• Non ci sono risultati.

E … in assenza di procedure collaborative positive

4 LA LEALE COLLABORAZIONE NELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

4.2 I conflitti di attribuzione tra enti

4.2.2 E … in assenza di procedure collaborative positive

Da ultimo, il rispetto del principio collaborativo nel giudizio per conflitto di attribuzioni è stato invocato come parametro residuale, anche in mancanza di precisi appigli testuali, in quanto ritenuto idoneo a disciplinare, in generale, i rapporti intercorrenti tra lo Stato e le Regioni.

Tuttavia, va da subito fatto presente che, mentre l’esito del conflitto appare più facilmente prevedibile laddove il principio di leale collaborazione sia stato procedimentalizzato e la procedura

184

Cfr. sent. Corte cost. n. 179 del 2001, punto 3 Considerato in diritto.

185 Con la sentenza Corte cost. n. 82 del 2007, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 148, della legge finanziaria 2006. In particolare,la norma impugnata prevedeva che “per gli anni 2006, 2007 e 2008, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell’economia e delle finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonché dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2006-2008, anche con riferimento, per quanto riguarda le spese di personale, a quanto previsto ai punti 7 e 12 dell’accordo sottoscritto tra Governo, Regioni e autonomie locali in sede di Conferenza unificata il 28 luglio 2005»; e che «in caso di mancato accordo si applicano le disposizioni stabilite per le Regioni a statuto ordinario». Sull’utilizzo del conflitto di attribuzioni anche (Camerlengo, La legge finanziaria friulana per il 2012 davanti alla Corte costituzionale: stabilizzazione del personale, rispetto del patto di stabilità interno, finanza locale, 2013, p. 625).

186

Sent. Corte Cost. n. 118 del 2012, con la quale, nell’ambito dell’annosa “vertenza entrate” è stato dichiarato inammissibile il conflitto promosso dalla Regione Sardegna. In particolare, impugnando una Nota del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno 2011, n. 50971, avente ad oggetto: «Patto di stabilità interno per l’anno 2011. Proposta di accordo per la Regione Sardegna», con la quale, al fine di addivenire al perfezionamento dell’accordo per il patto di stabilità interno del 2011, si invitava la Regione autonoma Sardegna «a voler rivedere la propria proposta di accordo, corredata della tabella riepilogativa indicante i limiti di spesa sia in termini di competenza che di cassa», la ricorrente si doleva del fatto che con l’atto impugnato, lo Stato avrebbe negato in radice la possibilità di accogliere la proposta regionale e si sarebbe sottratto al confronto, assumendo la propria posizione come la sola plausibile, in violazione dei coordinati principi della leale collaborazione e dell’autonomia finanziaria delle Regioni speciali. Per la Corte, invece, il tenore della nota non si pone in contrasto con la ratio dell’accordo, istituto attraverso il quale il legislatore ha voluto dare attuazione, in questa particolare materia, al principio della leale collaborazione. Per questo motivo, il mancato perfezionamento dell’accordo, a seguito del primo scambio di proposte tra le parti, appare del tutto compatibile con il criterio del previo confronto e della progressiva negoziazione e specificazione delle singole clausole dell’accordo stesso tra Regione e Stato. In definitiva, lo Stato non ha inteso sottrarsi all’accordo attraverso una controproposta chiusa al successivo confronto con la Regione, che possa intendersi come “imposizione” o presa di posizione in senso preclusivo al raggiungimento di un atto consensuale, ma si è mantenuto nell’ambito delle proprie prerogative costituzionali, non eccedendo dai propri poteri in materia di coordinamento della finanza pubblica (Sent. Corte Cost. n. 118 del 2012 punto 2 Considerato in diritto).

Per una ricostruzione della “vertenza entrate” tra Regione Sardegna e Stato: (Buzzacchi, Perequazione e specialità: il superamento dell'accordo in caso di reiterata indiponibilità del legislatore statale, 2019, p. 45 e ss.).

122 prevista sia stata disattesa, altrettanto non può dirsi per quei conflitti, nei quali il principio non solo non è assistito da sufficienti garanzie applicative, ma viene desunto dalla Corte quale sorta di principio “immanente” dell’ordinamento.

