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Analisi economica del diritto e modelli di deterrenza

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 175-179)

5. Tecniche di repressione degli abusi: i rimedi successivi

5.2 Analisi economica del diritto e modelli di deterrenza

In che cosa consiste in concreto quest’obiettivo politico-normativo della deterrenza che lo IOSCO raccomanda ai legislatori nazionali di adottare? La tassonomia e la fenomenologia del conflitto di interesse ricostruiti attraverso l’analisi economica del diritto nel precedente paragrafo 2 aiutano a comprendere la funzione disincentivante che può svolgere la sanzione in questo campo273.

Come si è già anticipato, l’intermediario che, versando in una situazione di conflitto, si trova di fronte all’alternativa se dare prevalenza al proprio interesse o a quello del cliente, valuta la convenienza del comportamento infedele attraverso un calcolo dei costi e dei benefici che ne potrebbero derivare. In questa prospettiva, questi prevedibilmente sceglierà di compiere l’abuso quando il

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Cfr. particolarmente il principio 28: “Regulation should be designed to detect and deter manipulation and

other unfair trading practices”. I Principi IOSCO, p. 6, esplicitano inoltre che: “The fairness of the markets is closely linked to investor protection and, in particular, to the prevention of improper trading practices. (…) Regulation should detect, deter and penalize market manipulation and other unfair trading practices.” V.

anche il preambolo alla sezione C della Metodologia, p. 37: “the regulator should be expected to have the

ability, the means and a variety of measures to detect, deter, enforce, sanction, redress and correct violations of securities laws”.

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Cfr. Metodologia, p. 37: “A wide range of possible sanctions could meet the standards according to the

nature of the legal system assessed. The regulator, however, should be able to provide documentation that demonstrates that sanctions available (whatever their nature) are effective, proportionate and dissuasive. (…) The Principles do not prescribe any specific model to be followed and contemplate both civil law and common law systems.” Il medesimo principio della dissuasività, proporzionalità ed effettività delle sanzioni è

riflessa nella normative mobiliare comunitaria; cfr. ad esempio l’art. 51, co. 1 della MiFID.

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V. nota precedente. Il medesimo principio della dissuasività, proporzionalità ed effettività delle sanzioni è riflessa nella normative mobiliare comunitaria; cfr. ad esempio l’art. 51, co. 1 della MiFID. La Metodologia, pp. 44-45, fornisce anche misure sanzionatorie esemplificative: “Examples of measures used to enforce

securities regulatory requirements and to deter and sanction securities violations include: fines; disqualification; suspension and revocation of authority to do business; injunctions or cease and desist orders, directly or through court order; asset freezes, directly or through court order; action against securities transactions by unlicensed persons or referral of such activities to the criminal authorities; measures to enforce disclosure and financial reporting requirements for issuers; measures to enforce conduct of business, capital requirements and other prudential rules; and measures to enforce record keeping and reporting by market intermediaries, operators of authorized exchanges, regulated trading systems and collective investment schemes, and other regulated securities entities.”

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L’approccio che vede la sanzione come uno strumento di prevenzione generale degli illeciti in virtù di un effetto di deterrenza è tipico della letteratura giuseconomica americana, v. per tutti SHAVELL (2004), p. 175 ss; COOTER-ULEN (2004), p. 307 ss.; POSNER (2003), p. 167 ss.; MONATIERI (1998), p. 280 ss. Anche la nostra letteratura giuridica sulla responsabilità civile ha anticipato molte delle posizioni che avrebbero poi avuto sviluppo e sistemazione nel filone della Law and economics, v. TRIMARCHI (1970), p. 108, che evidenzia come la sanzione civile presenti due aspetti connessi, uno è quello della reintegrazione del patrimonio del danneggiato (profilo dominante nella cultura giuridica continentale), l’altro è la minaccia che contribuisce a scoraggiare preventivamente il compimento di atti illeciti.

guadagno che si aspetta di trarne è maggiore delle perdite, ossia delle sanzioni che questi anticipa di subire274.

