• Non ci sono risultati.

La nozione giuridica di conflitto di interessi

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 96-101)

5. Le iniziative internazionali a fronte dei recenti scandali finanziari

1.3 La nozione giuridica di conflitto di interessi

Passando ad un’analisi più strettamente giuridica, sebbene, come già anticipato, né gli standard internazionali, né la disciplina italiana offrono un’astratta definizione giuridica di “conflitto di interessi” dell’intermediario, sono certamente riscontrabili a livello interpretativo e sistematico elementi che permettono di ricostruirne la nozione65. Partendo dall’analisi dell’ordinamento internazionale, i Principi IOSCO e la relativa Metodologia si limitano a menzionare la fattispecie del conflitto di interessi, senza indicare in che cosa consista, presupponendone il significato. L’unica indicazione esegetica degna di menzione è la circostanza che, in vari passaggi dei suddetti documenti, emerge che gli obblighi di comportamento dell’intermediario in relazione ai conflitti di interesse sorgono al momento in cui essi sono in uno stadio meramente potenziale. Dunque, il conflitto assume rilevanza giuridica come situazione di contrasto tra gli interessi degli investitori e quelli dell’intermediario o di soggetti ad esso associati66.

Un riferimento più preciso alla sostanza del fenomeno è rinvenibile nei “Principles for Regulation of Collective Investment Scheme”, emessi dallo IOSCO nel 1994, in periodo di parecchio precedente il dibattito sviluppatosi in seguito agli episodi fraudolenti degli anni recenti. Sebbene manchi una nozione astratta di conflitto, i principi contengono indizi utili a ricostruirne taluni elementi costitutivi. In particolare, il Principio 6 esorta affinché gli ordinamenti nazionali

64

Cfr. ex multis ENRIQUES (1995), p. 316. secondo cui “la prevenzione del conflitto di interessi nel campo

mobiliare non mira, se non in prima battuta, a proteggere gli interessi privati dei singoli risparmiatori, bensì ad assicurare, in ultima analisi, il perseguimento dell’interesse pubblico alla stabilità economica e ad un’efficiente allocazione del risparmio dai settori in avanzo ai settori in disavanzo”; e COMPORTI (2005), p. 609 e ss., secondo cui la finalità della regolamentazione del conflitto di interessi è duplice e può distinguersi in un obiettivo “micro”, riguardante il rapporto economico-contrattuale tra intermediario e cliente, ed uno “macro”, funzionale ad “evitare che il conflitto pregiudichi la qualità del servizio nel senso che

l’indipendenza, obiettività ed efficienza del servizio stesso non siano compromesse” (v. particolarmente p.

611).

65

Come evidenziato da MAFFEIS (2002), pp. 7-8, proprio con riferimento all’assenza di una qualsivoglia definizione di “conflitto di interessi” in diritto italiano: “La mancata descrizione del fatto è un fenomeno

frequente, comunque ai concetti indeterminati - quale il conflitto di interessi – ed alle clausole generali. Tuttavia, anche quando rinuncia a descrivere il fatto è frequente che il legislatore non rinunci del tutto a fornire all’interprete elementi utili ai fini della ricostruzione della regola”.

66

Cfr. la sezione dei principi IOSCO dedicata ai conflitti nella gestione collettiva (par. 11.4, p. 28) e nella prestazione di servizi di investimento (par., 12.5, p. 37); stesso approccio per la prestazione di servizi di consulenza (par. 12.8, p. 38).

prendano atto del fatto che chi opera una gestione collettiva può essere portatore di interessi che, se esercitati in assenza di vincoli, potrebbero confliggere in modo significativo con gli interessi degli investitori. Trattasi di un rischio che le autorità di vigilanza debbono contrastare attraverso l’introduzione di opportuni presidi giuridici67. Sulla scorta del principio che precede, è possibile rilevare quantomeno i seguenti connotati del conflitto:

(i) la presenza di un interesse dell’intermediario che sia potenzialmente divergente rispetto a quello dell’investitore (situazione di conflitto);

(ii) il carattere significativo della divergenza tra i due interessi;

(iii) il rischio che, a fronte di quell’interesse, l’intermediario intraprenda un’operazione in conflitto con l’interesse dell’investitore (sfruttamento del conflitto)68.

