche” (CONS. STATO, V sez., 25.11.1988, n. 744, in Foro amm., 1988, 3251), garantendo allo stesso tempo la restrizione dei poteri connessi al diritto di proprietà sull’area gravata e un’espansione della capacità edificatoria dell’area beneficiaria (Cfr. M. LEO, Il

trasferimento di cubatura, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato, disponibile al link http://www.notariato.it/sites/default/files/1763.pdf, 699 ss.). Infine, chiaramente, essa permeterebbe al negozio di

accedere alla formalità pubblicitaria. Anche tale ricostruzione si espone a diverse critiche, soprattutto riguardo la presunta insufficienza dell’accordo costitutivo di servitù a giustificare la nascita del corrispondente incremento di volumetria in capo al cessionario (Cfr. N.A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. not., 2003, 1136). Nel fine tentativo di elidere tali criticità si è affermato, facendo leva tuttavia sulla – tuttavia non pacifica – generale ammissibilità delle servitù atipiche – che il peso sul fondo servente non si risolverebbe in un mero non facere, bensì in un pati: sicché il cedente è tenuto a sopportare che sul fondo dominante insista un manufatto di volume maggiore a quello previsto dagli strumenti urbanistici (cfr. M. LIBERTINI, Sui trasferimenti di cubatura, in Contr. e

impr., 1991, n. 1, 73; C. TENELLA SILLANI, I “limiti verticali” della proprietà fondiaria, Milano, Giuffrè, 1994, 605

ss.). Infine, il ruolo della P.A. verrebbe comunque rispettato qualificando il successivo rilascio della concessione maggiorata quale condicio iuris sussumibile nell’alveo della condizione risolutiva espressa (N.A. CIMMINO, op. cit., 1120), se non anche della presupposizione (cfr. N. GRASSANO, La cessione di cubatura, in Riv. not., 1992, 1081 e S. DETTORI, Il rapporto di presupposizione nel diritto amministrativo, Napoli, ESI, 2006, 68).

(698) Così opinano per tutti S.G. SELVAROLO, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, ESI, 1989, 62 ss..; in giurisprudenza v. CASS., 20.12.1983, n. 7499, in Vita not., 1984, 390 ss. e ID, 25.10.1973, n. 2743, in Riv. not., 1975, II, 547 ss.. Tale impostazione, che esorbita manifestamente dal dettato dell’art. 952 cod. civ., si scontra inevitabilmente con il greve ostacolo costituito dalla tipicità dei diritti reali, nonché con il dirimente rilievo che a mente del diritto di superficie la proprietà del fondo rimane comunque in capo all’alienante, mercé l’identità sussistente fra la costruzione del beneficiario e il fondo medesimo; laddove invece, nella cessione di cubatura, la proprietà della costruzione coincide con quella del fondo (cfr. F. PATTI – F. RUSSO, La cessione di cubatura fra diritto privato e diritto pubblico, in Vita

not., 2001, II, 1677 e di recente B. MASTROPIETRO, Natura e circolazione dei diritti edificatori, Napoli, ESI, 2013,

35 ss.).

(699) In giurisprudenza v. ex plurimis CASS., 14.5.2007, n. 10979, in Giust. civ. mass., 2007, 7-8 in cui si è affermato che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, il negozio di trasferimento di cubatura andrebbe assimilato a un negozio traslativo di diritti reali immobiliari, in quanto «non definibile altrimenti che quale facoltà inerente al diritto di proprietà e, in quanto tale, avente sicure caratteristiche di realità». Tale assunto ha invero condotto illustre dottrina a sostenere l’ipotesi che la fattispecie in discorso concreti direttamente un diritto reale immobiliare (cfr. G. AMADIO, I

diritti edificatori: la prospettiva del civilista, Atti del Convegno Urbanistica e attività notarile, Bari, 11 giugno 2011, in Quaderni della Fondazione italiana per il notariato, su www.fondazionenotariato.it e S. SCARLATELLI, La c.d. cessione di cubatura. Problemi e prospettive, in Giust. civ., 1995, II, 288 ss.). Fra le voci più aspre in opposizione a

questa ricostruzione cfr. F. GAZZONI, La c.d. cessione di cubatura, in La trascrizione immobiliare, tomo I, nel

Commentario Schlesinger, Giuffrè, 1991, sub art. 2645, 657, il quale nega che fra le parti possa instaurarsi un contratto

traslativo; né tanto meno che oggetto di tale trasferimento possa essere costituito da una facoltà inerente al diritto dominicale incorporato nel provvedimento urbanistico pianificatore, in quanto tale prospettazione «[…] finisce per riconoscere al titolare del diritto di proprietà il potere di scindere le singole facoltà al fine di renderle autonome e di trasferirle quali nuovi autonomi e distinti diritti reali».

d) un diritto di credito, da ciò ricollegando il negozio traslativo di cessione di cubatura

allo schema proprio della cessione del credito ex art. 1260 cod. civ. (

700

);

e) un bene giuridico immateriale ex art 810 cod. civ., pacificamente oggetto di contratti

di compravendita ai sensi dell’art. 1470 cod. civ. (

701

).