Lo sfruttamento del conflitto è, dunque, una variabile direttamente proporzionale al profitto atteso ed inversamente proporzionale sia all’entità della sanzione, che della probabilità percepita di subirla. Considerato che la probabilità che il comportamento fraudolento venga scoperto e sanzionato è inferiore ad uno, l’effetto dissuasivo sussisterà solo se il danno risarcibile è superiore al vantaggio che l’agente valuta di ottenere dallo sfruttamento del conflitto. Tale vantaggio – comunque di difficile quantificazione – non necessariamente coincide con l’ammontare del danno subito dal singolo investitore. Per questa ragione il rimedio risarcitorio è generalmente considerato inadeguato per difetto in presenza di conflitti di interesse275.

Al fine di sopperire a questa insufficienza, l’analisi economica del diritto suggerisce l’intervento di ulteriori strumenti di repressione con funzione integrativa del rimedio risarcitorio. Tali presidi possono avere l’effetto di aumentare l’ammontare della sanzione, o la probabilità che essa venga applicata e per questa via allineare gli interessi dell’agente con quelli del principale. La difficoltà del legislatore risiede allora nell’individuare la misura ottimale di questi rimedi, atteso che se per un verso misure troppo blande impedirebbero la deterrenza, d’altro canto sanzioni troppo elevate favorirebbero comportamenti eccessivamente prudenti da parte degli intermediari o eccessivi costi sociali.

Una prima soluzione diffusa negli ordinamenti è prevedere in aggiunta al risarcimento del danno sofferto un rimedio di tipo reale, consistente nell’invalidazione dell’atto compiuto sfruttando il conflitto, a cui conseguono le restituzioni o, in generale, il ripristino per il soggetto danneggiato dello status quo ante. Sebbene questo sistema si riveli superiore a quello della pura responsabilità per danni, permane il problema che in molte circostanze il comportamento infedele continuerebbe ad essere conveniente per l’intermediario. Per fare un esempio semplice ma non troppo lontano dalla realtà, poniamo il caso di un intermediario che detiene € 250 di obbligazioni emesse da una società decotta e che decide di ridurre la propria esposizione vendendo i titoli alla propria clientela retail nonostante la loro elevata rischiosità e senza informare della reale situazione in cui versa l’emittente. Supponiamo anche che l’intermediario venda i titoli al loro valore nominale. A seguito del fallimento della società accadrà che un certo numero di investitori, ad esempio i 3/5, agiranno in giudizio per ottenere la

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Cfr. COOTER,FREEDMAN (1991), p. 1052; ENRIQUES (2000), p. 27, FICI (1997), P.329.

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dichiarazione di nullità dell’operazione di acquisto e vedersi restituita la somma investita. L’intermediario dovrà sborsare in totale la somma di € 150. Come si vede, l’intermediario avrà comunque ricuperato € 100, ritrovandosi pertanto in una situazione sicuramente migliore rispetto a quella che si sarebbe verificata laddove non si fosse sbarazzato dei titoli. In queste circostanze, e salvo gli eventuali effetti deterrenti che potrebbe ulteriormente giocare il fattore reputazionale, l’intermediario sarà indotto a compiere comportamenti opportunistici ogniqualvolta gli se ne presenti l’occasione276.

Ad integrare il quadro interviene nella maggior parte degli ordinamenti finanziari, sulla scia delle raccomandazioni dello IOSCO, la previsione di sanzioni amministrative e penali e, più in generale, l’enforcement pubblico. L’importanza della vigilanza delle autorità di settore e dell’applicazione delle sanzioni amministrative e penali ben si delinea alla luce dell’analisi economica non solo in termini di deterrenza, ma anche in considerazione dei costi proibitivi del monitoraggio decentrato degli intermediari, che – come noto – comporta un esercizio dei rimedi privatistici in quantità inferiore rispetto al livello ottimale. Non solo, la vigilanza pubblica acquista carattere indefettibile in tutte quelle ipotesi in cui lo sfruttamento del conflitto non causa un danno immediato e diretto al risparmiatore (che quindi non avrà interesse ad agire), ma solo al mercato e alla collettività. In queste circostanze l’unica possibilità di internalizzazione e prevenire la lesione è attraverso l’intervento di un soggetto esterno che vigili e sanzioni il comportamento scorretto in un’ottica di tutela dell’integrità del mercato277.

