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Analisi della sentenza n. 251 del 2016: novità o punto d’approdo della Corte?

6. IL REVIREMENT DELLA CONSULTA: LA LEALE COLLABORAZIONE DAL PIANO AMMINISTRATIVO A

6.2. Il revirement della Consulta: la sentenza n. 251 del 2016

6.2.1. Analisi della sentenza n. 251 del 2016: novità o punto d’approdo della Corte?

Quanto poc’anzi affermato sembrerebbe, di per sé, sufficiente a dare risposta al quesito cui è dedicato il presente paragrafo, relativo alla portata innovativa della pronuncia in commento.

L’imposizione dell’intesa nel procedimento di adozione dei decreti legislativi delegati costituisce, senza dubbio alcuno, una novità di non scarso rilievo nel panorama della leale collaborazione, che merita approfondimento, anche alla luce dei numerosissimi commenti suscitati in dottrina dalla sentenza in questione.

Se, infatti, con generale riferimento all’impianto della legge delega, i possibili profili di incostituzionalità erano stati rilevati dalla dottrina, che si è espressa al riguardo come di una sentenza “annunciata”109, il coinvolgimento necessario delle Regioni nel procedimento di formazione del decreto legislativo – coinvolgimento, secondo alcuni, del tutto imprevedibile110, anche in quanto extra petita 111 - rappresenta un momento di svolta, se non di vera e propria rottura, rispetto all’orientamento consolidato.112

Anche in relazione al fatto che la pronuncia in esame integri una vera e propria “svolta”, si sono registrate diverse opinioni.

Secondo alcuni, con la sentenza in esame la Corte ha riattivato “potenzialità insite” nella propria giurisprudenza113, e in particolare, nei noti precedenti n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004, su

106

In questi termini: (Covino, Leale collaborazione e funzione legislativa nella giurisprudenza costituzionale, 2018, p. 144).

107 Sent. Corte cost. n. 251 del 2016, punti 4.2.1 e 6.1 Considerato in diritto.

108

Negli stessi termini (Poggi & Boggero, Non si puà riformare la P.A. senza intesa con gli enti territoriali: la Corte costituzionale ancora una volta dinanzi ad un Titolo V incompiuto, 2016, p. 6).

109 In tal senso: (Poggi & Boggero, Non si puà riformare la P.A. senza intesa con gli enti territoriali: la Corte costituzionale ancora una volta dinanzi ad un Titolo V incompiuto, 2016, p. 12 e ss.).

110

(Bifulco, L'onda lunga della sentenza 251/2016 della Corte costituzionale, 2017, p. 2)

111 In dottrina è stata critica l’imprevedibilità ovvero la mancanza di “calcolabilità” della sentenza (D'Amico G. , 2017, p. 1 e ss.). Sottolinea infatti il medesimo A. che, né nell’impugnativa regionale né nella sintesi dei motivi di ricorso operata nella parte “in fatto” della pronuncia è rinvenibile una richiesta di intesa nel procedimento di formazione dei decreti legislativi. Secondo questo A., dunque, la Corte avrebbe pronunciato extra petita, interpretando le doglianze della Regione ricorrente come una richiesta di intervento più forte già nella fase di formazione dei decreti e non, invece, come la domanda di un’additiva di intesa nella fase di attuazione della normativa delegata.

112 (D'Amico G. , 2017, p. 1).

113

184 cui si è già diffusamente intrattenuti. Come si ricorderà, nella seconda delle due pronunce richiamate, la Corte, nel richiedere che la legge che opera la chiamata in sussidiarietà sia adottata con un iter in cui “assumano dovuto risalto le attività concertative”, senza specificare se tali attività dovessero intervenire “a monte” o “a valle” del procedimento legislativo, sembrava aver aperto un varco alla collaborazione Stato-Regioni in una duplice direzione: una relativa al procedimento formativo della legge, l’altra, successiva, relativa all’esercizio delle funzioni amministrative. Come si è potuto esaminare nel corso del presente lavoro, tale varco è stato subito richiuso dalla giurisprudenza successiva.

