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La querelle sui rimedi civilistici a disposizione dell’investitore

Nel documento LUISS - G. CARLI (pagine 184-188)

5. Tecniche di repressione degli abusi: i rimedi successivi

5.4 La querelle sui rimedi civilistici a disposizione dell’investitore

A quanto sopra esposto si aggiunga che forti incertezze sussistono nel nostro ordinamento per tutto quanto concerne la sanzione civile, avendo accuratamente evitato il legislatore italiano di indicare nella una normativa speciale le azioni processuali a disposizione dell’investitore in occasione di una violazione delle regole riguardanti il conflitto di interessi295. Si è lasciato quest’aspetto delicatissimo alla libera interpretazione degli operatori giuridici, con l’ovvia conseguenza di aver favorito l’emergere di un quadro estremamente complesso ed intricato.

La principale incertezza, in particolare, è se debba applicarsi una regola di inadempimento o una di invalidità. Si richiama che a seconda della qualificazione scelta troveranno applicazione differenti conseguenze sul piano del risarcimento del danno. In particolare, nel primo caso, previa (ardua) prova del nesso di causalità, l’attore otterrà la refusione del pregiudizio sofferto per la perdita di valore dell’investimento. Invece, nel secondo caso si procederà in ogni caso alle restituzioni dei titoli e del denaro, con l’aggiunta degli interessi legali ex art. 2033 c.c.

In seguito agli scandali Parmalat e Cirio, nonché al crack argentino, si è sviluppata una fitta giurisprudenza concernente la responsabilità degli

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Come osserva MAFFEIS (2002), p. 482, l’interprete che voglia identificare i rimedi successivi si trova ad operare nell’indifferenza del legislatore; il legislatore italiano, infatti, nel tutelare l’efficienza del mercato e dei diritti del risparmiatore ha fatto affidamento sulle tecniche di prevenzione del conflitto, anziché sugli strumenti rimediali, a differenza di quanto accade invece nella disciplina generale rappresentata dagli artt. 1394 e 1395 c.c.

intermediari, che – propendendo talora per i rimedi reali e talaltra per quelli risarcitori – ha tutt’altro che dissipato i dubbi interpretativi e le incertezze. La violazione più frequentemente contestata in situazioni di conflitto di interessi è il divieto di operare in assenza di un consenso informato del cliente. Specificatamente, gli investitori hanno lamentato di non aver ricevuto dall’intermediario informazione sulla sussistenza di un conflitto o che, nel fornirla, l’intermediario non ha rispettato i requisiti di sostanza e/o forma imposti dal Regolamento Intermediari.

Volendo ripercorrere brevemente gli orientamenti delle corti in materia, una prima tesi abbracciata dalla giurisprudenza di carattere minoritario decreta l’applicabilità del rimedio dell’annullamento del contratto sulla base della regola generale prevista in materia di rappresentanza agli artt. 1394 e 1395 c.c.296. Questa ricostruzione è stata opportunamente criticata dalla dottrina, in quando manca di riconoscere il carattere speciale e le finalità preventive della precauzioni contemplate per l’ipotesi del conflitto dell’intermediario mobiliare. Secondo l’interpretazione prevalente, l’applicazione della disciplina del conflitto dettata nel codice civile richiede la sussistenza di un danno attuale e concreto. Pertanto, se traslata nel campo mobiliare essa avrebbe l’effetto di negare rilevanza al concorso potenzialmente conflittuale, con sostanziale svuotamento dell’efficacia preventiva delle misure di profilassi previste dalla normativa di settore297.

Un’altra più popolare tesi è favorevole all’esercizio dell’azione di nullità dell’operazione per contrarietà a norme imperative, nonostante l’assenza di espressa comminatoria (c.d. nullità virtuale)298. L’applicazione del rimedio reale si giustifica con la circostanza che la regola del conflitto, come anche più in generale le disposizioni applicabili agli intermediari mobiliari, sono norme imperative ai sensi dell’art. 1418 c.c., dettate a tutela del risparmio, ossia di un interesse pubblico di rango costituzionale, e la cui violazione dà perciò stesso diritto ad agire per l’invalidazione del contratto299.

