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E in particolare nella legislazione delegata

6. IL REVIREMENT DELLA CONSULTA: LA LEALE COLLABORAZIONE DAL PIANO AMMINISTRATIVO A

6.1. Il consolidato orientamento giurisprudenziale

6.1.2. E in particolare nella legislazione delegata

Entrambi gli snodi problematici cui si è fatto riferimento si ritrovano anche nell’ambito della normazione delegata. 29 (Carminati, 2009, p. 269). 30 (Carminati, 2009, p. 268). 31

Osserva (Benelli & Mainardis, 2007, p. 966) come le due ipotesi (intesa antecedente o successiva alla legge che opera la chiamata in sussidiarietà) non siano affatto assimilabili. Poiché l’attribuzione statale del potere legislativo in materie spettanti alle Regioni implica una valutazione assai delicata dell’interesse pubblico sottostante alle funzioni (originariamente) regionali, da tali valutazioni l’ente territoriale spogliato non dovrebbe essere escluso.

32 (D'Atena, Le aperture dinamiche del riparto di competenze, tra punti fermi e nodi non sciolti, 2008, p. 815).

33

(D'Atena, Le aperture dinamiche del riparto di competenze, tra punti fermi e nodi non sciolti, 2008, p. 815), il quale, per l’attuazione della «bicameralina» di cui all’art. 11 l. cost. n. 3/2001, suggerisce la previa estensione del suo intervento ai procedimenti suscettibili di derogare al riparto costituzionale delle competenze legislative. Nello stesso senso, (Carminati, 2009, p. 268).

34

Corte cost. Sent. 6/2004.

35

(Anzon Demming, Istanze di unità e istanze autonomistiche nel "secondo regionalismo": le sentenze nn. 303 del 2003 e 14 del 2004 della Corte costituzionale e il loro seguito, 2008, p. 789) esprime perplessità sul necessario ricorso all’intesa «forte»: sia nel caso di attrazione in sussidiarietà, sia anche negli altri casi indicati dalla giurisprudenza della Corte. Secondo l’A. questo ricorso, quand’anche giustificato dall’assenza di strumenti di coordinamento in sede legislativa, resta infatti altamente problematico poiché presenta il rischio di produrre situazioni di stallo non rimediabili, nelle quali l’esigenza unitaria che sostiene l’attrazione in sussidiarietà resterebbe pregiudicata. Ciò che l’A. in definitiva non condivide è proprio il fondamento ultimo dell’intesa forte che sembra essere ravvisato nella posizione di parità di Stato e Regioni, parità che l’A. nega.

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172 Con l’aggravante che, per quanto riguarda la collocazione temporale del momento concertativo, la fonte “si sdoppia” tra la legge di delegazione e decreto legislativo delegato e dunque aumentano le possibili variabili per l’acquisizione della concertazione regionale nel processo normativo37.

In altri termini, occorre chiedersi se la consultazione delle Regioni debba avvenire “a monte” o “a valle” della legge di delegazione. Questo, come è intuibile, è un punto fondamentale per la partecipazione “sostanziale” delle Regioni alle decisioni politiche, che è stato oggetto dell’importante revirement.

Per meglio comprendere i diversi profili problematici inerenti la funzione normativa delegata occorre partire dalle fonti disciplinanti la concertazione e la produzione normativa del Governo, ovvero il d.lgs. 281 del 1997 e la legge n. 400 del 1988.

Iniziando da quest’ultima, va ricordato che l’art. 15 della legge 400 del 1988 prevede solamente, tra gli adempimenti procedurali, che il Governo debba sottoporre alle Camere gli schemi dei decreti delegati per l’acquisizione del parere, qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni.

L’art. 2, comma 3, del d.lgs. 281 del 1997 prevede, inoltre, come si è più volte ricordato, che la Conferenza Stato - Regioni sia obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo, nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Il procedimento di emanazione dei decreti legislativi che interessino materie di competenza regionale, dunque, già dovrebbe prevedere l’acquisizione del parere della Conferenza Stato – Regioni (o Unificata38) in forza di legge ordinaria.

