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L’applicazione dei principi comunitari di effettività e neutralità nell’esercizio del diritto di detrazione

Parte II L’esercizio del diritto di detrazione

17. L’applicazione dei principi comunitari di effettività e neutralità nell’esercizio del diritto di detrazione

Il principio di effettività rappresenta il parametro comunitario per valutare l'idoneità dei procedimenti interni alla efficace e corretta applicazione delle disposizioni comunitarie e si articola nei corollari della equivalenza e della effettività in senso stretto.309 In forza del principio di effettività del diritto comunitario, la tutela del diritto del contribuente nazionale, non può tradursi nell‟impropria applicazione del diritto comunitario così come delineato dalla Corte di Giustizia e dunque la legittimazione all‟esercizio di un diritto presuppone la sussistenza del diritto sottostante non potendosi esercitare, effettivamente, un diritto non spettante.

In base al consolidato orientamento della Corte di Giustizia, “l‟obbligo degli Stati membri, derivante da una Direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato, come pure l‟obbligo, loro imposto dall'art. 5 del Trattato (divenuto art. 10 CE), di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire tale adempimento valgono per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell‟ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali”, conseguentemente “il giudice statale”, “nell‟applicare il diritto nazionale” deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e della finalità della direttiva, onde garantire la piena effettività della direttiva stessa e conseguire il risultato perseguito da quest‟ultima, così conformandosi all'art. 249, comma 3 del Trattato.310

308 Corte di Cassazione, a SS.UU., ordinanza del 7 marzo 2006, n. 4808. 309 Così, R. MICELI, Il recupero dell'Iva detraibile..., cit., 1891.

310 Cfr., tra le altre, sent. 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing SA; sent. 25 febbraio

1999, causa C-131/97, Carbonari; sent. 5 ottobre 2004, cause da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer; sent. 7 settembre 2006, cause da C-187/05 a C-190/05 Areios Pagos”.

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“Nell'evoluzione della giurisprudenza comunitaria”, infatti, “il principio della interpretazione conforme del diritto nazionale, pur riguardando essenzialmente le norme interne introdotte per recepire le direttive comunitarie in funzione di una tutela effettiva delle situazioni giuridiche di rilevanza comunitaria quale strumento per pervenire anche nell'ambito dei rapporti interprivati alla applicazione immediata del diritto comunitario in caso di contrasto con il diritto interno, così superando i limiti del divieto di applicazione delle direttive comunitarie immediatamente vincolanti non trasposte nei rapporti orizzontali – non appare evocato soltanto in relazione all‟esegesi di dette norme interne, ma sollecita il giudice nazionale a prendere in considerazione tutto il diritto interno ed a valutare, attraverso l‟utilizzazione dei metodi interpretativi dallo stesso ordinamento riconosciuti, in quale misura esso possa essere applicato in modo da non addivenire ad un risultato contrario a quello cui mira la direttiva”.311

Il principio in esame è stato affermato dalla Corte di Cassazione con riferimento alla corretta interpretazione di una particolare fattispecie in tema di esenzione, risolta dalla Corte di Giustizia Europea con una ordinanza del 6 luglio 2006, pronunciata sulle cause riunite C-18/05 e C-155/05, ove i giudici comunitari avevano affermato l‟insussistenza del diritto al rimborso conseguente al mancato esonero dell‟Iva sugli acquisti, in quanto invocato sulla base di una impropria lettura dell‟art. 13, parte B, lett. c) della direttiva 77/388/CEE. Per effetto della citata regola di effettività, la legittimazione del cessionario alla richiesta di rimborso deve essere considerata strumentale alla decisione nel merito, e dunque alla mancata spettanza del diritto, consegue l‟insussistenza della legittimazione alla relativa azione.312

Il profilo della “effettiva” neutralità del prelievo, sulla base di un approccio economico alla fattispecie, è stato evidenziato nella difesa opposta dalla

311 Cass., SS.UU., 17 novembre 2008, n. 27310, dalla quale gli excerpta, nonché 18 dicembre

2006, n. 26948.