Secondo altri, al contrario, la sentenza contiene un elemento fortemente innovativo, ovvero che, per la prima volta, non è il contenuto di atti sub-legislativi ma quello di una fonte primaria a dover essere “negoziato” tra i due legislatori.114

L’attenzione della dottrina si è anche appuntata su un passaggio della motivazione in cui la Corte sembra avvicinare i procedimenti di formazione della normazione delegata ai procedimenti di formazione di atti amministrativi.

Si legge, infatti: “Quest’ultima (la leale collaborazione, n.d.r.) si impone, dunque, quale cardine

della leale collaborazione anche quando l’attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale è rimessa a decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base dell’art. 76 Cost. Tali decreti, sottoposti a limiti temporali e qualitativi, condizionati quanto alla validità a tutte le indicazioni contenute non solo nella Costituzione, ma anche, per volontà di quest’ultima, nella legge di delegazione, finiscono, infatti, con l’essere attratti nelle procedure di leale collaborazione, in vista del pieno rispetto del riparto costituzionale delle competenze.”.115

In senso critico, è stato osservato come il ragionamento effettuato dalla Corte sembri spostare i termini della precedente giurisprudenza dalla natura dei procedimenti coinvolti (solo quelli di formazione di atti amministrativi e non di quelli legislativi) al tipo di attività esercitata. In altri termini, sembrerebbe che le procedure collaborative debbano applicarsi in caso di attuazione della normativa, senza che rilevi che tale attuazione avvenga con atti amministrativi o con decreti legislativi. Per tale via, il decreto legislativo, “attratto” nelle procedure di leale collaborazione, parrebbe degradato al rango di un qualsiasi atto amministrativo, con svilimento della sua natura di atto avente forza di legge. 116

Gli aspetti di più evidente cambiamento ravvisati nella decisione in esame riguardano, tuttavia, il procedimento di delegazione legislativa.

E’stato osservato, infatti, che la Corte costituzionale non aveva mai censurato norme contenute in leggi di delega con riferimento all’adeguatezza della forma di collaborazione scelta dal legislatore delegante.117 In qualche raro caso essa si era limitata a prospettarne l’eventualità, per l’ipotesi di mancata acquisizione del parere prescritto dalla legge di delega118.

Alcuni Autori, inoltre, hanno posto l’accento sulla natura che i limiti relativi alle intese assumono alla luce della decisione in commento, rilevando - o meno - profili di significativa novità.

114

(Sterpa, Sentenza n. 251/2016: può la Corte costituzionale ampliare il contenuto necessario della legge di delega ex art. 76 Cost?, 2017, p. 4).

115 Sent. Corte cost. n. 251 del 2016 punto 3 Considerato in diritto.

116 (D'Amico G. , 2017, p. 9).

117

(Poggi & Boggero, Non si puà riformare la P.A. senza intesa con gli enti territoriali: la Corte costituzionale ancora una volta dinanzi ad un Titolo V incompiuto, 2016, p. 4) (Marchetti, 2017, p. 14).

118

185 Per cogliere il significato di tali rilievi, occorre riprendere la distinzione – cui si è già accennato,119 - tra i limiti cd. “minimi”, che costituiscono vincoli per il legislatore delegato e, ancor prima, presupposti di validità della legge delega, ed i limiti cd. “ulteriori”, che sarebbero invece nella piena disponibilità delle Camere, potendo il legislatore delegante scegliere, di volta in volta, se inserirli o meno nella legge delega.

