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7. IL SEGUITO DELLA SENTENZA CORTE COST. N. 251 DEL 2016 ED I SUOI EFFETTI

7.1. Il seguito della sentenza n. 251 del 2016

7.1.3. La giurisprudenza successiva

Ciò premesso, occorre ora approfondire la ricerca relativa al “seguito” della sentenza, rivolgendo l’attenzione alle pronunce successiva al revirement.

Le sentenze in cui viene scrutinato il rispetto del principio di leale collaborazione in relazione al procedimento legislativo sono tre21.

La prima sentenza che viene in rilievo concerne proprio un decreto attuativo della legge delega n. 124/2015, oggetto di censura dalla Corte con la più volte citata sentenza n. 251 del 2016. In questa pronuncia, il principio di leale collaborazione ha costituito il fondamento per la

16 Decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147 (Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla poverta'), adottato in attuazione della legge 15 marzo 2017, n. 33, recante: «Delega recante norme relative al contrasto della poverta', al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali».

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Decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile).

18 Si vedano, rispettivamente, l’art. 1 della legge n. 33/2017 e l’art. 1 comma 5 della legge 30/2017.

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Art. 2 comma 5 della legge n. 175 del 2017.

20 Tutte le informazioni sono state tratte da www.parlamento.it.

Con particolare riferimento alla legge 175/2017, il cui termine per l’esercizio della delega è scaduto al 27 dicembre 2018, si veda http://www.parlamento.it/leg/ldl_new/v3/deleghe/2017_175.html

21 Dal novero sono state escluse le pronunce che applicano il principio di leale collaborazione a fonti sub legislative, richiedendo l’intesa in luogo del parere, in ossequio alla consolidata giurisprudenza, come ad esempio nelle recenti sentenze. n. 72 e n. 74 del 2019.

195 declaratoria di incostituzionalità di una delle disposizioni contenute in un decreto legislativo di riordino delle Camere di commercio.22

E’ interessante notare che, tra le doglianze regionali, alcune investivano espressamente l’intera fonte normativa delegata a causa della mancata acquisizione dell’intesa in Conferenza, sia per violazione dell’art. 76 Cost., sia del principio collaborativo come declinato nella sentenza n. 251 del 2016. 23

Il giudice delle leggi ha ritenuto infondate, tuttavia, la questione sotto entrambi i profili24. In particolare, non è stata rinvenuta alcuna lesione dell’art. 76 Cost., perché il decreto legislativo è stato emanato in conformità alle previsioni della legge delega, che espressamente richiedeva l’espressione in Conferenza di un “parere”.

Né è stata accolta la lamentata lesione del principio collaborativo, poiché il petitum riguardava un decreto legislativo e non la relativa legge di delegazione, cui solo si riferisce l’orientamento giurisprudenziale inaugurato con la sent. n. 251 del 2016. Diversamente, ha argomentato la Corte, si consentirebbe l’elusione del termine perentorio per l’impugnazione delle leggi e degli atti aventi forza di legge previsti dall’art. 127 Cost.

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Si tratta della sentenza Corte cost. n. 261 del 2017, relativo all’impugnazione del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 (Attuazione della delega di cui all’articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).

23 Si veda il punto 3.2 della ricostruzione in fatto della sentenza n. 261 del 2017. “La Regione Toscana deduce l’illegittimità costituzionale

dell’intero testo del d.lgs. n. 219 del 2016 sotto un ulteriore profilo, sostenendo che violerebbe gli artt. 76 e 77, primo comma, Cost. ed il principio di leale collaborazione. Le camere di commercio operano in ambiti di competenza regionale concorrente e residuale e, quindi, a suo avviso, anche in virtù del principio enunciato dalla sentenza n. 251 del 2016, tale atto normativo avrebbe dovuto essere emanato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, non essendo sufficiente, per ritenere rispettato il principio di leale collaborazione, la previsione del parere della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.”. Prospettazioni in parte analoghe sono rinvenibili al punto

7.2 della ricostruzione in fatto della medesima sentenza: “7.2.– Sotto un ulteriore profilo, il richiamato art. 3, comma 4, secondo la Regione

Puglia, incidendo su un ambito materiale in cui si intrecciano competenze legislative statali e regionali, violerebbe il principio di leale collaborazione, in quanto la norma richiede il mero parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anziché l’intesa.”.