Trattandosi, tuttavia, di un adempimento previsto solo da una fonte primaria, l’eventuale mancato rispetto della procedura non comporta, secondo la giurisprudenza, alcun vizio di illegittimità costituzionale per lesione del principio collaborativo, analogamente all’orientamento consolidato già esaminato per le fonti primarie ordinarie e per i decreti legge.

In un precedente piuttosto risalente, la Corte ha sottolineato come la circostanza che il Governo non avesse tenuto conto delle proposte di emendamento avanzate sullo schema del decreto legislativo dalla (allora) Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome - organismo che alla stregua della legge di delega il Governo non era tenuto a consultare - non configurava, di per sé, una violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, invocato dalla Regione ricorrente. 39

La pronuncia richiamata sembrerebbe non aggiungere nulla all’orientamento consolidato, se non fosse per l’inciso riferito all’“organismo che alla stregua della legge di delega il Governo non era

tenuto a consultare”.

Applicando l’enunciato a contrariis, infatti, dovrebbe potersi affermare che integra violazione del principio di leale collaborazione e comporta l’illegittimità costituzionale del decreto legislativo

37 Tale possibilità non è data, invece, per i decreti legge, come si è illustrato al paragrafo precedente.

38

Si ricorda tuttavia che mentre la Conferenza Stato – Regioni “e’ obbligatoriamente sentita” sugli schemi di atti normativi (art 2, comma 3, d.lgs. n. 281/1997) la Conferenza Unificata “esprime parere” ex art. 9, del medesimo d. lgs.

39

173 la mancata consultazione della Conferenza, qualora tale consultazione sia stata espressamente prevista dalla legge di delegazione.

In tali casi, tuttavia, l’omissione dell’adempimento procedurale rileva ai fini dello scrutinio di legittimità costituzionale non per il mancato rispetto del principio di leale collaborazione ma bensì per violazione dell’art. 76 Cost.

E infatti, nell’unico - a quanto consta – precedente, nel quale la Corte ha accolto una questione di legittimità costituzionale di un decreto legislativo per contrasto con un atto della Conferenza, il parametro utilizzato dalla Corte è l’art. 76 Cost. e non anche il principio di leale collaborazione.40

In particolare, nella sentenza richiamata, il giudice delle leggi ha annullato le disposizioni di un decreto delegato contrarie al contenuto dell’intesa raggiunta tra Governo e Regioni: si trattava di un’intesa espressamente prescritta nella legge di delega.

Va, dunque, adeguatamente sottolineato che, quando si rientra nello schema della disciplina delle fonti normative, il Governo è giuridicamente tenuto ad acquisire il parere o l'intesa con le regioni perché è la legge di delega ad imporlo come vincolo all'esercizio di poteri normativi delegati. 41

Al riguardo, va osservato che, nella prassi più recente, l’emanazione di decreti legislativi è caratterizzata dalla partecipazione di diversi soggetti istituzionali, non essendo più le commissioni parlamentari i protagonisti “esclusivi” nel procedimento di formazione dei decreti legislativi. Le procedure individuate da molte leggi delega prevedono, infatti, l’intervento di altri organi consultivi, tra i quali, oltre al Consiglio di Stato, anche e sempre più spesso la Conferenza unificata.

42

Da tempo, del resto, la Corte costituzionale ha ammesso la legittimità, per il legislatore delegante, di fissare “limiti procedurali ulteriori” a carico del legislatore delegato.

