• Non ci sono risultati.

5 FORME, SEDI E MODALITA’ DELLA LEALE COLLABORAZIONE

5.4 Le modalità della collaborazione leale

5.4.2 Intese

In prima approssimazione, potrebbe dirsi che ciò che caratterizza le intese è, in sostanza, l’incontro e la sovrapposizione di manifestazioni di volontà provenienti da soggetti diversi.

Secondo una risalente pronuncia della Corte, infatti, l’intesa “é una tipica forma di

coordinamento paritario, in quanto comporta che i soggetti partecipanti siano posti sullo stesso piano in relazione alla decisione da adottare, nel senso che quest'ultima deve risultare come il prodotto di un accordo e, quindi, di una negoziazione diretta tra il soggetto cui la decisione è giuridicamente imputata e quello la cui volontà deve concorrere alla decisione stessa”.104

Nonostante la chiarezza della definizione teorica, è proprio nell’ambito delle intese che la trama che avvolge le attività concertative si fa più intricata e fitta.

Da un lato, infatti, nell’ambito delle intese, occorre tenere presente la distinzione – di creazione giurisprudenziale - tra intese “forti” e “deboli”. Dall’altro, occorre prendere atto che il legislatore ha utilizzato i termini “intese” e “accordi” – concettualmente distinti – in maniera ambigua, aumentando la possibilità di confusione tra i due istituti.

Iniziando da questo ultimo aspetto, va osservato che, nell’impianto del d.lgs. 281/1997, gli accordi, diversamente dalle intese, non costituiscono passaggi procedimentali necessari previsti da disposizioni normative, ma sono strumenti cooperativi il cui uso è rimesso alla libera determinazione delle parti.105

Si comprende, in tal modo, perché il legislatore abbia sentito la necessità di disciplinare solo per le intese, e non per gli accordi, le conseguenze del mancato incontro di volontà. Solo l’intesa,

102

(Ruggiu I. , Il sistema delle conferenze ed il ruolo istituzionale delle Regioni nelle decisioni statali, 2011, p. 536).

103

(Carpino R. , 2006, p. 22).

104 Corte cost. sent. 337 del 1989 punto 3.3 Considerato in diritto.

105

(D'Atena, Il sistema delle Conferenze, 2010, p. 423). Quanto affermato emerge con chiarezza dal raffronto del dato letterale: l’art. 3 del d.lgs. 281/1997, relativo alle intese, prevede che: “Le disposizioni del presente articolo si applicano a tutti i casi in cui la legislazione vigente prevede un’intesa nella Conferenza Stato – Regioni”; l’art. 4 del medesimo d.lgs. prevede invece che “Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell’azione amministrativa, possono concludere in sede di Conferenza Stato – Regioni accordi, al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.”.

145 infatti, si inserisce quale fase del procedimento, e necessita di un meccanismo di superamento della eventuale fase di stallo. Per contro, il mancato raggiungimento dell’accordo – in quanto strumento nella disponibilità delle parti anche con riguardo all’an della sua adozione - non produce effetti giuridici.106

Questa limpida distinzione terminologica non viene rispettata in maniera rigorosa nella legislazione successiva.

In dottrina, del resto, da tempo si discorre di “polverizzazione” dell’istituto delle intese, apparendo arduo il tentativo di ricostruzione unitaria.107

E infatti, in disparte le intese previste dall’art. 8 della legge La Loggia, che saranno oggetto di trattazione successiva, meritano un cenno le intese previste dalla legge n. 42/2009 recante delega in materia di federalismo fiscale.

Nella legge da ultimo citata, il legislatore fa uso della figura dell’intesa a volte secondo il paradigma di cui all’art. 3 del d.lgs. 281/1997108 e, altre volte, discostandosi da tale modello, prevedendo intese non inserite in sequenze procedimentali predefinite, non sottoposte alla disciplina della sostituzione statale109 o aventi carattere carattere facoltativo110. In questi casi, come è stato puntualmente osservato, si tratta di atti o assolutamente indistinguibili dagli accordi di cui al d.lgs. n. 281/1997 o comunque di atti che, con tali accordi, presentano molti punti di contatto.111

Poste queste premesse, occorre a questo punto esaminare più nel dettaglio le intese disciplinate dal d.lgs. 281/1997.