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Cfr. Trib. di Mantova, 18 marzo 2004, Giur. comm., 2004, II, 690 ss., con nota di SCIMEMI (2004); in

Banca, borsa, tit. cred., 2004, II, p. 240 ss., con redazionale di STOCCO (2004) e nota di MAFFEIS (2004); in

Giur. it., 2004, p. 2124 ss., con nota di FIORIO (2004), dove si esclude l’esperibilità dell’annullamento alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui la responsabilità del rappresentate in conflitto sussiste solo se il rappresentato subisce un danno.

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Cfr. particolarmente MAFFEIS (2004), p. 455 ss. e FIORIO (2004), p. 2131 ss.

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Cfr. Cass. 13 maggio 1977, n. 1901, secondo cui l’art. 1418 c.c. esprime un principio generale applicabile in tutti i casi in cui la violazione riguarda precetti imperativi, ossia dettati a tutela di un interesse pubblico, anche in mancanza di una specifica previsione di nullità. Si vedano le ricostruzioni di SARTORI (2004), p. 220 e p. 390 (favorevole alla nullità relativa), FIORIO (2004) p. 2128 ss. e PALMIERI (2005), p. 531 ss.

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Così, ad esempio, in App. Milano, 13 giugno 2003, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, II, 297 ss.; Trib. di Venezia, 22 novembre 2004, in Danno e resp., 2005, p. 614; Trib. di Torino del 7 novembre 2005 e Trib. di Firenze, 30 maggio 2004 (entrambe in Giur. it.) in cui si precisa che “Ai sensi dell’art. 27 reg. Consob n.

11522/1998, l’intermediario che operi in conflitto di interessi è tenuto ad informare preventivamente la propria clientela sulla natura ed estensione del proprio interesse nell’operazione, non essendo a tal fine

La principale difficoltà teorica con cui si confronta questa tesi risiede secondo una parte della dottrina nel fatto che essa riconnette il rimedio dell’invalidità alla violazione di una regola di comportamento che, nel caso del conflitto, consiste nell’obbligo di fornire specifica informazione e ottenere l’autorizzazione dalla controparte. Tale dovere non atterrebbe ad elementi intrinseci del contratto, ma alla sua formazione in fase precontrattuale o alla sua esecuzione e pertanto potrebbe dare origine ad una mera responsabilità300. In altre parole, sotto un profilo sistematico, secondo alcuni Autori la violazione dei doveri concernenti il conflitto di interessi non inciderebbe sugli elementi strutturali del rapporto tra le parti e pertanto non è corretto far discendere da essa la nullità del contratto301.

sufficiente un avviso generico in ordine alla esistenza del conflitto”, la sent. richiama inoltre la Cass. 7 marzo

2001 n. 3272, secondo cui “in presenza di un negozio contrario a norme imperative, la mancanza di

un’espressa sanzione di nullità, non è rilevante ai fini della nullità dell'atto negoziale in conflitto con il divieto, in quanto vi sopperisce l'art. 1418, comma 1, c.c., che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti imperativi non si accompagna una previsione di nullità”; v. anche la recentemente Trib. di Trento 1 febbraio 2007, n. 218 secondo cui:

“L’inosservanza degli adempimenti imposti all’intermediario nella stipula del contratto non può che

comportare l’invalidità dell’atto compiuto in violazione di norme imperative, quali sono quelle dettate dal T.U.F. e dal reg. Consob n. 11522/1998 a protezione dell’interesse pubblico alla tutela del risparmio e al corretto funzionamento dei mercati finanziari”, su www.ilcaso.it. Senza pretesa di completezza, riconoscono

la natura imperativa delle regole di condotta, Trib. di Avezzano del 23 giugno 2005 e Trib. di Palermo, 16 marzo 2005 (entrambe in Foro it., 2005, I, 2536); Trib. di Trani, 31 gennaio 2006; Trib. di Treviso, 10 ottobre 2005; Trib. di Marsala, 12 luglio 2006; Trib. di Foggia, 15 maggio 2006; Trib. di Teramo, 18 maggio, 2006; Trib. di Termini Inerese, 7 marzo 2006; Trib. di Venezia, 30 maggio 2004, 29 settembre 2005 e 16 febbraio, 2006; Trib. di Firenze, 19 aprile 2005; Trib. di Brindisi, 21 febbraio 2005; Trib. di Firenze, 18 febbraio 2005; Trib. di Mantova, 12 ottobre 2004; Trib. di Firenze 30 maggio 2005, v. giurisprudenza pubblicata sul sito www.ilcaso.it. In dottrina, propendono per il rimedio della nullità SARTORI (2004), p. 220 ss.; BISOGNI (1999), p. 929 e 933; MAFFEIS (2004), P.458.