E infatti, se per un verso il principio collaborativo ha fondato la pronuncia di annullamento, per lesione delle attribuzioni costituzionali dello Stato, di Linee guida regionali che avevano disposto la disapplicazione nel territorio regionale della disciplina del condono edilizio187; per altro verso il medesimo principio non ha costituito appiglio sufficiente per censurare la nomina di un Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario, per l’assenza di alcuna previsione normativa di procedure concertate con la Regione.188

La seconda delle due pronunce richiamate potrebbe di primo acchito non stupire granché, ma è degna di nota poiché si pone in controtendenza con la giurisprudenza sviluppatasi in precedenza in tema di nomina di Commissari straordinari.189

In questo ultimo ambito, infatti, la Corte ha spesso fatto applicazione del principio di leale collaborazione anche in assenza di qualsiasi dato testuale impositivo dell’intesa. Mentre, infatti, in vari casi già ricordati190, la legge impone l’intesa per la nomina “ordinaria” dell’organo, nessun procedimento collaborativo è espressamente previsto, invece, per la nomina del Commissario straordinario che tale organo debba sostituire. Nel cercare un “bilanciamento” tra opposte esigenze – rispetto della normativa, da una parte, ed istanze collaborative, dall’altra - la Corte ha affermato che, in tali casi, la condizione di legittimità per la nomina del Commissario straordinario è l’avvio oppure la prosecuzione delle procedure per la nomina del Presidente191.

187Sent. Corte cost. 199 del 2004, con cui la Corte ha dichiarato che non spetta alla Regione Campania, e per essa alla Giunta regionale, adottare un atto con il quale si nega efficacia, all’interno del proprio territorio, ad un atto legislativo dello Stato; e per l’effetto ha annullato la deliberazione della Giunta della Regione. In particolare, la Corte ha preliminarmente disatteso l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse per mancanza di lesività dell’atto impugnato; il ricorso è stato giudicato fondato nei termini in cui l’atto impugnato, nel manifestare la volontà di non dare efficacia ad un atto avente forza di legge dello Stato, lede il “canone di leale cooperazione tra le istituzioni della

Repubblica”. (punto 4 Considerato in diritto). La sentenza citata è commentata da un A. (Bin R. , Sulle "leggi di reazione", 2004, p. 1377), il quale

sottolinea la questione di fondo su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi: se, cioè, la Regione possa impedire la piena applicazione della disciplina legislativa statale con un atto di delimitazione della sua efficacia, anziché con gli strumenti che le sono messi a disposizione dall'ordinamento, ossia il ricorso alla Corte costituzionale, da un lato, e l'esercizio della potestà legislativa, per sostituire -nei limiti della competenza costituzionalmente assegnatale - la disciplina statale con una propria, dall'altro.

188

Sent. Corte cost. 255 del 2019 con cui la Corte ha dichiarato che spettava allo Stato e, per esso, al Consiglio dei ministri nominare il Commissario ad acta per l’attuazione del vigente piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario della Regione Molise. In particolare la Corte, riconosciuta l’ammissibilità del conflitto in ragione del “tono costituzionale” dello stesso, ha, tuttavia, ritenuto infondata la censura e giudicato legittima e non lesiva del principio di leale collaborazione la nomina impugnata, in mancanza di previsione legislativa dell’intesa e per l’insussistenza dell’obbligo – previsto solo dalla normativa previgente - di nominare Commissario ad acta il Presidente della Regione. Analogamente, Corte cost. n. 200 del 2019 ha dichiarato che spettava allo Stato e, per esso, al Consiglio dei ministri nominare il Commissario ad

acta e il subcommissario per l’attuazione del vigente piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario della Regione Calabria.

189 Quali il Commissario straordinario di enti – parco (leading case Corte cost. n. 27 del 2004) ed il Commissario straordinario dell’Autorità portuale.

190

L’art. 9, comma 2, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 e l’art. 8 della legge n. 84 del 1994.

