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Parte II – Insegnare religione a scuola: opportunità e rischi

4. Dall’ideale al reale: scuola media e scuola elementare

Il pensiero di Gentile sembra schierarsi nettamente a favore di una forma di laicità che

lui definììiva positiva. Questa, come abbiamo visto, non si limita a disintegrare le

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soluzioni “arbitrarie” e immaginifiche di ogni religione positiva, ma riempie il vuoto da esse lasciato con le proprie risposte: al dogma subentra la filosofia.

Ciononostante, secondo il nostro filosofo, nel passaggio dalla speculazione intorno al miglior modello di scuola possibile alla concretezza della realtà italiana, l’ideale deve cedere a forme di compromesso, prima di raggiungere la sua attuazione398. In altri termini, per Gentile non ha senso ipotizzare paradigmi perfetti e astratti che non mirino a diventare reali; piuttosto la loro incarnazione deve fare i conti con il mondo: vi sarà sempre una determinata temperie storica e un particolare orizzonte umano in cui l’idea prova a infiltrarsi - come quando gli architetti rinascimentali tracciavano, al chiuso del loro studiolo, il progetto di una città ideale, dalle proporzioni razionali e dalle forme simmetriche, ma, per poterla edificare, dovevano raffrontarsi con le strutture architettoniche preesistenti, con una gamma determinata di materiali disponibili, con un limite nella forza lavoro e nel capitale finanziario.

L’ideale della scuola laica, allora, non potrà imporsi alla realtà come dato immediato: un prodotto già confezionato che pretenda d’essere realizzato a qualsiasi livello di studi e in qualsiasi contesto storico-sociale. Dovrà, piuttosto, essere attuato attraverso un processo graduale, che culmini in quell’istituzione educativa perfettamente laica e filosofica dipinta da Gentile. È alla luce della sua fede nella processualità e nella storicità del vero, che si comprende perché, sempre nel convegno del 1907, egli abbia voluto affrontare la «spinosissima questione dell’insegnamento religioso nella scuola popolare», propugnando un suo reinserimento e procurandosi l’avversione dell’intera assemblea. Il ragionamento gentiliano poggia, quindi, sulla distinzione fondamentale tra Scuola media e Scuola elementare: la prima dovrà incarnare l’ideale dell’autentica scuola laica, scevra di qualsiasi orientamento confessionale e interamente abitata dalla filosofia; la seconda, al contrario, dovrà accogliere l’insegnamento di una particolare religione ed escludere da sé qualsiasi riflessione filosofica, inadeguata a un contesto educativo così precoce. Questa la posizione che Gentile espose sin dal 1907, tentò di concretizzare nel biennio del suo Ministero, e mantenne fino alla fine della sua vita. È una proposta che si fonda sulla convinzione che tra religione e filosofia vi sia affinità e non contraddizione; esse condividerebbero, infatti, l’oggetto di cui trattano e il fine che si propongono: trasmettere la fede. Al bambino, alle prime armi con la sua dimensione razionale, non si può parlare per concetti e astrazioni filosofiche, bisogna piuttosto utilizzare il linguaggio

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della favola e della poesia per instillare in lui il seme della verità, che un giorno sarà libero di germogliare. I racconti della religione sono, allora, una versione “a misura di fanciullo” delle grandi conquiste può giungere lo spirito, con l’ausilio della filosofia; rappresentano quell’«initium sapientiae»399

senza il quale l’essere umano non potrebbe mai avviarsi sulla strada della conoscenza autentica. L’educazione religiosa è dunque indispensabile per chiunque: il piccolo e il grande, lo stolto e il saggio; ed è una risorsa inestimabile per la Scuola nazionale, perché infonde, anche negli animi più crudi, quei principi morali e quei germi di verità di cui tutta l’umanità abbisogna per vivere in armonia. Solo gli spiriti più acuti e volenterosi un giorno sapranno innalzarsi alla sfera più elevata della speculazione filosofica, che, a parere di Gentile, non è luogo per tutti. Sarebbe ridicolo e nocivo voler propinare le complesse argomentazioni della filosofia alla massa e ai bambini, i cui spiriti, ancora acerbi, ne sarebbero nauseati e se ne allontanerebbero per difesa.

