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Il ruolo dei gatekeepers nei recenti scandali finanziari

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 195-198)

5. Tecniche di repressione degli abusi: i rimedi successivi

1.1. Il ruolo dei gatekeepers nei recenti scandali finanziari

Le frodi finanziare dell’ultimo decennio hanno evidenziato la presenza di una serie carenze nei sistemi di controllo esterni alle società emittenti, dovute a macroscopici errori ed omissioni dei c.d. gatekeepers (società di revisione, analisti finanziari e società di rating, detti anche intermediari reputazionali).1 Rappresentativa, ad esempio, la circostanza che alla vigilia del crollo di Enron, la società potesse vantare ancora il massimo rating2 da parte delle tre principali agenzie: la Standard and Poor’s, la Moody’s e la Flitch Ratings, le quali procedettero al declassamento a livello di junk solo pochi giorni prima della dichiarazione di bancarotta della società3. Similmente, sedici dei diciassette analisti che valutavano regolarmente le emissioni Enron fornivano indicazioni di buy e addirittura strong buy in favore di una società prossima al dissesto. Analoga attitudine nel caso Parmalat, dove sino all’autunno 2003 si riscontrava ancora la diffusione di raccomandazioni positive sulle prospettive del titolo4.

Tra le cause di queste omissioni la letteratura giuridico-economica ha evidenziato la presenza di conflitti di interesse che inquinano l’obiettività e

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Per gatekeeper si intende qualsiasi soggetto che, prestando servizi ad una società o agli investitori (attuali o potenziali), impegni la propria reputazione a supporto della veridicità di informazioni che questi approva, certifica o verifica e sulle cui valutazioni gli investitori fanno affidamento per compiere le loro scelte di investimento. Nel concetto di gatekeeper rientrano anche gli intermediari mobiliari, di cui si è già trattato nel capitolo precedente. Sulla nozione cfr. COFFEE (2002); GILSON,KRAAKMAN (1984), p. 620 ss. e (2003), p. 215; FERRARINI,GIUDICI (2006-II), p. 116. La circostanza che gli episodi di frode finanziaria occorsi sul mercato statunitense siano stati piuttosto l’espressione di un gatekeepers failure che di un board failure è efficacemente considerato da COLANGELO (2002).

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Come è noto, il rating, o valutazione del merito di credito, è il giudizio espresso da un’agenzia qualificata che indica la propria previsione in ordine alle prospettive di solvibilità ad una certa data del debitore e/o dei titoli da emessi da un soggetto pubblico o privato. In base alla scala adottata dalle maggiori agenzie internazionali e generalmente riconosciuta sui mercati finanziari, i titoli sono distinti in due categorie: la “categoria investimento” (investment grade), alla quale appartengono gli strumenti che ottengono un giudizio di alto livello; “categoria speculativa” (speculative grade), in cui sono collocati i titoli di livello basso o non

rated (junk bonds, solitamente caratterizzati da un alto rendimento); cfr.GOMMELLINI (2004), p. 594, nt. 10.

3 Cfr. TONELLO (2005), p. 930; CROCKET,HARRIS,MISHKIN,WHITE (2003), p. 41 ss..

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l’indipendenza dei giudizi espressi da tali operatori finanziari5. La “patologia” affonda nella struttura stessa dei rapporti che si vengono a creare tra emittenti-controllati e gatekeepers-controllori, che vedono i primi selezionare e retribuire a vario titolo i secondi, con ciò instaurandosi una serie di intrecci e di incentivi che favoriscono l’acquiescenza dei controllori verso le politiche contabili aggressive (e talvolta fraudolente) dei controllati.6

Il problema è particolarmente sentito negli Stati Uniti, dove questa tipologia di comportamenti abusivi ha trovato una clamorosa esemplificazione nel caso Enron, frutto di speculazioni finanziarie per anni perpetrate occultando perdite ed eludendo o sfruttando imperfezioni dei principi contabili GAAP attraverso la creazione di Special Purpose Entities (SPEs), sulle quali venivano scaricate passività non registrate nel bilancio consolidato7. Non stupisce allora che la poderosa riforma della regolamentazione dei mercati finanziari introdotta nell’ordinamento statunitense successivamente agli episodi di frode si sia concentrata sopratutto sulla vigilanza e sul conflitto di interessi degli operatori che certificano o diffondono informazioni finanziarie, per sopperire all’esigenza di assicurarne una maggiore imparzialità ed autonomia8.

