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La prevalenza dello ius disponendi sulle altre prerogative proprietarie

Parte IV. Natura giuridica dei titoli energetici e delle quote di emissione di gas serra

Capitolo 1. L’emersione della proprietà funzionale

1.3. La prevalenza dello ius disponendi sulle altre prerogative proprietarie

Uno degli assunti teorici maggiormente criticati dalla civilistica moderna è il postulato che

l’art. 810 cod. civ., nell’individuare la categoria dei beni giuridici, riconduce la qualificazione di

quest’ultimi inscindibilmente al paradigma proprietario (

792

). La proprietà ha infatti nel tempo finito

per coincidere con la nozione di appartenenza, invero definita per individuare un tratto funzionale

comune a tutte quelle situazioni che qualificano il bene, configurandone una modalità di

appropriazione in forma esclusiva (

793

). D’altra parte, lo stesso dato normativo fornito dall’art. 810

cod. civ., come sapientemente sottolineato da certa dottrina, correla il bene giuridico all’oggetto di

diritti soggettivi, senza fare menzione esclusiva del diritto di proprietà (

794

).

Abbiamo già rilevato come l’esclusività non vada rilevata in quanto legata pedissequamente

alla materialità della cosa, né individuata rispetto alla relazione fra quest’ultima e il titolare di un

diritto su di stessa, ma che vada invece riferita alla titolarità del diritto di utilizzazione circa un

determinato bene (

795

).

(790) E tale qualificazione avviene, vale la pena rimarcarlo, senza procedere a sforzi ermeneutici volti ad espandere a dismisura la natura reale rispetto alle situazioni soggettive conferenti poteri a un soggetto, in via diretta o indiretta, rispetto a una cosa determinata: conclusione a cui è invece giunta arditamente alcuna dottrina nell’ordinamento francese, conseguentemente includendo nella categoria dei diritti reali anche i diritti del conduttore, del comodatario, del possessore, del creditore anticretico e, in generale, di chiunque abbia il potere di utilizzare e godere la cosa nell’interesse proprio (cfr. J. DERRUPPÉ, La nature juridique du droit du preneur a bail et la distinction des droits

réels et des droits de créance, Parigi, Dalloz, 1952, 290 ss. e M. CHAVEAU, Classification nouvelle des droits réels et personnels, in Rev. crit. lég. et jur., 1931, vol. 51, 539 ss.).

(791) Su questa linea si esprime A. GAMBARO, op. ult. cit., 102-103.

(792) Ciò emerge in particolare dall’analisi della dottrina e giurisprudenza a cavallo fra il codice civile del 1865 e quello del 1942. Cfr. sul punto i rilievi di O.T. SCOZZAFAVA, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, cit., 557. (793) Idem, 558. Peraltro, secondo l’opinione di G. ARCESE, Codice civile annotato con la dottrina e la giurisprudenza, a cura di P. Perlingieri, III, Napoli, ESI, 1991, 3: «[…] il criterio di qualificazione del bene non è necessariamente riconducibile al diritto di proprietà ma alla esistenza (e disciplina) di un interesse del soggetto ad appropriarsi di una utilità in relazione ad interessi confliggenti altrui», attribuendo quindi in particolare alla disciplina dell’uso il ruolo di criterio definitorio circa i beni immateriali.

(794) Cfr. O.T. SCOZZAFAVA, I beni, cit., 28-35 e la bibliografia ivi riportata.

(795) Ciò peraltro induce all’ulteriore conclusione, fatta propria da illustre dottrina, che la situazione possessoria non possa coincidere con quella proprietaria, giacché l’immediatezza non costituisce un fattore discriminante per configurare un diritto di piena utilizzazione del bene, quale è il diritto proprietario. Sul punto si rimanda al pensiero di

La prospettiva d’indagine qui adottata, ove ad essere privilegiato è il profilo oggettivo e

funzionale rispetto a quello soggettivo e prescrittivo, induce a spostare l’attenzione verso altri

aspetti peculiari del diritto dominicale; in particolare, quello inerente la disposizione rispetto ai beni

oggetto del diritto soggettivo (

796

).

Tale aspetto d’altronde trova eco nello stesso concetto di “utilità definita”, coniato da A.