L’art. 76 Cost., infatti, prevede l’obbligo costituzionale che la legge individui “limiti minimi” del decreto delegato ma non impedisce al Parlamento di restringere ulteriormente l’ambito di discrezionalità del Governo43. Nel procedimento di delegazione, il Parlamento ricopre una posizione formalmente dominante che gli consente di fissare le condizioni della delega. 44 Tali “limiti ulteriori”

40 Sentenza Corte cost. n. 206 del 2001. In particolare, la sentenza citata ha riconosciuto come la modifica introdotta nel decreto legislativo fosse difforme dall’intesa raggiunta; non avendo il Governo motivato specificamente tale difformità, essa dà luogo a violazione della legge di delega (nella specie: l’art. 1, comma 4, lettera c, della legge n. 59 del 1997), e dunque, indirettamente, a violazione dell’art. 76 della Costituzione. Poiché, inoltre, la pronuncia della Corte non può conseguire l’effetto di ripristinare la corrispondenza fra il testo su cui é intervenuta l’intesa e il testo legislativo emanato, l’accoglimento della censura deve condurre alla dichiarazione di illegittimità costituzionale del della disposizioni impugnata (l’art. 3, comma 1, lettera a, del d.lgs. n. 443 del 1999), ripristinando così, per questa parte, il testo originario del d.lgs. n. 112 del 1998, che la disposizione censurata aveva inteso modificare. (Punto 16 Considerato in diritto).

La pronuncia è posta in risalto da (Bin R. , Le deboli istituzioni della leale collaborazione, 2002, p. 4189) e (Carminati, 2009, p. 265).

41 (Bin R. , Le deboli istituzioni della leale collaborazione, 2002, p. 4188) .

42

Tendenze recenti della delegazione legislativa .Studio presentato dall’on. Lino Duilio pubblicato in allegato al resoconto della seduta del Comitato per la legislazione del 22 settembre 2011 https://leg16.camera.it/temiap/temi16/Rapporto_deleghe.pdf p. 79 e ss.

Dà atto del mutato procedimento di formazione dei decreti delegati anche (Rossi E. , 2009, p. 2), il quale sottolinea come tale procedimento è divenuto più partecipato e coinvolgente diversi attori istituzionali, facendo del Governo non il titolare unico del potere ad esso conferito quanto piuttosto il responsabile di un procedimento “plurale”.

43 In dottrina ci si è a lungo interrogati se le condizioni previste dall’art. 76 Cost. abbiano carattere tassativo o se esse rappresentino solo i requisiti minimi che le Camere dovrebbero osservare all’atto di conferire una delega legislativa al Governo. Solo nella seconda eventualità sarebbero ammissibili “limiti “ulteriori”: per l’ammissibilità di tali limiti si esprime (Cicconetti, 1966, p. 600 e ss.), osservando come l’art 76 Cost. può essere guardato sia come attributivo di un potere al Governo sia come attributivo di una facoltà al Parlamento. La questione, secondo l’A., non va tanto incentrata sulla possibilità per un organo (il Parlamento) di limitare un altro organo (il Governo), quanto sulla possibilità – della quale non sembra potersi dubitare – che un organo (il Parlamento) si autolimiti ulteriormente.

44

174 non sono considerati “meno cogenti rispetto a quelli fissati dall’art. 76 Cost.”45 e dunque il loro mancato rispetto può comportare l’illegittimità costituzionale della fonte delegata.

Addirittura, proprio il fatto che l’iter di formazione dei decreti legislativi preveda ormai stabilmente il coinvolgimento, in sede consultiva, di altri organismi,- anche a prescindere del termine previsto per l’esercizio della delega - ha indotto la dottrina a ragionare non solo e non tanto di “limiti ulteriori” quanto di “limiti coessenziali” all’esercizio della delega.46

Il fenomeno è alquanto complesso e si inserisce nell’ambito dell’ “erosione” – già ampiamente segnalata in dottrina47 - del modello costituzionale della delegazione legislativa, che si manifesta in varie direzioni48 e che richiederebbe, da solo, una trattazione apposita.

Sia consentito, pertanto, rinviare alla letteratura sull’argomento e valutare, in questa sede, solo le ricadute applicative del fenomeno dei limiti apposti dalla legge delega alla funzione legislativa delegata, per quel che attiene alla sindacabilità del principio collaborativo.

