Parte II. Oggetto del lavoro: titoli energetici e quote di emissione di gas serra
Capitolo 3. Quote di emissione di gas serra (emissions trading)
3.2. Normativa europea: European Union Emissions Trading System (EU ETS)
3.2.2. Struttura del mercato
3.2.2.5. Sanzioni (enforcement)
Ultimo elemento fondamentale per garantire il corretto funzionamento dell’EU ETS è
costituito dall’apparato sanzionatorio, azionabile a valle rispetto al sistema di monitoraggio,
controllo e verifica (cfr. supra, par. prec.), di cui va quindi a costituire il vero e proprio elemento di
chiusura (
468). L’ETS fonda la propria efficacia sull’internalizzazione dei costi derivanti
dall’inquinamento atmosferico da parte delle imprese emittenti (
469); quest’ultime dunque opteranno
per un livello di compliance il cui costo marginale sia pari a quello stimato di non-compliance,
moltiplicato per le sanzioni stabilite (
470). Ne consegue che l’obiettivo da perseguire mediante il
regime sanzionatorio in ambito ETS sia sostanzialmente duplice: da una parte, garantire la certezza
circa l’accertamento delle violazioni; dall’altra, individuare tipologie e livelli di sanzioni adeguate
alle dinamiche del mercato (
471).
Movendo da tali presupposti, è possibile delineare in astratto quattro tipi di sanzioni, tra loro
graduali e potenzialmente cumulabili:
(465) Art. 15, par. 1 dir. n. 2003/87/Ce. Il report viene verificato alla luce dei criteri indicati nell’All. V alla direttiva. (466) Art. 15, par. 2, come modificato dalla dir. n. 2009/29/Ce.
(467) La disciplina di riferimento è data dai Regolamenti nn. 2012/600/UE e 2012/601/UE del 21 giugno 2012, in G.U.U.E. del 12 luglio 2012, L-181, 1-29 e 30-104, rispettivamente dedicati all’attività di monitoring and reporting e a quella di verificazione e accreditamento. Va notato come, a partire dal 2013, sia obbligatorio restituire soltanto EUAs, non essendo più ammissibile l’utilizzo diretto di altri crediti di carbonio (come CERs o ERUs), i quali vanno dunque previamente scambiati con rispettive EUAs.
(468) V. JACOMETTI, op. ult. cit., 131. L’espressione si pone, in un certo senso, in continuità con l’idea di compliance
circle, riguardante l’intero apparato di norme su monitoraggio, controllo e verifica delle emissioni (cfr. supra, par
prec.).
(469) Cfr. sul punto S. PETERSON, Monitoring, Accounting and Enforcement in Emissions Trading Regimes, paper presentato all’OECD Global Forum on Sustainable Development: Emissions Trading, Parigi, 17-18 marzo 2003; T.H. TIETEMBERG, The Tradable Permits Approach to Protecting the Commons: What Have We Learned?, paper presentato al primo workshop CATEP, Linking Industry, Local/ Regional, National and International Emissions
Trading Schemes, Fondazione Eni Enrico Mattei, Venezia, 3-4 dicembre 2001; R. PALMER – N. DAVIES, Proposals for a NOX and SO2 Trading Scheme in the United Kingdom, paper presentato al secondo workshop CATEP, Design and Integration of National Tradable Permit Schemes for Environmental Protection, University College London,
Londra, 25-26 marzo 2002.
(470) Questa l’elaborazione maturata dalla letteratura economica. Sul punto v. T.H. TIETENBERG, Emissions Trading:
Principles and Practice, Washington D.C., Resources for the Future, 2006, 171. Con la nozione di “costo di non compliance” si intende, in particolare, la possibilità che una violazione venga rilevata e sanzionata.
1)
una sanzione pecuniaria, commisurata alle emissioni eccedenti il quantitativo
oggetto di autorizzazione. Essa, peraltro, per operare efficacemente dovrebbe
lasciare impregiudicato l’obbligo circa la restituzione del numero esatto di quote,
né risultare eccessivamente onerosa rispetto alla capacità finanziaria delle imprese,
soprattutto quelle in stato di insolvenza (
472);
2) la decurtazione – in misura proporzionale o più che proporzionale alle emissioni in
eccesso – delle quote assegnate nel periodo di compliance successivo;
3) l’esclusione, anche temporanea, dal mercato fino alla regolarizzazione della
propria situazione (
473);
4) la pubblicazione dei nomi dei soggetti inadempienti (c.d. naming and shaming),
che può agire come disincentivo a operare comportamenti scorretti in quanto
foriero di pubblicità negativa per l’impresa (
474).
