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Parte I – Storia dell’insegnamento di religione cattolica in Italia: dall’Unità a oggi

11. Il dopo guerra: tra stravolgimenti e conservazione

Negli ultimi anni di guerra in Italia urgevano questioni più incalzanti che la discussione intorno all’insegnamento della Religione nelle scuole. La Chiesa cattolica, dal canto suo, offriva la propria assistenza e la propria protezione ai nemici del fascismo, a prescindere dal loro orientamento politico. In quel vortice di eventi nessuno, o quasi, si sarebbe sognato di contestare il rapporto vigente tra Stato e Chiesa; al contrario, la pace sociale e religiosa era diventato l’obiettivo e il vessillo di molti.

Nell’ambito dell’istruzione l’atteggiamento verso l’insegnamento cattolico non era omogeneo: Carlo Alberto Biggini, nei documenti da lui redatti in qualità di ministro dell’Educazione Nazionale della RSI, sembrava completamente tacere riguardo all’IR, probabilmente a causa della mancanza d’intesa tra il Pontefice e la giovanissima Repubblica di Salò; in quel che restava del Regno d’Italia, invece, esponenti del partito cattolico si erano prodigati per farsi assicurare dal ministro la tutela dell’ora di religione e della libera fondazione di scuole private146, auspicando che il Trattato e il Concordato con la Santa Sede sopravvivessero illesi al conflitto. Nel febbraio del ’45 fu pubblicata una circolare ministeriale nella quale si prescrivevano, in aggiunta alle canoniche lezioni di religione, 10 ore annue di catechismo cattolico, impartite nei locali scolastici da sacerdoti nominati dal vescovo147. Lo stesso giorno vennero emanati, con decreto ministeriale, i nuovi Programmi per le scuole elementari e materne148; erano stati redatti da una selezione di esperti italiani in collaborazione con la Commissione alleata, sotto il ministero Omodeo, De Ruggiero e Ruiz. L’intento primario era rendere la Scuola una delle protagoniste della «rinascita della vita nazionale»149, da cui derivasse una formazione che fosse sintesi di cultura e sapere pratico, finalizzato al mondo del lavoro.

146 I ministri della Pubblica Istruzione nel Regno d’Italia, che dovettero raffrontarsi con le richieste dei

cattolici in ambito scolastico furono: Leonardo Severi (25-7-1943, 11-2-1944) e Adolfo Omodeo (22-4- 1944, 8-6-1944).

147 C.m. n. 311, 9 febbraio 1945. Cfr. Nicola Pagano, Religione e libertà nella scuola, p. 53.

148 D.M. 9 febbraio 1945. Cfr. Enzo Catarsi, Storia dei programmi dalla scuola elementare (1860-1985),

pp. 372-395.

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Così si abbandonava l’esclusivo primato conferito all’educazione umanistica, per abbracciare una gamma più ampia di materie: ricompariva l’insegnamento morale, civile

e fisico, che affiancava la religione nella crescita etica della persona, e, per la prima volta,

il lavoro diventava oggetto di studio. Si stigmatizzava la logora divisione tra istituti urbani e rurali, raccomandando che in tutta la scuola regnasse «un vivo sentimento di fraternità umana» capace di superare «l’angusto limite dei nazionalismi» 150 . Soffermandosi sull’IR: i contenuti del programma variavano poco o nulla rispetto alle indicazioni gentiliane; tuttavia mancava, e non poteva passare inosservato, la controversa formula che individuava nella religione il presupposto e il fine dell’intero sistema educativo. Gli atti della vita di Gesù dovevano diventare modello per la vita sociale e civile dell’alunno e, data l’unitarietà pedagogica delle materie scolastiche, una qualunque lezione poteva diventare spunto per un argomento di carattere religioso151. Un ulteriore riferimento si trova nelle Avvertenze relative all’Educazione morale, civile e fisica, che si concludevano dicendo: «l’educazione del carattere trovi il suo coronamento e il significato più alto nell’applicazione dei principi e dei precedenti religiosi, i quali costituiscono il contenuto essenziale e universale della coscienza umana»152. L’IR era salvo, come chiedeva la maggior parte dei cittadini italiani e dei militanti cattolici, e tuttavia la sua presenza perdeva quel radicamento totalizzante che la riforma del ’23 gli aveva riconosciuto; ma un simile compromesso non sarebbe durato a lungo.

Il 2 giugno del 1946 si svolse il referendum che vide trionfare, con 2 milioni di voti di vantaggio, l’assetto repubblicano sulla tanto discussa monarchia dei Savoia; ma quella fu anche la data per le elezioni dell’Assemblea costituente. La Democrazia Cristiana, il nuovo partito di punta che rappresentava esigenze e obiettivi dei moderati, primeggiò con il 35,2%, seguito dal 20,7% del Partito Socialista (PSIUP) e dal 18,9% del Partito comunista (PCI). Per quasi un anno i tre volti dell’Italia governarono in armonia, decisi a mantener vitale lo spirito di collaborazione che avevo contrassegnato il primo dopoguerra; l’equilibrio si ruppe nel maggio del 1947, quando alla guida del governo rimasero i soli democristiani, mentre le sinistre furono relegate all’opposizione. Ciononostante l’articolo 7 della Costituzione era già stato discusso e approvato, cosicché nessuno osò riaprire il dibattito. Durante i preparativi del testo costituzionale, infatti, che impegnarono l’Assemblea dal 24 giugno 1946 al 22 dicembre 1947, in marzo si era

150 Ibidem. 151

Ibidem, Religione, Avvertenze, pp. 373-374.