191 Nel dichiarare che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, la nomina del Commissario straordinario dell’Ente parco nel caso in cui tale nomina avvenga senza che sia stato avviato e proseguito il procedimento per raggiungere l’intesa per la nomina del Presidente dello stesso Ente, la Corte ha statuito che: “L’illegittimità della condotta dello Stato non risiede pertanto

nella nomina in sé di un Commissario straordinario, senza la previa intesa con il Presidente della Regione Toscana, ma nel mancato avvio e sviluppo della procedura dell’intesa per la nomina del Presidente, che esige, laddove occorra, lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare, nel rispetto del principio di leale cooperazione tra Stato e Regione, le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo e che sole legittimano la nomina del primo.”(sentenza Corte cost. n. 27 del 2004). Allo stesso modo, con la sent. Corte cost. 339 del 2005, la Corte ha

dichiarato che non spettava allo Stato e, per esso, alle Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la nomina del Commissario dell’Autorità portuale di Livorno, senza che fossero state avviate e proseguite effettive trattative con la Regione interessata per il raggiungimento dell’intesa per la nomina del Presidente.

Al riguardo, sottolinea (Parisi, Le zone d’ombra della giustizia costituzionale. I conflitti di attribuzione, 2006, p. 27) che: “Nonostante nessuna norma disciplini le modalità di nomina del Commissario straordinario, la Corte però afferma che ciò «non legittima (...) né la tesi erariale secondo cui la nomina del commissario sarebbe giustificata dal solo fatto che non si sia raggiunta l’intesa per la nomina del Presidente – perché in questo modo si finirebbe per attribuire al Governo il potere di aggirare l’art. 9, comma 3, l. n. 394 del 1991, scegliendo come Commissario la persona non gradita dal Presidente della Regione – né quella della ricorrente, per la quale occorre procedere all’intesa, non potendo estendersi – in difetto di espressa enunciazione della necessità della stessa ed in presenza di diverse modalità di nomina di altri organi dell’ente – la

123 Si fa strada, in tal modo, il ruolo procedimentale del principio di leale collaborazione, che consiste, come già ricordato in altri ambiti192, in un vincolo di metodo e non di risultato.

Nello sviluppare questo fondamentale assunto, risolvendo altri giudizi di conflitto sulle nomine, la Corte ha anche precisato come debba sostanziarsi tale vincolo. Ad esempio, nel corso del procedimento di acquisizione dell’intesa, si è chiarito che la riproposizione dello stesso nominativo da parte del Ministero (in presenza del rifiuto di controparte ad aderire a tale designazione) da una parte, e la mancata risposta a designazioni alternative formulate dal Presidente della Regione, dall’altra, non possono considerarsi avvio e sviluppo della procedura dell’intesa.193 Allo stesso modo, integra elusione dell’obbligo di intesa da parte dello Stato proporre un solo nome, rifiutare tutte le proposte di incontro provenienti dalla controparte e infine nominare una persona sulla quale la Regione non aveva manifestato alcuna intesa.194

Ancora, in una pronuncia molto significativa che sembra essere rimasta isolata, il principio di leale collaborazione è stato valorizzato per fornire un’interpretazione costituzionalmente orientata di disposizioni legislative statali, in cui la composizione di interessi ricadenti in ambiti di competenze di enti diversi implica l’attivazione di procedure di leale collaborazione.

In particolare, è stato affermato che le procedure di sdemanializzazione di beni devono essere rette dal principio collaborativo, perché occorre bilanciare l’interesse dello Stato proprietario dei beni con gli interessi delle collettività locali fruitrici dei beni medesimi. 195 Di conseguenza, gli atti amministrativi statali emanati in contrasto con l’accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato- Regioni sono stati ritenuti lesivi del principio collaborativo e dunque annullati, poiché “Il principio di leale collaborazione, anche in una accezione minimale, impone alle parti che

sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener fede ad un impegno assunto.” 196

disposizione di cui all’art. 9, comma 3, prevista per la nomina del Presidente». Rigettando entrambe le tesi prospettate dalle parti la Corte, in sostanza, afferma che la condizione di legittimità per la nomina del Commissario è l’avvio e/o la prosecuzione delle procedure per la nomina del Presidente. Quindi, la soluzione massimamente inclusiva in assoluto (l’intesa) è esclusa perché si sarebbe forzata la lettera della legge; ma neanche la soluzione “esclusiva” è legittima perché si aggirerebbe la ratio sottesa all’art. 9, comma 3, l.n. 394 del 1991; la soluzione più inclusiva possibile è l’imposizione del vincolo “comportamentale” di metodo delle reiterate trattative per la nomina del Presidente.