Gambaro proprio per approcciare il fenomeno dei mercati di quote di CO

2

(

797

). In questo caso, si

assiste alla genesi di entità volte precipuamente alla creazione di un mercato, di un’artificiosa

generazione di valore economico (

798

). Il proprietario delle quote di emissione e dei C.V./C.B.,

infatti, pur essendo a tutti gli effetti titolare di un diritto soggettivo assoluto e quindi di uno generale

ius excludendi, vede ad ogni modo finalizzata la propria signoria sul bene allo scambio con gli altri

soggetti operanti sul mercato. Lo scopo intrinseco dei meccanismi emissions e credit trading è

stabilire un “prezzo” delle quote di emissione e dei C.V./C.B. suscettibile di incidere sui

comportamenti degli operatori economici coinvolti, specificamente inducendo quest’ultimi a ridurre

il proprio costo marginale di riduzione delle emissioni e implementazione circa progetti di

efficienza energetica fino a un livello inferiore rispetto al costo di acquisto delle quote o dei

certificati medesimi (

799

).

A. GAMBARO, La proprietà, cit., 110-111, ove l’A. afferma che il risconoscimento del diritto a estrinsecare direttamente l’attività di godimento quale «elemento essenzialissimo della proprietà» sia riconducibile a «una molla sentimentale molto forte».

(796) Invero, il profilo inerente al potere di disposizione abbraccia inscindibilmente il contenuto del diritto soggettivo, anziché costituire una situazione autonoma rispetto ad esso. Sposando infatti la tradizionale concezione unitaria per la quale il medesimo diritto soggettivo «esprime la possibilità di assumere un comportamento», pare corretto affermare che lo stesso ius disponendi operi in guisa di «una delle forme del comportamento che il soggetto può assumere, in base alla situazione di interesse che è il presupposto del diritto» (cfr. U. NATOLI, Il diritto soggettivo, Milano, Giuffrè, 1943, spec. 130 ss.). In particolare, secondo l’imprescindibile insegnamento di Pugliatti, il potere di disposizione rappresenta necessariamente una delle facoltà – in particolare, una facoltà concreta – che si realizza precipuamente in virtù dell’esercizio del diritto soggettivo da parte del titolare; e ne sarebbero antecedenti essenziali: la generale capacità giuridica del soggetto e la concreta capacità di agire; l’attività concreta del soggetto medesimo. Sicché, in definitiva, il diritto è il presupposto e nello stesso tempo la fonte della facoltà di disposizione, risiedendo in esso la medesima facoltà dispositiva. Laddove invece, qualora il trasferimento del diritto avvenga a prescindere dall’attività del suo titolare (ad es., nel caso dell’espropriazione per pubblica utilità o della vendita forzata), ciò rifletterebbe l’esercizio circa un potere pubblico concreto, emanazione di una funzione o di un ufficio esecitata, lungi dal conferire autonomia alla facoltà dispositiva rispetto alla posizione giuridica subbiettiva (cfr. S. PUGLIATTI, Considerazioni sul potere di disposizione, in ID., Diritto civile. Metodo, teoria, pratica, Milano, Giuffrè, 1951, 56-61). Questo aspetto si rivelerà particolarmente fruttuoso infra, 2.2.2 con riferimento ai titoli energetici.

(797) Il richiamo è ad A. GAMBARO, I beni, cit., 218.

(798) Questo aspetto viene messo in luce in termini più generali anche da M. TAMPONI, Nuovi beni e vecchie regole:

quale futuro per la proprietà?, in AA.VV., Studi in onore di Giuseppe Benedetti, III, Napoli, ESI, 2008, 2022-2023, il

quale inoltre rimarca come, all’ampliarsi del ruolo riconosciuto ai beni immateriali nel diritto privato patrimoniale, corrisponda una proporzionale erosione circa la riferibilità del diritto dominicale quale referente immediato del regime dei beni.

(799) V. sul punto L. KNOLL, The Hidden Regulation of Carbon Markets, in Historical Social Research, 2015, vol. 40, n. 1, 132-149, ove si pone efficacemente in evidenza la duplice natura dell’emissions trading, il quale si comporrebbe di: una dimensione “esterna” al mercato, oggetto di intesa regolazione, che attiene in sostanza alla predisposizione dei meccanismi di controllo e di registrazione delle transazioni; una dimensione “interna” al mercato, invece scarsamente regolata, ove viene lasciato ampio spazio di manovra alla “naturale” dinamica di interazione fra domanda e offerta delle quote di emissione, la quale dovrebbe in astratto determinarne il giusto prezzo.

Al contempo, nemmeno di centrale rilevanza è l’aspetto relativo al godimento dell’oggetto

della proprietà, laddove le quote di emissione e i C.B. rappresentano comunque entità finalizzate

all’adempimento di un obbligo legislativo, su cui non maturano frutti naturali né civili, e in cui

assume rilievo marginale la situazione possessoria (

800

).

La prerogativa proprietaria che va quindi ad assurgere come centrale nei mercati in esame è

dunque lo ius disponendi, quale connotato tipico della proprietà, da molti ritenuto prevalente

nell’endiadi che lo unisce al diritto di godimento incluso nell’art. 832 cod. civ. (

801

).