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Il dibattito a livello internazionale sul ruolo dei gatekeeper quali causa o concausa degli scandali è stato molto ampio; tra i lavori maggiormente stimolanti si segnalanoPARTNOY (2001),COFFEE (2002) e (2003), OH

(2004); FERRARINI,GIUDICI (2006-I), CHOI (2004); GORDON (2002);MILLON (2003); BRATTON (2003). Il conflitto di interessi ha favorito una generale acquiescenza dei gatekeepers nei confronti di manager interessati a far incrementare il prezzo di mercato delle azioni della propria società o comunque intenzionati a commettere altro tipo di frodi sul mercato; cfr. con riferimento alle società di revisione, FORTUNATO (2006), p. 89.

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Secondo alcuni studiosi, la connivenza dei controllori è stata favorita da un generale abbassamento del livello di deterrenza della regolamentazione a partire dagli anni Novanta, nonché dalla bolla speculativa e del boom dei mercati finanziari che ha esasperato il clima di euforia e reso meno attenti gli operatori ai giudizi espressi dai gatekeepers. Ulteriore fattore è l’elevato grado di concentrazione del mercato dei servizi i revisione che favorisce comportamenti collusivi; cfr. FORTUNATO (2006), pp. 89-90.

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Come sottolineato da MONTALENTI (2004), p. 295, la frode è stata realizzata alla “periferia” del gruppo, attraverso trasferimenti fittizi a società estromesse dal bilancio consolidato, che hanno permesso di occultare nell’arco di circa un quinquennio (da 1997 al 2001) ben 600 milioni di dollari l’anno. In argomento v. anche SCHWARCZ (2002); BALDINELLI (2002);CACCHI PESSANI (2003), p. 746 ss.; eBENEDETTO,DI CASTRI (2005); MIOLA (2005), e soprattutto PARTNOY (2003),p. 296 ss.; KROGER (2005),p. 69 ss.Il caso Enron è stato preceduto e seguito da ulteriori scandali di dimensioni notevoli, come quelli della Worldcom e Xerox, per citare solo i più noti.

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La reazione americana si è concretata nell’emanazione il 30 luglio 2002 del Sebanes-Oxley Act contenente una poderosa riforma volta ad assicurare la qualità e la veridicità delle informazioni fornite al mercato. La riforma ha interessato principalmente le società di revisione e gli analisti finanziari. Per una panoramica della riforma ed un confronto con le analoghe iniziative intraprese in Germania, Regno Unito, Francia e Italia, v. RUGGIERO,PANZIRONI,CARRARA (2004),p. 27 ss. e CAMMARRATA (2004),p. 257 ss. In verità la riflessione sul tema della revisione contabile era iniziata tanto negli Stati Uniti che in Europa già prima del verificarsi degli scandali finanziari e già nel 2000 la SEC aveva proceduto a rafforzare i requisiti di indipendenza delle società di revisione con la final rule del 21 novembre 2000 (consultabile sul sito www.sec.gov insieme al documento di commento Revision of the Commission’s Auditor Independence Requirements). Certamente l’occorrere dei crack finanziari ha accelerato il processo di accoglimento delle novità e di più radicali innovazioni a livello di legislazione federale. In Europa la riflessione era partita addirittura dal 1996 con il libro verde della Commissione su ruolo, posizione e responsabilità del revisore legale dei conti nell’Unione Europea.

