• Non ci sono risultati.

L’orientamento della Corte costituzionale: la “chiamata in sussidiarietà”

2 LA LEALE COLLABORAZIONE TRA STATO E REGIONI DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V

2.1 La riscrittura delle competenze: quali novità per le istanze della collaborazione?

2.1.5 L’orientamento della Corte costituzionale: la “chiamata in sussidiarietà”

Con la notissima sentenza n. 303/2003109, la Consulta è intervenuta per rimediare all’esaminato disallineamento tra funzioni legislative ed amministrative delineato dalla riforma del Titolo V, fissando dei paletti di importanza fondamentale anche per la ricostruzione del principio di leale collaborazione.

Tale orientamento, confermato da una molteplicità di pronunce successive110, può dirsi ora consolidato, tanto che la “chiamata in sussidiarietà” è stata definita un tratto connotante il regionalismo italiano.111

Secondo la Corte, nel nuovo quadro di competenze tracciato dal legislatore della riforma del Titolo V, non è possibile limitare l’attività unificante dello Stato alle sole materie di potestà esclusiva o, in quella concorrente, alla fissazione dei principi fondamentali, perché in tal modo le esigenze unitarie – inevitabilmente presenti in ogni ordinamento, anche in quelli di matrice più marcatamente federale rispetto al nostro - rimarrebbero sguarnite di alcuno strumento che assicuri flessibilità al sistema.

Per tale motivo, l’art. 118, primo comma, Cost. va interpretato nel senso che esso consente anche l’allocazione “verso l’alto” di funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario in capo allo Stato, sulla base dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Tale

106

Ai sensi dell’art. 10, comma 7, la nomina avviene con d.P.R. previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dell’Interno e d’intesa con il Ministro degli Affari regionali.

107

(Cammelli, 2003, p. 200).

108

Si rinvia sul punto all’analisi di questa tipologia di intese effettuata al par. 5.4.4.

Merita qui anticipare che il tema di tali intese concerne la loro valenza; secondo alcuni, tali intese si sostanziano in un’attività concertativa di natura politica, sfornita di previsioni in merito ad ogni vincolatività giuridica (Anzon Demming, I poteri delle Regioni nella transizione dal modello originario al nuovo assetto costituzionale, 2003, p. 268).

109 Sul punto si vedano, tra i tanti commenti, le note di: (Anzon Demming, 2003); (Bartole S. , Collaborazione e sussidiarietà nel nuovo ordine regionale, 2004); (Camerlengo, Dall'amministrazione alla legge, seguendo il principio di sussidiarietà. Riflessioni in merito alla sentenza n. 303 del 2003 della Corte costituzionale, 2003); (Cintoli, 2003); (D'Atena, L'allocazione delle funzioni amministrative in una sentenza ortopedica della Corte costituzionale (nota a Corte cost. n. 303/2003), 2003); (d'Arpe, 2003); (Dickmann, La Corte costituzionale attua (ed integra) il Titolo V (osservazioni a Corte cost. 1 ottobre 2003, n. 303), 2003); (Di Paola, 2003) (Morrone, 2003); (Ruggeri, Il parallelismo "redivivo" e la sussidiarietà legislativa (ma non regolamentare...) in una storica (e, però, solo in parte soddisfacente) pronunzia, 2003); (Moscarini, 2003); (Violini L. , I confini della sussidiarietà: potestà legislativa "concorrente", leale collaborazione e "strict scrutiny", 2004).

110

Tra le più importanti, oltre alla n. 303 del 2003, si ricordano la n. 307 del 2003, n. 6 del 2004, n. 270 del 2005; si vedano inoltre gli approfondimenti sulla giurisprudenza costituzionale del Capitolo 4.

111

40 riallocazione di funzioni amministrative ad un livello di governo più alto comporta il trascinamento anche dell’esercizio della relativa funzione legislativa: in base al principio di legalità, infatti, le funzioni devono essere organizzate dalla legge.