Alla previsione di tutte queste misure deve inoltre corrispondere un rapido e agile
procedimento di accertamento ed esecuzione (enforcement), di modo da ridurre al minimo i fattori
di incertezza e i costi di transazione nel sistema (
475). Nell’EU ETS, alla centralizzazione operata
con riferimento al sistema di monitoraggio e controllo (cfr. supra, 3.2.2.4) ha fatto da contraltare un
forte decentramento proprio in quello di enforcement. La determinazione delle sanzioni viene infatti
rimessa generalmente in capo agli Stati membri, i quali devono individuare misure «efficaci,
(472) Sul punto v. M. PEETERS, The Enforcement of Greenhouse Gas Emissions Trading in Europe: Reliability
Ensured?, in L. PADDOCK et al., Compliance and Enforcement in Environmental Law: Toward More Effective Implementation, Cheltenham, Edward Elgar, 2011, 426.
(473) Ciò è previsto, come già detto supra, 3.1.2, nel sistema delineato dal Protocollo di Kyoto.Analoghe soluzioni sono state adottate peraltro in Cina – ove è in fase di implementazione un sistema nazionale di ETS – la cui legislazione prevede, ad esempio, l’esclusione dal sistema di finanziamento statale (v. M. PEETERS – H. CHEN, Enforcement of
Emissions Trading: Sanction regimes of greenhouse gas emissions trading in the EU and China, Maastricht Faculty of Law Working Paper 2015/1, 18-19 e in S.E. WEISHAAR (a cura di), Research Handbook on Emissions Trading, cit.,
111-135). Per un inquandramento olistico del sistema ETS cinese si consiglia la lettura di A. LO, Carbon Trading in
China: Environmental Discourse and Politics, New York, Palgrave Macmillan, 2016.
(474) Art. 16, par. 2 dir. n. 2003/87/Ce. Il ricorso a siffatto tipo di sanzioni, oggetto di lungo dibattito tra gli studiosi del diritto penale e non solo (v. ex multis J.Q. WHITMAN, What is wrong with Inflicting Shame Sanctions?, in Yale Law
Journal, 1997, vol. 107, 1055–1559) è stato per la prima volta operato nell’emissions trading da parte dell’ordinamento
statunitense. Esso è stato dunque recepito da quello europeo nell’ambito del Sesto programma d’azione in campo
ambientale (s.v. la Comunicazione della Commissione sul Sesto programma di azione per l’ambiente della Comunità
Europea «Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta», COM (2001) 31 def., 3), in cui si sottolinea la necessità di creare una pratica di informazione pubblica nella quale i soggetti inadempienti – e non – siano «segnalati per nome e lodati o biasimati secondo i casi». Sul punto cfr. V. JACOMETTI, op. ult. cit., 198 e B. POZZO, Nuove tecniche di
governo del diritto: incentivi, premi e sanzioni – Il territorio della responsabilità civile in campo ambientale, in P.G.
MONATERI – A. SOMMA (a cura di), Patrimonio, persona e nuove tecniche di “governo del diritto” – Incentivi,
premi e sanzioni, Atti del XIX Colloquio dell’Associazione Italiana di diritto comparato, Ferrara, 10-12 maggio 2007,
Napoli, ESI, 2009, 1058-1059. Per una valutazione critica sulla previsione di diritto derivato v. M. PEETERS,
Enforcement of the EU Greenhouse Gas Emissions Trading Scheme, in K. DEKETELAERE – M. PEETERS (a cura
di), EU Climate Change Policy: The Challenge of New Regulatory Initiatives, Cheltenham, Edward Elgar, 2006, 169-187.
proporzionate e dissuasive» (
476). Unica eccezione contemplata sotto questo profilo concerne la
violazione dell’obbligo ex art. 12, par. 3 della direttiva circa la restituzione periodica delle quote
corrispondenti al quantitativo di emissioni reali certificate e verificate. In questo caso, l’art. 16
adotta due delle quattro soluzioni sopra rappresentate: una sanzione pecuniaria, pari a € 100,00 per
ogni tonnellata di gas serra equivalente emessa in eccesso, salvo l’obbligo di riconsegnare tutte le
quote corrispondenti a dette emissioni nell’anno civile successivo (
477); la pubblicazione dei
nominativi dei gestori (o degli operatori aerei) inadempienti (naming and shaming) (
478). Per i soli
operatori aerei, infine, è prevista la possibilità di addivenire a un divieto operativo, imposto dalla
Commissione su richiesta del singolo Stato membro (
479).
Nonostante siano di estrema attualità i fenomeni legati all’utilizzo dell’EU ETS per frodi IVA
o riciclaggio di denaro (
480), ad ogni modo la soluzione finora adottata dal legislatore europeo
sconta un elevatissimo tasso di compliance, per lo più dettato dalla netta sproporzione tra il prezzo
medio delle EUA (€ 5,00) e il valore delle sanzioni pecuniarie previste.