Ulteriori indicazioni esegetiche sono contenute nel report consultivo recentemente emanato dal Comitato Tecnico dello IOSCO sui conflitti di interesse che sorgono in occasione delle offerte di valori mobiliari: “Market Intermediary Management of Conflicts that Arise in Securities Offerings, Consultation Report of the IOSCO Technical Committee, February 2007”69. Nel documento, il conflitto è visto come un fenomeno frequente, che ha origine nella

67

Il tenore del Principio 6 è il seguente: “The regulatory regime should recognise that an operator of a CIS

may have interests that if exercised without restraint would conflict in a material way with the interests of investors. Regulatory authorities should respond to this risk by ensuring that a regime provides for the exercise of management responsibilities with full regard to the best interests of investors (…)”.

68

I Principi IOSCO relativi alla regolamentazione degli organismi di investimento collettivo forniscono anche una casistica esemplificativa delle situazioni di conflitto più comunemente riscontrabili nell’ambito della prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, di cui si darà conto nel paragrafo successivo. La casistica, ma non la definizione di conflitto contenuta in nuce nel Principio 6, è stata poi ulteriormente specificata in una relazione della IOSCO Technical Committee del maggio 2000, intitolata “Conflicts of Interests of CIS Operators”.

69

Il lavoro, disponibile su internet sul sito ufficiale dello IOSCO, segue la raccomandazione contenuta nel

Report “Strengthening Capital Markets Against Financial Fraud”, di cui si è dato conto nel precedente

capitolo, in cui il Comitato Tecnico della IOSCO approfondisce il tema del ruolo rivestito dagli intermediari nell’ambito degli occorsi episodi di frode. Con il documento lo IOSCO avvia una consultazione su varie questioni attinenti la gestione delle informazioni in situazioni di conflitto e le procedure interne che gli intermediari dovrebbero all’uopo costituire. La consultazione verte anche su un tema fondamentale: che cosa sono i conflitti di interessi? Il Comitato Tecnico fornisce una descrizione generale, sebbene alquanto scarna, del fenomeno del conflitto e domanda ai partecipanti se condividono la descrizione e, in caso negativo, chiede di fornire una definizione alternativa. Il paragrafo legge come segue: “Conflicts of interest are common in the

activities of market intermediaries because of the different roles that an intermediary or companies within the same financial group as the market intermediary play. A conflict arises where the interests of a market intermediary may be inconsistent with, or diverge from, those of its clients, investors or other. There may also be conflict between the interest of one group of clients and those of another group. Conflicts of interest take various forms, i.e.: they may be actual, apparent or potential (future). It is common for a market intermediary to have conflicts of interest in connection with securities offerings because the market intermediary often plays more than one role.

In addition, a market intermediary may be part of a group of companies or business units (the group), where different entities within the group undertakes different services or activities for a range of clients. Although the market intermediary may be involved only the offering of the securities, other entities in the group may perform other functions that are relevant to the market intermediary’s role. These other members of the group and their functions can create conflicts of interest between them and other members”.

polifunzionalità degli intermediari, ossia nella circostanza che essi individualmente (modello della banca universale), o in quanto appartenenti ad un gruppo finanziario (modello del gruppo polifunzionale), svolgono una pluralità di ruoli70. Il documento differenzia due tipologie di conflitto: (i) la divergenza tra l’interesse dell’intermediario e quello del cliente/investitore e (ii) la divergenza tra gli interessi di gruppi eterogenei di investitori. Inoltre, è specificato che il conflitto può assumere rilevanza nella sua attualità ovvero in potenza, come conflitto futuro.

