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Coordinamento di funzioni amministrative (art. 118, terzo comma, Cost.)

3 ALTRE FORME DI LEALE COLLABORAZIONE PREVISTE NEL TITOLO V

3.3 Coordinamento di funzioni amministrative (art. 118, terzo comma, Cost.)

Un’ipotesi in cui è possibile riscontrare in capo allo Stato un espresso potere di “coordinamento” è quello relativo alle funzioni amministrative di cui all’art. 118, terzo comma, Cost..

Prevede testualmente il disposto costituzionale citato che, nelle materie dell’immigrazione e dell’ordine pubblico e della sicurezza, “la legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni”; la medesima fonte disciplina, altresì, nella materia della tutela dei beni culturali, “forme di intesa e di coordinamento”.

Dal momento che quella previsto dall’art. 118, comma 3 Cost. è una delle pochissime ipotesi di coordinamento espressamente menzionate nel nuovo Titolo V della Costituzione85, ci si è chiesti se, all’esplicito richiamo da parte delle nuove norme costituzionali soltanto di alcune forme di coordinamento debba attribuirsi il significato di una negazione di cittadinanza ad altre forme di coordinamento al di là di quelle testualmente previste, oppure se ciò significhi, all’opposto, l’ammissibilità di altre forme di coordinamento “innominate”, in nome delle immanenti esigenze di unitarietà dell’ordinamento che trovano riconoscimento nell’art. 5, Cost..

La questione è legata alla “sopravvivenza” della funzione statale di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative regionali dopo la riforma del Titolo V. 86

Come noto, si tratta di una funzione non menzionata espressamente nemmeno nel testo originario della Costituzione, ma introdotta in via legislativa.87Anche in questo caso, il silenzio della legge di revisione del Titolo V su tale funzione potrebbe essere interpretato sia come volontà di negare l’esistenza di tale funzione, sia come perdurante ammissibilità della medesima anche senza un’esplicita copertura costituzionale, in considerazione del fatto che di tale copertura per più di quarant’anni si è fatto a meno. 88Al riguardo, la dottrina non si esprime in modo definitivo, non essendosi peraltro registrate indicazioni certe dalla giurisprudenza costituzionale.89

Ciò premesso in via generale, occorre esaminare separatamente le due ipotesi in cui è assegnato alla legge statale il potere di disciplinare il coordinamento di funzioni amministrative, osservando innanzitutto che la norma di cui al novellato art. 118, comma terzo, Cost., impone forme di coordinamento in materia di ordine pubblico, sicurezza e immigrazione e non anche la conclusione di intese, come è invece previsto espressamente in materia di beni culturali.

85 Ci si riferisce al coordinamento statistico e informativo dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale (art. 117, comma 2, lett. r)), al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 117, comma 3,) ed ai principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 119, comma 2) della Costituzione.

86 Nei primi commenti della dottrina successivi alla novella costituzionale è stato evidenziato che molti elementi del nuovo testo conducono a dubitare della permanenza della funzione di indirizzo e coordinamento; tuttavia è stato anche osservato che “ma non c’è ordinamento, nemmeno di tipo federale, che per quanto ispirato ad un criterio di separazione delle competenze tra centro e periferia non preveda strumenti e istituti volti ad assicurare una complessiva coerenza nel funzionamento del sistema” (Caretti, Rapporti fra Stato e Regioni: funzione di indirizzo e coordinamento e potere sostitutivo, 2002, p. 1333).

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L’art. 17 della legge 281/1970, nel delegare il Governo a trasferire per settori organici di materie le funzioni amministrative alle Regioni a statuto ordinario, ha infatti riconosciuto allo Stato una funzione di indirizzo e coordinamento delle attività delle Regioni che attengono ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale e agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali. Le modalità di esercizio di tali funzioni sono state precisate dall’art. 3 L. 382/1975, e successivamente dall’art. 2, comma 3, legge 400/1988 e art. 8, comma 5, L. 59/1997. La Corte costituzionale, con la pronuncia n. 39 del 1971, respinse i dubbi di legittimità costituzionale dell’istituto in questione riconducendolo al limite dell’interesse nazionale.