In tal modo la Consulta giunge ad affermare che, in deroga ai criteri di riparto previsti dall’art. 117 Cost., solo allo Stato può spettare la competenza a disciplinare con legge le funzioni amministrative attratte al livello nazionale, non potendo ammettersi che le Regioni adottino discipline differenziate. 112

Occorre chiedersi, dunque, a quali condizioni la giurisprudenza costituzionale ammette l’operatività della “chiamata in sussidiarietà”.

Secondo l’orientamento che si riporta, la riallocazione delle funzioni può superare il vaglio di costituzionalità solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato a) sia proporzionata; b) non risulti irragionevole; c) sia oggetto di un accordo con la Regione.

Affinché, tuttavia, l’attrazione “verso l’alto” delle funzioni e delle connesse competenze legislative non si risolva in danno agli enti territoriali “meno forti”, è necessario che la relativa disciplina (di fonte statale) delinei un iter che valorizzi le attività concertative tra livelli di governo, nella forma delle intese, da condurre in base al principio di lealtà.113

112

Data l’importanza della sentenza, si ritiene opportuno riportarne integralmente i passaggi essenziali: “In questo quadro, limitare l’attività

unificante dello Stato alle sole materie espressamente attribuitegli in potestà esclusiva o alla determinazione dei principî nelle materie di potestà concorrente, come postulano le ricorrenti, significherebbe bensì circondare le competenze legislative delle Regioni di garanzie ferree, ma vorrebbe anche dire svalutare oltremisura istanze unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo istituzionale giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale ripartizione di competenze [basti pensare al riguardo alla legislazione concorrente dell’ordinamento costituzionale tedesco (konkurrierende Gesetzgebung) o alla clausola di supremazia nel sistema federale statunitense (Supremacy Clause)]. Anche nel nostro sistema costituzionale sono presenti congegni volti a rendere più flessibile un disegno che, in ambiti nei quali coesistono, intrecciate, attribuzioni e funzioni diverse, rischierebbe di vanificare, per l’ampia articolazione delle competenze, istanze di unificazione presenti nei più svariati contesti di vita, le quali, sul piano dei principî giuridici, trovano sostegno nella proclamazione di unità e indivisibilità della Repubblica. Un elemento di flessibilità è indubbiamente contenuto nell’art. 118, primo comma, Cost., il quale si riferisce esplicitamente alle funzioni amministrative, ma introduce per queste un meccanismo dinamico che finisce col rendere meno rigida, come si chiarirà subito appresso, la stessa distribuzione delle competenze legislative, là dove prevede che le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. E’ del resto coerente con la matrice teorica e con il significato pratico della sussidiarietà che essa agisca come subsidium quando un livello di governo sia inadeguato alle finalità che si intenda raggiungere; ma se ne è comprovata un’attitudine ascensionale deve allora concludersi che, quando l’istanza di esercizio unitario trascende anche l’ambito regionale, la funzione amministrativa può essere esercitata dallo Stato. Ciò non può restare senza conseguenze sull’esercizio della funzione legislativa, giacché il principio di legalità, il quale impone che anche le funzioni assunte per sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge, conduce logicamente ad escludere che le singole Regioni, con discipline differenziate, possano organizzare e regolare funzioni amministrative attratte a livello nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa attendere a un compito siffatto.” (Sent. Corte cost. 303 del 2003, Punto 2.1.

Considerato in diritto).

113 Nelle parole della Corte: “Una volta stabilito che, nelle materie di competenza statale esclusiva o concorrente, in virtù dell’art. 118, primo