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sfiorata la rottura. La DC aveva posto all’ordine del giorno la necessità di difendere lo

status della Chiesa Cattolica in Italia e la presenza dell’IR nelle scuole, e, a tal scopo, i

cattolici avevano avallato l’inserimento dei Patti Lateranensi nel testo costituzionale. Contro la canonizzazione di un trattato redatto in epoca fascista, che accordava privilegi esclusivi alla Santa Sede e alla fede cattolica, si aizzò la protesta unanime delle sinistre. La proposta sembrava votata al fallimento quando, con una repentina sterzata, Togliatti annunciò il voto favorevole del PCI, al fine di: «consolidare la pace religiosa», di cui il Paese abbisognava per sanare i profondi problemi politici ed economici, e rispettare la coscienza dei cittadini italiani, senza aprire fratture in seno alla massa dei lavoratori153. Nella notte tra il 25 e il 26 marzo, con 350 sì e 149 no, fu ratificato quello che Benedetto Croce, nel suo intervento, aveva additato come «uno stridente errore logico e uno scandalo giuridico […] perché offende il senso giuridico che è sempre stato così alto in Italia e che solo il fascismo ha calpestato»154. Furono così allegati alla Costituzione della Repubblica italiana155 il Trattato e il Concordato con la Santa Sede, nonostante l’incongruenza tra alcuni articoli, emersa anche durante la discussione parlamentare. Ad esempio, il testo dell’articolo costituzionale n. 3 - «tutti i cittadini […] sono uguali davanti alla legge, senza distinzione […] di religione» -, stride se affiancato al punto 36 del Concordato, ove si assicura l’insegnamento cattolico lungo l’arco di tutta l’istruzione pre-universitaria, privilegio non concesso per legge a nessun altro culto; così come, considerare fondamento e coronamento dell’educazione la religione cattolica, può far pensare che i non avvalentesi conseguano una formazione in parte decurtata, agli occhi dello Stato italiano. Infine l’articolo 8 della Costituzione decreta che «tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge»: ugualmente libere, ma non uguali; com’è confermato nel prosieguo quando si menzionano in separata sede le confessioni religiose non-cattoliche: con esse lo Stato stabilirà intese, non concordati. D’altronde, negli intenti dei deputati favorevoli, non v’è quello di creare uno Stato laico o neutrale, quanto piuttosto un’istituzione che riconosca «l’intrinseca orientazione religiosa del singolo e della collettività e ad essa orienti la sua struttura giuridica e sociale», come

153

Intervento all’Assemblea costituente di P. Togliatti, 25 marzo 1947.

Cfr.http://www.palmirotogliatti.it/content/argomenti/scritti/intervento_di_togliatti_allassemblea_costituente _il_25_marzo_1947.

154 Cfr. Nicola Pagano, Religione e libertà nella scuola, p. 59. 155

27 dicembre 1947, Costituzione della Repubblica italiana.

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sostenne l’onorevole Giorgio La Pira durante il dibattito156. Infatti, se nel documento del 1947 si tace circa l’adesione da parte della Repubblica a un peculiare credo religioso, l’articolo 1 del Trattato, accolto senza riserve, non lascia dubbi: lo Stato sposa la religione cattolica, apostolica e romana.

L’esclusione delle sinistre dal governo, nel maggio 1947, segnò la fine della fase di intesa, e talvolta forzata solidarietà, tra i partiti: in particolare, andò acuendosi la critica rivolta al mondo clericale, reo di voler sempre più monopolizzare le sorti della politica e la sfera dell’istruzione. Nel 1950 il leader socialista Pietro Nenni si spinse sino alla richiesta formale di modificare alcuni articoli del Concordato tra cui il numero 36, concernente la garanzia dell’IR nelle scuole elementari e medie157

. La proposta tuttavia cadde inascoltata, senza riscuotere nemmeno l’appoggio del PCI. Il 28 giugno dell’anno successivo veniva approvata dal Consiglio dei ministri la riforma della scuola elaborata dal ministro Guido Gonella158, sulla base di un’inchiesta condotta per due anni sul territorio nazionale. Il disegno di legge, pur passato alla Camera in luglio, non venne mai discusso e rimase lettera morta; interessante è l’affermazione, all’interno della Relazione, che l’obbligo dell’insegnamento scolastico della religione cattolica fosse legittimato da un dato di fatto: come avevano mostrato le recenti indagini, la quasi totalità degli Italiani non ne chiedeva l’esonero per i propri figli. Si proseguiva asserendo che l’IR non fosse da considerare una materia scolastica al pari delle altre, bensì rappresentasse «quale fonte, la più alta ed autorevole, per l’intera concezione dell’opera educativa, nei suoi principi e nei suoi fini supremi; principi e fini che concordano con le premesse etiche e sociali della Costituzione»159.

Qualche anno più tardi, nel giugno del 1955, vennero invece ratificati i Programmi

didattici per la scuola primaria, creatura del ministro Giuseppe Ermini durante la

seconda Legislazione Repubblicana. Oltre all’arcinota esortazione a considerare l’insegnamento della dottrina cattolica «fondamento e coronamento di tutta l’opera educativa», nei Programmi per la prima e seconda classe si incoraggiava ad iniziare ogni giornata scolastica «con la preghiera che è elevazione dell’anima a Dio, seguita

156 Ibidem, p. 61.

157 Cfr. Emilio Butturini, La religione a scuola, p. 149. 158

Ibidem. Disegno di legge n. 2100.

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dall’esecuzione di un breve canto religioso o dall’ascolto di un semplice brano di musica sacra»160.