(476) Art. 16, par. 1, dir. n. 2003/87/Ce. Ciò ha tuttavia comportato, come rimarcano F. FLEURKE – J. VERSCHUUREN, op. cit., 5, una forte eterogeneità nelle soluzioni adottate, dipendenti per lo più dalla differente tradizione normativa, dai principi sottostanti la strategia sanzionatoria e dalle risorse amministrative disponibili. Gli A. hanno operato nell’ambito del progetto europeo ENTRACTE per analizzare le differenti soluzioni adottate dagli Stati membri, riscontrando un’eccessiva differenza tra le soluzioni adottate e le risorse messe a disposizione per combattere eventuali violazioni. Il report completo, che si basa su un case study relativo a sei Stati membri (Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Grecia, Polonia e Ungheria), è consultabile al seguente link: http://entracte-project.eu/uploads/media/ENTRACTE_Report_Legal_Studies.pdf (disponibile il 19 settembre 2016).
(477) Art. 16 , par. 3 dir. n. 2003/87/Ce. Va notato che per la prima fase dell’EU ETS, tale sanzione era pari a € 40,00. Visto però l’iniziale forte innalzamento dei prezzi delle quote (giunte a un valore pari a € 27,00), il valore è stato significativamente aumentato per le fasi successive da parte della dir. 2008/101/Ce. Dal 1 gennaio 2013, peraltro, la somma è automaticamente adeguata sulla base dell’Indice europeo dei prezzi al consumo. Al riguardo, va sottolineato come la Corte di Giustizia abbia interpretato la disciplina in senso molto stringente, confermandone l’applicabilità anche qualora l’inadempimento sia dovuto a un mero errore tecnico del gestore (sent. 17 ottobre 2013, causa C-203/12,
Billerud Karlsborg AB e Billerud Skärblacka AB c. Naturvårdsverket); per converso, essa ha negato l’applicabilità della
sanzione pecuniaria qualora le emissioni reali dell’impianto, verificate e comunicate in conformità all’art. 15, si rivelino in seguito sottostimate, ricadendo tale fattispecie nella potestà regolatoria degli Stati membri ai sensi dell’art. 16, par. 1 della direttiva (sent. 29 aprile 2015, causa C-148/14, Bundesrepublik Deutschland c. Nordzucker AG).
(478) Art. 16, par. 2. Pur prescrivendo tale misura come obbligatoria per tutti gli Stati membri, la direttiva lascia ai medesimi la scelta sulle modalità di pubblicazione. Ciò comporta, come osservano una sostanziale inefficacia della sanzione, in quanto la pubblicazione medesima avviene per lo più su gazzette ufficiali e nella sola lingua nazionale, essendo così difficile da reperire e difficilmente comprensibile; inoltre, il fatto che la non compliance rispetto all’obbligo in discorso venga per lo più delineata come un errore dell’impresa obbligata da parte delle autorità nazionali, anziché una frode al sistema, indurrebbe le ONG e le associazioni rappresentative a non dare la dovuta importanza alle pubblicazioni (v. M. PEETERS – H. CHEN, op. cit., 16-17 e F. FLEURKE – VERSCHUUREN, op.
cit., 16-17).
(479) Art. 16, par. 5 e ss. della direttiva. Come nota puntualmente P. MENDES DE LEON, Enforcement of the EU ETS:
The EU’s convulsive efforts to export its environmental values, in Air and Space Law, 2012, vol. 37, n. 4, 301,
l’esclusione degli impianti fissi da tale meccanismo sanzionatorio andrebbe contro il principio di equo trattamento. (480) Come testimoniano i dati dell’INTERPOL, Guidance to Carbon Crime, 2013, dal 2009 è stato riscontrato un forte aumento di fenomeni criminosi. È stato pertanto suggerito di espandere l’ambito di applicazione della direttiva n. 2008/99/Ce sulle sanzioni penali ambientali – recepita di recente dal nostro ordinamento con la l. n. 68/2015 – anche alle violazioni dell’EU ETS (F. FLEURKE – J. VERSCHUUREN, op. cit., 20). Sul punto v. inoltre K. NIELD – R. PEREIRA, Financial crimes in the European carbon markets, in S.E. WEISHAAR (a cura di), Research Handbook on
Figura 9. Compliance e non compliance degli impianti fissi nelle prime due fasi EU ETS. Fonte: A. DECHEZLEPRÊTRE, Report on the empirical assessment of monitoring and enforcement of EU ETS regulation, 6.