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Le ragioni del mancato riferimento al presupposto d’imposta ai fini della individuazione della fattispecie imponibile

Come evidenziato, la legge istitutiva dell‟imposta, diversamente da quanto accade per altri tributo, non prevede alcuna indicazione in ordine alla individuazione del presupposto del tributo, inteso come fatto al verificarsi del quale la legge ricollega l‟applicazione dell‟imposta.67

Tale fatto non consiste esclusivamente in un elemento oggettivo, quale può essere la produzione di un reddito o la stipula di un contratto, ma si compone, altresì, di una situazione subiettiva, intesa come presenza di una determinata relazione tra un soggetto ed una situazione obiettiva.68

67 Su tale tema, diffusamente, S. SAMMARTINO, Profilo soggettivo del presupposto dell’Iva,

Milano, 11.

68 SAMMARTINO, op. cit. Occorre “riferire, per comodità di linguaggio, il termine presupposto

all‟intera previsione legale, nei suoi elementi soggettivi ed oggettivi ed impiegare invece la locuzione situazione-base, per riferire quel complesso di fatti o circostanze che la legge ha prescelto per individuare il fatto costitutivo di doveri e di potestà concrete”, MICHELI, Corso di

diritto tributario, Torino, 1970, p. 263. “Nell‟ambito del presupposto quindi si può enucleare una

situazione-base per indicare quei fatti (ad esempio, il possesso dei redditi, rispetto alle imposte sui redditi), al cui verificarsi si ricollegano le varie situazioni soggettive, attive e passive, che attengono appunto direttamente ai fatti stessi (secondo l‟esempio fatto, i percettori dei redditi), mentre l‟intero presupposto si riferisce anche a quegli altri soggetti che, ad esempio, debbono effettuare le ritenute o sono responsabili insieme ai primi. Nella legge, per la verità, questa distinzione non appare molto chiara, anche se deve intendersi sottointesa, tanto più che alla situazione base ritengo debba farsi riferimento anche per valutare la legittimità costituzionale della singola norma d‟imposta, a mente dell‟art. 53” (MICHELI, op. cit., p. 151). Come osserva SAMMARTINO, op. cit., nota 1 p. 12, “in ordine alla distinzione tra presupposto e situazione base, va detto che essa è tanto più valida quanto più viene caratterizzata nel senso di una differenziazione tra profilo strettamente giuridico-formale e profilo economico rilevante in sede normativa. Il primo profilo è tipico del presupposto, il secondo della situazione-base. In particolare, la situazione base coincide con il fatto nel suo assetto economico e, a seguito del prelievo fiscale, dà luogo in capo al soggetto all‟effettiva riduzione della disponibilità di ricchezza. Il presupposto si presta ad un esame sulla base della legislazione ordinaria; la situazione-base consente l‟indagine sul piano della normativa costituzionale. Una tale precisazione della

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La determinazione normativa del presupposto di un tributo, in linea generale, come può desumersi dalle singole leggi o decreti istitutivi di imposte, avviene in termini generali e prescinde dall‟applicabilità di norme specifiche, in virtù delle quali sia possibile non eseguire il pagamento del tributo, con la conseguenza che il verificarsi del presupposto non sempre è accompagnato dall‟assolvimento del tributo, ma ciò non consente di affermare che il presupposto, inteso in senso generale con riferimento a quel tributo, e nell‟accezione tecnico-normativa, non si sia realizzato.

Ai fini della sussistenza del presupposto, sarebbe necessario un rapporto tra un soggetto passivo d‟imposta e l‟amministrazione finanziaria e, in assenza di tale rapporto, il presupposto sarebbe insussistente: ciò premesso, la peculiarità dell‟I.V.A., è data dalla circostanza che, nel meccanismo impositivo analizzato sotto il profilo giuridico, non vi è alcun rapporto fra il consumatore finale (peraltro mai menzionato dalla normativa) e l‟amministrazione finanziaria, e dunque dovrebbe affermarsi, in senso tecnico-giuridico, che non si è realizzato alcun fatto impositivo; ma tale conclusione contrasta con la realtà effettiva in senso tecnico-economico, ove invece, per effetto dell‟operazione eseguita dal consumatore finale, questi ha subito un depauperamento patrimoniale cagionato proprio dal meccanismo impositivo.