comma, la legge può attribuire allo Stato funzioni amministrative e riconosciuto che, in ossequio ai canoni fondanti dello Stato di diritto, essa è anche abilitata a organizzarle e regolarle, al fine di renderne l’esercizio permanentemente raffrontabile a un parametro legale, resta da chiarire che i principî di sussidiarietà e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata. Che dal congiunto disposto degli artt. 117 e 118, primo comma, sia desumibile anche il principio dell’intesa consegue alla peculiare funzione attribuita alla sussidiarietà, che si discosta in parte da quella già conosciuta nel nostro diritto di fonte legale. Enunciato nella legge 15 marzo 1997, n. 59 come criterio ispiratore della distribuzione legale delle funzioni amministrative fra lo Stato e gli altri enti territoriali e quindi già operante nella sua dimensione meramente statica, come fondamento di un ordine prestabilito di competenze, quel principio, con la sua incorporazione nel testo della Costituzione, ha visto mutare il proprio significato. Accanto alla primitiva dimensione statica, che si fa evidente nella tendenziale attribuzione della generalità delle funzioni amministrative ai Comuni, è resa, infatti, attiva una vocazione dinamica della sussidiarietà, che consente ad essa di operare non più come ratio ispiratrice e fondamento di un ordine di attribuzioni stabilite e predeterminate, ma come fattore di flessibilità di quell’ordine in vista del soddisfacimento di esigenze unitarie.

Ecco dunque dove si fonda una concezione procedimentale e consensuale della sussidiarietà e dell’adeguatezza. Si comprende infatti come tali principî non possano operare quali mere formule verbali capaci con la loro sola evocazione di modificare a vantaggio della legge nazionale il riparto costituzionalmente stabilito, perché ciò equivarrebbe a negare la stessa rigidità della Costituzione. E si comprende anche come essi non possano assumere la funzione che aveva un tempo l’interesse nazionale, la cui sola allegazione non è ora sufficiente a giustificare l’esercizio da parte dello Stato di una funzione di cui non sia titolare in base all’art. 117 Cost. Nel nuovo Titolo V l’equazione elementare interesse nazionale =

41 E’ stato introdotto, dunque, un meccanismo dinamico di allocazione delle funzioni amministrative ed anche, di conseguenza, di quelle legislative, grazie ad un’interpretazione “ortopedica” del Titolo V da parte della giurisprudenza costituzionale114, che assegna una nuova valenza “dinamica”, “consensuale” e “procedimentale” al principio di sussidiarietà.

In altre parole, l’assetto delle competenze fissato in maniera “statica” dalla riforma del Titolo V è reso “dinamico” grazie al principio di sussidiarietà, che permette di rendere flessibile sia la distribuzione delle funzioni amministrative sia di quelle legislative 115 (principio di sussidiarietà a valenza “dinamica”).

Il medesimo assetto “statico” di competenze può divenire dinamico e legittimare una diversa allocazione delle competenze, tuttavia, solo qualora alla ridistribuzione verso l’alto delle funzioni e delle competenze acconsentano le Regioni interessate, che si vedono spogliate “consensualmente” delle loro prerogative riconoscendo la necessità di esercizio unitario delle medesime da parte dello Stato (principio di sussidiarietà a valenza “consensuale”).

Tuttavia, le determinazioni statali assunte in forza della “chiamata in sussidiarietà”, possono produrre effetti solo qualora nel corso del procedimento sia raggiunta un’intesa (non necessariamente previa)116 con le Regioni interessate (principio di sussidiarietà a valenza “procedimentale”).

Va da subito sottolineato che la “procedimentalizzazione” del principio di sussidiarietà ne ha determinato, come naturale conseguenza, la giustiziabilità: proprio l’aver introdotto l’obbligatorietà di un momento concertativo rende sinadacabile dal giudice, infatti, il suo mancato rispetto. 117

Anche per tale motivo, la dottrina, in maniera unanime, ha accolto con grande favore la lettura del principio di sussidiarietà quale clausola di flessibilità in grado di rendere meno rigido il riparto di competenze delineato dal Titolo V; d’altra parte, sul nuovo filone giurisprudenziale118 non sono mancati rilievi critici in merito all’applicazione di tale meccanismo, né perplessità in merito all’iter argomentativo della pronuncia.