312

Sulla questione, precedente sentenza a SS. UU. n. 20752 del 31 luglio 2008, 30 luglio 2008, n. 20595 e nn. 4813 e 4814.

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Reemtsma ove è stato osservato313 che, nel momento in cui un operatore economico adempie al suo obbligo di rivalsa, addebitando l‟Iva al cessionario del bene o committente del servizio, quest‟ultimo soggetto si trova momentaneamente in una posizione di “non neutralità”, e dunque in tale breve periodo è assimilabile ad un consumatore finale, dovendo sopportare, oltre al prezzo del bene, anche il costo dell'Iva, con un conseguente maggior esborso monetario.

Eseguita tale riflessione, l‟approccio finanziario al sistema d‟imposta sul valore aggiunto314 associa all‟immediatezza dell'esercizio del diritto di detrazione la sua integrità, valorizzando dunque la detrazione dell‟imposta nella sua totalità. Di conseguenza, nel caso in cui l‟addebito dell‟imposta differisca rispetto a quanto previsto, l‟interpretazione legislativa che possa consentire la detrazione in assenza di una esplicita previsione normativa potrebbe essere giustificata dall‟applicazione diretta del principio di neutralità, ovvero si può tentare di rinvenire la giustificazione del diritto non formalmente previsto assumendo che il dato formale dell‟addebito in fattura sia condizione sufficiente, ex sé, a consentire l‟esercizio del diritto.315

In ultima analisi, il diritto al rimborso della maggiore imposta addebitata erroneamente non dovrebbe essere negato all‟operatore economico che ha subito una rivalsa non dovuta, sia dal punto di vista quantitativo (ad esempio, nell‟ipotesi di un‟aliquota maggiore di quella prevista) sia dal punto di vista qualitativo (ad esempio, nell‟ipotesi di una operazione erroneamente assoggettata ad Iva, risultata poi non dovuta).

Nella sentenza richiamata la Corte di Giustizia ritiene non sufficiente limitare l‟esercizio del diritto da parte del soggetto che ha assolto l‟imposta non dovuta ai

313 Si richiama la ricostruzione sul tema di M. GREGGI, Il rimborso dell'Iva indebitamente

versata in via di rivalsa (profili di diritto tributario comunitario), cit., 294.

314

R. CORDEIRO GUERRA, L'imposta sul valore aggiunto, in (a cura di P. RUSSO) Manuale di diritto tributario, parte speciale, Milano 2002, 196; E. DE MITA, Principi di diritto tributario, Milano, 2004, 374.

315 A prescindere dall'effettivo versamento dell'imposta, come osservato da M. PEIROLO,

L'autonomia del credito di rivalsa dell'Iva nel rapporto cedente/cessionario, in Boll. Trib., 2006,

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soli strumenti di diritto civile, attraverso un‟azione rivolta dal cessionario nei confronti del cedente, perché ciò potrebbe non essere una effettiva garanzia di neutralità del tributo: emerge dunque il rapporto inscindibile, nel caso in esame, tra i principi di neutralità (obiettivo finale), effettività (mezzo principale) e proporzionalità (mezzo sussidiario). In particolare, si potrebbe evidenziare che la neutralità rappresenta un principio di natura sostanziale, incidendo su elementi fondamentali del tributo; al contempo, sia il principio di proporzionalità che il principio di effettività possono qualificarsi come principi di natura procedimentale, in quanto riferibili alle modalità di applicazione della normativa, ed incidenti sull‟accertamento dell‟imposta, con un rapporto di mezzo a fine rispetto al raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa sostanziale. Tali principi, di matrice comunitaria, sono idonei a dirimere controversie circa la corretta applicazione delle norme nazionali.

