5 FORME, SEDI E MODALITA’ DELLA LEALE COLLABORAZIONE
5.4 Le modalità della collaborazione leale
5.4.1 I pareri
Proseguendo l’indagine sulle modalità attuative del principio collaborativo, subito dopo il dovere informativo si colloca, al secondo gradino di un’ipotetica scala gerarchica, la figura del parere.
Con l’espressione del parere, infatti, un ente manifesta la sua adesione (se positivo) o il suo dissenso (se negativo) rispetto ad un atto, per così dire, “preconfezionato” da altri.85
Diversamente, il concerto si sostanzia in una vera e propria attività collaborativa svolta congiuntamente, che mira al raggiungimento di una posizione comune.
Nel distinguere le due tipologie di atti, la giurisprudenza costituzionale ha posto in luce come il concerto non coincida con un atto sostanzialmente di assenso o di veto, ma si sostanzi “in
un’attività di concertazione – svolta secondo un modulo procedimentale e nel pieno rispetto del
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Sent. Corte cost. n. 730 del 1988 “il principio di leale cooperazione trova la sua più elementare e generale espressione nell'imposizione del
dovere di mutua informazione, sicché le richieste e le attività inerenti alle reciproche informazioni per loro natura non sono invasive delle rispettive competenze dello Stato e della regione” (Punto 2 Considerato in diritto).
82 (Agosta S. , 2008, p. 82).
83 (Agosta S. , 2008, p. 87) .
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(Violini L. , Meno "supremazia" e più "collaborazione" nei rapporti tra i diversi livelli di governo? Un primo sguardo (non privo di interesse) alla galassia degli accordi e delle intese, 2003, p. 701).
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principio costituzionale di leale cooperazione – finalizzata alla formulazione di una proposta comune.” E’ stato precisato, inoltre, che il concerto “implica un vincolo di metodo e non di risultato”.86
E dunque, per il rispetto della leale cooperazione e, in particolare, della correttezza nei rapporti reciproci, l'attività di concertazione deve svolgersi secondo comportamenti coerenti e non contraddittori, non potendo le parti dar luogo ad atteggiamenti dilatori, pretestuosi, ambigui, incongrui o insufficientemente motivati, di modo che il confronto possa avvenire su basi di correttezza e di apertura alle altrui posizioni.87
Ciò premesso in ordine alla distinzione tra parere e concerto, l’attività consultiva delle Conferenze, secondo l’impostazione del d.lgs. 281/1997, si articola in pareri obbligatori e pareri facoltativi.
Per questi ultimi, spetta al Presidente del Consiglio richiedere la consultazione della Conferenza Stato-Regioni o della Conferenza Unificata, sugli oggetti di interesse rispettivamente regionale e locale, ogniqualvolta lo ritenga opportuno.88
Per la prima categoria, invece, deve intendersi cha la consultazione debba essere obbligatoriamente “richiesta”.89
In particolare, costituiscono oggetto di consultazione obbligatoria gli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo “nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e Bolzano”.90
Al riguardo, pare importante sottolineare che l’impostazione del d.lgs. 281/1997 risente del diverso quadro ordinamentale nel quale il provvedimento era stato emanato: anteriormente alla novella costituzionale, infatti, si trattava di consultare enti che, all’epoca, disponevano solamente – con la sola eccezione delle Regioni a statuto speciale – di una competenza concorrente delimitata dai principi fondamentali dello Stato. Lo Stato, pressoché unico titolare della competenza legislativa esclusiva, poteva adottare leggi in grado di incidere sulle competenze regionali e, a tal fine, ne acquisiva preventivamente il parere. In tale contesto, aveva un senso sia l’utilizzo di uno strumento di natura consultiva come il parere, sia la spettanza della decisione finale al Consiglio dei Ministri, cui è rimessa la facoltà di recepire o meno i pareri delle Regioni.91
Tale previsione, di carattere generale, va ora adeguata alle accresciute competenze legislative delle Regioni, nonché, secondo alcuni, alle competenze di carattere “trasversale” dello Stato.92
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Sent. Corte cost. 379 del 1992 punto 7 Considerato in diritto.
87 Sent. Corte cost. 379 del 1992 punto 7 Considerato in diritto.
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Art. 2 comma 4, e art. 9 comma 3, d.lgs. 281/1997.
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Va notato, tuttavia, che la previsione dell’attività consultiva è formulata in maniera diversa per i due organi.
Per la Conferenza Stato- Regioni l’art. 2 comma 3 dispone: “La Conferenza Stato - regioni e' obbligatoriamente sentita (corsivo nostro) in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti giorni; decorso tale termine, i provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di approvazione delle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.”.
Per la Conferenza Unificata l’art. 9 comma 2 lett. a) d.lgs. 281 /1997 prevede che “la Conferenza unificata e' comunque competente (corsivo nostro) in tutti i casi in cui regioni, province, comuni e comunità montane ovvero la Conferenza Stato - regioni e la Conferenza Stato - città ed autonomie locali debbano esprimersi su un medesimo oggetto. In particolare la Conferenza unificata: a) esprime parere: 1) sul disegno di legge finanziaria e sui disegni di legge collegati; 2) sul documento di programmazione economica e finanziaria; 3) sugli schemi di decreto legislativo adottati in base all'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59.”
