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Parte I – Storia dell’insegnamento di religione cattolica in Italia: dall’Unità a oggi

27. La Gelmini e gli anni della crisi

Dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011 il centro-destra tornò al potere, con la conseguente comparsa di un nuovo Ministro della Pubblica Istruzione: Mariastella Gelmini. Anche in Italia gli effetti della crisi economica diventavano sempre più manifesti, condizionando pesantemente le mosse del Governo. La Scuola non ne uscì immune: vennero infatti operati consistenti tagli finanziari alla spesa pubblica destinata

341

Ibi, Allegato n. 1, Strumento base per la prima attuazione relativa all'insegnamento della religione

cattolica nelle scuole dell'infanzia e nelle scuole del primo ciclo di istruzione. Bozza di Obiettivi di apprendimento e di Traguardi per lo sviluppo delle competenze per l’IRC.

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all’istruzione, con l’inevitabile impoverimento dell’offerta formativa. La cosiddetta

riforma Gelmini, che comprende i provvedimenti approvati dal Ministro nell’arco di un

triennio, fu quindi fortemente influenzata da necessità di tipo pratico-finanziario, piuttosto che dalla volontà di migliorare l’assetto scolastico. Una delle novità più discusse, stabilita il primo settembre 2008 in nome di una razionalizzazione degli investimenti nel settore scolastico, fu la reintroduzione di un maestro unico nella scuola primaria: un insegnante solo per ciascuna classe avrebbe dovuto curare l’insegnamento di tutte le materie dalla prima alla quinta elementare. Se il docente non avesse posseduto l’abilitazione alla religione o quella per l’insegnamento della lingua inglese, questi ultimi sarebbe stati affidati a docenti assunti appositamente. Data la frequenza con cui si verificava la situazione appena descritta, si sarebbe parlato preferibilmente di maestro prevalente e non unico. Questi, per coprire le ore rimanenti del suo orario obbligatorio, si sarebbe potuto occupare delle attività alternative all’IRC per gli studenti che non se ne fossero avvalsi342

. Il provvedimento non toccava la legittimità dell’insegnamento di religione nelle scuole elementari; ma avrebbe potuto svantaggiare l’assunzione degli Idr, anche se spesso ciò venne evitato, e allo stesso tempo rese disponibile maggior personale per lo svolgimento delle materie alternative.

D’altro canto la presenza della religione cattolica nelle scuole italiane rimaneva una certezza, come confermò la riorganizzazione dell’assetto scolastico per le materne e il I ciclo, voluta dalla Gelmini. Nel d.p.r. del 20 marzo del 2009 si ribadisce l’inclusione dell’IRC all’interno dell’orario obbligatorio, anche se, nella Scuola secondaria di I grado, esso continuava a rappresentare l’insegnamento curricolare con meno ore settimanali343: ne risultavano 33 ore di lezione all’anno, contro le 66 di materie come musica, scienze

motorie e sportive, arte e immagine, seconda lingua comunitaria, tecnologia344.

Quasi tutto restava invariato per l’IRC anche sul piano della valutazione: nonostante il voto in decimali fosse stato esteso anche alla Scuola elementare, gli insegnanti di religione dovevano continuare a formulare i loro giudizi in forma verbale e riportarli in

342 D.l. 1 settembre 2008, n. 137, Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università; convertito nella

legge n. 169 il 30 ottobre 2008. Cfr. http://www.parlamento.it/parlam/leggi/08169l.htm.

343 Un’ora alla settimana, al pari solo di una materia nominata: Attività di approfondimento in materie letterarie.

344 D.p.r. 20 marzo 2009, n. 89, Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Cfr. http://1.flcgil.stgy.it/files/pdf/20090320/decreto-presidente-della-repubblica-89-del-20-marzo-2009- revisione-assetto-scuola-dell-infanzia-e-del-primo-ciclo-4398441.pdf.

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una scheda speciale, esterna alla pagella. Nel nuovo regolamento comparve, però, qualcosa di diverso: «il personale docente esterno e gli esperti di cui si avvale la scuola, […] ivi compresi i docenti incaricati delle attività alternative all'insegnamento della religione cattolica, forniscono preventivamente ai docenti della classe elementi conoscitivi sull'interesse manifestato e il profitto raggiunto da ciascun alunno». La precisazione sembrava indicare una novità: gli insegnanti responsabili della materia alternativa non avrebbero espresso la propria valutazione in consiglio di classe, come invece spettava agli Idr, ma avrebbero comunicato ai colleghi, in via preliminare, il proprio pensiero sull’alunno. È facile supporre che la stessa scheda di valutazione avrebbe previsto uno spazio destinato ad accogliere la votazione di religione, ma non uno per quella dell’attività sostitutiva. La stessa distinzione era riproposta negli ultimi tre anni delle scuole superiori, dove all’assegnazione del credito scolastico, per gli alunni avvalentisi, avrebbero partecipato anche i docenti di religione cattolica, mentre non si faceva alcuna menzione degli incaricati per la materia alternativa345. Era una chiara differenziazione e, come sarebbe stato facile prevedere, il p.d.r. innescò accese reazioni di protesta.