Al riguardo, va innanzitutto posto adeguatamente in rilievo che l’intesa in esame, pur caratterizzandosi per la natura di atto endoprocedimentale al pari del parere (art. 3, comma 1, d.lgs. cit.), da quest’ultimo va tenuto distinto perché presenta una carica collaborativa più intensa, espressione di un coordinamento tra enti nell’assunzione della decisione congiunta.

Va da subito rilevato, tuttavia, che nell’assetto del d.lgs. 281/1997, il mancato raggiungimento dell’intesa non preclude l’adozione dell’atto. A norma dell’art. 3, comma 3, del d. lgs. citato, infatti, qualora l’intesa non sia raggiunta nel termine di trenta giorni (decorrenti dalla seduta con cui l’atto è stato posto all’ordine del giorno), il Consiglio dei Ministri può ugualmente adottare l’atto, con deliberazione motivata.

Si tratta, in sostanza, di una tipologia di intesa che è stata qualificata “debole”, perché l’eventuale impasse è superabile in forza di una decisione unilaterale del Governo, decisione “rinforzata” per la previsione di uno specifico onere di motivazione.

106 (D'Atena, Il sistema delle Conferenze, 2010, p. 423).

107

In questi termini (Agosta S. , 2008, p. 96).

108

Art. 2, comma 3, legge n. 42/2009.

109 L’art. art. 16,comma 1,lett. e), legge n. 42/2009 prevede che, per l’emanazione dei decreti legislativi di attuazione della riforma del cd. federalismo fiscale,la definizione delle modalita' e i criteri di utilizzazione delle risorse stanziate dallo Stato sia oggetto di intesa in sede di Conferenza unificata e disciplinata con i provvedimenti annuali che determinano la manovra finanziaria. L'entita' delle risorse e' determinata dai medesimi provvedimenti; l’art. 19 comma 1 lett. c) legge n. 42/2009 prevede inoltre il ricorso alla concertazione in sede di Conferenza unificata, per l’emanazione dei decreti legislativi relativi all’attribuzione del patrimonio a Comuni, Province, Citta' metropolitane e Regioni, ai fini dell'attribuzione dei beni. In nessuno dei casi citati è prevista la sostituzione dello Stato.

110 Art. 13, comma, 1 lett. g), legge n. 42/2009, che, con riferimento ai decreti legislativi relativi all'entità' e al riparto dei fondi perequativi per gli enti, prevede che la definizione delle modalità per cui le Regioni possono, avendo come riferimento il complesso delle risorse assegnate dallo Stato a titolo di fondo perequativo ai comuni, alle province e alle città metropolitane inclusi nel territorio regionale, procedere a proprie valutazioni della spesa corrente standardizzata e delle entrate standardizzate, nonché a stime autonome dei fabbisogni di infrastrutture, avvenga sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza unificata, e previa intesa con gli enti locali, (corsivo nostro).

111 (D'Atena, Il sistema delle Conferenze, 2010, p. 424), il quale sottolinea come la legge n. 42 del 2009 porti avanti un “processo di erosione” tra le due figure dell’intesa e dell’accordo.

146 Tale tipologia di intesa deve essere tenuta distinta dall’intesa in senso cd. “forte”: con tal espressione si intende, infatti, fare riferimento alle intese non superabili unilateralmente, in quanto si sostanziano in un incontro di volontà che danno luogo ad una vera e propria “paritaria codeterminazione del contenuto dell’atto”.

Benché la distinzione tra intese “deboli” e “forti” sia ormai un dato acquisito, è importante sottolineare che essa non trova alcun appiglio normativo, perché costituisce una creazione della giurisprudenza costituzionale ben anteriore alla riforma del Titolo V.112

La distinzione in parola è stata poi ripresa e sviluppata successivamente alla novella costituzionale.

E’, infatti, con una nota pronuncia del 2004 che la Corte ha dato nuova linfa alle intese “forti”. Pronunciandosi in materia di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di energia elettrica di potenza113, la Corte ha distinto, da una parte, l’intesa “debole”, che deve essere raggiunta tra le Amministrazioni statali e locali in Conferenza per determinare dell’elenco degli impianti oggetto di autorizzazione, rispetto all’intesa “forte”, da concludersi tra il Ministero e la Regione interessata, nell’ambito del procedimento unico per l’ottenimento dell’autorizzazione ministeriale per il singolo impianto. 114 La sentenza citata, dunque, differenzia molto chiaramente i due livelli di partecipazione collaborativa: uno “debole”, che coinvolge tutte le Regioni nell’ambito del sistema delle Conferenze ed è superabile unilateralmente dal Governo, ed uno “forte”, con la singola Regione, in cui la mancata intesa costituisce “ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento”.

