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Parte I – Storia dell’insegnamento di religione cattolica in Italia: dall’Unità a oggi

10. Gli anni successivi al Concordato

Un’ulteriore falla nell’unione forzosa tra cattolicesimo e fascismo si avverte ascoltando le parole pronunciate nel maggio del 1929 dal Duce, nient’affatto incline a condividere “le redini d’Italia” con l’autorità religiosa o a sopportare sovranità concorrenti alla propria: «nello Stato, la Chiesa non è sovrana e non è nemmeno libera»129, solo al primo spetta il controllo del Regno, alla religione cattolica viene accordata una certa priorità, ma essa non è assoluta, data la «libera ammissione degli altri culti». In aggiunta, Mussolini non solo rivendica di aver categoricamente respinto l’estensione dell’insegnamento cattolico anche al mondo universitario, caldeggiata dalla Santa Sede; ma consiglia anche una trattazione scolastica della religione che presenti un taglio morale e storico, piuttosto che catechistico, e non risulti boriosa ai ragazzi. Per di più, nel discorrere di questi temi, si riferisce all’IR come disciplina facoltativa, in patente contraddizione con quanto appena convalidato nei Patti. Il Duce reclama a gran voce il carattere profondamente etico dello Stato, che «è Cattolico, ma è Fascista, anzi soprattutto, esclusivamente, essenzialmente Fascista»; agli antipodi dello «Stato agnostico demoliberale, una specie di materasso sul quale tutti passavano a vicenda». Una possibile risposta pontificia è rintracciabile nell’Enciclica Divini illius Magistri, pubblicata il 31 dicembre del 1929130. Qui il Papa afferma di condividere il pensiero di Leone XIII: «Dio

Cfr. http://www.governo.it/Presidenza/USRI/ufficio_studi/normativa/L.%201159_24.06.1929.pdf.

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Ibidem, art. 1.

128 Ibidem, art. 5.

129 Benito Mussolini, discorso alla Camera del 13 maggio 1929. Cfr. http://www.dittatori.it/discorso13maggio1929.html.

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Pio XI, Divini illius Magistri, 31 dicembre 1929.

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ha diviso fra due potestà il governo del genere umano»131, la civile e l’ecclesiastica, ciascuna proiettata verso un fine peculiare. Dal momento che esse esercitano la loro autorità sui medesimi sudditi, accade che talvolta si trovino a deliberare sulle stesse materie, per quanto da punti di vista differenti. Una delle sfere in cui si intersecano le competenze statali e religiose è proprio l’educazione giovanile, cosicché nella sua organizzazione Stato e Chiesa devono collaborare, tenendo presente che, «come non può darsi vera educazione che non sia tutta ordinata al fine ultimo, così […] non può darsi adeguata e perfetta educazione all'infuori dell’educazione cristiana». Pertanto anche la scuola pubblica deve costituire, «insieme con la famiglia e la Chiesa, un solo santuario», consacrato ai principi cattolici, stornando così il rischio di trasformarsi «in opera di distruzione». È partendo da questo assunto che Pio XI avvalora l’importanza di non confinare l’intervento della Chiesa all’interno di un singolo insegnamento, ma di permetterle di vigilare, con «provvidenza materna», su ogni altra disciplina in cui si corra il rischio di avvelenamento morale o dottrinale; rientra senz’altro negli interessi ecclesiastici che ai fanciulli siano somministrate, accanto all’educazione cattolica, le scienze, le lettere e la «sana filosofia». Coerentemente il Pontefice stigmatizza la scuola «neutra o laica», da cui sia escluso il tema religioso, e vieta ai giovani cattolici di frequentare persino le scuole «miste», ove, per la presenza di allievi aderenti a diverse fedi, si insegna il cattolicesimo separatamente, mentre le altre discipline sono impartite da docenti non cattolici e seguite in comune con studenti acattolici. Perché una scuola soddisfi pienamente il desiderio e le esigenze delle famiglie cristiane, è necessario che ogni suo aspetto (insegnanti, testi e programmi di qualsiasi materia) «olezzi di cristiana pietà»132 e che la religione diventi a tutti gli effetti «fondamento e coronamento di tutta l’istruzione».

Nonostante la divergenza di prospettive tra autorità politiche ed ecclesiastiche, l’alleanza tra i “due fari d’Italia” resistette e se ne continuarono a raccogliere i frutti: il 5 giugno del 1930, «è istituito negli istituti medi d'istruzione classica, scientifica e magistrale, nelle scuole e negli istituti di istruzione tecnica e nelle scuole e negli istituti d'istruzione artistica l'insegnamento religioso»133. La nomina degli insegnanti ricade sempre su sacerdoti e religiosi, solamente in caso di necessità su laici in possesso di

131 Leone XIII espresse questo pensiero sia nelle Encicliche Immortale Dei e Sapientiae christianae. Le sue

parole sono riportate da Pio XI nell’Enciclica Divini illius Magistri.

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Ibidem. Pio XI riporta nuovamente le parole di Leone XIII, Ep. Militantis Ecclesiae.

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abilitazione, ed è effettuata di comune accordo tra capi degli istituti e ordinari diocesani134. Il profitto dell’alunno e lo zelo con cui partecipa alle lezioni sono comunicati alle famiglie tramite una nota speciale inviata assieme alla pagella scolastica135. I programmi destinati alle scuole medie includevano tanto lo studio di Antico e Nuovo Testamento, della storia della Chiesa e del cristianesimo, quanto l’interiorizzazione dei principali dogmi e sacramenti e della liturgia cattolica.