Costituisce, dunque, un punto fermo nella giurisprudenza della Corte la statuizione che, in assenza di una esplicita previsione nella legge di delega, la mancata consultazione della Conferenza Stato – Regioni nell’iter di formazione del decreto legislativo non pare determinare, di per sé, l’illegittimità costituzionale del decreto.49

Alcune timide aperture all’operatività del principio collaborativo si rinvengono, tuttavia, dopo la novella costituzionale del 2001.

Con una pronuncia, si è affermato, infatti, che se, “in linea di principio il mancato parere della Conferenza non determina l’illegittimità costituzionale del decreto”, nel caso concreto, le disposizioni del decreto attenevano “in larga prevalenza” a materie di competenza statale.50

La Corte sembra, in tal modo, ammettere un qualche margine di operatività per il rispetto della leale collaborazione qualora l’esercizio del potere legislativo delegato al Governo concerna materie “di competenza regionale”, ovvero proprio quelle materie per le quali il d.lgs. 281 del 1997 prescrive la consultazione obbligatoria della Conferenza Stato-Regioni.

Successivamente, tuttavia, la Corte sembra “tornare sui suoi passi”, escludendo espressamente che, nel caso in cui la legge di delega imponga come ulteriore requisito procedimentale l’acquisizione del parere della Conferenza unificata, le eventuali modifiche agli schemi di decreti legislativi, successive all’esame della Conferenza, debbano tornare all’esame della Conferenza medesima, anche laddove predisposte in accoglimento dei pareri parlamentari. 51

Diversamente, infatti, si legge nella motivazione, rischierebbe di innescarsi un complesso e non

45

Corte cost. sentenze n. 27 del 1970 e n. 38 del 1964.

46 (Malfatti, Corte costituzionale e delegazione legislativa, tra "nuovo volto" procedurale e sottoposizione al canone dell'interpretazione conforme, 2011, p. 2119).

47 Sulla trasformazione delle deleghe legislative si veda (Rossi E. , 2009), e con particolare riferimento all’attività del sistema delle Conferenze in questo ambito (Gori, 2009, p. 67 e ss.).

48

Di progressiva “torsione” dello schema della delega legislativa rispetto al modello di cui all’art. 76 Cost., in termini di deleghe tecniche, deleghe per il recepimento di direttive europee, deleghe “in bianco”, deleghe di poteri normativi alle Autorità indipendenti, ecc. discorre (Frediani, 2009, p. 327 e ss.).

49

Sentenza Corte cost. n. 196 del 2004.

50 Sent. Corte cost. 384 del 2005.

51 Si tratta della nota sentenza Corte cost. n. 401 del 2007, relativa all’impugnazione in via principale del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE). Tra le numerose doglianze regionali vi era il mancato rispetto del vincolo procedimentale previsto dall’art. 25, comma 2, della legge delega n. 62 del 2005, che imponeva di sentire il parere della Conferenza unificata.

175 definibile meccanismo di continui passaggi dall’uno all’altro dei soggetti coinvolti nell’attuazione della delega. 52

In dottrina è stato osservato come la pronuncia citata abbia sacrificato il coinvolgimento delle Autonomie alle esigenze sottese al procedimento di delegazione legislativa e relative al rapporto tra Governo e Parlamento.53 Secondo un’altra lettura, la Corte avrebbe dato una interpretazione del principio di leale collaborazione in chiave “sostanzialistica”, limitandosi a richiamare l’indirizzo consolidato della giurisprudenza in materia di funzione legislativa, lasciando sullo sfondo il parametro di cui all’art. 76 Cost., che, da solo, avrebbe potuto portare all’accoglimento della questione.54

E’ significativo notare, inoltre, che, per suffragare la tesi prospettata, la Corte, in motivazione, richiami un proprio precedente del 200155, nel quale aveva dichiarato illegittima una disposizione mai sottoposta alla consultazione della Conferenza, in quanto aggiunta successivamente e per effetto dei rilievi parlamentari.56 L’apparente contrasto può forse spiegarsi avuto riguardo al differente oggetto del giudizio che, nella pronuncia del 2001, aveva ad oggetto l’impugnazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, mentre, nel 2007, un decreto legislativo. Si fatica a riconoscere l’emersione della leale collaborazione nell’ambito della normazione delegata, anche laddove la legge delega espressamente preveda un “limite ulteriore” all’esercizio della funzione da parte del Governo.