Nell’immediatezza degli scandali occorsi negli Stati Uniti, i temi dell’indipendenza dei gatekeepers e della qualità delle informazioni diffuse sui mercati finanziari sono stati affrontati anche in sede internazionale, nei lavori del Comitato Tecnico dello IOSCO pubblicati nel 2002 sulle società di revisione, sugli analisti finanziari e sulle agenzie di rating9. Il dibattito che ne è sorto ha favorito una riflessione molto attenta sull’efficacia dei controlli svolti da tali operatori ed ha sollecitato un confronto internazionale sui possibili approcci da seguire per rafforzarne l’effettività. All’esito di queste iniziative è intervenuta una poderosa circolazione di modelli giuridici di prevenzione del conflitto di interessi nella distribuzione delle informazioni finanziarie, che ha favorito un processo di convergenza tra i sistemi normativi senza pari in altri settori del diritto mobiliare.

Nel mentre del dibattito internazionale, anche in Europa si sono manifestati episodi di frode finanziaria che hanno coinvolto società di revisione, analisti finanziari ed agenzie di rating10. Tali abusi hanno evidenziato come le pecche del capitalismo finanziario possono manifestarsi anche in contesti di proprietà concentrata e riguardare perciò modelli di sviluppo distanti da quello statunitense.

In Italia la questione dell’indipendenza della società di revisione, degli analisti finanziari e delle agenzie di rating è stata per lungo tempo sottovalutata. Ne era scaturito un quadro normativo totalmente inefficiente, che ha manifestato tutta la sua inadeguatezza nei dissesti del 2003 (casi Cirio, Parmalat, Gabdalf, Giacomelli, ecc.)11 e che solo in tempi recenti è stato oggetto di revisione sulla scorta delle influenze internazionali e comunitaria. Il vuoto era tanto più critico considerato che, per loro stessa natura, i conflitti di interessi di tali operatori sono particolarmente difficili da monitorare in via decentrata (attraverso l’esercizio dell’azione di responsabilità), data la mancanza (il più delle volte) di una relazione contrattuale anche solo potenziale tra tali soggetti e gli investitori e la difficoltà tecnica di accertare il nesso di causalità, oltre che di superare le note difficoltà di azione collettiva12. La mancanza nel nostro paese di un sistema di

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Ci si riferisce in particolare ai seguenti documento, che verranno analizzati più in dettaglio nel prosieguo: (i)

“Principle for Audit Oversight” e “Principles of Audit Independence and the Role of Corporate Governance in monitoring Auditor’s Independence” (ottobre 2002); (ii) “Report on Analyst Conflict of Interests” e “IOSCO Statement of Principles for Addressing Sell-Side Securities Analyst Conflict of Interests (ottobre

2003); (iii) “Report on Activities of Credit Rating Agencies” e “IOSCO Statement of Principles Regarding

Credit Rating Agency” (ottobre 2003). 10

Le frodi finanziarie hanno riguardato non solo l’Italia, con i casi Cirio e Parmalat in primis, ma anche vari altri paesi comunitari come la Francia con il caso Vivendi, i Paesi Bassi con la vicenda dell’Ahold e, in precedenza, l’Inghilterra con la Maxwell.

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Così PARDOLESI E PORTOLANO (2001), p. 13, con riferimento al ruolo dei revisori contabili nel caso Parmalat: “(…) dov’erano, mentre si andavano consumando (in un tempo che tutto lascia intendere assai

prolungato) gli orrori di Collecchio, i revisori? La risposta è ovvia. Erano al loro posto. Che stessero poi facendo il loro mestiere, questa è un’altra storia”.

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Il dibattito internazionale sui gatekeeper si è, infatti, incentrato proprio sul tema della responsabilità civile, sulle ragioni della scarsa efficacia deterrente della stessa manifestatasi nel corso degli scandali finanziari americani. In molti ordinamenti stranieri, a differenza che in Italia, una notevole difficoltà risiede nel

enforcement privato con effetti reintegrativi e di deterrenza è confermata dall’esigua casistica esistente in materia13.

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 195-198)

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