Parallelamente, ricca di soluzioni si è rivelata la discussione in merito alla qualificazione

giuridica civlistica dell’accordo traslativo, sfociato in una summa divisio fra chi attribuisce ad esso

efficacia obbligatoria (

702

), ovvero reale (

703

). In particolare, dirimente è il rilievo sull’autonomia

riconosciuta al medesimo sinallagma contrattuale rispetto al procedimento amministrativo

autorizzativo; oppure l’individuazione di una fattispecie a formazione progressiva, ove la fase

(700) Cfr. sul punto P.L. TROJANI, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo stato della

dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale, in Vita not., 1990, 304 ss., il quale accomuna tale

fattispecie alla cessione parziale di volumetria; in caso di cessione totale, invece, secondo l’A. ci si troverebbe invece di fronte a una cessione del contratto ex art. 1406 cod. civ., laddove il rapporto concessorio tra P.A. e soggetto cedente andrebbe assimilato a uno contrattuale, attesa la non assimilabilità dell’interesse legittimo pretensivo a un diritto di credito. Anche questa ipotesi ha incontrato diverse e ben argomentate critiche, soprattutto legate al fatto che sia ben difficile individuare nel soggetto titolare del provvedimento autorizzativo una vera e propria pretesa creditoria nei confronti della P.A.; d’altro canto, non si può sottacere come in un recentissimo arresto la giurisprudenza di legittimità è parsa dare credito a tale filone interpretativo, laddove ha statuito che l’accordo preliminare diretto alla cessione di cubatura non richiede la forma scritta ad substantiam, poiché «se ne deve escludere la natura di contratto traslativo di un diritto reale» (CASS., 24.9.2009, n. 20623, in NGCC, 2010, I, n. 4, 319 ss., con nota di G. CECCHERINI e ID., 17.6.2016, n. 12631, in CED Cass., 2016, ove si è specificato che il credito nascente dalla cessione di cubatura attiene alla qualità fondiaria oggetto del rapporto obbligatorio e non alla persona dei suoi titolari e di conseguenza, non avendo carattere strettamente personale, può essere trasferito senza il consenso del debitore a mente dell’art. 1260 cod. civ.). (701) Si rimanda sul punto a A. GAMBARO, Compensazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori, in Riv. giur.

edil., 2010, n. 1, 3 ss., il quale afferma chiaramente che la stessa commerciabilità dei diritti di volumetria presuporrebbe

la qualificazione come beni; ché ad ogni modo «non insorgono difficoltà di tipo dogmatico ad intendere i diritti edificatory come un bene suscettibile di divenire oggetto di diritti, con ciò allineandosi con le concezioni prevalenti sul piano globale, ed anche con le concezioni proprie della scienza economica, trattandosi di risorsa scarsa ad uso rivale» (idem, 10). In dottrina v. anche G. TRAPANI, I diritti edificatori, in Riv. not., 2012, n. 4, 775 ss.; ID., I diritti

edificatori, Milano, IPSOA, 2014, 335 ss.; S. MEUCCI, La circolazione dei diritti edificatori, Padova, Cedam, 2012, 82

ss.. Sul punto si ritornerà nelle righe successive.

(702) Cfr. in dottrina per tutti A. CANDIAN, Il contratto di trasferimento di volumetria, Milano, Giuffrè, 1990, 101 ss.; F. GAZZONI, op. ult. cit., 659 ss.; G. CECCHERINI, Il c.d. “trasferimento di cubatura”, Milano, Giuffrè, 1985, 53 ss..; P. URBANI – S. CIVITARESE MATTEUCCI, Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, Torino, Giappichelli, 2017, 216. Per la giurisprudenza amministrativa, cfr. TAR LOMBARDIA, Brescia, sez. I, 10.1.2006, n. 24, in Foro amm. TAR, 2006, n. 1, 53 ss., secondo cui «il trasferimento di volumetria da un fondo all'altro e la cessione di cubatura da parte del proprietario di un fondo confinante, consistono in un contratto atipico ad effetti obbligatori avente natura di atto preparatorio, finalizzato al trasferimento di volumetria, che si perfeziona con il provvedimento amministrativo»; nello stesso senso l’importante opinione espresso da CONS. STATO, ad. plen., 23.4.2009, n. 3, secondo il quale l’asservimento di un fondo all’altro che si costituisce con la cessione di volumetria rappresenta «fattispecie negoziale atipica ad effetti obbligatori in base ai quali un’area viene destinata a servire il computo dell’edificabilità di altro fondo»; infine, va menzionata TAR LOMBARDIA, Milano, sez. II, 26.7.2012, n. 2097, ove il precedente arresto è stato fermamente ribadito anche in vigenza dell’art. 2643, n. 2 bis cod. civ., volto piuttosto a rafforzare la tutela dei terzi e la esigenza di pubblicizzare la sussistenza della fattispecie negoziale.

