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Le forme della leale collaborazione

5 FORME, SEDI E MODALITA’ DELLA LEALE COLLABORAZIONE

5.1 Le forme della leale collaborazione

Va innanzitutto chiarito come il principio di leale collaborazione e i raccordi centro-periferia, pur integrando nozioni distinte, siano concetti reciprocamente interferenti, traendo l’uno indispensabile alimento dagli altri, e viceversa.

I raccordi, in altri termini, non sarebbero che l’espressione della leale collaborazione riguardata in una prospettiva statica.1

Riprendendo un’efficace metafora, potrebbe dirsi che se la leale collaborazione costituisce la linfa che scorre tra il centro e le periferie, i raccordi costituiscono le venature attraverso le quali è consentito alla linfa di scorrere.2

In una più ampia accezione, nell’ambito dei raccordi debbono annoverarsi sia i raccordi intra-organici (tra organi della stessa organizzazione); sia i raccordi inter-intra-organici (tra organi appartenenti ad amministrazioni diverse); sia, infine, i raccordi inter-soggettivi (tra enti diversi, quali, appunto, lo Stato e le Regioni).

1 (Agosta S. , 2008, p. 44).

2

127 E’ nell’ambito dell’ultima delle categorie citate che vanno inquadrati i raccordi cui si farà sommariamente cenno, distinguendo le diverse tipologie di raccordi “per organi” dai cd. raccordi “per atti” e “per attività”.

5.1.1 Raccordi “per attività” e “per atti”

Iniziando dall’ultima delle tipologie citate, va innanzitutto evidenziato come il modello costituzionale abbia nettamente privilegiato la partecipazione regionale ad attività dello Stato per il tramite del canale parlamentare, quale luogo deputato alla concretizzazione della cooperazione tra centro e periferia.

In primo luogo, va ricordato che le Regioni concorrono all’elezione del Presidente della Repubblica, alla quale prendono parte tre delegati per ogni Regione, scelti dai rispettivi Consigli in modo che sia garantita la rappresentanza delle minoranze.3 La ratio della previsione va rinvenuta nell’esigenza di assicurare la base più ampia e strutturalmente diversificata per l’elezione dell’organo chiamato a rappresentare l’intera Nazione.4

Costituiscono, inoltre, forme di partecipazione regionale ad attività parlamentari: il diritto di iniziativa legislativa riconosciuto ai singoli Consigli regionali (art. 121, comma secondo, Cost.); la richiesta di referendum abrogativo (art. 75, comma primo, Cost) o costituzionale (art. 138, secondo comma, Cost.) che può essere presentata congiuntamente da cinque Consigli regionali; l’espressione di pareri per il caso di fusione o creazione di Regioni o per il passaggio di Comuni e province da una Regione ad un’altra (art. 132, commi primo e secondo, Cost.) o per il mutamento di circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province (art. 133, Cost.).

Alle Regioni speciali è riconosciuto, inoltre, dai propri Statuti un particolare diritto di iniziativa legislativa per la modifica degli Statuti medesimi. Con la l. cost. 2 del 2001, infine, si è prevista la consultazione delle Regioni interessate nel caso in cui l’iniziativa della modifica sia assunta dal Governo o da parlamentari.5

Diversamente, alle Regioni ordinarie è stato riconosciuto, successivamente alla riforma del Titolo V, un vero e proprio potere di codecisione alla formazione di leggi per l’ottenimento di ulteriori forme e condizioni di autonomia ai sensi dell’art. 116, terzo comma, Cost.: esse sono dotate, infatti, di iniziativa legislativa esclusiva e la legge con cui si dispone il riconoscimento di maggiore autonomia deve essere adottata d’intesa con lo Stato.6

Per quanto attiene alla partecipazione regionale all’attività amministrativa e normativa dello Stato, si rinvia alla trattazione specifica di tali argomenti del presente lavoro.7

Sotto il diverso profilo dei raccordi “per atti” vanno annoverati sia i cd. poteri di indirizzo del Governo sia i poteri sostitutivi o sussidiari.

3 Art. 83, II comma, Cost.; ad eccezione della Valle d’Aosta, che ha un solo delegato.

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Anche se, come è stato fatto notare, nella pratica i delegati dei Consigli regionali si sono aggiunti agli schieramenti politici dei partiti secondo l’articolazione delle Camere (Martines, Ruggeri, Salazar, & Morelli, 2019, p. 116).

5 E’ stato osservato come tale forma di coinvolgimento sia inappagante, essendosi dovuto richiedere una forma di partecipazione sostanzialmente paritaria (Martines, Ruggeri, Salazar, & Morelli, 2019, p. 118).

6 Sul punto si rinvia alla trattazione del par. 3.1.

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128 Con riferimento ai primi, è noto che il Governo debba sottoporre alla attenzione del Consiglio dei Ministri gli atti di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa della Regioni8. Successivamente alla cd. riforma Bassanini, tuttavia, per l’esercizio dei poteri d’indirizzo in parola si era richiesto il raggiungimento dell’intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni.9 Con la legge La Loggia, però, è stato introdotto un espresso divieto di adozione di atti di indirizzo e coordinamento nelle materie di competenza regionale di cui al novellati art. 117 commi terzo e quarto, Cost..10

Secondo una dottrina, tale previsione costituirebbe un indizio a favore della tesi che ritiene essere venuto meno il potere statale di indirizzo e coordinamento, al di fuori delle ipotesi espresse di “coordinamento” richiamate dalla Carta costituzionale novellata.11

Infine, con riferimento ai poteri statali sostitutivi o sussidiari, si è già osservato, esaminando l’art. 120 Cost. novellato, che si tratta di una categoria eterogenea con confini virtualmente indeterminabili, poiché la previsione costituzionale di un potere sostitutivo statale in casi particolari si aggiunge alle altre ipotesi di poteri sostitutivi disciplinati con legge ordinaria 12.