Negli ordinamenti di common law la deterrenza a fronte di situazioni di conflitto è favorita, oltre che attraverso la vigilanza pubblica, da:

(i) l’imposizione di doveri fiduciari di fedeltà/lealtà278, la cui violazione comporta l’applicazione di un rimedio più grave del semplice

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È pur vero che se il numero di investitori che l’intermediario anticipa faranno causa è sufficientemente elevato, questi potrebbe preferire vendere i titoli ad investitori istituzionali consapevoli della condizione di difficoltà finanziaria dell’emittente ad un prezzo che sconta la probabilità che il debito non venga ripagato, ma comunque più alto della somma che gli rimarrebbe in tasca dopo aver effettuato le restituzioni. Da ciò emerge l’importanza di favorire entro certi limiti l’esercizio delle azioni legali.

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In Italia, le competenze riservate alla Banca d’Italia ed alla Consob in materia di conflitti di interesse presentano numerose sovrapposizioni, in parte aggravate dalla recente legge sul risparmio, che ha spostato sorprendentemente la disciplina del conflitto sul versante prudenziale, favorendo un’ulteriore confusione nei rispettivi compiti. Il risultato finale è che allo stato due Autorità di vigilanza lavorano contemporaneamente su una medesima aeree tematica, con considerevole dispendio di risorse ed inevitabile aggravio dei costi. Altrettanto problematica, ma sotto il diverso profilo della suddivisione di competenze tra autorità di vigilanza dell’Unione, appare la nuova disciplina delle suddivisioni delle competenze tra autorità di settore stabilite nella MiFID, particolarmente in materia di vigilanza delle succursali di soggetti abilitati esteri.

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Sulla nozione di doveri fiduciari si vedano le analisi svolte precedentemente al par. 2.1 dove si è dato anche conto del fatto che la teoria dei doveri fiduciari applicata al mercato mobiliare si è con il tempo evoluta

risarcimento danni: il versamento dei vantaggi conseguiti dall’operazione (c.d. disgorgement of profits)279;

(ii) l’applicazione di punitive damage, ossia l’esborso all’investitore di una somma superiore al danno sofferto, che l’analisi economica anticipa ottimale se calcolata moltiplicando il danno per l’inverso della probabilità che il risarcimento non venga irrogato280;

(iii) alleggerimento dell’onere probatorio a carico della principale/attore nei giudizi di responsabilità attraverso: (a) presunzioni di slealtà281 e (b) sufficienza della mera allegazione del nesso di causalità anche grazie alla teoria della frode sul mercato282;

nel concetto di fair dealing, così che la regolamentazione dei conflitti oggi è senz’altro più complessa di quella originariamente sviluppatasi nella giurisprudenza angloamericana. Come è stato osservato, infatti, il carattere polifunzionale degli intermediari li rende strutturalmente esposti al conflitto; la stretta applicazione delle regole fiduciarie determinerebbe nella maggior parte dei casi la paralisi dell’operatività degli stessi, e dunque un costo in termini di diminuzione nell’efficienza dei mercati finanziari. La risposta degli ordinamenti angloamericani a questo trade-off tra sinergie e conflitto è appunto nella complessa e flessibile regola del fair

dealing. Cfr. KRUITHOF (2005),p. 27-28 che osserva “It is therefore not surprising that in practice fiduciary

duties are not enforced as strictly as one would expect against financial institutions. If they were, the indirect effect would be to preclude financial institutions from combining asset management with other financial services. This would turn the conduct rules created by fiduciary law into an effective structural bar, requiring disaggregation of multifunctional financial institutions”; v. anchePOSER (1990), p. 116 e 122. Il tema è stato oggetto di ampio dibattito a livello governativo nel Regno Unito successivamente all’introduzione della regola del fair dealing; v. Fiduciary Duties and Regulatory Rules (1995), cit. al par. 2.1.