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Art. 2, comma 3, d.lgs. 281/1997.
91 (Carpino R. , 2006, p. 15).
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142 Secondo altri, il richiamo alle «materie di competenza regionale» si sarebbe dovuto invece reinterpretare in senso più favorevole alle Regioni, limitando il coinvolgimento alle nuove materie previste nell’art. 117, terzo comma, Cost., con esclusione non solo di quelle previste nell’art. 117 secondo comma, Cost., ma anche di quelle residuali. Almeno a livello teorico, infatti, sulle materie residuali avrebbero dovuto legiferare soltanto le Regioni e, di conseguenza, il coinvolgimento delle Conferenze non avrebbe dovuto aver luogo.93
Tornando alla disciplina dei pareri nel d.lgs. 281/97, va ricordato che, per quelli obbligatori, il legislatore ha previsto dei meccanismi di superamento dell’inerzia: da un canto, decorso inutilmente il termine di venti giorni per l’espressione del parere, il Governo ha il potere di prescinderne, ancorché – testualmente - solo per emanare provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie;94 d’altro canto, in caso d’urgenza, il Governo può provvedere indipendentemente dal parere, ma la Conferenza deve essere consultata successivamente ed il Governo deve tener conto dei suoi pareri.95
Sull’incisività ed efficacia dell’attività consultiva delle Conferenze hanno inciso sia il modo concreto di atteggiarsi del Governo nelle richieste di parere, sia la giurisprudenza della Corte.
Sotto un primo profilo, è stato evidenziato come il Governo, in linea generale, non si esima dal sottoporre i propri atti alle Conferenze e come queste ultime puntualmente rispondano.
Il problema, piuttosto, si presenta “a valle”, dal momento che il Governo, una volta acquisito il parere, può comunque apportare modifiche al testo e, se il parere è negativo oppure condizionato, può di fatto ignorarlo. Nessuna norma, del resto, stabilisce la sua vincolatività, se non in ordine all’obbligo di assunzione.96
Sotto il secondo profilo, va evidenziato come, nel respingere le censure di legittimità costituzionale per mancata acquisizione del parere delle Conferenze, la Consulta ha dato una interpretazione riduttiva delle prerogative regionali, circoscrivendo l’obbligatorietà alla rituale e tempestiva richiesta di parere.97
Anche nelle pronunce in cui la Corte si è soffermata a declinare l’atteggiarsi della leale collaborazione per l’espressione di un parere, esigendo che le parti della relazione si conformino, nei rispettivi comportamenti, a tale principio (l’organo richiedente mettendo il soggetto consultato nelle condizioni di esprimersi a ragion veduta, trasmettendo l’atto e concedendo un ragionevole lasso di tempo per la formulazione del parere; il soggetto consultato provvedendo diligentemente ad analizzare l’atto e ad esprimere la propria valutazione nel rispetto del termine fissato), la
93 E’ l’opinione di (Ruggiu I. , Il sistema delle conferenze ed il ruolo istituzionale delle Regioni nelle decisioni statali, 2011, p. 533), la quale sottolinea, tuttavia, come lo Stato abbia continuato a legiferare anche in materie residuali e come gli ordini del giorno delle conferenze trattano di vastissime materie e non si limitano alla legislazione statale di tipo concorrente (Le conferenze, ad esempio, esprimono sia su materie esclusive statali come l’immigrazione, sia su materie residuali regionali, come il turismo).
94 Art. 2, comma 3, d.lgs. 281/97. Secondo (D'Atena, Il sistema delle Conferenze, 2010, p. 422), la possibilità per lo Stato di prescindere dal parere non incontra limiti.
95 Art. 2, comma 5, d.lgs. 281/97.
96 (Ruggiu I. , Il sistema delle conferenze ed il ruolo istituzionale delle Regioni nelle decisioni statali, 2011, p. 536). Secondo (D'Atena, Il sistema delle Conferenze, 2010, p. 422), vi è sempre la possibilità per lo Stato di prescindere dal parere.
97 Sentenza Corte cost. 384 del 2005 punto 26 Considerato in diritto “in linea di principio il mancato parere della Conferenza non determina
143 mancata acquisizione del parere, peraltro richiesto in un termine brevissimo, non ha comportato l’accoglimento, in concreto, della censura di violazione del principio medesimo .98
Il parere, quindi, nasce e viene considerato dalla giurisprudenza come uno strumento piuttosto debole in mano alle Autonomie territoriali.
Ciò dipende anche dal fatto che, per l’espressione del medesimo, non è previsto un voto99 e dunque che, qualora le opinioni delle Autonomie non siano convergenti, la posizione del Governo si trovi inevitabilmente rafforzata.100
I pareri, di norma, possono essere positivi o negativi. Dopo la riforma del Titolo V è emersa, inoltre, la figura del cd. “parere ancipite” (parzialmente positivo e parzialmente negativo), nonché quella del parere condizionato.