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Lamentano questa commistione tra regole di validità e regole di comportamento nel settore mobiliare ROPPO (2005), p. 632; ROPPO, AFFERNI (2006), p. 30 ss. A sostegno di questa tesi gli Autori citano la sentenza della Cass. n. 3272/01, secondo cui “la contrarietà a norme imperative considerata nell’art. 1418, primo

comma, Codice civile quale causa di nullità del contratto, postula […] che essa attenga ad elementi intriseci della fattispecie negoziale, che riguardino, cioè, la struttura o il contenuto del contratto”; v. anche infra,

particolarmente nt. 253. Sotto un altro profilo, la tesi della nullità virtuale è stata criticata anche in quanto rischierebbe di innescare comportamenti opportunistici dei risparmiatori ed una reazione di over-deterrence da parte degli intermediari, v.PERRONE (2005), p. 1016; ritengono invece che lo strumento invalidante e quello risarcitorio non siano sufficienti a scoraggiare lo sfruttamento dei conflitti SARTORI (2004), p. 391; FICI

(1996), p. 335 ss. Sulla distinzione in generale tra regole di validità e regole di comportamento v. D’AMICO

(2002), p. 43; FABIANO (2007), nt. 49, p. 355 che segnala tuttavia come secondo autorevole dottrina nel tempo la distinzione si è andata assottigliando, particolarmente da quando la Cassazione ha equiparato il dolo omissivo da dolo commissivo, riconoscendo che la violazione della buona fede contrattuale può determinare un effetto invalidante del contratto.

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Peraltro, sviluppando questa considerazione, alcuni tribunali hanno elaborato un particolare orientamento secondo cui la nullità del contratto discenderebbe dalla violazione delle sole regole di condotta che abbiano un contenuto specifico, mentre la risoluzione/risarcimento danni è rimedio per la violazione di doveri di comportamento di carattere generale, che impongono doveri di correttezza e diligenza (cfr. Trib. di Parma del 13 aprile 2005 e 16 giugno 2005, su www.ilcaso.it; Trib. di Rieti, 29 marzo 2006 e giurisprudenza citata da GOBBO, SALODINI (2006), p. 30, nt. 111). Concordano con questa ricostruzione FIORIO (2004), p. 2130 e FABIANO (2007), p. 358 ss.; contra DELLACASA (2006), p. 605 ss. Tale orientamento, rimasto minoritario, non sembra condivisibile, non da ultimo considerato che in materia mobiliare vigono una serie di obblighi specifici, ad esempio quello di rendicontazione, la cui violazione tuttavia non giustifica l’applicazione di un rimedio reale. Ci sembra allora più corretto ricondurre il discorso sulla distinzione tra norme di validità e norme di comportamento, v. infra.

Sulla scorta delle suddette osservazioni, si è sviluppata altra giurisprudenza orientata per la risoluzione del contratto per inadempimento, con risarcimento del

danno302. Secondo questo filone, “le informazioni che debbono essere

preventivamente fornite dall’intermediario non riguardano direttamente la natura e l’oggetto del contratto, ma (soltanto) elementi utili per valutare la convenienza dell’operazione e non sono quindi idonee ad integrare l’ipotesi della mancanza di consenso”303. La violazione della regola informativa dettata per la situazione di conflitto non determina secondo questa ricostruzione un vizio genetico incidente sulla conclusione del contratto e perciò non ne intacca la validità. L’obbligo di fornire informazioni costituisce piuttosto una regola di condotta e una specificazione delle clausole civilistiche di correttezza e buona fede. Dunque, svalutata l’autonoma rilevanza della disciplina di settore, l’inadempimento della stessa è ricondotta alla violazione di un generico dovere di prestazione304, ossia ad un vizio funzionale sanzionabile con la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno305.