Di converso, nessun decremento patrimoniale si verifica in capo al soggetto passivo in senso giuridico, conseguentemente il presupposto in senso giuridico è del tutto indipendente dal verificarsi della predetta circostanza, affermazione questa indiscutibile quantomeno con riferimento all‟imposta sul valore aggiunto, di cui costituisce il tratto peculiare la disarmonia tra presupposto in senso giuridico, e presupposto in senso economico. I meccanismi della rivalsa e della detrazione, caratteristici dell‟imposta, sono dunque elementi generatori di questa dissociazione.

distinzione sopra richiamata ne consente la utilizzazione non soltanto nell‟ambito della sostituzione tributaria, ma altresì in tutte le ipotesi in cui opera il meccanismo della rivalsa, cioè in tutti i casi in cui il soggetto che entri in rapporto con il fisco non coincida con il soggetto che nella definitività dell‟assetto economico subisca il gravame fiscale.

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Nodo centrale della soggettività passiva, dunque, come già evidenziato in dottrina69 in ordine al presupposto di fatto, è proprio la peculiarità caratteristica dell‟imposta in ordine alla individuazione della relazione tra il presupposto dell‟imposta ed il soggetto contributivamente capace.

Con riferimento alla posizione soggettiva del soggetto di diritto, la circostanza che quest‟ultimo non subisce alcuna riduzione delle proprie disponibilità, non consente di affermare che il presupposto non si sia realizzato.70

Secondo alcune ricostruzioni teoriche, il mancato riferimento al “presupposto dell‟imposta” consegue a “a ragioni di tecnica fiscale ed esigenze di collegare il prelievo a momenti di capacità contributiva, differenti da quella istituzione del consumo definitivo”;71

al fine di individuare il presupposto impositivo del tributo, si sono delineati, in dottrina due distinti orientamenti.

Il primo orientamento,72 ispirato anche da considerazioni di carattere economico, riteneva necessario operare una netta distinzione tra il passaggio ultimo del bene

69 FERLAZZO NATOLI, Fattispecie tributaria e capacità contributiva, Milano, 1979, 5. 70

In tal senso, già, SAMMARTINO, cit., 13-14

71 Sul punto, MICHELI, Considerazioni, cit., 641-642. Secondo FERLAZZO NATOLI, cit., 13,

“Ciò ci offre lo spunto per proseguire nella revisione della teoria della capacità contributiva sulla base della interpretazione della disposizione di cui all‟art. 53 Cost. in chiave giuridico-formale e non esclusivamente economica. La nozione di capacità contributiva va ritenuta, in altri termini, come nozione giuridico-formale, nonostante la sua natura economica, in quanto ad essa devono ispirarsi tutte le fattispecie d‟imposta a pena d‟incostituzionalità del tributo istituito, anche se, come si è visto per l‟IVA, può non coincidere per esigenze giuridico-tributarie la capacità contributiva “istituzionale” (espressa dal consumo) con quella del soggetto (valore aggiunto), chiamato dalla legge in virtù del meccanismo impositivo sopra esaminato a corrispondere ovvero a versare il tributo all‟erario”.

72 Cfr. A. BERLIRI, L’imposta sul valore aggiunto. Studi e scritti vari, Milano, 1971; ID, Le

caratteristiche dell’I.V.A. italiana, in l’I.V.A. e gli altri tributi erariali, maggio-giugno 1972; A.

FEDELE, Esclusioni ed esenzioni nella disciplina dell’I.V.A., in Riv.dir.fin.sc.fin., marzo 1973; LICCARDO G., Caratteristiche fondamentali e natura giuridica dell’I.V.A., Napoli, 3-4-5 febbraio 1973; F. SANTAMARIA, Problemi dell’I.V.A.: natura dell’imposta e fattispecie

tributarie, in l’I.V.A. e gli altri tributi erariali, settembre 1973. Per il BERLIRI la circostanza che

l‟Iva sia un tributo monofase a pagamenti frazionati “si ripercuote anche sul piano giuridico, in quanto sostituisce ad una molteplicità di contribuenti (tutti gli operatori economici che partecipano al ciclo produttivo e distributivo di un bene) un solo contribuente (colui che vende a chi non è assoggettato al tributo) trasformando così tutti gli operatori in semplici obbligati a versamenti d‟acconto”. L‟autore fonda la sua tesi osservando ulteriormente che “non tutte le obbligazioni a favore dell‟ente impositore disciplinate da una legge tributaria hanno la stessa funzione e producono gli stessi effetti, onde bisogna distinguere le obbligazioni tributarie in senso proprio dalle obbligazioni accessorie connesse” (op.cit., p. 208); “l‟obbligazione tributaria in senso stretto ha per oggetto il pagamento a titolo definitivo (salvo conguaglio) di una somma a favore dell‟ente