Con particolare riferimento all’intesa “forte”, la Consulta ha ulteriormente specificato che, trattandosi di adottare atti “a struttura necessariamente bilaterale”, si richiede un impegno attivo

112

Per le intese in senso debole si vedano, in via esemplificativa, le sentenze Corte cost. nn. 21, 351, 482 del 1991, 6 e 355 del 1993, 116 del 1994. In particolare, una definizione di intesa “forte”, cioè nel senso che il mancato raggiungimento di essa sia di ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento, si ritrova nella citata sent. Corte cost. n. 21 del 1991, nella quale tuttavia si precisa che, nel caso di specie, l’intesa deve considerarsi di tipo “debole.”

Nella sentenza n. 351 del 1991, invece, la Corte ha accolto il ricorso per conflitto di attribuzioni di una Regione che lamentava la mancata acquisizione dell’intesa affermando, in particolare, che: “lo strumento dell'intesa - che costituisce una delle possibili forme di attuazione del

principio di leale cooperazione tra lo Stato e le Regioni - si sostanzia in una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto sottoposto ad intesa, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo. È pur vero che tale forma di partecipazione, proprio in quanto ispirata a esigenze di leale cooperazione, non deve condurre a situazioni paralizzanti né tradursi in una lesione del principio di buon andamento dell'amministrazione, quale quella che si verrebbe a determinare ove il procedimento non dovesse concludersi entro termini ragionevoli. Ma questo giusto rilievo - se rende certamente auspicabile la previsione da parte del legislatore, nelle ipotesi di intesa, di termini certi per la conclusione del procedimento, nonché di meccanismi sostitutivi destinati a superare eventuali atteggiamenti ostruzionistici - non può, d'altro canto, giustificare, in assenza di tali termini e di tali meccanismi, un declassamento dell'attività di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attività consultiva non vincolante.”. (sent. Corte cost. n. 351

del 1991 punto 4 Considerato in diritto).

Sulla difficoltà di differenziare pareri e intese “deboli” (d'Atena, Sulle pretse differenze tra intese "deboli" e pareri, nei raporti tra Stato e Regioni, 1991), a commento della citata sent. n. 482 del 1991.

113

Si tratta del procedimento unico per il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici.

114

Sentenza Corte cost. n. 6 del 2004, punto 7 Considerato in diritto: “Da quest’ultimo punto di vista devono considerarsi adeguati i due distinti

livelli di partecipazione delle Regioni disciplinati nel d.l. n. 7 del 2002, quale convertito dalla legge n. 55 del 2002: per il primo comma dell’art. 1, quale opportunamente modificato in sede di conversione, la determinazione dell’elenco degli impianti di energia elettrica che sono oggetto di questi speciali procedimenti viene effettuata “previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano”; per il secondo comma dell’art. 1, l’autorizzazione ministeriale per il singolo impianto “è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, d’intesa con la Regione interessata”. Appare evidente che quest’ultima va considerata come un’intesa “forte”, nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento – come, del resto, ha riconosciuto anche l’Avvocatura dello Stato - a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc. I due distinti livelli di partecipazione – dell’insieme delle Regioni nel primo caso e della Regione direttamente interessata nel secondo – realizzano quindi, ove correttamente intesi ed applicati dalle diverse parti interessate, sufficienti modalità collaborative e di garanzia degli interessi delle istituzioni regionali i cui poteri sono stati parzialmente ridotti dall’attribuzione allo Stato dell’esercizio unitario delle funzioni disciplinate negli atti impugnati. Né mancano, ovviamente, strumenti di tutela contro eventuali prassi applicative che non risultassero in concreto rispettose della doverosa leale collaborazione fra Stato e Regioni.”.

