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Parte II – Insegnare religione a scuola: opportunità e rischi

9. Chiesa e Religione nel pensiero di Gramsci

9.1 Chiesa e Religione negli anni giovanili

Negli anni della giovinezza il filosofo mostra un atteggiamento di radicale avversione nei riguardi dell’istituzione ecclesiastica: la presenza cattolica in Italia è un obsoleto retaggio del passato che ostacola il naturale evolversi della società moderna; andrà quindi sradicata da quei terreni in cui trova ancora parziale attecchimento, e, in ogni caso, vicino e inevitabile è il suo definitivo tramonto. La fede in un Dio-persona viene dunque presentata come uno stridente anacronismo che, in un mondo sempre più illuminato dalla “ragione”, andrà rapidamente dissolvendosi.

«È a questa religione, imbastardita ed incretinita, a questa fede incapace di sollevare l’animo al disopra d’ogni bassura, a questi riti diventati abitudini passive, superstizioni grottesche che si vorrebbe ancora l’umanità affidasse il suo avvenire. Per quanta barbarie ancora ingombri l’animo degli uomini, […] noi sentiamo che siamo ormai liberi dei ceppi del cristianesimo.

Morirono Api, e Zeus, e Jehova; è morto Cristo e non risuscita più!»439.

In questa fase la religione, in primis quella cattolica, rappresenta per Gramsci un disvalore assoluto: è colpevole di arroccare l’uomo dietro a uno visione della vita ormai sorpassata e di volerlo trattenere in uno stadio mentale “infantile” e ingannevole. Così facendo, essa ostacola l’incedere progressivo della storia e l’elevamento filosofico del sapere umano: all’interno di una concezione storicistica e progressista, com’è quella gramsciana, non c’è crimine più grave.

La dialettica tra sapere religioso e sapere filosofico, quindi, è un rapporto di reciproca esclusione; molto distante dalla visione idealista – crociana e gentialiana – che attribuiva alla confessione cattolica un nocciolo veritiero, seppur ammantato di vesti fantasiose: questo doveva essere il punto di partenza per la riflessione filosofica, che avrebbe immanentizzato e laicizzato il patrimonio etico e conoscitivo del cristianesimo. Nell’ottica gramsciana, al contrario, la religione – mistificazione della realtà – deve esser dialetticamente rimpiazzata, e non semplicemente sviluppata, dalla filosofia: il socialismo avrebbe dovuto portare a compimento la «sostituzione integrale del nuovo vivo al vecchio cadavere»440 .

Un’altra critica caustica che Gramsci muove all’ “ideologia cattolica” è quella di infiacchire lo spirito dei cittadini: la fede cieca in una divinità trascendente, che governi il destino del genere umano e del mondo, porta l’individuo a deresponsabilizzarsi rispetto

439 Antonio Gramsci, Sotto la mole, Dio affittacamere, 29 aprile 1916, Giulio Einaudi editore, Novara 1960,

p. 129.

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alle conseguenze del proprio operato. Se Dio tutto può e tutto decide, al credente non resta che rimettersi passivamente alla sua volontà: così egli assiste inerte alla tirannia dei prepotenti e allo sfruttamento delle masse indigenti. La morale conforme alla dottrina cattolica, dunque, non può che essere quella degli schiavi, educati alla rassegnata sopportazione durante questa vita terrena, per fruire di una gioia ultra-terrena nel regno dei cieli.

Degna dell’essenza umana, secondo il nostro filosofo, è invece una morale antropocentrica, che insegni a essere divoratori della vita e a considerare la nostra volontà l’unica artefice della storia. La gramsciana filosofia della prassi, dunque, rimette nelle mani dell’uomo la completa responsabilità sul suo presente e sul suo futuro: è un’etica che non rimane confinata nell’intimo della coscienza, ma sprona ad esercitare la forza verso l’esterno e a preparare «le armi per il dominio del mondo». Gramsci si presenta come il fautore di un umanesimo assoluto, che conferisce libertà incondizionata alla volontà umana, sganciandola da qualsiasi fonte etero-noma del dovere.

«Noi non aspettiamo nulla da altri che da noi stessi, la nostra coscienza di uomini liberi ci impone un dovere, e la nostra forza organizzata lo attua. Solo ciò che è opera, conquista nostra, ha valore per noi, diventa parte di noi, non ciò che viene elargito da un potere superiore, sia esso lo Stato borghese, o sia la Madonna della Consolata»441.