In senso ancora più restrittivo pare orientarsi la giurisprudenza costituzionale successiva. Con una nota sentenza in materia ambientale, ove la collaborazione in sede di procedimento legislativo era espressamente imposta dalla legge di delega e il prescritto parere della Conferenza unificata non era stato acquisito, la Corte ha respinto le censure delle Regioni, sia sotto il profilo del mancato rispetto del principio collaborativo, sia quanto alla asserita violazione dell’art. 76 Cost. 57

Con riferimento al primo profilo, la pronuncia in esame non fa che ripetere che l'esercizio dell'attività legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione, richiamando vari precedenti e senza apportare elementi di novità alle argomentazioni note.

52 Anche per comprendere i rilievi critici della dottrina, di seguito citati nel testo, pare utile riportare il passaggio fondamentale della sentenza Corte cost. n. 401 del 2007 “Chiarito ciò, deve, però, ritenersi, per quanto interessa in questa sede, che, in linea di massima, non sussiste alcuna

violazione del principio di leale collaborazione nel caso in cui le modifiche introdotte allo schema di decreto legislativo successivamente alla sua sottoposizione alla Conferenza unificata siano imposte dalla necessità di adeguare il testo alle modifiche suggerite in sede consultiva (vedi la sentenza numero 179 del 2001). In tale caso, non è necessario che il testo modificato torni nuovamente alla Conferenza per un ulteriore parere, anche perché altrimenti si innescherebbe un complesso e non definibile meccanismo di continui passaggi dall’uno all’altro dei soggetti coinvolti. In ogni caso, anche per le norme introdotte dal Governo nello schema di decreto, senza che tale esigenza sia stata stretta conseguenza delle osservazioni svolte in sede consultiva, non può ritenersi che ciò determini una automatica violazione del principio di leale collaborazione. Questa Corte ha, infatti, già avuto modo di affermare che «le procedure di cooperazione e di concertazione» in sede di Conferenza unificata possono «rilevare ai fini dello scrutinio di legittimità degli atti legislativi, solo in quanto l’osservanza delle stesse sia imposta, direttamente o indirettamente, dalla Costituzione» (sentenza numero 437 del 2001). Pertanto, affinché il mancato coinvolgimento di tale Conferenza, pur previsto da un atto legislativo di rango primario, possa comportare un vulnus al principio costituzionale di leale cooperazione, è necessario che ricorrano i presupposti per la operatività del principio stesso e cioè, in relazione ai profili che vengono in rilievo in questa sede, la incidenza su ambiti materiali di pertinenza regionale. Nel caso in esame, la ricorrente non ha neppure indicato quali siano le specifiche disposizioni, introdotte dal Governo ex novo nel comma in esame, idonee ad incidere su competenze regionali. In definitiva, pertanto, la censura, a prescindere dalla sua genericità, deve essere disattesa.” (Corte cost. n. 401 del 2007 punto 5.3 Considerato in diritto).

53

(Malfatti, Corte costituzionale e delegazione legislativa, tra "nuovo volto" procedurale e sottoposizione al canone dell'interpretazione conforme, 2011, p. 2131).

54 (Carminati, 2009, p. 266).

55

Corte cost. n. 179 del 2001.

56 Sottolinea il richiamo “non chiarissimo” (Malfatti, Corte costituzionale e delegazione legislativa, tra "nuovo volto" procedurale e sottoposizione al canone dell'interpretazione conforme, 2011, p. 2132).

57

Corte cost. n 225 del 2009 (sul d.lgs. 152/2006 cd. Codice dell’ambiente). In particolare, le Regioni avevano lamentato, tra l’altro, la violazione del principio di leale collaborazione e degli artt. 5 e 76 Cost., in relazione all'art. 1, comma 4, della legge delega n. 308 del 2004, che impone di sentire la Conferenza unificata nel procedimento di formazione del decreto legislativo.