147 dello Stato, che deve sostanziarsi nello svolgimento di reiterate trattative al fine di superare le divergenze con gli altri soggetti istituzionali: ne deriva che, per questa tipologia di intese, l’assolvimento dell’onere motivazionale unito al mero decorso del tempo non legittima – di per sé -l’adozione unilaterale del provvedimento da parte del Governo.115

D’altro canto, il principio di leale collaborazione non ammette nemmeno una condotta meramente passiva della Regione. E infatti, secondo la giurisprudenza, ferma restando la libertà dello Stato e della Regione di esprimere senza alcun vincolo i propri punti di vista e le proprie determinazioni favorevoli o contrarie a certe scelte, l’assenza di ogni forma di collaborazione da parte della Regione si risolve in una inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale, con indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell’azione amministrativa.116

Proseguendo nell’analisi dei congegni collaborativi, va ulteriormente evidenziato come la distinzione tra intese deboli e forti risponda alla imprescindibile esigenza di conciliare l’esercizio effettivo ed efficiente dei poteri pubblici con la salvaguardia della posizione di tutti i soggetti portatori di interessi costituzionali. 117

Al riguardo, è stato efficacemente osservato come nessuno dei due meccanismi elaborati dalla giurisprudenza può condurre alla perfetta “quadratura del cerchio”: non l’intesa “debole”, la quale, per evitare la paralisi decisionale, sacrifica il tasso di codecisione; non l’intesa “forte”, la quale, imponendo sempre una effettiva codecisione, presenta l’opposto rischio di paralisi decisionale.118

Passando dal piano delle enunciazioni teoriche a quello pratico, non va sottaciuto che l’individuazione in concreto della natura giuridica dell’intesa (e dunque delle conseguenze del suo mancato raggiungimento) è un’operazione per nulla semplice, in mancanza di sicuri appigli testuali per l’interprete.

Secondo alcuni, l’individuazione della valenza dell’intesa (se debole o forte) appare rimessa alla sede in cui essa dovrebbe conseguirsi: in altre parole, secondo questa impostazione, l’intesa

115

sentenze Corte cost. n. 165 e n. 33 del 2011. Si veda, inoltre, Corte cost n. 239 del 2013 :“Ciò posto, si deve osservare che, con giurisprudenza

ormai costante, questa Corte ha affermato che «nei casi in cui sia prescritta una intesa “in senso forte” tra Stato e Regioni – ad esempio, per l’esercizio unitario statale, in applicazione del principio di sussidiarietà, di funzioni attribuite alla competenza regionale – il mancato raggiungimento dell’accordo non legittima, di per sé, l’assunzione unilaterale di un provvedimento. Si tratta, infatti, di “atti a struttura necessariamente bilaterale”, non sostituibili da una determinazione del solo Stato (…). Non è sufficiente, in ogni caso, il formale riferimento alla necessaria osservanza del principio di leale collaborazione. Devono essere previste procedure di reiterazione delle trattative, con l’impiego di specifici strumenti di mediazione (ad esempio, la designazione di commissioni paritetiche o di soggetti “terzi”), ai quali possono aggiungersi ulteriori garanzie della bilateralità, come, ad esempio, la partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del provvedimento statale (..).L’assunzione unilaterale dell’atto non può, pertanto, essere prevista come “mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa”, con sacrificio della sfera di competenza costituzionalmente attribuita alla Regione e violazione, per l’effetto, del principio di leale collaborazione (..)». Come si vede, la giurisprudenza ora citata si basa su un chiaro principio, desumibile dal richiamo alle intese come «atti a struttura necessariamente bilaterale»; dalla previsione di idonee procedure di reiterazione delle trattative, volte a superare le divergenze, con l’impiego di specifici strumenti di mediazione (…); dalla partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del provvedimento statale. Il principio si traduce nell’onere per le parti di sostenere un dialogo, e quindi di tenere un comportamento collaborativo, che consenta di pervenire in termini ragionevoli alla definizione del procedimento” (Corte cost. sent. n. 239 del 2013, punto 3 Considerato in diritto).

116 Corte cost. sent. n. 239 del 2013, punto 3 Considerato in diritto. Nel caso di specie, relativo all’impugnazione di disposizioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, la Corte ha rigettato il ricorso della regione Basilicata, che lamentava un sostanziale “declassamento” dei rapporti tra Stato e Regione, da un livello d’intesa “in senso forte” ad un’intesa in “senso debole”, ovvero ad un semplice “parere” della Regione, come tale inidoneo a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione in caso di attrazione in sussidiarietà; in particolare la Corte ha affermato che la norma censurata mira a superare forme di inerzia, che diano luogo ad ingiustificate stasi del procedimento l’adozione, da parte della Regione, di una condotta meramente passiva, che si traduca nell’assenza di ogni forma di collaborazione.