Iniziando da tale secondo profilo, pur condividendosi la positiva affermazione del principio di leale collaborazione, si è innanzitutto sottolineato come il principio di collaborazione debba considerarsi autonomo rispetto a quello di sussidiarietà, trovando fonte rispettivamente, il primo nell’ art. 5 ed il secondo nell’art. 114 Cost.; l’iter argomentativo della Corte, invece, nel dedurre il

competenza statale, che nella prassi legislativa previgente sorreggeva l’erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative delle Regioni, è divenuta priva di ogni valore deontico, giacché l’interesse nazionale non costituisce più un limite, né di legittimità, né di merito, alla competenza legislativa regionale. Ciò impone di annettere ai principî di sussidiarietà e adeguatezza una valenza squisitamente procedimentale, poiché l’esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà.”.(Punto 2.2 Considerato in diritto).

114

In questi termini si esprime: (D'Atena, L'allocazione delle funzioni amministrative in una sentenza ortopedica della Corte costituzionale (nota a Corte cost. n. 303/2003), 2003).

115

In questo senso (Morrone, 2003, p. 1), il quale sottolinea come la ridistribuzione delle competenze legislative, per effetto dell’atteggiarsi del principio di sussidiarietà, sia il vero “aspetto rivoluzionario” della sentenza Corte cost. n. 303/2003.

116 (D'Atena, L'allocazione delle funzioni amministrative in una sentenza ortopedica della Corte costituzionale (nota a Corte cost. n. 303/2003), 2003, p. 1).

117

Osserva (Violini L. , I confini della sussidiarietà: potestà legislativa "concorrente", leale collaborazione e "strict scrutiny", 2004, p. 599) che la sussidiarietà non è in sé mero principio procedimentale, tal che basti l’intesa con le Regioni interessate a sanare ogni violazione dell’assetto naturale delle competenze legislative delineato in Costituzione, ma è invece la necessità di rispettare il principio di sussidiarietà che implica una procedimentalizzazione dell’attività legislativa al fine di permettere un più compiuto controllo da parte dei soggetti espropriati e, di conseguenza, da parte dei tribunali.

Sulla tema della giustiziabilità della leale collaborazione si rinvia a quanto diffusamente si dirà ai parr. 8.2 e seguenti.

118 Inaugurato con la sentenza Corte cost. n. 274 del 2003 secondo (Anzon Demming, 2003), (Dickmann, La Corte costituzionale attua (ed integra) il Titolo V (osservazioni a Corte cost. 1 ottobre 2003, n. 303), 2003).

42 primo dal secondo, rischierebbe di provocare uno “schiacciamento” del principio di sussidiarietà su quello collaborativo; per contro, la previsione di un momento concertativo appare sufficiente a legittimare la sussidiarietà, senza che si richieda una verifica dei presupposti per l’operatività concreta di tale secondo principio, ovvero la necessità dell’intervento unitario119.

Inoltre, nell’osservare come la Corte affermi con nettezza – nel nuovo quadro costituzionale - l’inesistenza del limite dell’interesse nazionale alla competenza legislativa regionale, parte della dottrina ha dato, dell’orientamento in esame, una lettura in sostanziale continuità proprio con il limite dell’interesse nazionale vigente “ante 2001”: si è da più parti affermato, infatti, come, spazzato via dalla riforma l’interesse nazionale – in grado di legittimare in via generale gli interventi del legislatore statale nelle materie regionali -, la medesima funzione di clausola derogatrice dell’assetto competenziale sia ora assolta dal principio di sussidiarietà combinato col principio di legalità.120

A tale riguardo è stato significativamente notato come i parametri invocati dalla giurisprudenza per lo scrutinio stretto di costituzionalità delle due clausole di flessibilità (l’interesse nazionale, nel Titolo V del testo originario, ed il principio di sussidiarietà, in quello novellato) appaiono, nella sostanza, identici, e si sostanziano nella ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento.121

Ancora, quanto al collegamento del principio di sussidiarietà con quello di legalità, si è contestato il fondamento dell’affermazione della Corte, secondo cui le funzioni assunte in sussidiarietà dallo Stato debbano essere anche regolate ed organizzate dalla legge statale. Secondo un’opinione, poiché il principio di legalità non postula la necessità di regolazione della materia con legge dello Stato, ma semplicemente con legge, il medesimo principio dovrebbe ritenersi rispettato anche dalla legge regionale122, ovvero in tutti i casi in cui all’attività amministrativa sia fornita un’idonea base normativa, indipendentemente dalla provenienza soggettiva delle regole.

