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Le esenzioni quale categoria autonoma del diritto comunitario e le differenze rispetto al significato nazionale Esenzioni con e senza diritto alla

Parte II L’esercizio del diritto di detrazione

CAPITOLO TERZO

5. Le esenzioni quale categoria autonoma del diritto comunitario e le differenze rispetto al significato nazionale Esenzioni con e senza diritto alla

detrazione

La direttiva Iva, nelle sue diverse stesure, definisce l‟Iva quale imposta generale sui consumi e, conseguentemente, tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi eseguite da soggetti passivi dovrebbero essere assoggettate all‟imposta. Le esenzioni, disciplinate dal titolo IX della Direttiva, contemplano solo specifiche e circostanziate attività economiche in cui l‟imposta non si applica; nel diritto comunitario e nell‟ordinamento tributario dei paesi dell‟Unione, costituiscono una categoria autonoma e, come evidenziato dalla Corte, devono essere interpretate restrittivamente.

Il titolo “Esenzioni” della direttiva comunitaria esordisce con una disposizione generica, dettata dall'art. 131, secondo cui che le esenzioni si applicano senza pregiudizio di altre disposizioni comunitarie e in relazione alle condizioni stabilite dagli Stati membri per gli scopi di assicurare le corretta e leale applicazione di queste esenzioni, con le finalità di prevenire ogni possibile frode, evasione o abuso.365

Nell‟ambito della generale categoria delle esenzioni, va anzitutto eseguita una distinzione tra esenzioni senza diritto alla detrazione (artt da 132 a 137 della Direttiva 112/2006) e esenzioni con diritto di detrazione, queste ultime, denominate anche “operazioni ad aliquota zero”, sono riconducibili a transazioni internazionali (artt. Da 138 a 166 della Direttiva), tra cui le transazioni intracomunitarie (articoli da 138 a 142); sono fondamentali per il funzionamento del sistema dell‟Iva Comunitaria al fine di garantire l‟applicazione del principio di imposizione nel paese di destinazione in cui si verifica il consumo del bene, consentendo il diritto alla detrazione dell‟Iva sugli acquisti.366

365 Come evidenziato nella causa 8/81 (Becker). 366

Tale descrizione delle esenzioni, ovvero “Exonérations” nella terminologia lussemburghese, ad opera di WINANDY, cit., 249, sono così definite nell‟accezione comunitaria poiché le

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La previsione dell‟esenzione per le operazioni con l‟estero si spiega nel modello teorico proprio con l‟uscita del bene dal circuito dell‟imposta e consegue alla mancata generazione del consumo nel territorio della comunità a fronte della quale, tuttavia, il diritto alla detrazione non subisce alcun pregiudizio, essendo territorialmente rilevante all‟interno l‟operazione di acquisto, ed in applicazione del principio di neutralità per l‟operatore economico.367

L‟altra categoria di esenzioni (che nell‟accezione italiana è l‟unica), viene definita più discutibile in relazione al funzionamento dell‟Iva368 ed è relativa a ragioni politiche o sociali, ovvero finalizzata ad evitare il cumulo dell‟Iva con altre imposte (come l‟imposta sulle assicurazioni); gli effetti di tali esenzioni sono indeterminati e spesso gravemente distorsivi. In effetti, l‟indetraibilità dell‟imposta gravata sui beni e servizi utilizzati per realizzare operazioni esenti produce in certi casi un effetto cumulativo dell‟Iva, corrispondente all‟Iva indetraibile che entra nel prezzo del bene o del servizio, e costituisce un elemento di costo; proprio per tali ragioni è opportuna una interpretazione restrittiva delle esenzioni previste dalle differenti direttive, corrispondentemente alle intenzioni della Seconda e della Sesta direttiva Iva ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia.

operazioni in esame non vengono considerate “esenti” nella terminologia italiana, ma “non imponibili” giungendo, agli stessi risultati, anche se attraverso una diversa terminologia e sistemazione concettuale foriera di problemi interpretativi. Come è noto, le esenzioni in Italia sono tassativamente indicate all‟art. 10 del decreto Iva e non consentono il diritto alla detrazione.