Ad aggravare la qualificazione della Religione come dottrina inattuale, errata e soggiogante, si aggiunge l’immorale comportamento delle autorità cattoliche. La classe degli ecclesiastici, infatti – a giudizio del nostro autore –, non era animata da un genuino senso di carità, né da autentiche convinzioni spirituali; bensì era formata da preti che “sghignazzano dietro gli altari”. Questi, avidi e assetati di potere, architettano ingegnosi stratagemmi per procacciarsi ricchezze: Gramsci menziona, ad esempio, la truffaldina scomparsa da una Chiesa pistoiese delle ossa di Santa Settembrina, “miracolosamente” riapparse a Torino442. In Sotto la mole il filosofo, inoltre, eguaglierà l’attività dei sacerdoti a quella di stregoni che, sfruttando il senso di smarrimento che la guerra ha portato con sé, abbindolano «l’anima incolta e grossa del credente volgare» con la promessa di una vita soprannaturale. Gramsci ammette che la religione sia un bisogno che sorge spontaneamente nello spirito umano, quando si trova dinnanzi un mondo privo di rassicuranti confini e spesso scenario di eventi drammatici. Non ne sarà travolto

441

Antonio Gramsci, Sotto la mole, La Consolata e i cattolici, 21 giugno 1916, p. 179.

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solamente chi saprà sostituire, a credenze magiche e religiose, la consapevolezza che sono esclusivamente le forze umane a determinare il corso della storia, e saprà opporre allo sfacelo del presente una concezione morale laica e razionale.

In un articolo intitolato La storia l’autore afferma che in ogni uomo, per quanto amante della vita e fiducioso nella potenza umana, insorgono - prima o poi - degli interrogativi intorno al senso profondo della sua esistenza. Schopenhauer li chiamava “bisogni metafisici”: rappresentano la tendenza istintiva a trovare una ragione ultima a fondamento del nostro essere e del nostro agire, e si annidano nell’inconscio del genere umano a causa di una millenaria tradizione «di terrore e di ignoranza». Nella smania di trovare delle risposte rincuoranti, l’uomo risale di causa in causa, sino ad approdare a un’entità assoluta e inconoscibile con cui riempie il vuoto che sente dentro sé. L’unico modo per sbarazzarsi di questi impulsi irrazionali è spiegarli, ricercarne l’origine storica e psicologica; e se qualcosa resta incomprensibile alla coscienza, ciò è dovuto «alla nostra [temporanea] incompletezza conoscitiva». Si giunge così a riconoscere che la Storia è l’unica realtà autentica - nulla la trascende e nulla la determina -, e che il motore del suo svolgersi sono gli atti e il volere degli esseri umani: «la nostra religione ritorna ad essere la storia, la nostra fede ritorna ad essere l’uomo e la sua volontà e attività»443.

Dopo aver passato in rassegna le numerose accuse che il filosofo muove ai contenuti e alle istituzioni della religione, non è difficile immaginare come egli rifiuti – in questa prima fase – ogni forma di collaborazione tra cattolici e socialisti: tra essi infatti sussiste «l’antitesi insanabile delle idee»444

e i secondi hanno definitivamente «ghigliottinato l’idea di Dio»445

.

D’altra parte, il filosofo non nutre alcun dubbio che la mentalità “superstiziosa” e “misterica” del cattolicesimo vada via via auto-dissolvendosi e che presto esso “si suiciderà”: «ah, Gesù, se tu sei mai esistito rinnova il miracolo, sorgi ad adoperare lo scudiscio. Ma tu sei morto, e la pietra dell’avello tuo non si alza più!»446. L’ultima roccaforte rimasta ai cattolici è il «senso comune»: quell’accozzaglia di credenze sconnesse, mitologiche e puerili che costituiscono il sapere degli uomini umili e che sostanziano i riti e le tradizioni popolari447. «La massa amorfa» dei poveri di cultura

443

Antonio Gramsci, Sotto la mole, La storia, 29 agosto 1916, pp. 230-231.