176 Anche con riferimento alla dedotta lesione dell’art. 76 Cost., tuttavia, la questione è stata giudicata infondata, sia perché il termine concesso alla Conferenza per l'esame della bozza del decreto legislativo – seppur breve58 – non è stato ritenuto tale da rendere impossibile alla Conferenza di dare il proprio contributo consultivo, sia perché, diversamente, si sarebbe assegnato alla Conferenza un vero e proprio potere di veto.59

Da ultimo, con la sentenza in esame, è stata respinta anche la censura proposta - con riferimento ai medesimi parametri - in relazione al testo approvato in via definitiva, ritenuto difforme da quello su cui era stato richiesto il parere alla Conferenza unificata, essendo stato modificato dal Governo in conseguenza di rilievi del Presidente della Repubblica e senza essere stato nuovamente sottoposto alla Conferenza unificata.

Al riguardo, la Corte ha ritento la questione inammissibile per genericità, non avendo le Regioni indicato dove o in che misura il testo emanato sarebbe diverso da quello sottoposto all'esame della Conferenza, così impedendo ala Corte medesima di verificare la incidenza di tali presunte modifiche su ambiti materiali di pertinenza regionale e, di conseguenza, lo stesso rilievo della prospettata violazione della legge delega sulle attribuzioni costituzionali delle ricorrenti.

E ancora, con un’altra nota sentenza60, la Corte ha giustificato la mancata previsione dell’intesa nella legge di delegazione assumendo che in presenza di una scelta tecnica61 non c’è bisogno di intesa e facendo un ragionamento “assai contorto”62 criticato in dottrina.

Sempre in materia di energia, e in particolare di energia nucleare, si è già avuto modo di sottolineare 63 un caso di espresso dissenso regionale su di uno schema di decreto legislativo, sfociato nella mancata espressione del parere - prescritto dalla legge di delega - e nella conseguente impugnazione del decreto per violazione dell’art. 76 Cost.64

Sulla questione, la Corte costituzionale ha affermato, innanzitutto, la propria competenza a giudicare anche in ordine alla conformità del decreto legislativo rispetto ai c.d. “limiti ulteriori” stabiliti dal delegante e contenuti nella delega.65 In particolare, secondo la Corte « nel caso di specie,

il Parlamento, nella veste di legislatore delegante, ha declinato il canone della leale collaborazione in termini di attività consultiva della Conferenza unificata, proprio nella consapevolezza della attitudine delle emanande previsioni del decreto delegato ad incidere in settori di competenza regionale. L’osservanza di tale vincolo si pone quale condizione di legittimità costituzionale del decreto delegato che, se non soddisfatta, ridonda sulle attribuzioni costituzionalmente garantite alle regioni ».

58

Si tratta di un termine di sedici giorni, ritenuto “non incongruo” in relazione al termine di venti giorni previsto per l’adozione del parere da parte delle Conferenza delle Regioni a mente del d.lgs. 281/1997. Per la Conferenza Unificata, invece, il medesimo d.lgs. non prevede un termine né lo prevedeva la legge di delegazione.

59

In particolare, in assenza di un preciso termine legale (minimo o massimo) ed una volta stabilito che quello in concreto concesso alla Conferenza unificata sia stato non incongruo, la Corte ha precisato che deve escludersi che tale Conferenza possa rifiutarsi di rendere il parere e con ciò procrastinare il termine, giacché si verrebbe a configurare un potere sospensivo o addirittura di veto in capo alla Conferenza, non conciliabile con la attribuzione costituzionale al Governo del potere legislativo delegato. Cfr. Corte cost. n 225 del 2009.

60 Sentenza Corte cost. 278 del 2010. Punto 16 Considerato in diritto. La sentenza è commentata da (Cecchetti, La Corte "in cattedra"! Una emblematica "sentenza-trattato" che si proietta ben oltre le contingenti vicende storiche della disciplina legislativa presa in esame, 2010, p.