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La detrazione nell’operazione erroneamente assoggettata ad imposta

Parte II L’esercizio del diritto di detrazione

13. La detrazione nell’operazione erroneamente assoggettata ad imposta

Nell‟ipotesi di applicazione dell‟Iva in assenza del presupposto (oggettivo o soggettivo) occorre esaminare il problema della detraibilità dell‟Iva assolta; in tale circostanza occorre distinguere la fattispecie dell‟esercizio fraudolento o illegittimo del diritto (laddove si configura la preclusione del diritto alla detrazione, come accade nelle ipotesi di operazioni inesistenti, ovvero di mancanza di inerenza o di espresso divieto di detrazione),259 dalla ipotesi di fatturazione meramente erronea; peraltro le due fattispecie erano state, in origine, disciplinate in maniera distinta.260

In merito al quantum relativo al diritto di detrazione, secondo la Corte di Giustizia il diritto relativo è limitato all'ammontare del tributo effettivamente dovuto in relazione alla cessione o prestazione, e conseguentemente nell‟ipotesi di erroneo addebito in fattura di un tributo maggiore non sarebbe consentita la detrazione, restando sempre possibile per l‟emittente di buona fede emettere una nota di variazione. Tuttavia, la questione della detraibilità di una imposta superiore a quella effettivamente dovuta, sebbene addebitata in fattura, è dibattuta in quanto v‟è chi ritiene che, sulla base di una diversa formulazione del decreto nazionale

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Tale è la soluzione proposta nell‟ordinamento belga, cfr., Commentaire Général et contacts

avec l’administration, Kluwer, cit., 760 anche in relazione ai documenti d‟importazione

provenienti dai paesi non membri.

259 Cfr. Cass. Sez. I, 18 febbraio 1999, n. 1348, cit., secondo cui il diritto alla detrazione

dell'imposta erroneamente addebitata in fattura sussiste se il cessionario non ha chiesto il rimborso della stessa.

260 Ed infatti, le due fattispecie erano state disciplinate separatamente dall'art. 17 dello schema di

decreto Iva predisposto nel maggio 1971, come osservato da FRANSONI, op. cit., che richiama, sul punto, BECCARIA, Valore Aggiunto (Imposta sul) in Noviss. Dig. it. XX, Torino, 1975, p. 487, ove sono presenti maggiori dettagli sull'iter legislativo che ha condotto all'attuale formulazione della norma.

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(art. 19 del DPR 633/1972), rispetto alla direttiva comunitaria, sarebbe riconosciuto il diritto alla detrazione del tributo assolto o dovuto dal soggetto passivo o a lui addebitato in via di rivalsa (che, in sostanza, è quello addebitato in fattura) anche se di importo superiore a quello effettivamente dovuto (sempre che l‟operazione rientri nel campo di applicazione dell'Iva e conseguentemente operi il diritto di rivalsa)261 mentre v‟è chi esclude tale possibilità.262 La prima impostazione sarebbe giustificata dalla circostanza che il legislatore nazionale, nell‟ipotesi di addebito in fattura di un‟imposta maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta, prevede l‟obbligo in capo al cedente o fornitore di versare all'Erario tale tributo, ferma restando la possibilità di emettere nota di variazione e, corrispondentemente, la sussistenza del diritto di detrazione in capo all'acquirente. Non potrebbe infatti sostenersi che, in tale ipotesi, l‟obbligo per il cedente o prestatore debba configurarsi a titolo sanzionatorio e non impositivo, poiché tale circostanza dovrebbe riscontrarsi solo nella ipotesi di inesistenza delle operazioni,263 ma non di erroneità, atteso che secondo lo stesso orientamento dell‟Amministrazione finanziaria e della giurisprudenza nazionale, nel caso in cui l‟operazione rientri nel campo di applicazione del tributo, è detraibile l‟intera imposta addebitata in fattura ancorché con aliquota superiore a quella legittimamente applicabile.264

Per quanto riguarda invece la diversa ipotesi di addebito in fattura di un tributo corrispondente, in realtà, ad operazioni fuori del campo di applicazione dell‟imposta, la detraibilità dello stesso per il cessionario/utilizzatore, che secondo

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In tal senso, FAZZINI, cit., 49.