Per quanto riguarda la normativa italiana, elementi tassonomici possono ricavarsi esclusivamente in via indiretta, in primis attraverso l’attività interpretativa della Consob che con lo strumento delle comunicazioni ha fornito talune indicazioni circa la sussistenza o meno del conflitto a fronte di richieste specifiche degli operatori. Secondo la Consob la sussistenza di un conflitto non può essere individuata a priori, ma va valutata “con riguardo alle peculiarità del caso concreto”, in ragione del grado di discrezionalità goduto dall’intermediario nella prestazione di un determinato servizio ed alla possibilità di escludere ogni pregiudizio per il cliente. In particolare, non è ravvisabile un conflitto quando l’intermediario opera in contropartita diretta ed il cliente ha conferito un ordine di negoziazione spontaneamente; è solo in presenza di un suggerimento dell’intermediario che occorre valutare se il comportamento di questi è improntato alla realizzazione al meglio degli interessi dei clienti, o se al contrario risulti (anche o unicamente) diretto alla soddisfazione di scopi ulteriori propri. In queste circostanze: “Il conflitto potrebbe ritenersi insussistente nei soli casi in cui le condizioni della singola transazioni fossero – rispetto ad altre operazioni con analoghe caratteristiche prospettabili in alternativa – così favorevoli per il cliente da escludere per esso ogni concreto pregiudizio, anche in termini comparativi riferito al mancato conseguimento di una più favorevole opportunità di investimento; e ciò tenuto, in particolare, conto della qualità dell’emittente e della liquidabilità dell’investimento”71.

Con riferimento alle disposizioni comunitarie, le indicazioni esegetiche più significative sono contenute nella normativa di secondo livello, che attuano la

70

Particolare enfasi viene prestata alla situazione di conflitto che deriva dall’appartenenza al medesimo gruppo, in ciò evidenziando l’influenza prevalente che ha avuto nella redazione del documento il modello del gruppo polifunzionale di impronta statunitense.

71

Si veda la Comunicazione Consob n. DAL/97006042 del 9 luglio 1997, in cui la Consob ravvisa la presenza di un conflitto di interessi quando l’intermediario suggerisca al cliente di acquistare titoli precedentemente sottoscritti a fermo. Tale orientamento è contraddetto da una giurisprudenza minoritaria che ritiene immane il conflitto nel caso in cui l’intermediario agisca in contropartita diretta ed in conto proprio (cfr. Tribunale di Milano, 25 luglio 2005). L’orientamento maggioritario prevede, al contrario, che la titolarità dei prodotti da parte dell’intermediario non sia di per sé sufficiente ad integrare il conflitto se non si prova che l’intermediario ha perseguito un fine ulteriore (cfr. Trib. Roma, 25 maggio 2005 e Trib. Roma, n. 17539 del 29 luglio 2005).

direttiva MiFID72 e la cui trasposizione è prossima anche nel nostro paese. In particolare, l’art. 21 della Direttiva 2006/73 del 10 agosto 2006 individua talune generali situazioni esemplificative di carattere minimale da considerare per valutare la possibile insorgenza di un conflitto, ossia:

- a seguito di un’attività svolta da o nell’interesse dell’intermediario, è probabile che questi o un soggetto collegato ottenga un profitto o eviti una perdita, a spese del cliente;

- l’intermediario o altro soggetto collegato abbia un interesse nel risultato finale di un servizio fornito al cliente o di una transazione svolta da un cliente, diverso dall’interesse del cliente nello stesso risultato;

- l’intermediario o altro soggetto collegato abbia un incentivo (finanziario o di altra natura) a favorire l’interesse di un cliente o un gruppo di clienti a danno dell’interesse di altro cliente;

- l’intermediario o altro soggetto collegato svolga lo stesso business del cliente;

- l’intermediario o altro soggetto collegato riceva, da una persona diversa dal cliente, emolumenti in relazione ai servizi svolti per il cliente, ulteriori rispetto alle commissioni o alle tariffe percepite per quel servizio73.