117

(Cecchetti, Le intese tra Stato e Regioni su atti necessari. Come preservare il valore della "codecisione paritaria" evitandone gli effetti perversi, 2004, p. 1047) l’A., che, la riguardo, parla del problema della «quadratura del cerchio»: sottolinea come le due richiamate esigenze non possono scindersi ma debbono essere perseguite entrambe e contestualmente, non potendo, la soddisfazione di una sola delle due, rappresentare un valido conseguimento dell’obiettivo.

118 Diffusamente: (Cecchetti, Le intese tra Stato e Regioni su atti necessari. Come preservare il valore della "codecisione paritaria" evitandone gli effetti perversi, 2004, p. 1044 e ss.) .

148 sarebbe debole se da assumere in Conferenza, nel confronto tra lo Stato e tutte le Regioni, sarebbe invece forte se la legge ne preveda il raggiungimento con una Regione singola e senza che, per la sua realizzazione, sia prevista una disciplina specifica. Pertanto, ove la legge faccia riferimento ad una mera “previa intesa con la Regione”, senza una specifica “procedimentalizzazione”, allora si tratterebbe di intesa forte, come tale insuperabile.119

Una siffatta lettura offre spunti interessanti perché collega la distinzione tra intese ad elementi oggettivi e predeterminati dal legislatore (la previsione di una sede e di un procedimento

ad hoc), e si contrappone alla diversa – e maggioritaria – opinione di quanti vedono rimesso, in

definitiva, alla Corte costituzionale il compito di stabilire, di volta in volta, quali siano gli interessi regionali concretamente coinvolti per poter decidere, di conseguenza, quale portata attribuire all'espressione "intesa". Il tutto con buona pace del principio di certezza del diritto e a discapito dell’innalzamento del grado di conflittualità tra le parti.120

L’intesa, dunque, lungi dal costituire una categoria concettuale autonoma, sembra essere piuttosto un istituto “amorfo”121, che, se inteso in senso “debole” assume le sembianze di un atto consultivo, assimilabile al parere, mentre se inteso in senso “forte” assume la coloritura di atto di codecisione che non ammette succedanei.

Del resto, già da tempo la dottrina più attenta ha messo in luce la difficoltà di discernere tra il parere e l’ intesa “debole”, considerando che, se uno dei soggetti chiamati nel procedimento decisionale dispone del potere di agire unilateralmente in caso di mancata adozione dell’intesa, l’intervento dell’altro soggetto finisce inevitabilmete per assumere i caratteri della mera consultazione.122

A complicare il quadro, va inoltre segnalato che dall’esame dei lavori delle Conferenze emerge anche la figura dell’intesa “condizionata”.

In particolare, si registra l’uso di questa terminologia nell’ambito dei lavori della Conferenza delle Regioni, per indicare la preventiva presa di posizione di questo organismo di coordinamento orizzontale tra le Regioni, in vista del successivo confronto con lo Stato in Conferenza Stato – Regioni o Unificata.

La Conferenza delle Regioni, in tali casi, esprime un’ “intesa condizionata” all’accoglimento, da parte dello Stato, di emendamenti puntuali al testo. Se gli emendamenti sono accolti, la Conferenza Stato – Regioni o Unificata esprime l’intesa.123

119

(Carpino R. , 2006, p. 61).

120

(Agosta S. , Dall'intesa in senso debole alla leale cooperazione in senso forte: spunti per una riflessione alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale tra (molte) conferme e (qualche) novità, 2004, p. 4). In particolare, l’A. citato osserva come la Corte si riservi volta per volta la facoltà di accertare l’effettivo significato da attribuire all’intesa nella circostanza concreta e come tale modus operandi rechi con sé (almeno) due rischi immediati: anzitutto favorisce un eccesso di arbitrio della Corte nell’ipotesi concretamente assoggettata al suo sindacato; in secondo luogo alimenta il sospetto che la Consulta sembra aver adottato due pesi e due misure, impiegando una nozione, per così dire, soft di intesa (nel senso di “parere”) quando a lamentare l’invasione di competenza è la Regione ed una, invece, hard (nel senso, invece, di vero e proprio “accordo”) quando a contestare l’intervento è, viceversa, lo Stato.