88Per (Martines, Ruggeri, Salazar, & Morelli, 2019, p. 275): il silenzio della riforma potrebbe essere interpretato nei due sensi opposti citati.

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61 Con riferimento alle materie di cui alle lettere b) ed h) del secondo comma dell’art. 117 Cost., quindi, la legge statale non può e non deve prevedere che ogni forma di coordinamento comporti la necessità di concludere una formale intesa tra Stato e Regioni (anche se nulla impedisce che su tali materie si raggiungano accordi), dal momento che l’esercizio autonomo delle rispettive funzioni deve ritenersi costituzionalmente garantito.

Pertanto, una volta condivisi gli obiettivi da raggiungere tramite forme di coordinamento, spetta al soggetto rispettivamente competente adottare i relativi provvedimenti; nei casi in cui, per converso, non sia stata in tutto o in parte raggiunta una sostanziale condivisione sugli obiettivi da raggiungere, ciascun soggetto istituzionale resta libero di realizzare gli interventi di competenza ritenuti più opportuni.90

Per comprendere a quali esigenze la norma in commento intenda dare una risposta, è utile ripercorrere brevemente il quadro delle competenze legislative ed amministrative nelle materie di cui alle lettere b) ed h).

Dopo la riforma del Titolo V, la potestà legislativa in materia di ordine pubblico, sicurezza e immigrazione spetta in via esclusiva allo Stato, mentre la disciplina delle funzioni di polizia amministrativa locale, incluse quelle concernenti l’ordine pubblico e la sicurezza, spetta alla legge statale o alla legge regionale in via esclusiva o in via concorrente a seconda del tipo di materia alle quali le funzioni stesse siano strumentali.

Ne deriva che, se da un lato le leggi statali possano penetrare nelle materie di competenza concorrente o residuale delle Regioni per gli aspetti che concernono l’ordine pubblico, la sicurezza, l’immigrazione e la condizione degli stranieri extracomunitari; d’altra parte anche le leggi regionali nelle materie di competenza concorrente o residuale possono produrre effetti che indirettamente riguardano la materia della sicurezza locale e dell’immigrazione.91

Dal punto di vista delle fonti secondarie, se nelle materie di competenza esclusiva statale è riconosciuto in via di principio allo Stato il potere regolamentare, ben potrebbe il legislatore statale delegare ai regolamenti regionali la concretizzazione od attuazione di parti delle norme legislative statali.

Inoltre, i medesimi regolamenti regionali potrebbero disciplinare le funzioni amministrative attribuite dalla legge regionale, nonché le norme generali relative a talune funzioni amministrative di polizia locale conferite agli enti locali dalla legge statale o regionale, col limite “verso il basso” dei regolamenti comunali e provinciali, fonti costituzionalmente competenti a regolare l’esercizio e l’organizzazione delle funzioni amministrative attribuite dalla legge statale o regionale all’ente locale.

La ratio della previsione in commento, dunque, va rinvenuta nell’esigenza di agevolare, per il tramite del coordinamento statale, l’esercizio di funzioni amministrative strettamente connesse le une alle altre e che l’attuale ordinamento ha intessuto come un sistema “a rete”, allocato tra diversi livelli di governo.92

Nonostante sia ammessa l’operatività anche in queste materie dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, non può negarsi in ogni caso che qualsiasi forma di 90 (Bonetti, 2002, p. 1150 e ss.) 91 (Bonetti, 2002, p. 1122). 92 (Bonetti, 2002, p. 1123).

62 coordinamento in materia di ordine pubblico, sicurezza e immigrazione resta strutturalmente sbilanciata verso lo Stato, poiché, nelle ipotesi di eventuali atti o comportamenti della Regione che mettano in pericolo la sicurezza pubblica, lo Stato dispone di svariati strumenti per far prevalere il suo orientamento93.