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La confusione applicativa derivante dal raccordo tra dato normativo nazionale e comunitario crea anche problemi di non poco conto: in dottrina è stato evidenziato che “Le distorsioni determinate dall'esenzione senza detrazione appaiono evidenti proprio in riferimento alle operazioni intracomunitarie. L'esenzione senza detrazione, nella cessione intracomunitaria di beni si trasforma in esenzione con detrazione e provoca un salto d'imposta che è incompatibile con il meccanismo applicativo del tributo”; in tal senso, GIORGI, op. cit., nota 124, pag. 46. Tale aspetto potrebbe essere superato, considerando che sia la formulazione nazionale (art. 19, comma 3, lett. b) del DPR n. 633/72, sia la formulazione della direttiva subordinano la detrazione per le operazioni intracomunitarie, effettuate fuori dello stato membro alla circostanza che le stesse operazioni “darebbero diritto alla detrazione se fossero effettuate in tale stato membro”. Sull‟argomento, si consenta di rinviare a COGLIANDRO, Il diritto alla detrazione per le

operazioni passive afferenti ad operazioni attive non territorialmente rilevanti nello Stato membro, in Riv. Dir. Trib., n. 4/2010, IV, 115-133.

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Il concetto di esenzione è definito quale “beneficio” anche quando consegue all‟applicazione del principio di destinazione, è può essere negato dal sistema in ipotesi patologiche, ad esempio conseguenti a meccanismi di frode.369

In ambito comunitario, dunque, le esenzioni riguardano tutte quelle operazioni per le quali non si applica l‟imposta, pur in presenza dei presupposti, oggettivo e soggettivo, ricomprendendo tutte quelle operazioni rientranti teoricamente nel campo di applicazione dell‟imposta, ma senza addebito, vuoi per una differente localizzazione territoriale, vuoi perché esenti per ragioni socio-politiche ovvero di tecnica tributaria.

In ambito nazionale, invece, le esenzioni sono costituite solo dall‟ultima categoria menzionata; la differenza concettuale fra operazioni “non imponibili” (dette “esenti” nel linguaggio comunitario) ed operazioni esenti (nel senso nazionale) consiste nel fatto che le prime costituiscono una logica conseguenza della struttura dell‟imposta (come lo sono, sia pure da un non identico punto di vista, le esclusioni) mentre le seconde conseguono alla scelta socio-politica di agevolare, attraverso la detassazione, il consumo di particolari beni o servizi.

Esiste dunque una profonda distonia semantica in ordine all‟utilizzo del termine “esenzioni” tra l'impostazione comunitaria, peraltro ripresa da numerosi altri paesi membri, e quella nazionale. Consegue a quanto appena evidenziato che, mentre nel diritto comunitario le esenzioni possono essere con e senza diritto alla detrazione (come previsto dalla direttiva) nel decreto nazionale costituiscono una categoria tipica priva del diritto alla detrazione.

Ed infatti, mentre nella terminologia italiana le operazioni verso l‟estero vengono definite “non imponibili”, nella terminologia comunitaria le stesse operazioni vengono definite “esenti”; in entrambi i casi le operazioni sono le stesse ed accordano il diritto alla detrazione.

La distinzione tra esenzioni con e senza diritto di deduzione, caratteristica dell‟Iva comunitaria, non è dunque trasposta pedissequamente nel decreto nazionale, ove

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queste descrivono una categoria che rappresenta un minus rispetto al significato comunitario, in quanto riconducibili esclusivamente alle ipotesi di non applicazione dell‟imposta per ragioni sociali ovvero di tecnica tributaria e dunque sempre senza diritto alla detrazione.

6. Le esenzioni senza diritto alla detrazione, per ragioni socio-politiche o di

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