(703) Sostengono questa tesi, tra gli altri, N. GRASSANO, op. cit., 1070; M. LANGELLA, Brevi cenni in materia di

cessione di cubatura, in Vita not., 2007, n. 1, 439 e soprattutto F. GAZZONI, La trascrizione degli atti e delle sentenze,

nel Trattato della trascrizione, Tomo I, Torino, Utet, 2012, 213, il quale afferma come, a seguito della modifica legislativa volta a includere i negozi traslativi di diritti edificatori fra quelli soggetti a trascrizione ai sensi dell’art. 2643, n. 2 bis cod. civ. e per gli effetti dell’art. 2644 cod. civ., «[…] non può negarsi che il contratto di cessione vada ora collocate tra quelli ad effetti reali e non più obbligatori» (citando in senso conforme R. TRIOLA, Della tutela dei diritti.

negoziale acquisisce rilievo giuridico solamente all’esito del provvedimento autorizzatorio

definitivo da parte della P.A. (

704

).

A dirimere parzialmente il dibattito è quindi intervenuta la fondamentale novella legislativa

del 2011, con la quale il legislatore ha inserito fra gli atti soggetti a pubblicità immobiliare i

«contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati,

previsti da normtive statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale»(art. 2643,

n. 2 bis cod. civ.) (

705

).

All’esito del neo-introdotto dato normativo, pertanto, l’elaborazione dottrinale ha teso ad

abbandonare le ricostruzioni sub a) e b), concentrando invece l’attenzione particolarmente su quelle

sub c) ed e).

La prima affonda le radici prevalentemente nel dato sistematico. L’immediato riferimento al

potere di costruire insito nel lemma “diritto edificatorio” ha fatto arguire per la configurazione di

una situazione giuridica soggettiva emancipata dallo ius aedificandi, ma comunque ricollegata al

paradigma dominicale (

706

). Di conseguenza, l’accordo volto a trasferire i diritti edificatori andrebbe

qualificato come contratto consensuale avente a oggetto il trasferimento di un diritto reale, il cui

contenuto è costituito lo sfruttamento edificatorio – in misura quantitativamente predeterminata –

del suolo (

707

).

Per contro, la seconda ha acquisito ulteriore vis argomentativa, sulla scorta del fatto che non

sarebbe vieppiù possibile considerare lo spazio aereo sovrastante il suolo quale oggetto di diritti

(704) Cfr. F. GAZZONI, op. ult. cit. e T. CAMPANILE – F. CRIVELLARI – L. GENGHINI, I diritti reali, Padova, Cedam, 2011, 282-283. Sia il negozio di diritto privato sia il provvedimento amministrativo di concessione “maggiorata” farebbero quindi parte di un più complesso procedimento amministrativo, che troverebbe atto conclusivo nel trasferimento della volumetria, atto discrezionale e non influenzato in alcun modo dall’assetto negoziale definito dalle parti (cfr. B. MASTROPIETRO, op. cit., 37). In giurisprudenza tale rilievo è stato fatto proprio da CASS., 24.9.2009, n. 20623, cit., che ha circoscritto il rapporto a un insieme di dichiarazioni private nell’ambito di un procedimento amministrativo, di guisa che l’atto a cui ricondurre l’effettivo trasferimento di cubatura fra le parti e nei confronti di terzi è esclusivamente il provvedimento concessorio della P.A.; provvedimento il cui mancato rilascio sarà dunque ragione di inefficacia del negozio concluso dalle parti, non già di risoluzione del medesimo per inadempimento del cedente.

(705) La disposizione è stata introdotta con l’ar. 5, comma 3 d.l. n. 70/2011, convertito con modificazioni dalla l.n. 106/2011. Per un commento approfondito della norma v. per tutti E. BOSCOLO, Le novità in materia

urbanistico-edilizia introdotte dall’art. 5 del decreto sviluppo, in Urb. e app., 2011, n. 9, 1051 ss..

