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Segue. Le misure organizzative nel regime secondario della MiFID. Le novità introdotte in Italia

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 167-170)

4. La disciplina del conflitto di interessi nella MiFID e la sua recente attuazione in Italia

4.3 Segue. Le misure organizzative nel regime secondario della MiFID. Le novità introdotte in Italia

La disciplina precedentemente descritta in materia di presidi interni e procedurali è stata assoggettata a revisione e ad integrazione a seguito dell’attuazione delle misure di secondo livello della MiFID, dove si contempla un deciso rafforzamento del profilo organizzativo degli intermediari. A seguito delle modifiche introdotte, l’obiettivo della gestione del conflitto, e dunque della prevenzione del suo sfruttamento, è divenuto prevalente rispetto a quello della prevenzione del suo insorgere. La disciplina si concreta nell’individuazione di un insieme composito di misure organizzative, procedurali e di governance idonee a favorire il rispetto della regola del fair treatment249. L’impostazione scelta dal legislatore comunitario conferma per un verso il definitivo abbandono di soluzioni di tipo strutturale, quali i firewalls tipici del precedente sistema statunitense, e dall’altro denota la progressiva sfiducia nell’efficacia delle barriere informative. Nel contesto della nuova normativa, i chinese walls costituiscono soltanto uno dei possibili strumenti di gestione del conflitto, a fianco di numerosi altri che possono in concreto risultare più efficaci ed efficienti in considerazione delle particolari caratteristiche dell’intermediario250.

249

Si è peraltro osservato come l’abolizione della facoltà per gli Stati Membri di prevedere l’obbligo di concentrazione delle operazioni sui mercati e la prestazione del servizio di internalizzazione sistematica avrebbero l’effetto di accrescere il rischio di sfruttamento dei conflitti di interesse in ragione della difficoltà per il cliente di monitorare in modo efficace la condotta dell’intermediario, cfr. FERRARINI E RECINE (2005), p. 6.

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E’ stato riconosciuto, infatti, che i Chinese Walls possono impedire i flussi informativi, ma non per questo risolvere i problemi di conflitto di interessi. A parte la possibilità che le muraglie possano essere insufficienti ad ostacolare il passaggio di informazioni, la questione è che la maggior parte dei conflitti sorgono con riferimento ad informazioni di dominio pubblico e perciò stesso non gestibili per mezzo di barriere. Inoltre,

In particolare, per quanto riguarda l’individuazione e la gestione dei conflitti, l’art. 22 della Direttiva 2006/72/CE, recepita all’art. 25, commi 1 e 2, del Provvedimento Congiunto prevede che le imprese di investimento predispongano per iscritto di una politica di gestione del conflitto (c.d. conflicts policy) tale da: (i) consentire l’individuazione delle circostanze da cui potrebbero sorgere conflitti lesivi degli interessi dei clienti251 e (ii) formulare procedure interne ed i presidi per neutralizzare il conflitto, ossia per evitare che esso incida negativamente sugli interessi dei clienti. La direttiva dà rilevanza alle peculiarità di business dell’intermediario riconoscendo che la conflict policy non debba essere identica per ciascuna impresa, ma possa essere adeguata alle dimensioni e all’organizzazione dell’intermediario, nonché alla natura, alle dimensioni ed alla complessità della sua attività, secondo un principio di proporzionalità.

Analogamente all’approccio che abbiamo visto caratterizzare i più recenti lavori del Comitato Tecnico dello IOSCO, la direttiva e la normativa secondaria italiana non specificano quali misure debbano essere introdotte, ma indicano gli obiettivi da raggiungere, conformemente ad un approccio regolamentare tipico del Regno Unito (c.d. principle based approach). Particolarmente, le procedure interne per la gestione del conflitto devono essere funzionali a garantire che i soggetti coinvolti nella valutazione e nella gestione dei conflitti mantengano un grado di indipendenza appropriato alla luce delle dimensioni e delle attività dell’intermediario e del gruppo di appartenenza, nonché del rischio che gli interessi del cliente siano danneggiati252. Si riconosce, insomma, che la tutela dei risparmiatori contro i rischi derivanti dalla presenza endemica di conflitto di interessi passa attraverso una regolamentazione interna e procedure ad hoc, dirette ad assicurare l’autonomia di giudizio delle persone fisiche che quel conflitto sono chiamate a gestire.