Proprio con riferimento al sindacato sui limiti della delega, per una prima impostazione la decisione in parola non sarebbe “qualitativamente diversa”da altre sentenze con le quali la Corte è in più modi intervenuta su leggi di delega, annullandone disposizioni o dandone una precisa interpretazione. In particolare, essendo pacifico che la Corte sia competente a sindacare l’eventuale inosservanza di limiti ulteriori, sotto il profilo dell’eccesso di delega, appare conforme al sistema che la delega medesima sia oggetto di una dichiarazione di incostituzionalità, anche di tipo additivo-manipolativo, che intervenga su uno dei limiti ulteriori. 120

Secondo un’altra opinione, la sentenza in esame si spinge invece oltre la consolidata giurisprudenza in materia di “limiti ulteriori”, perché richiede – nell’ambito dei suddetti limiti - la necessità della previa intesa in sede di Conferenza Stato Regioni o di Conferenza Unificata come prescrizione procedimentale per l’adozione di decreti legislativi, che tocchino materie di competenza statale e regionale “inestricabilmente connesse”: in tal modo la Corte assegnerebbe, dunque, un rilievo forte, anche sul piano del procedimento legislativo, al principio collaborativo.121

Secondo un’ulteriore tesi, la decisione in parola sembrerebbe addirittura spostare le intese dalla categoria dei “limiti ulteriori” a quella dei “limiti minimi”. Con la pronuncia in parola, le intese non sarebbero più considerate vincoli procedurali nella disponibilità del Parlamento ma costituirebbero “limiti essenziali”, integrativi dell’art. 76 Cost.: il legislatore delegante non potrebbe, quindi, esimersi dal prevedere il ricorso alle intese tra il Governo e le Autonomie territoriali, pena l’invalidità della legge stessa.122

L’aver “passato al setaccio” l’intera decisione nei suoi percorsi argomentativi consente di trarre le prime conclusioni in merito all’orientamento inaugurato con la sentenza n. 251 del 2016.

L’apertura della Corte all’operatività del principio collaborativo concede di puntare alcuni paletti in favore della collaborazione leale ma, allo stesso tempo, suscita alcune profonde incertezze.

Tra i primi, vanno annoverati due punti fermi.

Il primo punto è che la novità apportata dalla pronuncia in esame è data dall’utilizzo del parametro della leale collaborazione, in sé e per sé considerato (art. 5 e 120 Cost.), per giungere ad una declaratoria di incostituzionalità di una fonte primaria.123

Il secondo punto, colto dalla più attenta dottrina124, concerne l’utilizzo di tale parametro declinato nella forma della “necessaria previa intesa”, non con riferimento all’istituto della chiamata 119 Si rinvia al par. 6.1.2. 120 (Ambrosi, 2017, p. 520). 121 (Amoroso, 2017, p. 474). 122

(Martire, 2017, p. 209). Anche per (Sterpa, Sentenza n. 251/2016: può la Corte costituzionale ampliare il contenuto necessario della legge di delega ex art. 76 Cost?, 2017, p. 4), i moduli collaborativi costituiscono un contenuto necessario della delega, a pena di incostituzionalità.

123 (Calvieri, 2017, p. 6).

124

Di “progressivo slittamento del paradigma cooperativistico” rappresentato dall’intesa in senso forte, introdotto dalla sentenza n. 303 del 2003, esclusivamente in relazione alla sussidiarietà legislativa per l’attrazione di funzioni a livello statale, successivamente declassato ad intesa doverosamente superabile dalla parte statale: (Rivosecchi G. , 2017, p. 297).

186 in sussidiarietà, bensì con riferimento all’individuazione di un criterio per risolvere gli intrecci di competenze legislative.

Come si ricorderà, esaminando la giurisprudenza costituzionale si è messo in luce come tale principio venga utilizzato, in ambito legislativo, quale criterio sussidiario per dipanare gli intrecci di materie rispetto al criterio della prevalenza125. Si è dato atto, infatti, di come il giudice delle leggi adoperi il principio di leale collaborazione quando non è possibile ricondurre la disciplina scrutinata alla “prevalente” competenza statale. In tali ipotesi, dal principio collaborativo viene fatto discendere l’obbligo di una collaborazione “a valle” o “in uscita”, e cioè sul mero piano dell’attuazione amministrativa della legge.