262 SALVINI, La detrazione IVA nella sesta direttiva e nell'ordinamento interno: principi

generali, cit., secondo la quale il tributo eventualmente addebitato in eccedenza non sarebbe

dovuto in via di rivalsa per cui, anche per l'ordinamento interno, qualora l'imposta addebitata in fattura fosse superiore a quella effettivamente applicabile per l'operazione, oggetto di detrazione potrebbe essere solo quest'ultima e non l'intero importo addebitato in fattura.

263 Sul punto, cfr., TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, parte speciale, cit., p. 222, nota 43,

secondo cui la disposizione di cui all'art. 21, comma 7, del DPR 633/1972, per il quale è comunque dovuta l'imposta indicata in una fattura emessa per operazioni inesistenti, ha una “evidente matrice sanzionatoria” e la debenza dell'imposta consegue dunque ad un fatto illecito.

142 l‟Amministrazione finanziaria non sussiste,265

non ha trovato un orientamento della giurisprudenza condiviso.266

In dottrina è stata pure sostenuta la tesi opposta267 a quella dell‟amministrazione, secondo cui, anche in caso di operazioni escluse dall‟Iva, il tributo sia comunque

265 Cfr., Ris. Dir. Gen. Tasse, n. 343376 del 7 dicembre 1983 e n. 355550 dell'11 ottobre 1985. 266 Nel senso della indetraibilità del tributo addebitato in relazione ad operazioni estranee al

campo di applicazione dell'Iva si era espressa la Corte di Cassazione, sez. I, 10 luglio 1993, n. 7602, in Riv. Dir. Trib., 1994, II, p. 27 e ss., con nota di FRANSONI, l'esercizio del cosiddetto

diritto alla detrazione dell'Iva in carenza del presupposto, nonché in Rass. trib., 1994, p. 159 e ss.,

con nota (contraria) di CARPENTIERI.

Nel senso, invece, della detraibilità del tributo: Cass., 23 giugno 1992, n. 7689, in Rass. Trib. 1993, II, p. 441 e ss, con nota di LA ROSA, Variazioni in diminuzione e limiti alla richiesta di

rimborso dell'Iva erroneamente addebitata; Cass., sez. I, 18 febbraio 1999, n. 1348, in Riv. Dir.

Trib. 1999, II, p. 971 e ss. Con nota di CORRADO, In caso di cessione d'azienda l'Iva

erroneamente addebitata in rivalsa può essere detratta dal cessionario: in tale specifica

circostanza, la detrazione del tributo erroneamente addebitato in fattura dovrebbe ritenersi in ogni caso preclusa in base all'art. 19 del DPR 633/1972 che prevede l'indetraibilità del tributo relativo all'acquisto di beni e servizi afferenti operazioni non soggette all'imposta, come la cessione d'azienda.

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In particolare, cfr., FANTOZZI, Diritto tributario, cit., p. 745 il quale, orientandosi per la detraibilità del tributo addebitato in relazione ad operazioni non soggette, si allinea alla posizione di cui (ad es., LUPI, Imposta sul valore aggiunto, in “Enc. Giur. Treccani”, XVIII) sostiene che una tesi opposta (non spettanza della detrazione) impedirebbe di risolvere il dubbio interpretativo sull'assoggettamento o meno ad IVA di un'operazione sottoponendola in via cautelativa al tributo; anche LUPI, Diritto tributario, parte speciale, cit., p. 312, pone l‟accento sulla necessaria simmetria rivalsa-detrazione e sul rispetto del principio di neutralità, muovendo dalla considerazione secondo cui il cedente deve comunque corrispondere all'erario l'imposta addebitata al proprio cliente.

Interessante è pure la conclusione di TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, parte speciale, cit., p. 220 e ss., il quale, dopo aver evidenziato che non via siano valide ragioni che giustifichino un diverso trattamento tra l'ipotesi dell'indicazione di un'imposta maggiore di quella dovuta rispetto a quella in cui l'imposta non sia dovuta per niente, in quanto, in entrambe le ipotesi, sussiste un addebito di un quantum non dovuto – ricollega la detraibilità del tributo, ancorché non dovuto, all'assolvimento o addebito in fattura dell'imposta, in conseguenza del disposto dell'art. 21, comma 7 del DPR 633/72, secondo cui “l'emissione della fattura rende comunque dovuta l'imposta a carico di chi la ha emessa” e dunque i soggetti passivi che hanno ricevuto la fattura hanno il diritto di detrarsi il tributo ivi addebitato, a prescindere dalla circostanza che l'Iva sia dovuta o meno, e ciò per il solo fatto dell'addebito in fattura. In effetti tale conclusione interpretativa pone un evidente problema e cioè quello secondo il quale, nella fattispecie cardine prevista dalla norma richiamata (operazioni inesistenti) viene meno la simmetria tra addebito dell‟imposta per il cedente, e diritto alla detrazione per il cessionario, la quale, con estrema evidenza, non spetta, trattandosi di operazioni inesistenti.