Tra i presidi possibili per raggiungere questo risultato l’art. 22, co. 3, della direttiva di secondo livello e l’art. 25, co. 4, del Provvedimento Congiunto indicano una serie di misure a titolo meramente non esaustivo253 che le imprese

non si tratta di uno strumento in grado di influire in concreto sulla disponibilità a rispettare i doveri di lealtà da parte della persona coinvolta. Infine, la costituzione di barriere avrebbe l’effetto di ridurre proprio quei benefici a livello informativo che giustificano la presenza sul mercato e l’efficienza della banca universale, di intermediari polifunzionali e conglomerati finanziari. V. per tutti KRUITHOF (2005),pp. 42-43.

251

I criteri minimi per l’individuazione dei conflitti sono dettati all’art. 24 del provvedimento Congiunto, in termini analoghi a quello dettati dalla Commissione nella direttiva di secondo livello e considerati supra, nel par. 1.

252

Cfr. art. 22(3), 1 par. della Direttiva 2006/73/EC e art. 25(3) del Provvedimento Congiunto.

253

Si precisa infatti al comma 5 dell’art. 25 succitato che: “Nel caso in cui le misure e procedure di cui al

comma 4 non assicurino l’indipendenza richiesta, gli intermediari adottano le misure e procedure alternative o aggiuntive necessarie e appropriate a tal fine.” Si tratta pertanto di una vera e propria obbligazione di

dovranno adottare qualora ritenute necessarie e idonee al raggiungimento del risultato richiesto:

a) il classico presidio rappresentato dai chinese walls, ossia dalle procedure volte ad impedire o controllare lo scambio di informazioni tra i soggetti impegnati in attività che comportino un rischio di conflitto di interesse, quando lo scambio di tali informazioni possa ledere gli interessi di uno o più clienti;

b) la vigilanza separata dei soggetti le cui principali funzioni implichino l’esercizio di attività che sottendano interessi (dell’impresa o di terzi, inclusi i clienti) potenzialmente confliggenti;

c) l’eliminazione di ogni connessione diretta tra le retribuzioni di soggetti che esercitano attività potenzialmente conflittuali;

d) misure dirette ad impedire o a limitare l’esercizio da parte di qualsiasi persona di un’influenza indebita sul modo in cui un soggetto presta servizi di investimento o accessori o compie attività di investimento;

e) misure dirette ad impedire o a controllare la prestazione simultanea o successiva da parte di un soggetto di servizi, quando ciò possa nuocere ad una corretta gestione dei conflitti di interesse254.

Infine, si prevede che le imprese di investimento debbano istituire, mantenere ed aggiornare regolarmente un registro nel quale riportano i tipi di servizi di investimento o accessori o di attività di investimento svolti da o per conto dell’impresa, rispetto ai quali sia sorto, o possa sorgere un conflitto di interesse che rischia di ledere gravemente gli interessi di uno o più clienti255.

Si noti come tutti i suddetti presidi si intrecciano con una più generale revisione della struttura interna degli intermediari compiuta dalla regolamentazione secondaria di attuazione della MiFID e poi trasposta nel Provvedimento Congiunto, che richiede la predisposizione di requisiti di organizzazione, di governamento societario e di funzioni aziendali di controllo interno, incluso della conformità alle norme, notevolmente più dettagliate e pervasive rispetto a quelle vigenti in passato e certamente in linea con gli standard

254

L’obiettivo dell’armonizzazione massima è infine ridimensionata dalla previsione in chiusura del medesimo articolo secondo cui: “se l'adozione o l'applicazione di una o più tra le suddette misure e

procedure non assicura il grado richiesto di indipendenza, gli Stati membri prescrivono alle imprese di investimento di adottare tutte le misure e procedure alternative o aggiuntive che siano necessarie e appropriate a tali fini.”

255

internazionali illustrati (v. artt. 5 ss. del Provvedimento Congiunto)256. Similmente si introduce una normativa più stringente rispetto a quella stabilita a livello di autoregolamentazione relativamente alle operazioni personali concluse da soggetti potenzialmente in conflitto di interessi (v. art. 18 del Provvedimento Congiunto), nonché in materia di esternalizzazione delle funzioni aziendali (v. artt. 19 ss. del Provvedimento Congiunto).

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 167-170)

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