L’IR ora pervade l’intero percorso educativo, dalle scuole materne all’ultimo anno di superiori; compare tra gli insegnamenti obbligatori, benché ne sia ammessa l’astensione su richiesta dei genitori. In ogni caso, nella scuola primaria, il tasso di esonero era molto ridotto: nel 1931 ammontava al 3,9 per mille136. Solo il mondo delle Università, statali o cattoliche che fossero, rimaneva privo di uno specifico insegnamento di religione, né rientrava nelle intenzioni papali approvare la nascita di una facoltà di teologia, dove ad insegnare le dottrine cristiane fossero anche docenti laici.

Al di là delle concessioni ufficiali, non cessavano i dissidi tra “educatori fascisti” ed “educatori cristiani”; atti di violenza verbale e fisica furono compiuti contro quei circoli cattolici che sembravano impegnarsi in ambito sociale. Il clima di intolleranza e censura portò il Papa, pur fortemente restio a una rottura degli accordi, verso un’aperta denuncia della prepotenza del partito fascista, reo di voler monopolizzare il settore educativo «sulla base di un’ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana» e di voler «strappare la gioventù […] alla Chiesa»137. Nonostante tutto, già dal luglio del 1931 tra i due “Magistri” iniziarono le trattative per un nuovo accordo, i cui articoli comparvero sulla rivista L’Osservatore Romano 138 sin dal settembre. Il provvedimento più rilevante fu l’introduzione, il 15 marzo del 1932, di un corso di catechismo supplementare per i Balilla e le Piccole Italiane di III, IV e V elementare; le lezioni dovevano durare all’incirca mezz’ora ed erano svolte ogni 15 giorni, nelle aule scolastiche, all’inizio o al termine dell’orario ordinario139

. La circolare voleva porre rimedio all’impossibilità per i cappellani di operare all’interno dell’Organizzazione Nazionale Balilla, e negli anni a venire fu riconfermata a più riprese, anche dopo la

134 Ibidem, art. 5. 135 Ibidem, art. 4. 136

Cfr. Emilio Butturini, La religione a scuola, p. 120.

137 Pio XI, Non abbiamo bisogno, 29 giungo 1931.

Cfr. http://w2.vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19310629_non-abbiamo- bisogno.html.

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È il periodico ufficiale dello Stato della Città del Vaticano.

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caduta del fascismo; si pensi al decreto voluto dal ministro Guido Gonella, il 12 aprile del 1947, che asseriva: «è consentito ai sacerdoti […] di tenere un corso di catechismo di 20 lezioni di mezz’ora ciascuna, nella III, IV e V elementare, […] durante l’orario scolastico»140. Seguirono la scia delle concessioni altri due decreti risalenti al 1933: l’uno inteso ad arginare il campo in cui spaziavano le lezioni di filosofia, rimuovendo dal programma lo studio dei Vangeli come precedentemente erano stati esclusi altri testi sacri, in manifesta opposizione alla prescrizione gentiliana di affrontare il «problema religioso e didattico della religione»141; l’altro, vòlto a evitare il più possibile la formazione di classi che mescolassero alunni cattolici e acattolici, in ossequio all’esortazione di Pio XI142

.

L'ultimo avvenimento connesso al tema in questione, prima della deflagrazione del conflitto mondiale, fu la pubblicazione della Carta della Scuola, il 15 febbraio del 1939, sotto il ministero di Giuseppe Bottai. Questi intendeva, senza offendere i diritti dei cattolici, portare a termine l'opera di fascistizzazione della scuola, creando un'istituzione aperta alle masse e interessata al mondo del lavoro. Il ministro si proponeva di smantellare la scuola liberal-borghese di discendenza gentiliana, fondata sul primato della filosofia e delle lettere, dando vita a una scuola genuinamente popolare, che non perdesse d'occhio anche le esigenze produttive del Paese. Così si prescrisse che esercizi di lavoro manovale fossero proposti a partire dal livello elementare; si attuò inoltre la parziale unificazione della scuola media143 e si cercò di liberalizzare l'accesso alle Università. In materia religiosa nulla fu innovato, anzi si confermò che fosse impartito un IR conforme alla tradizione cattolica, benché arricchito di uno spirito virile e fascista (controlla). L'anno successivo la posizione dell'insegnamento fu ulteriormente rafforzata quando, per la valutazione finale di ogni anno e per la licenza media, si ritenne indispensabile anche il giudizio del docente di religione144. Ed ancora, nel gennaio del 1941, l’IR fu inserito a tutti gli effetti tra le materie d'esame145. Su ogni cosa calò il sipario della guerra e la Carta

della scuola sarà revocata già nel luglio del 1943, mentre rimarrà in vigore l'unificazione

della scuola media. Alcuni dei ministri che più avevano segnato l'evoluzione

140 Cfr. Emilio Butturini, La religione a scuola, pp. 118-119.

141 R.D. n. 892, 29 giugno 1933, ministro della Pubblica Istruzione Francesco Ercole. Cfr. Emilio Butturini, La religione a scuola, p. 119.

142Ibidem; c.m. n. 7500, 27 settembre 1933, ministro della Pubblica Istruzione Francesco Ercole.

143 Furono accorpati il ginnasio, l’istituto tecnico e magistrale inferiori, mentre rimasero separati istituti

artigiani e professionali.

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D.R. n. 899, 1 luglio 1940, art. 18 e 19. Cfr. Emilio Butturini, La religione a scuola, p. 125.

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dell'istruzione italiana tra le due guerre furono presi di mira: Giuseppe Bottai venne dapprima condannato a morte dalla Repubblica di Salò, poi all'ergastolo dal nuovo Stato italiano; Giovanni Gentile fu assassinato da un drappello di militanti partigiani a Firenze il 15 aprile del 1944.