Viene inoltre esclusa l‟esperibilità dell'azione civile di ripetizione dell‟indebito, ex art. 2033 del c.c. nei confronti del soggetto passivo (acquirente) che abbia pagato un'imposta non dovuta (TESAURO, Sulla detraibilità dell'Iva relativa ad acquisti non soggetti ad imposta (e sulla

applicabilità dell'art. 2033 c.c. nel rapporto cedente-cessionario), nota a C.T.C. 11 ottobre 1995,

n. 3217, in Giur.it., 1996, III”. Sul punto, inoltre, Cfr. MESSINA, Le conseguenze dell'erronea

applicazione dell'Iva tra la ripetizione dell'indebito, la detrazione ed il risarcimento, in

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detraibile (ove erroneamente applicato), poiché anche in tale ipotesi il cedente deve comunque corrispondere all‟erario l‟Iva addebitata in fattura.

Secondo tale ricostruzione il diritto di detrazione per il cessionario, in relazione all‟iva addebitata in via di rivalsa, discenderebbe dall‟emissione di fattura con addebito di Iva e dall‟avvenuto pagamento dell‟imposta all‟Erario da parte del cedente, nonostante la non assoggettabilità ad IVA dell‟operazione.

Tale tesi sarebbe supportata dalla simmetria rivalsa-detrazione, laddove, pur in assenza dei presupposti, l‟Iva viene applicata, e dunque addebitata in via di rivalsa, da parte del cedente al cessionario che potrà dunque detrarre senza violare principi di sistema e senza compromettere la neutralità dell‟imposta. Resta da verificare se tale conclusione è compatibile con le finalità dell'imposta, laddove occorre considerare che tale circostanza può confliggere con l‟applicazione di altri regimi impositivi (si pensi al principio di alternatività Iva-registro) ovvero potrebbe determinare l‟insorgere di problematiche connesse alla struttura applicativa del tributo.

La problematica relativa alla sussistenza del diritto di detrazione, in caso di erroneo assoggettamento al tributo di operazioni escluse dal campo di applicazione dell‟Iva, ovvero esenti, deve essere risolta sulla base dei principi generali comunitari del tributo. Sotto tale profilo, anzitutto deve essere osservato che la sussistenza del diritto di detrazione, in capo al cessionario soggetto passivo, non può automaticamente e in linea generale ed indiscriminata, essere correlata al versamento all‟Erario, da parte del cedente, del tributo addebitato in fattura in quanto la simmetria tra il versamento del cedente e la detrazione del cessionario non costituisce un assioma assoluto, come si rinviene nelle numerose ipotesi di limitazioni tecniche alla detrazione (pro-rata, esclusioni, esenzioni) ovvero sanzionatorie (per frodi ovvero per operazioni inesistenti).

Ed infatti, specularmente, l‟eventuale omissione del versamento da parte del cedente non pregiudica il diritto di detrazione del tributo sussistente in capo al cessionario (fatte salve le ipotesi patologiche, come nel caso di frodi ed abusi); allo stesso modo, il versamento dell‟imposta all'Erario ad opera del venditore non

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è idoneo a legittimare, di per sé, la detrazione dello stesso da parte del cessionario. Ne consegue dunque la irrilevanza, ai fini che ci occupano, del versamento – o meno – del tributo da parte del cedente, da quanto sopra non si può ritenere che la detraibilità dell'imposta per il cessionario possa essere correlata all‟obbligo del cedente di corrispondere all‟Erario quanto addebitato in fattura, in via di rivalsa, a titolo di IVA, per inesistenza di una siffatta simmetria.268