192

Si ricorda quanto ricostruito al par. 4.1.3.2 in materia di attuazione del federalismo fiscale nelle Regioni speciali.

193 Sent. Corte cost. n. 21 del 2006, con al quale la Corte ha dichiarato che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio la nomina del Commissario straordinario dell’Ente Parco nazionale dell’arcipelago toscano nel caso in cui tale nomina avvenga senza che sia stato avviato e proseguito il procedimento per raggiungere l’intesa con la Regione Toscana per la nomina del Presidente dello stesso Ente.

194Sent. Corte cost. n. 255 del 2011, con la quale la Corte ha dichiarato che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la nomina del Commissario straordinario dell’Ente Parco nazionale del Gargano in quanto avvenuta senza che fosse avviato e proseguito ed effettivamente espletato il procedimento per raggiungere l’intesa con la Regione Puglia per la nomina del Presidente. In particolare: “È palese dunque che il Ministro non ha cercato di raggiungere un accordo, ma ha aggirato la norma che prevede

l’obbligo dell’intesa, perché, da un lato, ha proposto un solo nome e, dall’altro, ha non solo rifiutato tutte le proposte di incontro provenienti dalla controparte, ma ha anche nominato Commissario straordinario proprio la persona implicitamente rifiutata da quest’ultima.”. Si veda

anche sent. Corte cost. n. 264 del 2011 con cui la Corte, con motivazione analoga alla sent. 255 del 2011, ha dichiarato che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la nomina del Commissario straordinario dell’Ente Parco nazionale dell’Alta Murgia senza che fosse avviato e proseguito il procedimento per raggiungere l’intesa con la Regione Puglia per la nomina del Presidente.

195Sent. Corte cost. n. 31 del 2006, con nota di (Fraticelli, 2006, p. 810 e ss.), con la quale la Corte ha dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso all’Agenzia del demanio, escludere la partecipazione delle Regioni al procedimento diretto all’alienazione di aree situate nel territorio della stessa Regione e appartenenti al demanio idrico dello Stato. In particolare, la pronuncia ha annullato una Circolare dell’Agenzia del demanio per contrasto con l’accordo raggiunto in Conferenza Stato- Regioni, secondo cui il provvedimento finale di sdemanializzazione poteva essere assunto solo col parere favorevole delle Regioni e delle Province autonome. La sentenza si segnala per la particolarità del caso, dal momento che l’intesa era stata raggiunta “spontaneamente” per conciliare esigenze unitarie e governo autonomo del territorio, mentre nessuna procedura collaborativa era stata prevista dalla legge successiva né dalla circolare – attuativa della legge – oggetto di impugnazione. Ciò che appare particolarmente significativo è che l’accordo in parola viene utilizzato per interpretare sistematicamente il quadro normativo di riferimento, portando la Corte a concludere per la perdurante attualità del ruolo della Regione nell’apprezzare la sussistenza, o meno, di ragioni ostative alla sdemanializzazione (4.3 Considerato in diritto).

196

124 Si tratta, come è stato riconosciuto, del massimo grado di valorizzazione197 del principio di leale collaborazione anteriore al revirement del 2016, sia poiché l’accordo in questione era stato raggiunto spontaneamente in Conferenza pur non essendo previsto in alcuna disposizione normativa, sia perché l’accordo medesimo è stato utilizzato per interpretare in senso collaborativo diposizioni di legge successive, che nulla avevano previsto al riguardo, con conseguente annullamento degli atti amministrativi attuativi della fonte primaria ma contrastanti con l’accordo.198

Sempre in materia di demanio idrico, va ricordata un’altra pronuncia relativa alla risoluzione di un conflitto sollevato da una Regione avverso la confinante Provincia autonoma.199 Si tratta di uno dei rarissimi casi di conflitto intersoggettivo tra Regioni. In questo caso, del tutto peculiare, in cui la ricorrente contestava l’avvenuto esercizio esclusivo da parte della Provincia del rilascio di concessioni per grandi derivazioni di acqua pubblica, anche per la parte esorbitante il proprio territorio, la Corte ha fatto applicazione del principio di leale collaborazione per sancire la necessità dell’intesa per l’esercizio della funzione amministrativa citata, in caso di regioni finitime.200