Comune a tutte le precedenti situazioni è la presenza di un interesse dell’intermediario o di un soggetto ad esso collegato: (i) ulteriore rispetto a quello istituzionale di ricevere una remunerazione per il servizio prestato e (ii) potenzialmente divergente dall’interesse del cliente. In cosa consista questa divergenza si può dedurre dalla premessa 24 della medesima direttiva, dove si specifica che il contrasto è tra l’interesse dell’intermediario e i doveri gravanti nei confronti del cliente. Inoltre, la mera possibilità che l’impresa possa conseguire un utile non è circostanza sufficiente a far sorgere il conflitto, essendo ulteriormente necessario il prospettarsi di un possibile svantaggio per il cliente. Tale approccio è confermato all’art. 22 ove, nel delineare il sopraesposto elenco di situazioni senz’altro rilevanti, si specifica che il conflitto oggetto di disciplina è solo quello dalla cui esistenza potrebbe conseguire una lesione degli interessi del cliente.

72

Direttiva n. 2004/39/CE che ha abrogato ed interamente sostituito la Direttiva sui servizi di investimento (n. 93/22/CE).

73

Dall’analisi dell’insieme delle disposizioni che precedono emerge che il legislatore comunitario ha inteso differenziare la mera concorrenza di interessi dal quale l’intermediario può ricavare un’utilità dalla situazione di conflitto rilevante, in cui cioè la pluralità di interessi è tale da poter sviare la condotta dell’intermediario dal rispetto degli obblighi dettati a tutela degli interessi del cliente e dell’integrità del mercato. In questo possibile sviamento, e non in un potenziale danno economico, niente affatto contemplato nelle disposizioni menzionate, risiede la lesione che qualifica la presenza di un conflitto.

Dunque, pur mancando in diritto una definizione generale ed astratta di conflitto di interessi, l’analisi economica e l’esegesi delle fonti internazionali nazionali e comunitarie forniscono indicazioni univoche sulla natura del conflitto di interessi tra intermediario mobiliare e cliente, da cui è possibile ricavarne agevolmente la nozione giuridica e individuarne i contorni in termini alquanto definiti. Dalle considerazioni effettuate sono emersi i seguenti elementi:

(a) il conflitto di interessi dell’intermediario è una “obiettiva situazione di pericolo” che si distingue dalla mera concorrenza di interessi per la presenza di un interesse (proprio o altrui) ulteriore rispetto a quello riflesso nella causa del contratto concluso o da concludere con il cliente e potenzialmente lesivo dell’interesse di questi e dell’integrità del mercato; (b) per stabilire in via retrospettiva la presenza di un conflitto non occorre che

l’“agire” in conflitto abbia prodotto effettivamente una lesione, ma è sufficiente la sussistenza degli elementi obiettivi nei quali si concreta il pericolo di lesione;

(c) la lesione non consegue necessariamente alla “situazione” di conflitto, ma talvolta può essere risolta attraverso una corretta gestione dello stesso; da cui l’importanza di istituire presidi che valgano a regolare il conflitto ex ante, in modo da prevenirne lo sfruttamento, ossia evitare che l’interesse contrario dell’intermediario incida sulla cura dell’interesse del cliente; (d) la lesione non consiste in un danno economico (damnum emergens e

lucrum cessans), che rappresenta un evento meramente accidentale in quanto co-determinato dal fattore incertezza, ossia dal rischio finanziario, ma si sostanzia nella contrarietà dell’azione all’interesse del cliente o alla trasparenza ed integrità del mercato, contrarietà che si estrinseca nella violazione di un obbligo giuridico (sia esso di fonte contrattuale o legale); tuttavia evidentemente l’assenza ex post di un danno economico fa venir meno l’interesse dell’investitore ad esercitare l’azione processuale; da cui l’importanza di strumenti di enforcement pubblici;

(e) la convenienza (l’incentivo) ad “agire” in conflitto, ossia a sfruttare la situazione conflittuale violando l’obbligo nei confronti del cliente dipende dai vantaggi che l’intermediario anticipa di ottenere a fronte dello sfruttamento rispetto alla disutilità attesa; da ciò l’importanza di incrementare l’efficacia di presidi reputazionali e sanzionatori per ripristinare un corretto assetto degli incentivi.

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 96-101)

Outline

Documenti correlati