L’elemento di novità della pronuncia in esame concerne, dunque, il duplice passaggio compiuto dalla Corte sia per l’impiego del modulo collaborativo, elaborato e sinora utilizzato solo con riferimento alla attrazione in sussidiarietà della funzione amministrativa126, sia per l’affermazione netta, ma scarsamente motivata, in merito all’utilizzo dell’intesa quale unico strumento idoneo a garantire una effettiva concertazione.

Venendo, infine, alle questioni ermeneutiche che la pronuncia in esame lascia aperte, occorre evidenziare due aspetti problematici.

Il primo concerne la difficile scelta in merito all’applicazione della criterio della prevalenza ovvero a quello della leale collaborazione, di fronte ad un quadro di competenze fortemente connesse. Come noto, si tratta di una scelta che è rimessa, in definitiva, alla Corte costituzionale in sede di scrutinio di legittimità delle leggi; l’esame del contenzioso costituzionale ha dimostrato, tuttavia, come tale scelta appaia a volte frutto di elementi imponderabili, in quanto effettuata senza seguire criteri predeterminati: essa presenta, dunque, elevatissimi margini di imprevedibilità.

Proprio a tale proposito si è osservato, infatti, in dottrina, che stabilire se l’intreccio di competenze sia - o meno - risolvibile con il criterio della prevalenza costituisce una decisione che si pone – nella tradizione del regionalismo italiano – a cavallo tra profili di merito e di legittimità, ed è connotata da una notevole opinabilità.127

Il quesito che ci si pone non è fine a se stesso, perché è da tale imponderabile decisione che dipende, in prima battuta, la stessa applicabilità dello schema argomentativo della Corte . In altri termini, in un giudizio di legittimità di una legge delega che presenti un forte intreccio di competenze, solo qualora la Corte non dovesse rinvenire una “prevalente” materia statale, potrà venire in gioco la partecipazione regionale al procedimento di delegazione legislativa per mezzo dell’intesa.

In secondo luogo, va altrettanto attentamente considerato come la Corte non enunci i criteri in base ai quali dovrebbe ritenersi necessaria l’imposizione dell’intesa in luogo del parere.

Si è prospettato, pertanto, in dottrina, il rischio di una grave situazione di incertezza circa la validità di una qualsiasi legge delega, dei conseguenti decreti legislativi, finanche di qualsiasi altra

125

Si rinvia al par. 4.1.1.

126 E’ da notare, inoltre, che i precedenti richiamati dalla Corte nella sentenza n. 251 del 2016 concernono, appunto, l’utilizzo del principio collaborativo nella funzione amministrativa: si tratta delle sentenze n. 1 e 21 del 2016, relative rispettivamente alla legittimità costituzionale della disciplina del condhotel (che prevede l’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – che deve definire le condizioni di esercizio del condhotel – “previa intesa”, in sede di Conferenza Unificata) ed alla illegittimità costituzionale della disciplina dei marina resort (nella parte in cui non prevedeva che la configurazione delle strutture organizzate per l’ormeggio delle unità da diporto ormeggiate debba avvenire nel rispetto dei requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa nella Conferenza Stato – Regioni).

127

187 fonte normativa primaria dello Stato, laddove tali fonti si propongano di regolare «fenomeni sociali complessi».

Tale rischio riguarda larghi settori normativi, essendo quasi tutti quelli di oggi fenomeni sociali complessi, in larga parte caratterizzati da “una fitta trama di relazioni”, nella quale ben difficilmente sarà possibile isolare un singolo interesse. Il fenomeno ricorrente, piuttosto, è infatti quello inverso, in cui nelle leggi vi è confluenza di interessi distinti, che fanno capo sia allo Stato sia alle Regioni128.

In definitiva, la Corte costituzionale, in questa partita, sembra essere non solo l’arbitro, ma anche il soggetto cui è affidata la determinazione delle regole di gioco, non previamente codificate.