«Dove non entra e non può entrare la filosofia, deve entrare la religione con le sue soluzioni facili e arbitrarie; altrimenti ne scappa via ogni profonda convinzione morale e ogni verace senso d’umanità»400

.

Secondo Gentile, l’aver voluto sequestrare ogni precetto religioso dalla Scuola

elementare, assecondando i dettami del positivismo, ha condotto a un’istituzione scolastica in cui dilaga lo scetticismo ed è completamente assente la morale. I giovani allievi, iscritti alle scuole dello Stato, sono imbottiti di nozioni, per lo più di carattere pratico e scientifico, che avrebbero lo scopo di iniziarli alla vita sociale e professionale. Tuttavia, l’ostinazione con cui la scuola laica italiana continua a trascurare tematiche esistenziali e metafisiche, genera folle di ragazzini sbandati, privi di una formazione etica. Nessuno spiega loro cosa sia il Bene, nessuno sazia le loro domande intorno al senso della vita o placa le loro angosce sulla morte e sulla presenza del male nel mondo; sono abbandonati a una totale anarchia spirituale. È un’illusione credere che studenti così giovani non si pongano interrogativi profondi; al contrario, la loro è un’età molto delicata in cui la coscienza si affolla di dubbi e reclama risposte: quando non le trova, si lascia facilmente adescare da ideologie semplicistiche e, talvolta, manipolatrici.

Il filosofo idealista è invece convinto che compito supremo della Scuola elementare sia conferire ai propri alunni una salda preparazione morale: instillare in loro lo slancio

399

Ibi, p. 105.

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alla relazione fraterna e collaborativa con gli altri esseri umani, parlare loro di principi inviolabili che vanno rispettati a dispetto di ogni egoistico tornaconto, insegnare loro la bellezza del mondo e la sacralità della vita. Una concezione genuinamente morale la sanno trasmettere solamente la religione e la filosofia; va da sé che quest’ultima sarebbe una materia troppo ostica per allievi compresi tra i 5 e i 10 anni, che, al contrario, saranno affascinati dai racconti in forma “mitica” della religione.

Non si pensi che l’insegnamento religioso rappresenti, per Gentile, una menzogna necessaria per chi è ancora intellettualmente immaturo; al contrario, il concetto – ossia la verità razionale – si realizza anche passando per il mito – narrazione “fantastica” e “irrazionale”. La religione confessionale non è quindi l’opposto della filosofia, ma una fase ad essa preliminare e indispensabile: l’ “errore” è un momento ineliminabile della verità.

Anzi, aggiungerà Gentile, per coloro che mancano, e forse sempre mancheranno, di attitudine filosofica «il mito è tutta la verità». La religione è quindi descritta in queste righe come una sorta di philosophia inferior per la gente comune e i fanciulli. Tuttavia, a dispetto dell’interpretazione che di questa espressione avevano dato gli illuministi, non si tratta di un mezzo contenitivo per la massa ignorante: i precetti che essa impartisce non servono solamente a garantire la pace all’interno dello Stato, frustrando l’indole egocentrica e aggressiva dei più. Viceversa, la religione ha un valore peculiare irriducibile e arricchisce lo spirito di qualsiasi uomo, insegnandogli principi etici e conoscitivi fondamentali: l’unità di tutti gli esseri umani, l’esistenza di un assoluto che è legge superiore ai particolari egoismi, l’identità di essere e dover essere401

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È lo stesso Gentile, nel 1907, a dichiarare la sua proposta per la scuola elementare anacronistica. A causa della reciproca diffidenza che c’era tra Stato e Chiesa, infatti, e dell’impostazione ancora positivistica del sistema scolastico italiano, che sfornava maestri “neutrali”, i tempi non erano maturi affinché venisse reinserita la Religione nei programmi scolastici per l’infanzia. Il filosofo non sembra affatto ottimista circa la futura attuazione del suo progetto per la Scuola pubblica, spartita a metà tra religione e filosofia; progetto che «supporrebbe in Italia una profonda modificazione del sentimento pubblico, che non so quando possa avvenire, o se sia mai per avvenire. La recente discussione della

401

La vita per un credente, così come per l’autentico filosofo, dovrà essere profondamente morale, continuamente protesa al raggiungimento del bene.