Il contrasto interpretativo ha assunto margini di incertezza tali che recentemente la Cassazione civile ne ha rimesso la soluzione alle Sezioni Unite. In particolare, la Corte non si è limitata ad osservare la mancanza nel campo del

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A titolo non esaustivo cfr. Trib. di Taranto 27 ottobre 2004, con nota di FABIANO (2007); Trib. di Rimini, 22 marzo 2006 e 21 aprile 2007; Trib. di Firenze del 17 gennaio 2006, Trib. di Foggia del 21 aprile 2006 e del 16 maggio 2006; Trib. di Padova del 13 gennaio 2006; Trib. di Genova 15 marzo 2005, in Danno e resp., 2005, p. 609 e Trib. di Napoli del 21 febbraio 2007; Appello Milano, 19 dicembre 2006, con nota G.C. 2007, p. 650. V. anche giurisprudenza citata da COTTINO (2006), p. 539. In dottrina oltre agli autori cit. in nt. 253, si v. anche SALVATORE (2004), p. 315; VENUTI (2000), p. 1090.

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Così Appello Milano, cit., p. 652, che richiama a sostegno una recente pronuncia della Cassazione (n. 19024 del 20 sett. 2005, con nota di GENOVESI (2006); la controversia aveva per oggetto la prestazione del servizio di acquisto e di vendita a termine di valuta estera) che ha meglio definito i parametri e l’ambito di applicazione della nullità virtuale, escludendola con riferimento alle ipotesi di inadempimento degli obblighi di informazione dell’intermediario. In particolare, secondo detta Cassazione, la nullità postula una violazione che “attenga agli elementi ‘intrinseci’ della fattispecie negoziale, che riguardino, cioè, la struttura o il

contenuto del contratto”, con la conseguenza che la violazione di una norma di comportamento, qualunque

sia la natura della stessa, non può dar luogo alla nullità del contratto. Inoltre, la Cassazione ha avuto cura di precisare che il mancato adempimento dell’obbligo informativo da parte dell’intermediario non aveva pregiudicato nel caso specifico la formazione del consenso, in quanto l’informazione non riguardava la natura e l’oggetto del contratto, ma solo la convenienza dell’operazione. Non sono mancati Autori in dottrina che hanno rilevato come, ragionando a contrario, tale sentenza potrebbe finire per allargare a dismisura le maglie della nullità per mancanza di accordo, individuando quale elemento essenziale del contratto non già la convergente volontà delle parti, ma un “accordo informato”; cfr. ROPPO E AFFERINI (2006), p. 32.

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Un altro profilo di incertezza è quello della qualificazione della responsabilità come contrattuale o precontrattuale. Allo stato, vi sono sentenze che fanno dipendere l’inquadramento dalla fase negoziale in cui l’inosservanza è occorsa (se precedente o successiva alla conclusione del contratto); un diverso orientamento recentemente prevalso considera in ogni caso la responsabilità come contrattuale (c.d. responsabilità da contatto sociale), in quanto fondata sul rapporto giuridico che si instaura tra intermediario e cliente precedentemente la conclusione di un contratto, in ragione del carattere “protetto” dell’attività di intermediazione. Sulla qualificazione della violazione della regola di comportamento in termini di responsabilità precontrattuale cfr. FIORIO (2004), p. 2128; per la responsabilità contrattuale cfr. FABIANO

(2007), p. 352.

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In questo senso anche la prima pronuncia di appello pervenuta sul tema della responsabilità degli intermediari a seguito degli scandali finanziari, v. Appello di Milano, 19 dicembre 2006, con nota di G.C. (2007), p. 653 ss., che considera gli obblighi di informazione del TUF mera specificazione del generale principio di cui all’art. 1337 c.c.

diritto mobiliare di un orientamento giurisprudenziale unitario sul tipo di vizio che giustifica il rimedio reale. L’ordinanza cita ulteriormente le soluzioni adottate in altri settori del diritto, concludendo che risultano frequenti “i casi giurisprudenziali di dichiarazione della nullità del contratto per violazioni di norme imperative non attinenti al contenuto del negozio” e sottolineando l’esigenza di sottoporre ad “un riesame critico (…) l'affermazione secondo cui l'inosservanza degli obblighi informativi stabiliti dall'art. 6 della legge n. 1 del 1991, non cagionerebbe la nullità del contratto, poiché detti obblighi riguarderebbero solo elementi utili per la valutazione della convenienza dell'operazione e la loro violazione neppure darebbe luogo a mancanza del consenso (Cass. 29 settembre 2005, n. 19024)”306.

5.5 Segue. Una proposta ricostruttiva volta a favorire una migliore

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