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Pare utile riportare per intero il passaggio motivazionale richiamato nel testo, ai punti 6.2.3 e 6.2.4 del Considerato in diritto, sentenza Corte cost. n. 261 del 2017: “6.2.3.– La questione sollevata dalla Regione Toscana, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., non è

fondata, tenuto conto che l’art. 10, comma 2, della legge n. 124 del 2015 stabiliva che il Governo avrebbe dovuto emanare il decreto delegato «previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281», come appunto è accaduto. Tale norma è stata dunque osservata, con conseguente inesistenza dell’ipotizzata violazione della legge delega. L’univoca formulazione di detta disposizione rende inoltre impossibile un’interpretazione diversa da quella resa chiara dalla lettera della stessa, che imponeva appunto l’acquisizione del parere della Conferenza unificata e non dell’intesa della Conferenza Stato-Regioni.

6.2.4.– Le questioni, nella parte in cui prospettano una violazione del principio di leale collaborazione, in quanto il d.lgs. n. 219 del 2016 è stato adottato, nell’osservanza della norma di delega, previo parere della Conferenza unificata anziché previa intesa in Conferenza Stato-Regioni, necessaria ad avviso dalle ricorrenti, è connotata, in parte, da profili di novità. (Omissis) I principi che consentono di dare corretta soluzione alla questione sono desumibili della sentenza n. 251 del 2016, che tuttavia non conducono all’esito sostenuto dalle ricorrenti. (Omissis). Questa Corte ha dunque ritenuto ammissibile l’impugnazione della norma di delega, allo scopo di censurare le modalità di attuazione della leale collaborazione dalla stessa prevista ed al fine di ottenere che il decreto delegato sia emanato previa intesa anziché previo parere in sede di Conferenza. La affermata immediata impugnabilità della norma di delega, per violazione del principio di leale collaborazione, rende palese, da un canto, che la lesione costituisce effetto diretto ed immediato di un vizio della stessa, non del decreto delegato che ad essa dovrà prestare (ovvero che ha prestato) la dovuta osservanza; proprio per questo la norma di delega, in parte qua, è stata ritenuta impugnabile prima ancora dell’adozione del decreto delegato. Dall’altro, dimostra che l’eventuale vizio del decreto delegato è meramente riflesso e, quindi, la censura di violazione del principio di leale collaborazione, conseguente all’osservanza della norma di delega, denuncia in realtà un vizio che concerne direttamente ed immediatamente la norma di delega. Pertanto, sulla scorta dei principi enunciati nella sentenza n. 251 del 2016, va affermato che, quando la legge delega è connotata da un tasso di specificità e concretezza tale da comportare una lesione dell’interesse della Regione, poiché essa ha ad oggetto la futura regolamentazione (con il decreto delegato) di ambiti complessi e caratterizzati da un intreccio di competenze statali e regionali (come nel caso in esame, per quanto sopra precisato), la Regione può e deve farlo valere mediante l’impugnazione della norma di delega, ritenuta appunto ammissibile da detta pronuncia. Una diversa soluzione condurrebbe ad una palese, inammissibile, elusione del termine perentorio di sessanta giorni stabilito dall’art. 127, secondo comma, Cost. (omissis) Precisi argomenti a conforto della conclusione qui affermata sono, infine, desumibili dalla giurisprudenza costituzionale, secondo la quale, quando il vizio della norma del decreto delegato deriva dall’osservanza della norma di delega, resta esclusa la censurabilità della stessa e neanche «può accogliersi la richiesta subordinata della ricorrente, di sollevare questione di legittimità costituzionale […] della legge di delega, per violazione degli indicati […] parametri costituzionali, poiché si farebbe luogo in tal modo ad una inammissibile elusione del termine assegnato alle regioni dall’art. 2 della legge costituzionale n. 1 del 1948 per la impugnazione delle leggi statali» .”.