L‟indipendenza delle due posizioni risponde anche ad evidenti motivi di cautela finalizzati a contrastare comportamenti fraudolenti ovvero ad evitare un indebito arricchimento, e non trasforma un‟operazione esclusa agli effetti del tributo in cessione o prestazione soggetta ad IVA per il solo fatto dell‟intervenuta fatturazione con addebito di una determinata somma a titolo d‟imposta. Inoltre, legittimare la detraibilità del tributo per il solo fatto del suo addebito in fattura – e quindi in ragione della mera sussistenza di tale documento cartaceo – rischierebbe di legittimare anche la detrazione del tributo relativo ad operazioni inesistenti cartolarmente documentate tramite l‟emissione di fatture formalmente regolari.269 Le predette considerazioni devono essere messe in necessaria correlazione con la conclusione, pure operata dalla Corte, laddove è stato ritenuto detraibile dal cessionario che ha ricevuto la fattura il tributo addebitato in rivalsa, nonostante l‟erroneo assoggettamento ad IVA dell‟operazione da parte del cedente, in quanto tale conclusione è stata accordata attraverso il riconoscimento, per il soggetto che abbia effettuato un pagamento non dovuto, di ottenere il rimborso in conformità ai principi che regolano la ripetizione dell'indebito;270 conseguentemente, la detraibilità dell‟imposta è stata subordinata alla verifica della mancata presentazione di istanza di rimborso da parte del cedente, al fine di evitare una “doppia non imposizione”.271

268 In tal senso, cfr. FAZZINI, op. cit., 52. 269

In tal senso, cfr. FAZZINI, op. cit., 52-53. LUPI, Diritto tributario, parte speciale, cit., 1998 subordina il riconoscimento del diritto di detrazione in capo al cessionario al comportamento di fatto del cedente, ritenendo dunque detraibile, da parte del primo, l'imposta che sia stata effettivamente versata dal secondo.

270

Cassazione, sez. I, 23 giugno 1992, n. 7689, cit.

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Ciò premesso, nell‟ipotesi in cui un‟operazione è stata erroneamente assoggettata ad IVA, tutti i detti rapporti (pagamento-rivalsa-detrazione) sono privi di fondamento; in tale fattispecie si ritiene, per conseguenza, che il cedente ha diritto di chiedere all‟Erario il rimborso dell‟Iva (per assenza del presupposto formale); il cessionario ha diritto di pretendere dal cedente la restituzione del tributo pagato in rivalsa, non avendo alcun rapporto diretto con l‟Erario; l‟amministrazione finanziaria ha il potere-dovere di escludere la detrazione del tributo pagato in rivalsa (specularmente all‟insussistenza del presupposto). Ciascuna di tali azioni è altresì autonoma dalle altre, fondandosi sull'inesistenza del rapporto tributario. Tale orientamento non può considerarsi simmetrico, considerando che, come evidenziato dai giudici di legittimità, l‟Amministrazione, da parte sua, ha il potere di escludere la detrazione dell‟IVA pagata in rivalsa dal cessionario.272

Infine, nelle ipotesi in cui l‟erroneo assoggettamento al tributo violi contemporaneamente principi sostanziali (come nell‟ipotesi di detrazione Iva esercitata su un bene destinato al consumo personale) l‟errore commesso, seppur in buona fede, viola i principi di funzionamento dell‟imposta e non può che condurre alla preclusione del diritto alla detrazione, ciò che accade anche nella diversa ipotesi di acquisto “incauto” da cartiere (che non versano l'Iva riscossa); in quanto non si verte nell‟ipotesi di erronea detrazione corrispondente tuttavia ad una imposta comunque incassata dall'Erario.273

La giurisprudenza comunitaria con la sentenza Genius Holding ha, infatti, “escluso che sussista una piena simmetria tra obbligo del pagamento dell'imposta, per il fatto che la stessa sia addebitata in fattura, e diritto di detrazione, affermando esplicitamente che l‟esercizio del diritto alla detrazione è limitato alle sole imposte dovute (Cass., 1607/2008)”, tuttavia, al fine di garantire la neutralità dell‟imposta spetta agli Stati membri contemplare nel loro ordinamento giuridico

272 Quindi il rapporto diretto sussiste dall‟Amministrazione verso il cessionario, ma non nel senso

opposto.

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interno la possibilità di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purché chi ha emesso la fattura dimostri la propria buona fede.274

14. Il rimborso quale modalità alternativa di esercizio del diritto al

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