In realtà, il 17 luglio 2009 trovarono accoglimento presso il Tar del Lazio due ricorsi, di analogo contenuto, formulati uno nel 2007 e l’altro nel 2008. A infuocare il fronte non cattolico era, ancora una volta, la delicata questione del credito, sulla quale associazioni atee e numerose istituzioni religiose non si davano per vinte. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Pubblica Istruzione e la Cei erano chiamate in causa perché corresponsabili dell’ordinanza ministeriale del 15 marzo 2007, in cui si mettevano a punto le linee guida per lo svolgimento dell’esame di stato: era stato concesso che sia gli insegnanti di religione che quelli di attività sostitutive potessero prendere parte all’assegnazione dei crediti scolastici. Lo studio individuale e le attività extrascolastiche, purché risultanti in arricchimento culturale compatibile con le finalità della scuola, avrebbero anch’esse avuto diritto a un riconoscimento.

I ricorrenti rivendicavano l’annullamento di quanto appena enunciato, isolando in particolare tre cause di grave discriminazione tra gli studenti:

345 D.p.r. 22 giugno 2009, n.122, Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalita' applicative in materia, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto- legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169. In

particolare gli articoli: 2.4, 4.1, 4.3, 6.3. Cfr. http://2.flcgil.stgy.it/files/pdf/20090622/decreto-presidente- della-repubblica-122-del-22-giugno-2009-regolamento-valutazione-4435541.pdf.

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- non tutti rientravano nella casistica elencata, c’era chi aveva scelto di assentarsi da scuola e non praticava discipline alternative traducibili in valore scolastico; - i criteri indicati per attribuire i crediti alle attività di studio individuale e a quelle

extrascolastiche erano troppo vaghi, lasciando di fatto la valutazione all’arbitrio del singolo istituto;

- il provvedimento era fatto valere retroattivamente anche per i maturandi degli anni scolastici 2006/2007 e 2007/2008, i quali non potevano essere al corrente di quali conseguenze avrebbe portato non aderire all’IRC dalla terza superiore in poi. Ne risultava, secondo l’accusa, una lesione del diritto universale alla libertà religiosa: in una realtà scolastica e professionale tanto competitiva, infatti, sarebbero potute subentrare ragioni opportunistiche a determinare l’adesione o la non adesione all’insegnamento di religione cattolica, considerando che i crediti scolastici coprivano il 25% del voto di uscita dalla scuola secondaria e che questo era tenuto in conto sia nel mondo del lavoro, che per l’ammissione ad alcune facoltà universitarie e per l’assegnazione delle borse di studio. Una scelta tanto importante come quella sulla religione, invece, doveva essere dettata da un’intima convinzione e non da vantaggi estrinsechi.

Secondo la difesa, al contrario, se agli insegnanti di religione non fosse stato permesso di partecipare alle valutazioni in modo egualitario, si sarebbe compiuta discriminazione a loro carico: ciò avrebbe contraddetto la legge346 che li dichiarava titolari degli stessi diritti e doveri di tutti i loro colleghi. Inoltre, si affermava fosse legittimo che chi avesse partecipato per minor tempo al «dialogo educativo», lasciando l’edificio scolastico, avesse un’opportunità inferiore d’essere giudicato. Il Tar del Lazio diede ragione ai primi, stabilendo che l’IRC non fosse una disciplina rilevante ai fini dell’attribuzione del credito scolastico. Infatti, come già affermato dalla Corte Costituzionale347, Religione non è una materia tra le altre, ma «un insegnamento di pregnante rilievo morale ed etico che, come tale, abbraccia […] l’intimo profondo della persona che vi aderisce». Facendola diventare oggetto di una valutazione utile per il profitto scolastico, si scivolerebbe in un rischio nocivo per gli stessi avvalentisi: quello di assegnare una misura alla fede di ciascuno, scoraggiandolo dall’esprimere eventuali dubbi o perplessità. In conclusione, in una società autenticamente democratica e aperta al pluralismo, non si può conferire una

346 L’ultimo importante punto di riferimento legislativo in cui i diritti e i doveri di docente di religione e

quelli degli altri docenti sono parificati è il Testo Unico del 1994.