196 In disparte le questioni procedurali, appare interessante un obiter in cui la Corte specifica quali siano i casi in cui la legge di delega può costituire oggetto di impugnazione, e segnatamente nelle ipotesi in cui tale delega appaia “connotata da un tasso di specificità e concretezza tale da

comportare una lesione dell’interesse della Regione, poiché essa ha ad oggetto la futura regolamentazione (con il decreto delegato) di ambiti complessi e caratterizzati da un intreccio di competenze statali e regionali”.25

Avuto riguardo al dispositivo della decisione in commento, va tuttavia osservato che la sola pronuncia di accoglimento non concerne la portata del principio collaborativo nell’ambito della funzione legislativa delegata, ma ha ad oggetto l’attuazione, in via amministrativa, del decreto legislativo.26

Si tratta dunque, come è stato sottolineato, di una sentenza povera di soddisfazioni per le Regioni, dal momento che aggiunge poco al principio che l’attività amministrativa del Governo, anche in assenza di una esplicita prescrizione legislativa, debba essere condotta con una forma collaborativa più intensa (l’intesa in luogo del parere) con il sistema delle Autonomie territoriali.27

In maniera analoga, con una pronuncia interessante dal punto di vista collaborativo ma non certo appagante per le istanze della Regione ricorrente, la Corte si è pronunciata in merito al riparto del contributo per l’esercizio delle funzioni in tema di viabilità ed edilizia scolastica, che la legge di stabilità 2016 aveva demandato ad un decreto ministeriale, “sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.”28

Al riguardo, la Regione ricorrente si doleva del mancato coinvolgimento delle Autonomie territoriali nell’adozione dell’atto amministrativo di riparto, essendo stato previsto il ricorso al mero parere e non all’intesa in Conferenza.

Nel corso del giudizio, tuttavia, la disposizione censurata veniva abrogata e il riparto in questione affidato direttamente ad un decreto legge29. Lo ius superveniens conduce il giudice delle leggi ad una pronuncia in rito, di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, non avendo la disposizione censurata mai avuto applicazione.

Al di là dei profili processuali, ciò che merita sottolineare in questa sede è il passaggio argomentativo della pronuncia relativo all’ambito applicativo della leale collaborazione.

Si comprende infatti che, mentre le censure avanzate avverso la disposizione originariamente vigente avrebbero potuto trovare accoglimento, l’aver il legislatore “elevato la fonte” dal rango sub legislativo a quello legislativo impedisce l’accoglimento di ogni doglianza sotto il profilo della leale collaborazione. Tale principio, infatti, ribadisce la Corte, può trovare applicazione, solo a

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Si veda il punto 6.2.4 della sentenza Corte cost. n. 261 del 2017, riportato alla nota precedente.

26 La sentenza Corte cost. n. 261 del 2017, infatti, ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, nella parte in cui stabilisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico deve essere adottato «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», anziché previa intesa con detta Conferenza.

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(Bartole S. , Intrecci di competenze, legislazione statale e ruolo della Conferenza Stato-Regioni, 2017, p. 2804).

28 Sentenza Corte cost. n. 44 del 2018.

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197 determinate condizioni, nel procedimento di formazione della fonte delegata e non, come nella fattispecie scrutinata, alla decretazione d’urgenza.30

Analogamente a quanto avvenuto con il precedente in materia di riordino delle Camere di commercio, il principio di leale collaborazione (declinato nel senso dell’imposizione dell’intesa in Conferenza per l’emanazione del decreto legislativo) viene espressamente dedotto come motivo di ricorso in un’altra recente pronuncia in materia ambientale.31

In particolare, si trattava dell’impugnazione di un decreto legislativo32 contenente un’ampia riforma della disciplina delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) contenuta nel Codice dell’Ambiente, in merito al quale le Regioni contestavano l’illegittima centralizzazione delle competenze, tanto normative quanto amministrative, in capo allo Stato.

Alcune doglianze si riferivano al contrasto dell’intero decreto legislativo col principio di leale collaborazione, in quanto l’iter di formazione avrebbe dovuto prevedere l’intesa con le Regioni. In particolare, secondo le prospettazioni delle ricorrenti, il principio della previa intesa deriverebbe direttamente dalla Costituzione e dovrebbe, pertanto, trovare applicazione anche in assenza di espresse previsioni della legge delega.