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L’elemento che differenzia un dovere fiduciario dal un semplice dovere di diligenza professionale è infatti esattamente l’apparato rimediale disponibile a fronte di una violazione dello stesso; cfr. KRUITHOF (2005),p. 26; EASTERBROOK,FISCHEL, p. 425; COOTER,FREEDMAN (1991), p. 1052 e 1073. Il disgorgment of profit può essere utilizzato anche dalla SEC per sanzionare amministrativamente condotte in violazione della normativa federale; cfr.SEGATO (2006), p. 431; PARDOLESI (2007-I).

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Attraverso questo fattore moltiplicativo si ripristina l’effetto di deterrenza ostacolato d una probabilità di applicazione della sanzione inferiore ad un 1; in generale per un’analisi economica dei danni punitivi cfr. POLINSKY,SHAVELL (1998) e COOTER (1989). Si noti che i punitive damage non sono riconosciuti nel caso di azioni ai sensi della normativa federale antifrode, ma possono esserlo a fronte di violazioni di leggi statali o di doveri fiduciari; per ampie indicazioni giurisprudenziali sui punitive damage particolarmente utilizzato nei casi di churning e unsuitable transactions v. RATH,BOCH,BURKE (2006),p. 317 ss.In realtà l’istituto è tra i più criticati negli Stati Uniti anche per l’effetto di over-deterrence dovuto alla presenza di altri strumenti rimediali che rendono l’effetto moltiplicativo eccessivo; cfr. DUGGAN (2005). Per uno studio empirico sugli effetti dei punitive damages, v. KARPOFF,LOTT (2000). In letteratura italiana v. SARTORI (2004), p. 384 ss. il quale ben evidenzia i rischi derivanti da un utilizzo non oculato dei danni punitivi; e recentemente PARDOLESI

(2007-II).

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Data l’asimmetria informativa che caratterizza il rapporto di agenzia, il principale può non essere in condizione di provare che in una situazione di conflitto l’agente ha deciso di operare slealmente perciò l’onere della prova della lealtà è collocato sull’agente che dovrà dare dimostrazione di aver dato prevalenza all’interesse del principale anziché a quello proprio; COOTER,FREEDMAN (1991), p. 1048 e 1053-55: “To

overcome difficulties in proof, the law infers disloyalty from its appearance, presuming that a fiduciary will appropriate the principal’ s asset when it is in her self-interest to do so”.

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Cfr. par. 5.3 del Cap. I. Si distingue generalmente in diritto statunitense tra “transaction causation” che può essere dimostrata con l’ausilio della teoria della frode sul mercato e “loss causation”, ossia la prova dei danni sofferti a causa della frode, la cui dimostrazione è a carico dell’attore. Recentemente la Corte Suprema ha dettato criteri più stringenti per il soddisfacimento la prova del nesso eziologico cfr. Dura

Pharmaceuticals, Inc. v. Brodo, 544 U.S. 336 (2005), tuttavia il caso non riguardava violazioni compiute da

intermediari, era bensì una frode perpetrata da un emittente, v. anche cap. IV; cfr. OLAZÁBAL (2006); NEAS

(iv) alleviamento del problema dell’azione collettiva attraverso l’istituto processuale della securities class action previsto sia a livello federale (e particolarmente utilizzato in ipotesi di frode) che statale, ed esercitatile da ogni individuo in rappresentanza della classe, previa verifica da parte del giudice della (i) ammissibilità dell’azione e (ii) definizione della classe e delle pretese (c.d. class certification)283.

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 175-179)

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