Attraverso una proporzionale applicazione del diritto comunitario,316 infatti, si potrebbe ottenere una effettiva neutralità nell‟applicazione dell'imposta, assicurata, come accaduto nel caso affrontato dai giudici comunitari, attraverso un approccio sostanzialistico che, prescindendo dalla stretta applicazione della normativa procedurale consenta il diritto al rimborso anche a fronte di un tributo addebitato erroneamente in assenza del presupposto.317

Nel sistema dell‟Iva, la problematica emerge con particolare evidenza a causa dell‟assenza di una sia pur minima normativa procedimentale idonea a regolare le ipotesi di asimmetria tra imposta effettivamente dovuta ed imposta addebitata, conseguentemente, l‟interprete è chiamato a risolvere le questioni attingendo ai principi comunitari sottesi al tributo.

316 F. BOSELLO, L'imposta sul valore aggiunto, Bologna, 1979, 14 ss., A. FANTOZZI,

Presupposto e soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto, in Dir. e Prat. Trib., 1972, I, 725

ss., F. GALLO, Profili di una teoria dell'imposta sul valore aggiunto, Roma, 1974, 17; P. FILIPPI,

Le cessioni di beni nell'imposta sul valore aggiunto, Padova, 1984, 126; R. LUPI, Imposta sul valore aggiunto (Iva), in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1989, XVI, 2. In ambito comparato,

MAURITZEN, What is a Turnover Tax in the Sense of Article 33 of the Sixth Vat Directive?, in International VAT Monitor, 1997, 3.

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Ed infatti, la Corte nella sentenza Reemtsma ha evidenziato che nel testo dell‟ottava direttiva, che disciplina il rimborso, non sia presente alcuna disposizione idonea a disciplinare le ipotesi in cui la fatturazione, e la conseguente assoluzione del tributo avvenga per errore dell'operatore economico, mentre, nel disciplinare le modalità di esercizio del diritto al rimborso, si aggancia a tale scopo ai principi dettati in tema di detrazione. I principi dettati dalla giurisprudenza comunitaria sul tema tendono a valorizzare gli aspetti sostanziali delle operazioni effettuate, piuttosto che quelli formali, ricomprendendo tra questi ultimi anche quelli documentali, con la conseguenza, sostenuta dal qualche autore,318 che tali errori non dovrebbero incidere sull‟ammontare del tributo dovuto, restando dunque ininfluenti.

L‟equivalenza tra requisiti per il diritto al rimborso e diritto alla detrazione affermata nella sentenza Reemtsma ripropone il conflitto tra profilo economico- sostanziale e giuridico-formale del tributo caratterizzante l‟imposta sul valore aggiunto. La Corte ha dunque affermato che la legittimazione al rimborso dell‟Iva spetta esclusivamente al soggetto prestatore del servizio, mentre il cessionario potrà solo esercitare un‟azione civile nei confronti del cedente mediante i rimedi previsti per la ripetizione dell‟indebito oggettivo previsti all‟interno di ciascuno Stato membro. Tali rimedi, peraltro, esulano dal campo del diritto tributario comunitario in quanto sono residenti in un settore escluso dal processo di armonizzazione comunitaria, tuttavia tale processo non può lasciare in secondo piano le esigenze di neutralità dell‟imposta che devono essere assicuratore all‟operatore economico che rivesta la qualifica di soggetto cessionario nel rapporto d‟imposta. Conseguentemente, la posizione del cessionario al quale sia stata applicata indebitamente la rivalsa (sia nell‟an, ma anche nel quantum), deve essere messa in necessaria correlazione con il rispetto dei principi informatori dell‟imposta, primo tra i quali quello della neutralità.

318 R. LUPI, Diritto, cit., 280; tesi sostenuta peraltro dall'Avvocato generale Mischio nel caso

Genius Holding, secondo cui, ad eccezione del caso di frode, la maggiore imposta fatturata