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Camera pro e contro l’insegnamento religioso non lascia ora adito a liete speranze»402 . È un tono titubante completamente diverso da quello del Gentile riformatore che, a giochi fatti, si dirà orgoglioso di aver restituito un’anima alla scuola italiana403

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Già dal Convegno, tuttavia, il filosofo indica alcune proposte di graduale intervento. La prima, attuabile a breve termine, è selezionare docenti che riconoscano «il valore del fatto religioso e indirettamente lo promuovano»; e, se non è ancora possibile inserire un vero e proprio corso di Religione nelle scuole, ci si assicuri almeno che l’orientamento delle altre discipline non sia in contraddizione con l’insegnamento della famiglia e della Chiesa, bensì implicitamente lo favorisca. Altro provvedimento importante, che a lungo termine porterà i suoi frutti, sarà quello di rettificare la formazione degli insegnanti per gli istituti elementari, riformando la Scuola normale: qui è necessario introdurre lo studio della storia delle religioni, «la quale con la conoscenza dà la tolleranza e il rispetto». Si noti come Gentile, coerentemente al suo pensiero, suggerisca di inserire in una scuola secondaria, come la Scuola normale, una formazione in chiave storica sulle religioni in generale, e non un insegnamento confessionale relativo a una sola religione. Non è tutto, anche l’impostazione didattica delle facoltà universitarie letterarie e scientifiche andrà riformata, in modo da conferire una salda preparazione filosofica ai futuri insegnanti delle scuole medie.

Nondimeno, affinché la trasformazione della Scuola auspicata da Gentile possa trovare piena realizzazione, sarà necessario un cambiamento più radicale: la fine della reciproca avversione tra Stato e Chiesa e l’inizio di un rapporto di collaborazione. Il filosofo sottolinea esserci una distinzione fondamentale tra religione intesa come momento dello spirito e religione concepita come Chiesa. La prima è quel sentimento religioso che ciascun essere umano sente all’interno della propria anima, qualcosa di privato e intoccabile, superiore a qualsiasi istituzione statale; la seconda è invece la forma in cui la religione si manifesta nella sfera sociale. La Chiesa in qualità di ente pubblico dovrà sottomettersi all’autorità dello Stato; tra essi non dovrà esserci separazione, ma il secondo riconoscerà la libertà della prima, purché questa sia disposta a mettersi al servizio dei fini statali, tra i quali campeggia l’educazione dei cittadini.

Circa una quindicina d’anni dopo, il clima culturale e politico si era profondamente modificato, come si evince da una dichiarazione del filosofo, durante un’intervista che

402 Giovanni Gentile, Educazione e scuola laica, p. 128. 403

Giovanni Gentile, La riforma della scuola in Italia, discorso pronunciato in Senato il 5 febbraio 1925, p. 270.

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risale al gennaio del 1923. Alla domanda del giornalista, su come intendesse muoversi per reinserire l’IR nel novero delle materie scolastiche, Gentile risponde con semplicità: «basterà capovolgere le vigenti disposizioni legislative. Oggi si prescrive che, per ottenere nelle scuole primarie l’insegnamento religioso, basta che un certo numero di padri di famiglia si trovino d’accordo nel farne precisa richiesta. Ebbene, tale prescrizione dovrà essere rovesciata nel senso che l’insegnamento religioso sarà obbligatorio. Soltanto quei padri di famiglia che vorranno provvedere da sé all’educazione religiosa dei loro figliuoli, dovranno presentare una motivata domanda di esenzione» 404 . Quel rinnovamento intellettuale e sociale che a Gentile sembrava un miraggio solo poco tempo prima, era ormai divenuto realtà: con il fascismo alla guida del Paese, i rapporti tra Stato e Chiesa si erano rasserenati e la religione cattolica poteva tornare a essere materia di studio nelle scuole pubbliche.