Nel solco di quella giurisprudenza che ha utilizzato la leale collaborazione anche quale tecnica di giudizio, merita un cenno anche la pronuncia con la quale Corte ha valorizzato il principio in parola quale modalità di equilibrio tra competenze diverse e potenzialmente interferenti. In particolare, con riferimento all’emanazione di linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, la Corte ha osservato che, con la normativa facoltizzante l’emanazione di tali atti, oggetto di conflitto, il legislatore ha inteso trovare modalità di equilibrio tra la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ambiente, la competenza legislativa primaria delle Province autonome in materia di paesaggio e la competenza legislativa concorrente, in materia di energia. E’ proprio il principio di leale collaborazione, in altri termini, a fondare l’attribuzione alla Conferenza Unificata dell’approvazione delle linee guida, imponendo una preventiva ponderazione concertata tra le esigenze connesse alla produzione dell’energia e gli interessi ambientali. Rilevato come alcune disposizioni impugnate presentassero difformità rispetto al punto di equilibrio ricavabile dalla normativa statale, la Corte le ha conseguentemente annullate201.

Più di recente, il principio di leale collaborazione è stato utilizzato dalla Corte anche per censurare il comportamento omissivo dello Stato che non abbia dato esecuzione al giudicato costituzionale, accogliendo il ricorso per conflitto intersoggettivo promosso da una Regione nei

197

In particolare, secondo (Carminati, 2009, p. 270), si tratta della massima valorizzazione di un atto delle Conferenze in rapporto con la fonte legislativa.

198 Secondo (Fraticelli, 2006, p. 813) è l'interpretazione costituzionalmente orientata che consente di fugare dubbi sulla legittimità costituzionale della norma: fintanto che il legislatore non preclude alla amministrazione di coinvolgere gli altri enti territoriali nel procedimento di sdemanializzazione, essa sarà tenuta a farlo, dovendo così rispettare l'accordo stipulato al fine di concretizzare le esigenze della leale collaborazione.

199

Sent. Corte cost. n. 133 del 2005, con cui la Corte ha dichiarato che non spetta alla Provincia di Trento, in difetto della necessaria previa intesa di cui all’art. 89, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, l’esercizio delle funzioni relative alle concessioni di derivazioni di acqua pubblica che interessino, oltre alla Provincia di Trento, anche la Regione Veneto. Si tratta di un caso in cui la Corte ha ritenuto di dover applicare l’intesa, testualmente prevista solo per le regioni ordinarie, anche per il rilascio di concessioni alle Regioni speciali.

200

“E’ viceversa conforme ai principi costituzionali ritenere che nei casi di Regioni finitime trovi applicazione l’art. 89, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998, con la conseguenza che “le concessioni … sono rilasciate d’intesa tra le Regioni interessate” e che, in caso di mancata intesa, il provvedimento è rimesso allo Stato.Si tratta di una norma che risponde ad esigenze unitarie ed al principio di leale collaborazione, e che certamente è applicabile ai rapporti, non solo tra Regioni ordinarie, ma anche tra Regioni ordinarie e Regioni a statuto speciale. In questo senso, del resto, si è espressa la sentenza di questa Corte n. 353 del 2001, secondo la quale “esigenze di coordinamento e di integrazione devono essere realizzate … con uno degli ipotizzabili sistemi che assicuri effettiva parità di trattamento di tutte le Regioni e Province autonome interessate, in un giusto procedimento di partecipazione equilibrata dei medesimi soggetti”. Sent. Corte cost. n. 133 del 2005 punto 3.1. Considerato in diritto. 201

125 confronti dello Stato, al fine di ottenere seguito alle statuizioni della Corte. 202 Riconoscendo innanzitutto la violazione dell’art. 136 Cost., il giudice delle leggi ha ritenuto fondata anche l’ulteriore censura di lesione del principio di leale collaborazione, sottolineando come la complessità finanziaria e gestionale non possa prescindere, in materia finanziaria, dal reciproco e