La seconda ipotesi di coordinamento di funzioni amministrative attiene alla materia della tutela dei beni culturali.

Anche in questo caso, l’esigenza di un coordinamento statale sul piano amministrativo mira a porre rimedio alla tensione prodotta dalla riforma del 2001 in questa materia, laddove alla ridistribuzione delle competenze legislative (allo Stato, in via esclusiva, la tutela e alle Regioni, in via concorrente, la valorizzazione) si è accompagnato la rottura del principio del parallelismo, con conseguente disallineamento nell’allocazione delle relative funzioni amministrative.

E’ espressamente previsto, inoltre, il ricorso al modulo procedimentale dell’intesa, quale strumento pattizio agile e facilmente aggiornabile, che dovrebbe costituire il metodo normale di intervento per il Ministero competente, al fine di procedere all’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni culturali, in accordo con gli enti territoriali interessati. Andando al di là del dettato costituzionale, si è anche auspicato che tale modulo concertativo possa essere utilizzato per le funzioni in tema di valorizzazione dei beni culturali94, data la stretta connessione tra le funzioni di tutela e valorizzazione.

Sul piano normativo, la concertazione garantirebbe, poi, il superamento del rigido riparto tra fonti ed il rispetto delle competenze costituzionalmente previste in capo ai diversi livelli di governo.95Al riguardo, si rammenta che allo Stato è precluso di intervenire con norme di rango regolamentare in materia di valorizzazione dei beni culturali.96

Passati brevemente in rassegna i due settori in cui sono previste forme di coordinamento, va rilevato, in conclusione, che tale previsione concerne ambiti materiali di esclusiva competenza statale: è grazie a tale disposizione, infatti, che le Regioni si vedono riconosciuta la possibilità di partecipare all’attuazione ed all’esecuzione di politiche pubbliche, le cui linee fondamentali sono decise a livello centrale.

Correttamente, pertanto, la disposizione prevede non veri e propri meccanismi collaborativi su un piano di tendenziale parità ma, come si ricava dal testo letterale, delle mere procedure di “coordinamento”, che si sostanziano in partecipazione delle Regioni ad un’attività propria dello Stato, in cui quest’ultimo mantiene una posizione sovraordinata rispetto agli altri enti territoriali. 97

93 Il riferimento è, in particolare, all’esercizio della potestà legislativa esclusiva statale in tali materie; ai poteri sostitutivi di cui all’art. 120, comma 1, Cost.; allo scioglimento del Consiglio regionale o alla rimozione del Presidente della Giunta regionale ex art. 126 Cost. In questo senso (Bonetti, 2002, p. 1122).

94 (Poggi, La difficile transizione del Titolo V: il caso dei beni culturali, 2003, p. 7).

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(Poggi, La difficile transizione del Titolo V: il caso dei beni culturali, 2003, p. 7).

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Parere del Consiglio di Stato Sezione consultiva per gli atti normativi 26 agosto 2002, n. sez. 1794/2002 reperibile su http://www.aedon.mulino.it/archivio/2002/2/parere2.htm. In particolare, al punto 4.1 si legge: “L'ascrivibilità della materia in oggetto tra

quelle elencate al terzo comma dell'articolo 117 implica che le disposizioni del decreto legislativo n. 368 del 1998, attributive della potestà regolamentare al Ministro per i beni culturali e ambientali, devono ritenersi venute meno a seguito dell'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione che, inserendo le materie della "valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali" tra quelle di legislazione concorrente, esclude che lo Stato possa disciplinare la materia in questione nella sua intera estensione e, per giunta, a livello regolamentare.”.

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63 Si conferma, pertanto, la distinzione tra forme di “collaborazione” e forme di “coordinamento” tratteggiata nella prima parte del presente lavoro.98