Per altra impostazione, non ci si dovrebbe limitare - come sembrerebbe fare la Corte - ad invocare genericamente il principio di legalità, ma occorrerebbe individuare, a fondamento dell’attrazione a livello centrale delle funzioni e del relativo potere di disciplina, il concetto di esercizio unitario delle funzioni attratte in sussidiarietà: è da ritenere infatti che proprio l’esercizio

unitario postuli necessariamente una disciplina altrettanto unitaria, nel senso di non regionalmente differenziata (corsivo nostro) 123 .

Quanto ai profili di criticità, si tenterà di dare atto - nel profluvio della letteratura sul tema - dei principali rilievi mossi alla “chiamata in sussidiarietà” ed ai punti controversi della sua ricostruzione.

119 (Anzon Demming, 2003, p. 5).

120 In questo senso: (Anzon Demming, 2003, p. 2); (Morrone, 2003, p. 1); e (Ruggeri, Il parallelismo "redivivo" e la sussidiarietà legislativa (ma non regolamentare...) in una storica (e, però, solo in parte soddisfacente) pronunzia, 2003, p. 2), il quale sottolinea come, nonostante la Corte ribadisca l’inesistenza del limite dell’interesse nazionale alla competenza legislativa regionale, l’unico parametro che legittima l’intervento dello Stato in materie di competenza regionale è proprio quello dell’interesse nazionale, senza il quale l’intervento dello Stato, sul piano amministrativo e legislativo, sarebbe irragionevole.

121 (Anzon Demming, I poteri delle Regioni nella transizione dal modello originario al nuovo assetto costituzionale, 2003, p. 263).

122 Secondo (Moscarini, 2003, p. 3) la Corte fa dire all’art. 118 Cost. cose che l’art. 118 Cost. non prevede testualmente e cioè che le funzioni assunte per sussidiarietà dallo Stato debbano anche essere regolate ed organizzate con legge statale.

123 In questi termini: (D'Atena, L'allocazione delle funzioni amministrative in una sentenza ortopedica della Corte costituzionale (nota a Corte cost. n. 303/2003), 2003, p. 2).

43 Innanzitutto, nel silenzio della pronuncia, si è discusso in merito alla possibile operatività della chiamata in sussidiarietà anche nelle materie di competenza residuale. La dottrina sul punto si è divisa.

Per alcuni, l’attrazione verso l’alto delle funzioni amministrative andrebbe esclusa nelle materie di competenza residuale delle Regioni, per il semplice fatto che in tali materie la Costituzione non solo esclude la presenza di interessi unitari ma priva altresì lo Stato dello strumento della legislazione di principio. 124

Per altri, all’opposto, il principio di sussidiarietà nella sua accezione “dinamica” governa il nuovo assetto dei rapporti centro-periferia ed assume i connotati di una regola generale, estensibile ad ogni “campo materiale”, e dunque anche alla potestà residuale delle Regioni.125

In senso critico, in dottrina si è anche osservato che il principio di sussidiarietà dovrebbe favorire, di regola, gli enti diversi dallo Stato e, in particolare, i Comuni126; la giurisprudenza richiamata, invece, riconosce alla legge statale non solo la competenza a riallocare le funzioni al centro ma anche quella ad organizzarne l’esercizio, cosicché la funzione legislativa segue quella amministrativa, secondo quello che è stato efficacemente definito “redivivo parallelismo” delle funzioni.127

Un siffatto parallelismo, tuttavia, nell’orientamento della Consulta, opera solo sul piano delle fonti primarie e non si estende al potere regolamentare.

Anche a tale riguardo si registrano opinioni diverse in dottrina.