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posizione privilegiata a una confessione religiosa sulle altre. I cittadini, soprattutto stranieri, che spesso sono vittima di discriminazione razziale, culturale ed economica, non devono essere svantaggiati anche su una questione tanto fondamentale per la persona: il proprio credo religioso. Si aggiunga la constatazione ancora più grave che spesso, per mancanza di fondi, le attività alternative non sono offerte dagli istituti scolastici o si riducono al «semplice parcheggio degli alunni in qualche aula»348. Con un meccanismo in quest’ambito ormai consolidato, il Consiglio di Stato rovesciò la sentenza del Tribunale regionale, accogliendo l’appello da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’istruzione e, in via incidentale, da parte della Cei. L’ordinanza ministeriale del 2007 non si riteneva lesiva della libertà religiosa delle famiglie, poichè:

- l’adesione alla religione interpella la coscienza di ciascuno e non è credibile possa essere influenzata da ragionamenti utilitaristici;

- IRC e materia alternativa, una volta scelti, divengono insegnamenti obbligatori e non v’è ragione per cui non ricevano una valutazione al pari di qualsiasi altra disciplina e al pari della stessa condotta dell’allievo;

- la discriminazione non sussiste perché anche chi si assenta da scuola può conseguire il punteggio massimo di crediti, infatti essi sono stabiliti in base alla media numerica dei voti (requisito a cui l’IRC non partecipa) e all’impegno con cui si prende parte al dialogo educativo e alle attività integrative.

Non si ritiene quindi corretto che chi, esercitando un diritto costituzionale, sceglie di trascorrere meno tempo nelle aule scolastiche pretenda che chi, avvalendosi del medesimo diritto, esercita attività di valore formativo, non venga valutato rispetto a esse. In ogni caso, il parere dell’insegnante di religione ha un peso minimo nell’assegnazione dei crediti e il suo giudizio potrebbe essere sia positivo che negativo, non rappresentando per forza un vantaggio.

Il Consiglio di Stato, a margine, mette in luce una situazione creatasi nelle scuole italiane, che rischiava di compromettere il trattamento equo degli studenti e di pregiudicarne la «libertà religiosa»: la frequente mancata attivazione dei corsi alternativi.

348

Tar del Lazio, Sezione III quater, 17 luglio 2009, sentenza n. 7076. Cfr.http://www.edscuola.it/archivio/norme/varie/sentarlazio7076_09.pdf.

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Esortando a risolvere il problema, il Consiglio conferma decadimento del giudizio del Tar del 2009349.

Non fu quella l’ultima battuta di un dibattito che tanto agitava gli animi degli italiani. Il d.p.r. del 22 giugno 2009, infatti, riaccese immediatamente la polemica, che culminò, il 15 novembre del 2010, in una nuova sentenza del Tar del Lazio. Al nuovo regolamento per la valutazione degli studenti si rimproverava di aver totalmente eguagliato la condizione degli Idr a quella degli altri docenti, infatti si prevedeva che i primi partecipassero alle valutazioni periodiche e finali degli alunni come membri del corpo docente, prendessero parte alla determinazione del voto di condotta, senza che venisse più richiesto loro un giudizio motivo a verbale nelle decisioni da prendersi a maggioranza. Ulteriore motivo di critica era il fatto che essi contribuissero all’attribuzione dei crediti scolastici. Tutte queste concessioni comportavano, secondo i ricorrenti, un trattamento discriminante ai danni dei non avvalentisi.

Il Tribunale si pronunciò in modo differente dal passato: non si riscontrava nulla di illegittimo nell’operato degli insegnanti di religione, giacché la loro valutazione non era mai tradotta in un punteggio numerico, ma restava un voto a parole, non contravvenendo quindi a quanto prescritto dal Testo Unico del 1994. Per la questione del credito scolastico si ripetevano le stesse argomentazioni utilizzate dal Consiglio di Stato a sostegno della mancanza di effetti discriminatori: ciascun allievo poteva concretamente aspirare a ottenere il massimo dei crediti e non si vedevano ragioni per cui gli Idr, inscritti a pieno titolo nel novero degli insegnanti, non potessero esprimersi sull’interesse e sull’impegno dimostrato dai loro studenti.

Ciononostante, si optò per un accoglimento parziale del ricorso: vennero aboliti gli articoli 4 comma 1 e 6 comma 3, che diversificavano la condizione dei docenti di religione cattolica da quelli della materia alternativa. Quest’ultimi infatti, secondo il regolamento del 2009, non avrebbero preso parte di persona ai consigli di classe, né al momento della valutazione finale e periodica, né in occasione dell’assegnazione dei crediti scolastici; dovevano, al contrario, comunicare il proprio pensiero sugli allievi in via preliminare agli altri insegnanti. Negli articoli aboliti dalla sentenza, non si menzionava nemmeno il riconoscimento dello studio individuale praticato nei locali scolastici al posto dell’ora di religione, o quello di attività extrascolastiche culturalmente

349

Consiglio di Stato, Sezione VI, 7 maggio 2010, sentenza n. 2749.

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valide; ciò configurava un cambiamento, rispetto alle precedenti indicazioni, che non trovava nessuna giustificazione e discriminava pesantemente gli incaricati della materia alternativa, così come tutti coloro che non si fossero avvalsi dell’IRC350.