444 Antonio Gramsci, Sotto la mole, La Consolata e i cattolici, 21 giugno 1916, p. 179. 445 Ibidem, p. 178.

446 Antonio Gramsci, Sotto la mole, Il sacro cuore di Gesù, 31 maggio 1916, p. 156. 447

Gramsci non fa mistero di provare ripugnanza per le ritualità della religione cristiana, come emerge da alcuni passi delle sue lettere dal carcere. A titolo d’esempio, si leggano la lettera a Tatiana del 24 luglio

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costituisce «il materiale umano per creare la storia», facile preda per qualsiasi ideologia: «materiale appunto e non coscienza, che nulla crea esso stesso se la scintilla dell’intelligenza non lo avviva e lo accende»448

.

Così, quando Gramsci si trovò dinnanzi a un fronte cattolico dinamico, che stava aggiornando i programmi e i metodi della sua presenza nel Paese, non comprese immediatamente la portata storica dell’evento. Tuttavia, egli fu tra i primi a notare che anche la Chiesa cattolica si stava democratizzando: il Papa prestava maggior ascolto alla volontà popolare e aveva concesso ai fedeli di impegnarsi nella sfera sociale e politica. Immediata conseguenza di ciò era stato l’immergersi dei cattolici nella vita pratica, con la fondazione di giornali, banche, cooperative, associazioni proletarie e così via. Questo processo di rinnovamento non scalfì la persuasione gramsciana nel declino dell’ “ideologia cattolica”; anzi, egli interpretò l’attivismo dei credenti come un segno dell’affermazione del calvinismo anche in Italia. La religione protestante– e in particolare calvinista – incoraggia infatti l’iniziativa individuale, anche in campo sociale, e la partecipazione democratica alla sfera religiosa, mettendo in discussione il principio di autorità. Così la Chiesa cattolica, che era riuscita a evitare qualsiasi contaminazione dottrinale con il dogma luterano, si ritrovava ora erosa interiormente: «l’autorità, la trascendenza diventano ferrivecchi; l’uomo è egli stesso posto come agente e volontà, e alla volontà si propone un fine tutto terreno, utilitario, proprio dell’economia umana e non della purificazione religiosa»449.

Un altro fattore che, secondo Gramsci, stava accelerando la dissoluzione di una mentalità arcaica e religiosa, era l’avvento del capitalismo: la plebe, divenendo proletariato, acquisiva una maggior consapevolezza delle proprie necessità e dei propri diritti, liberandosi da ideologie contenitive. Infine, la conclusione della Grande guerra con la vittoria dell’Intesa capeggiata dal presidente Wilson, segnava l’affermazione – su scala

1933 o la lettera alla madre del 6 febbraio 1928: «le tue due lettere mi hanno fatto un po’ andare in collera. Spero che non farai dire delle messe per il buon esito del mio processo!». Cfr. Antonio Gramsci, Lettere dal

carcere, p. 220 e p. 129. Secondo alcune testimonianze, che tuttavia ne contraddicono altre, negli ultimi

istanti di vita Gramsci si sarebbe “convertito” chiedendo che venissero fatte preghiere per lui. La risoluzione della questione non è argomento del presente lavoro, che sulla Religione e sulla Chiesa si limita a considerare la posizione dichiarata esplicitamente dall’autore in ogni scritto che ci ha lasciato.

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Antonio Gramsci, Sotto la mole, Stregoneria, 4 marzo 1916, pp. 60-61.

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mondiale – dei principi della democrazia americana, e anche questo sembrava un passo deciso verso la completa laicizzazione anche della nazione italiana450.

Anche quando, nel dicembre 1918, il filosofo sa che un partito cattolico si sta costituendo, non lo ritiene affatto una minaccia per l’avvento del socialismo, ma il preludio all’implosione dello Stato liberale. Il movimento cattolico infatti , entrando nell’arena della politica moderna, perde la sua aspirazione universale e difende gli interessi di un particolare ceto borghese; le diverse correnti liberali entreranno allora in una mortale concorrenza tra loro, proprio nel momento in cui il proletariato urbano e agricolo si sta unificando e organizzando per l’instaurazione del sistema sovietico.

«Il cattolicismo lavora inconsapevolmente per il socialismo, si suicida: dal cadavere in decomposizione sboccia la vita nuova, libera e indipendente da dogmi e da autorità esteriori»451.