Da ultimo, meritano un cenno gli accordi di programma disciplinati dalla legge 142 del 1990. Tale forma di cooperazione prevede che i Presidenti delle Regioni, delle Province o i Sindaci possano concludere accordi per la definizione di opere, interventi o programmi di intervento la cui realizzazione richiede l’azione integrata e coordinata dello Stato e di amministrazioni territoriali o altri enti pubblici.

5.1.2 Raccordi “per organi”

Con riferimento, infine, ai raccordi “per organi”, va innanzitutto ricordato che gli Statuti speciali contemplano un intervento del Presidente della Regione alle sedute del Consiglio dei Ministri ogni qual volta siano in discussione questioni particolari che riguardano la Regione.13 Si tratta, senza dubbio, di una delle più risalenti forma di raccordo “per organi”, per di più inserita in fonti di rango costituzionale. 14

Successivamente, con la nascita delle Regioni ordinarie, fu istituita una Commissione interregionale, composta dai Presidenti delle giunte delle regioni a statuto ordinario e speciale, con

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Art. 2, comma 3, lett f), legge n. 400/1988.

9 L’art. 8, legge 59/1997, prevede, al comma 1, che gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, gli atti di coordinamento tecnico, nonché le direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate, sono adottati previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, o con la singola regione interessata. Qualora nel termine di quarantacinque giorni dalla prima consultazione l'intesa non sia stata raggiunta, gli atti di cui al comma 1 sono adottati con deliberazione del Consiglio dei ministri, previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta. Al comma 3, si prevede che,in caso di urgenza, il Consiglio dei ministri puòŸ provvedere senza l'osservanza delle procedure di cui ai commi 1 e 2. I provvedimenti in tal modo adottati sono sottoposti all'esame degli organi di cui ai commi 1 e 2 entro i successivi quindici giorni. Il Consiglio dei ministri e' tenuto a riesaminare i provvedimenti in ordine ai quali siano stati espressi pareri negativi.

10 Si tratta dell’art. 8 comma 6 legge 131/2003, su cui ci si è intrattenuti al par. 2.1.4 del presente lavoro.

11 (Martines, Ruggeri, Salazar, & Morelli, 2019, p. 276).

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Sul potere sostitutivo di cui all’art. 120 Cost cfr. par. 3.5.

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Cfr. Sent. Corte cost. n. 92 del 1999, con la quale la Corte, confermando il proprio orientamento consolidato, ha affermato che ancorché le norme presenti negli statuti speciali utilizzino espressioni diverse ("intervento"o "partecipazione" del Presidente regionale, o si riferiscono alle "questioni che riguardano particolarmente la Regione" ovvero alle "materie che interessano la Regione"), per tutte vale il principio per cui, per rendere necessaria la partecipazione del Presidente della Regione, si richiede la presenza di un interesse differenziato della singola Regione, non essendo per contro sufficiente a legittimare tale partecipazione la circostanza che il Consiglio deliberi su argomenti di generico interesse delle Regioni, o di un gruppo di esse, come potrebbero essere le Regioni a statuto speciale. (cfr. sentenze n. 627 del 1988, n. 544 del 1989, nn. 224, 343, 381 del 1990; nn. 37 e 191 del 1991; n. 398 del 1998).

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129 compiti consultivi per determinare i criteri di ripartizione tra le regioni del Fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo e dei contributi speciali.15

A decorrere dalla seconda metà degli anni settanta, ovvero a partire dall’avvio dell’esperienza regionalista in Italia, il legislatore iniziò ad introdurre ulteriori forme di raccordo cd. “per organi”, nello sforzo di portare la periferia nel centro, anziché trasferire funzioni dal centro alla periferia16.

Per la assoluta mancanza di appigli a livello costituzionale, però, si è assistito negli anni ad una disordinata proliferazione di raccordi di natura organica, ovvero ad una gemmazione di organi ed organismi incardinati nell’organizzazione dello Stato e composti anche da rappresentanti delle Regioni, di cui costituiscono esempi paradigmatici il Consiglio nazionale della Sanità, il Consiglio nazionale del turismo, il Comitato per l’edilizia residenziale pubblica. Si trattava di organismi a composizione mista Stato – Regioni, coinvolti a vario titolo in procedimenti amministrativi statali di prevalente natura programmatoria.

Si è parlato, a tale riguardo, di “regionalismo organicista”, ovvero di una partecipazione delle Regioni alla realizzazione di scopi prestabiliti in sede centrale, con un ruolo “servente” rispetto allo Stato e per il tramite di una integrazione negli apparati dello Stato persona: di una partecipazione, insomma, del tutto diversa rispetto alla logica del regionalismo cooperativo cui si ispirano gli ordinamenti federali.17

Gli esiti di tale modello cooperativo non sono stati confortanti: dal punto di vista giuridico, esso ha privilegiato il coordinamento gerarchico del potere centrale e, dal punto di vista politico, esso ha inasprito le diversità tra i rappresentanti degli enti decentrati.18

Per tali motivi, si è ritenuto più opportuno compattare le molteplici sedi di raccordo in un unico soggetto di tipo collegiale, quale la Conferenza Stato – Regioni.