Con particolare riferimento alla seconda tipologia,va precisato che si tratta di un parere condizionato all’accoglimento di emendamenti: l’avveramento della condizione, però, dipende dalle valutazioni collegiali del Governo in sede di riesame del provvedimento, ovvero da decisioni assunte “all’esterno” della Conferenza e che dipendono, in sostanza, esclusivamente dalle determinazioni di volontà di una delle parti. L’espressione di un parere condizionato, espone, quindi, il sistema delle Autonomie alla soggezione ad una condizione che, per dirla con i civilisti, appare “meramente potestativa”. Da questo angolo visuale, non può negarsi che nemmeno il parere condizionato appare lo strumento più adeguato affinché sia dato seguito alle richieste dei territori.
Queste nuove tipologie di pareri (condizionato o parzialmente positivo e parzialmente negativo) hanno prestato il fianco, in dottrina, a due diverse e contrapposte letture.
Da un lato, la necessità di dare nuove forme all’attività consultiva può apparire come un segno di debolezza del sistema delle Conferenze, che non riescono a comporre in sede tecnica la trattativa e si vedono costrette ad emettere comunque il parere, di fatto rimettendo nelle mani del Governo l’approvazione delle proprie condizioni.101
Dal lato opposto, queste nuove tipologie di pareri possono essere viste come un mezzo ispirato alla reciproca fiducia: il comportamento delle Regioni appare come un’assunzione di responsabilità, poiché, nel dare l’assenso, esse scongiurano un nuovo inserimento all’ordine del
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Sent. Corte cost. n. 33 del 2011, relativa ad un termine per l’espressione del parere di soli cinque giorni. In particolare, al punto 5.6 del Considerato in diritto si legge che la Conferenza unificata è stata convocata per il 27 gennaio 2010, alle ore 17.00, con atto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 22 gennaio 2010, dopo che lo schema di decreto legislativo era stato licenziato il 22 dicembre 2009. (Tuttavia la censura relativa alla mancata acquisizione del parere prescritto dalla legge delega è rigettata sia perché le istanze regionali sono state rappresentate al Governo in modo irrituale nella Conferenza delle Regioni e non nella Conferenza unificata, sia perché le Regioni non hanno specificamente lamentato la incongruità del lasso temporale concesso per esprimersi sullo schema del decreto legislativo. Anzi, la circostanza che sia stato espresso, sia pure in modo irrituale, un parere è il sintomo, secondo la Corte, di una pregressa opera di documentazione e di studio. Si tratta della sentenza in materia di localizzazione degli impianti ad energia nucleare sulla quale ci si intratterrà anche infra.
Nella sentenza Corte cost. n. 255 del 2009, relativo al parere sullo schema di decreto legislativo recante Codice dell’Ambiente, “si dà atto che il
termine concesso alla Conferenza per l'esame della bozza del decreto legislativo, pari a sedici giorni, è stato certamente breve, ma non al punto da essere incongruo, né da rendere impossibile alla Conferenza di dare il proprio contributo consultivo nel procedimento di formazione del decreto stesso. In assenza di un preciso termine legale (minimo o massimo) ed una volta stabilito che quello in concreto concesso alla Conferenza unificata sia stato non incongruo, deve, d'altra parte, escludersi che tale Conferenza possa rifiutarsi di rendere il parere e con ciò procrastinare il termine, giacché si verrebbe a configurare un potere sospensivo o addirittura di veto in capo alla Conferenza, non conciliabile con la attribuzione costituzionale al Governo del potere legislativo delegato.” (Corte cost. n. 255 del 2009, punto 6.1. Considerato in diritto). 99 Argomento a contrario rispetto alle previsioni di cui all’art. 2 comma 2 D.lgs. 281/1997 che richiede l’assenso della maggioranza solo per l’approvazione di specifici atti, nonché l’art. 9 comma 4 del medesimo d.lgs. con riferimento alla Conferenza unificata, laddove, se l’assenso non è espresso all’unanimità, deve essere raggiunta la maggioranza dei rappresentanti di ciascuno dei due gruppi.
100 (Carpino R. , 2012, p. 538).
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144 giorno, evitando di appesantire l’iter del provvedimento; dal versante opposto, il Governo si assume l’impegno a rispettare le condizioni dettate dalle Regioni.102
Occorre infine dare atto che, negli anni più recenti, la prassi ha superato quanto disposto dalla legge e il parere si è trasformato, in alcuni casi, da strumento meramente consultivo a mezzo per condizionare la scrittura di un testo normativo.
Si tratta di casi in cui l’attività concertativa ha assunto nuove morfologie, riuscendo a piegare uno strumento “vecchio” come il parere, pensato per una diversa articolazione di rapporti tra le Istituzioni, alle nuove necessità collaborative emerse dal novellato impianto costituzionale.
Nella prassi più recente, pare potersi affermare che il parere non è più la manifestazione di un’attività solo consultiva delle Regioni, in quanto fa parte di un ampio processo di concertazione che porta spesso ad ampie modifiche dello schema originario proposto dal Governo.103