In questo senso, è chiaro che la logica sottostante la disciplina codicistica sia stata improntata

ad esprimere l’ideologia dell’homo oeconomicus, che con le sue azioni domina gli elementi della

natura, facendoli a sua volta divenire rilevanti per il diritto. In quest’ottica, la considerazione

giuridica della cosa in funzione della sua disponibilità coinciderebbe con il riconoscimento della

pretesa individuale al godimento esclusivo della stessa, in quanto idonea a soddisfare un bisogno

dell’uomo e/o a svolgere una funzione economica.

Rappresenta altresì un dato acquisito il fatto che le necessità di disciplina e conservazione

delle risorse naturali richiede la tutela di interessi distinti e diversi da quelli economici, anche a

prescindere dalle forme proprietarie. Gli stessi poteri interni alle situazioni proprietarie vengono

dunque conformati o limitati nel loro esercizio, per lo più integrandoli con una disciplina – più o

meno articolata – circa le modalità d’uso (

802

).

In questo senso, è chiaro che la rilevanza attribuita dall’ordinamento a una specifica

destinazione del bene soverchia – in attuazione della funzione sociale – l’effettiva pienezza in capo

al titolare di determinare l’effettivo utilizzo dell’oggettività giuridica medesima (

803

).

Il soggetto proprietario delle quote e dei C.V./C.B. può goderne e disporne nei limiti

dell’autorizzazione prevista dalla P.A.. Inoltre, la titolarità sui titoli è limitata nel tempo, giacché le

stesse quote e i C.B. hanno validità determinata, e nella maggior parte dei casi non è ammessa la

possibilità di conservare nel proprio patrimonio le quote in eccedenza (c.d. banking). Ciò in quanto

(800) Su questi aspetti si ritornerà più approfonditamente infra, 3.3, con riferimento all’ammissibilità di diritti reali limitati e di godimento.

(801) Cfr. sul punto le opinioni di S. ROMANO, Sulla nozione di proprietà, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 337 ss. e di A. GAMBARO, La proprietà, cit., 100, il quale segnala inoltre che «un diritto perpetuamente inalienabile è strutturalmente una situazione di appartenenza diversa dalla proprietà». Contra invece, tra gli altri, L. BARASSI,

Proprietà e comproprietà, Milano, Giuffrè, 1951, 462, secondo cui invece la disposizione sarebbe estranea al contenuto

del diritto, che invece si caratterizza esclusivamente in termini di godimento.

(802) Rimando sul punto alle riflessioni di S. VAN ERP, Fluidity of ownership and the tragedy of hierarchy. A sign of

revolutionary revolution?, in European property law journal, 2015, vol. 4, n. 1, 56-80, spec. 70 ss.

(803) Questo passaggio è messo bene in evidenza da C. SALVI, Il contenuto del diritto di proprietà, cit., 118-120, il quale a supporto di questa tesi riporta, oltre alla disciplina urbanistica e locatizia, quella per i «beni culturali o per i c.d. beni ambientali». Allo stesso tempo, l’eterodeterminazione in termini quantitativi del bene oggetto di attribuzione e successiva circolazione, quale elemento antitetico rispetto all’esercizio dell’autonomia privata, piò trovare giustificazione nell’esigenza di razionalizzazione del sistema, che già informa altre oggettività conosciute al nostro ordinamento, sebbene caratterizzate dall’universalità: cfr. A.M. GAMBINO, Beni extra mercato, cit., spec. 223-227, il quale fa riferimento puntuale al caso dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica.

lo scopo ultimo del meccanismo è quello di fissare un tetto, creare una scarsità – sebbene artificiosa

– che sia conforme a quella predisposta dalla pubblica autorità. In altre parole, in un assetto ideale

di rapporti tutte le quote e i C.V./C.B. andrebbero fatti oggetto di circolazione, sicché si dovrebbe

giungere – in presenza di una corretta allocazione delle quote e dei certificati rispetto all’effettivo

quantitativo di emissioni e di risparmi energetici previsti – a una situazione per la quale ogni

operatore si vede incentivato ad allocare le proprie quote o C.B. in eccedenza, pena il ritiro tramite

provvedimento ablativo da parte dell’autorità pubblica.

Ciò porta a concludere che in termini generali il soggetto titolare non gode della pienezza

nell’esercizio delle proprie facoltà di disposizione e godimento del bene-quota o certificato. Questi,

infatti, è influenzato nella sua signoria rispetto agli atti dispositivi del bene, essendo indotto ad

alienarlo, sebbene senza che ciò derivi da alcuna disposizione normativa di stampo imperativo.

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