La Corte ha dichiarato la questione inammissibile, sulla base di rilievi di ordine procedurale del tutto analoghi a quelli già evidenziati nel richiamato precedente relativo alle riforma delle Camere di Commercio, ovvero per mancata tempestiva impugnazione della legge di delega.33 Anche in questo caso, infatti, le doglianze in merito alla violazione del principio collaborativo avrebbero dovute essere indirizzate nei confronti della legge di delega, e non del decreto legislativo attuativo.

30 Si ritiene utile riportare il passaggio della sentenza Sentenza Corte cost. n. 44 del 2018 cui si fa riferimento, al punto 6 Considerato in diritto:

“Una volta elevata la fonte del riparto – non più l’atto amministrativo, qual era il previsto decreto ministeriale, bensì le citate disposizioni di normazione primaria – le censure che in ipotesi la Regione ricorrente avrebbe potuto muovere ‒ ma con autonoma e distinta impugnativa – necessariamente avrebbero avuto un contenuto ed un’articolazione argomentativa ben diversi, essendo ferma la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il principio collaborativo e segnatamente la previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata non operano nel caso del procedimento legislativo di produzione della normativa primaria, non essendo l’esercizio della funzione legislativa soggetto a procedure di leale collaborazione (…). Solo nel caso di legge di delega, che prefigura un successivo procedimento legislativo di formazione della fonte delegata, è possibile ipotizzare, come questa Corte ha già affermato (…), che, a particolari condizioni, debba innestarsi nel corso dell’emanazione del decreto legislativo un momento di leale collaborazione tra Stato e Regioni (…).“.

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Sentenza Corte cost. n. 198 del 2018.

In particolare era stata dedotta dalla ricorrente la violazione dell’art. 76 Cost., sotto il profilo del mancato rispetto dei principi e criteri stabiliti nella legge di delega e del principio di leale collaborazione. Con riferimento a questa seconda censura, il principio di leale collaborazione non sarebbe stato rispettato nel procedimento di adozione del decreto legislativo, poiché, secondo la Regione ricorrente, iI Governo non si sarebbe adeguato ai rilievi né avrebbe cercato un’intesa, benché vi fosse tenuto in forza dell’intreccio di materie di competenza dello Stato e delle Province autonome: ciò, in conformità alla più recente giurisprudenza della Corte costituzionale, che in simile situazione subordina alle intese l’esercizio da parte del Governo della funzione legislativa delegata, diversamente dalla funzione legislativa esercitata dal Parlamento (è citata la sentenza n. 251 del 2016).

32 Si tratta del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 (Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli artt. 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114), adottato sulla base della delega legislativa conferita dagli artt. 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea - Legge di delegazione europea 2014).

33 sentenza Corte cost. n. 198 del 2018 Punto 3.4 del Considerato in diritto che si riporta: “3.4.3.– L’eccezione di inammissibilità è fondata.

Questa Corte ha già affermato che, alla luce dei principi desumibili dalla sentenza n. 251 del 2016, la norma di delega può essere impugnata «allo scopo di censurare le modalità di attuazione della leale collaborazione dalla stessa prevista ed al fine di ottenere che il decreto delegato sia emanato previa intesa» (sentenza n. 261 del 2017). Dall’immediata impugnabilità della norma di delega, per violazione del principio di leale collaborazione, deriva, per un verso, che «la lesione costituisce effetto diretto ed immediato di un vizio della stessa, non del decreto delegato» e, per un altro, che l’eventuale vizio del decreto delegato è, dunque, meramente riflesso, con la conseguenza che la censura di violazione del principio di leale collaborazione «denuncia in realtà un vizio che concerne direttamente ed immediatamente la norma di delega» (sentenza n. 261 del 2017). La mancata impugnazione della legge delega non può essere impropriamente surrogata, per le ragioni anzidette, dalle questioni di legittimità proposte negli odierni giudizi, le quali, pertanto, vanno dichiarate inammissibili. Tali ultime argomentazioni valgono altresì a escludere che questa Corte possa prendere in considerazione l’istanza di autorimessione sulla legge delega, proposta dalla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e dalla Regione Puglia (sentenza n. 261 del 2017).”.

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