A fronte di chi ha rilevato che, una volta che allo Stato sia dato il potere di intervenire in materie ad esso astrattamente non spettanti, sarebbe del tutto conseguente che tale potere gli venisse conferito anche sul piano della normazione regolamentare128; altri, invece, ha ritenuto di condividere l’impostazione della Corte costituzionale, sia perché i regolamenti statali non potrebbero operare tra fonti poste in rapporto di separazione di competenze e non di gerarchia,129

sia perché il riparto di competenze in materia non è disponibile da parte dello Stato e delle Regioni, in quanto stabilito in modo diretto e completo dalla Costituzione ex art. 117, comma sesto.130 In questo secondo senso, del resto, si è orientata da subito la giurisprudenza amministrativa.131

124

(D'Atena, L'allocazione delle funzioni amministrative in una sentenza ortopedica della Corte costituzionale (nota a Corte cost. n. 303/2003), 2003, p. 2) e, nello stesso senso, (Violini L. , I confini della sussidiarietà: potestà legislativa "concorrente", leale collaborazione e "strict scrutiny", 2004, p. 599).

125

(Ruggeri, Il parallelismo "redivivo" e la sussidiarietà legislativa (ma non regolamentare...) in una storica (e, però, solo in parte soddisfacente) pronunzia, 2003, p. 3) e (Anzon Demming, 2003, p. 7) il meccanismo della sussidiarietà/adeguatezza proclamato dall’art. 118, 1 c., Cost., ha una valenza generale riguardando tutte le funzioni amministrative e non è perciò limitato alle sole ipotesi riconducibili alle materie in cui lo Stato vanta una competenza legislativa. Anche per fattispecie ricollegabili a materie di competenza legislativa regionale residuale possono dunque legittimamente porsi esigenze di esercizio unitario a livello nazionale. Si veda anche (Anzon Demming, I poteri delle Regioni nella transizione dal modello originario al nuovo assetto costituzionale, 2003, p. 263).

126

(Moscarini, 2003, p. 5); (Martines, Ruggeri, Salazar, & Morelli, 2019, p. 249).

127 (Ruggeri, Il parallelismo "redivivo" e la sussidiarietà legislativa (ma non regolamentare...) in una storica (e, però, solo in parte soddisfacente) pronunzia, 2003) In particolare, secondo questo A., o si ritiene che il parallelismo sia stato spazzato via dalla riforma, con sacrificio degli interessi nazionali, oppure si ritiene – come sembra fare la Corte – che il parallelismo, al di là delle apparenza, non sia stato in realtà travolto dalla riforma e possa dunque, seppure in forma moderata, tornare a giocare un ruolo centrale in occasione dell’esercizio delle funzioni. In tale secondo caso, tuttavia, si fatica a comprendere per quale ragione il legislatore del 2001 abbia confezionato un riparto delle funzioni così diverso da quello originario. Nello stesso senso, (Camerlengo, Dall'amministrazione alla legge, seguendo il principio di sussidiarietà. Riflessioni in merito alla sentenza n. 303 del 2003 della Corte costituzionale, 2003, p. 2).

128

(Ruggeri, Il parallelismo "redivivo" e la sussidiarietà legislativa (ma non regolamentare...) in una storica (e, però, solo in parte soddisfacente) pronunzia, 2003, p. 4).

129 (Anzon Demming, 2003, p. 7).

130

(Camerlengo, Dall'amministrazione alla legge, seguendo il principio di sussidiarietà. Riflessioni in merito alla sentenza n. 303 del 2003 della Corte costituzionale, 2003).

131

44 Non può negarsi, in ogni caso, che il delicato tema della negoziabilità delle competenze regionali faccia per la prima volta la sua comparsa nella giurisprudenza costituzionale, proprio con la sentenza n. 303/2003.132

Come è stato osservato, in passato la collaborazione era utilizzata per determinare le modalità d’esercizio di competenze intrecciate tra diversi livelli di governo al fine di favorirne l’esercizio cooperativo, ma non sottintendeva una “trattativa” sull’appartenenza delle competenze.133

Infine, ed è questo il vero nodo problematico della attrazione in sussidiarietà – sul quale ci si soffermerà diffusamente infra 134- , condizionare l’efficacia dell’intervento statale all’accordo con la Regione rischia di subordinare il perseguimento dell’esigenza unitaria al veto di una singola