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Al rispetto di tale principio interpretativo è costantemente informata la giurisprudenza della Corte di giustizia, e dunque sulla base di tale impostazione, si può invocare il diritto del cessionario ad agire anche contro l‟amministrazione dello Stato che abbia ottenuto un indebito versamento dell‟Iva nel caso in cui l‟azione nei confronti del cedente non sia oggettivamente possibile (per una situazione di insolvenza) o eccessivamente onerosa. Il predetto tipo d‟azione, che sotto tale profilo dell‟esercizio si manifesta come azione di rimborso, in un‟ottica comunitaria, dovrà essere ispirata ai principi d‟equivalenza (rispetto alle azioni di rimborso previste per le fattispecie di diritto interno) e di effettività (nel inteso come rapporto fra strumenti giuridici a disposizione del soggetto attivo e risultato complessivo cui tende il contribuente).319

La Corte ha dunque individuato nell‟insolvenza del cedente che ha addebitato l‟Iva erroneamente una delle condizioni per permettere al cessionario di agire direttamente nei confronti dell‟erario, ritenuta sufficiente a giustificare l‟azione diretta del cessionario nei confronti dell‟erario, quale circostanza esemplificativa della situazione di “eccessiva difficoltà” che giustificherebbe l'azione diretta.

A questo punto entra il gioco il dettato normativo disposto dall'art. 26 del DPR 633/72, che, nel silenzio della direttiva comunitaria, consente la correzione delle fatture attive emesse erroneamente attraverso la emissione di un documento avente segno ed effetto opposto, definito nota di credito, ed idoneo, attraverso una procedura unilaterale, a costituire debitore d‟imposta nei confronti dell‟erario il soggetto cessionario, in diminuzione di un credito Iva derivante da una fattura precedentemente emessa dal cedente. La normativa nazionale presenta dunque un correttivo che consente di assicurare la neutralità dell‟imposta nell‟ipotesi di sovrafatturazione: costituendo debitore nei confronti dell‟erario il soggetto

319 M. GREGGI, cit., 300. L'autore richiama, in nota, anche i contributi sul tema di R. RINALDI,

La semplificazione delle modalità di fatturazione, in (a cura di A. DI PIETRO) Lo stato della

fiscalità nell'Unione europea, Roma, 2003, I, 444, con ampi richiami alla giurisprudenza nazionale e comunitaria; M. RIDSALE, Abuse of Rights, Fiscal Neutrality and Vat Cases, in EC Tax review, 2005, 82; H.L. MC CARTY, Abuse of Rights: the effect of the Doctrine on Vat Planning, in British Tax review, 2007, 162 ss.

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cessionario e creditore il cedente (per l‟appunto, attraverso operazioni di segno opposto rispetto alla fattura) ricollega le posizioni dei due soggetti del rapporto tributario d‟imposta riconducendole entrambe al loro fine naturale e, a differenza dell‟azione di rimborso, che pure sarebbe ipotizzabile in teoria in tale ipotesi, in assenza della predetta disposizione normativa, si contraddistingue per l‟immediatezza della sua applicazione, che non genera ritardi e non richiede l‟attivazione di specifiche procedure, anche se il limite di tale procedura consiste nella circostanza la legittimazione all‟emissione del predetto documento ha natura derivata, essendo ricollegabile alla legittimazione all'emissione della fattura. L‟esistenza del tessuto normativo di tale disposizione lascia il dubbio320

sulla compatibilità con il principio comunitario di effettività e immediata neutralità di un sistema d‟imposta sul valore aggiunto che demanda unilateralmente ad una delle parti coinvolte nel rapporto tributario la costituzione del debito d‟imposta e fa ricadere sull‟altra i rischi ed i costi di un‟operazione che per avventura dovesse risultare erronea.

L‟applicazione del principio comunitario di effettività, nella sentenza Reemtsma evidenzia dunque le lacune presenti nel sistema d‟imposta sul valore aggiunto, con particolare riferimento alla condizione soggettiva del cessionario che spesso si trova in una situazione pregiudizievole e che potrebbero pregiudicare i principi di neutralità ed effettività che dovrebbero qualificare l‟imposta, ma risolve la questione e le carenze normative proprio attraverso l‟applicazione dei principi comunitari attraverso un approccio sostanzialistico, pragmatico e finalistico, per la verità lontano dalla tradizione giuridica nazionale.

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18. La ricerca della neutralità per le operazioni esenti, attraverso l’impropria

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