(706) Cfr. in tal senso B. CRETELLA, Trascrizione degli atti relativi a “diritti edificatori” (c.d. cessione di cubatura o

di volumetria), in Gazz. not., 2011, 481 e G. AMADIO, op. cit., 53, ambedue i quali comunque specificano che non si

tratterebbe di un diritto reale su cosa altrui, poiché non si avrebbe una concorrente signoria altrui sul bene (immobile) oggetto del diritto. L’assunto che conduce all’individuazione di un diritto reale tipico move invero da una duplice argomentazione: una a contrario, secondo la quale l’espressa previsione di cui al n. 2 bis dell’art. 2643 cod. civ. non sarebbe stata affatto necessaria qualora si fosse in presenza di un bene giuridico, attesa la sufficienza ai fini pubblicitari di quelle di cui ai nn. 1 e 10 della medesima disposizione; una in positivo, ricavabile dall’interpretazione evolutiva della disposizione introdotta in sede di conversione, laddove è stato aggiunto il riferimento ai negozi “costitutivi” dei diritti edificatori, sì da negare evidentemente la configurabilità della cubatura quale bene in sé (idem, 49; A.M. MINERVA,

La cessione di cubatura alla luce dell’art. 2643 n. 2 bis c.c., in Riv. not., 2013, n. 1, 111).

(707) Così nota G. TRAPANI, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, Atti del Convegno Urbanistica e attività notarile, cit., 99.

separatamente dalla proprietà del suolo medesimo (

708

). Di guisa che la cubatura (rectius: la

volumetria), all’esito di suddetto processo di reificazione (

709

), acquisirebbe la qualificazione di

bene immateriale di origine immobiliare idoneo a essere oggetto di attribuzioni traslative, nonché a

costituire il riferimento oggettivo di diritti reali limitati e godere della tutela possessoria (

710

). Con

l’unico importante distinguo caratterizzato dalla necessità di scindere gli aspetti circolatori,

riconducibili al piano strettamente privatistico, da quelli legati alla fruizione e godimento del bene,

invece attinenti all’attività della Pubblica Amministrazione. Sicché la medesima fattispecie

potrebbe configurare, a seconda dei profili citati, rispettivamente un vero e proprio diritto

soggettivo e un interesse legittimo (pretensivo) in capo al medesimo soggetto (

711

).

È di tutta evidenza come questa ricostruzione, soggetta in seguito a ulteriori sforzi

ermeneutici, si fonda su una interpretazione circa la nozione giuridica di bene decisamente ampia,

maggiormente vicina a quella di entità immateriali atte a soddisfare interessi meritevoli di tutela

(

712

). Sotto questo profilo ponendosi in continuità con la – pregevole – tendenza interpretativa volta

ad estendere l’ambito di applicazione della fondamentale disposizione codicistica (cfr. supra, 1.2.1

e 1.2.3). Cionondimeno, essa pare coerente nel suo fondamento logico-sistematico, oltreché

meritevole di adesione nella misura risulta quella idonea a conferire piena centralità all’essenziale

(708) Sul punto cfr. P. URBANI, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei

suoli, in Urb. e app., 2008, n. 6, 908 ss.. In questo senso, l’obiezione di tipo sistematico legata all’introduzione della

formalità pubblicitaria sollevata dalla dottrina favorevole allo ius in re verrebbe superata dal rilievo fondamentale che, mediante un esame della prospettiva storica, la trascrizione acquisirebbe una funzione meramente legata alla certezza della circolazione dei diritti edificatori, anziché costitutiva dei medesimi (cfr. G. TRAPANI, op. ult. cit., 100-101). (709) Nello specifico, l’estremo oggettivo della relazione di appartenenza volta a configurare un bene giuridico sarebbe da riscontrarsi in quel valore economico, «magari anche notevole», espresso dal rapporto matematico fra i metri quadrati di superficie del lotto e i metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo; tale rapporto, costituendo l’unità di misura della volumetria (o cubatura), rappresenterebbe elemento scisso da quest’ultima, in quanto tale idonea a formare oggetto di diritti ai sensi dell’art. 810 cod. civ. (G. TRAPANI, op. ult. cit., 102.103). Cfr. sul punto anche M LEO, op.

cit., 699.

(710) Cfr. G. TRAPANI, op. ult. cit., 105 e ID., I diritti edificatori, cit., 343-344, portando ad esempio la fattispecie delle energie ex art. 814 cod. civ. e quello delle c.d. quote latte. L’A. cita inoltre la già più volte richiamata opera di A. GAMBARO, I beni, cit., in part. 132, ove il carattere immobiliare dei beni in discorso sarebbe da individuarsi logicamente a partire dalla discendenza di quest’ultimi dal diritto reale (proprietà o superficie) vantato dal titolare sul fondo, nonché dal rilievo che essi sono attriubuiti in misura della superficie di suolo della singola proprietà immobiliare, di cui rappresentano quindi indubbiamente una prerogativa. Invero, la nozione di bene immateriale immobiliare si può far discendere al nuovamente lungimirante pensiero di S. PUGLIATTI, Beni e cose in senso giuridico, cit., 620 ss., secondo il quale i beni immobili sono tali precipuamente in virtù dell’accessione. Detto altrimenti, il termine “immobile” può indicare sì una categoria di beni, ma allo stesso tempo un rapporto di relazione che una cosa mobile

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