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(o servizio) al consumatore finale e i passaggi anteriori che impegnavano il bene nel ciclo di produzione e distribuzione: solo l‟ultimo passaggio genera l‟obbligazione tributaria, avente le caratteristiche della certezza, della liquidità e della esigibilità, ed è dunque idoneo a configurare il presupposto del tributo, mentre le obbligazioni relative ai soggetti intervenuti nei passaggi anteriori rivestono carattere di accessorietà, non comportando, in capo ai soggetti intervenuti nel processo, alcun effettivo e definitivo depauperamento.73

Il secondo orientamento, ponendo maggiormente l‟accento sull‟aspetto tecnico- giuridico, tendeva ad evidenziare che l‟imposizione si realizza attraverso l‟attribuzione di rilevanza giuridica a fatti che precedono l‟immissione al consumo; tali fatti dunque, consentendo allo Stato di percepire l‟imposta, sia pure in forma di anticipazione, configurano il presupposto del tributo dando, in effetti, luogo alle connesse obbligazioni tributarie.

impositore. Tale obbligazione, infatti, realizza la funzione tipica ed essenziale dell‟imposta: determinare l‟arricchimento del soggetto attivo ad un corrispondente impoverimento del soggetto passivo, consentendo così al primo di ricuperare dal secondo le spese pubbliche, cioè quelle spese che non hanno trovato la propria copertura in un corrispettivo specifico (prezzo o tassa)” (op.cit., p. 208) “L‟arricchimento dello Stato e l‟impoverimento del contribuente si determinano solo per effetto della vendita da un assoggettato ad un non assoggettato giacché solo in tal momento il consumatore, verso il quale l‟ultimo assoggettato ha diritto di rivalsa, paga senza acquistare alcun credito” (op.cit., p. 216). Non sorge pertanto “alcun debito a carico dello Stato con l‟ulteriore conseguenza che la somma incassata determina un aumento del suo patrimonio, costituisce per lui un arricchimento. E per questo che il versamento effettuato dall‟assoggettato in occasione della vendita al non assoggettato costituisce un‟imposta e non un versamento in acconto” (op.cit., p. 216); “non costituendo la somma versata al fisco in occasione della vendita fra due assoggettati il pagamento di un‟imposta, l‟estinzione di un‟obbligazione tributaria, ma solo il versamento di una somma che, a seconda dei casi, sarà portata in detrazione dal debito dell‟acquirente verso lo Stato o ad esso acquirente restituita in tutto o in parte, l‟obbligazione che fa carico a chi vende ad un assoggettato costituisce una tipica obbligazione accessoria e più precisamente una di quelle obbligazioni d‟acconto di cui si va sempre più arricchendo il nostro sistema tributario e dal cui adempimento nasce, a favore di un terzo, un credito verso lo Stato utilizzabile per il pagamento dell‟imposta. In definitiva, un credito d‟imposta” (op.cit., p. 220).

Per il LICCARDO, l‟I.V.A. è un‟imposta generale sul consumo, applicata mediante il meccanismo della rivalsa. L‟obbligazione tributaria si rende certa, liquida ed esigibile in occasione dell‟ultimo passaggio del bene, e dunque nei confronti del consumatore. Tutte le altre obbligazioni sono sussidiarie e non principali.

73 SAMMARTINO, op. cit., 15. Ciò sulla base del meccanismo di funzionamento dell‟imposta

tecnica impositiva tipica di un‟imposta plurifase, con pagamenti frazionati, caratterizzata daglii istituti della rivalsa e della detrazione, con il metodo imposta da imposta, e con solo versamento del saldo alle scadenze periodiche.

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Ne consegue che il meccanismo della rivalsa, nonostante comporti l‟irrilevanza, sotto il profilo economico, del relativo passaggio, conseguente all‟assenza di un effettivo depauperamento in capo all‟operatore economico che pone in essere l‟operazione, non consente di concludere per l‟assenza del presupposto il quale sussiste ed è connaturato all‟esistenza della relativa obbligazione tributaria. Le singole operazioni assumono dunque la natura di presupposto; in tale ambito, la rivalsa non può essere configurata come una conseguenza della qualità di sostituto ovvero di responsabile d‟imposta in capo al soggetto passivo.74

Tale orientamento è preferito da chi pone l‟accento sul metodo di indagine giuridico e dunque su una necessaria stretta aderenza al dettato normativo, che non pone le differenze evidenziate tra passaggi senza addebito e ultimo passaggio al consumatore finale, ed osserva altresì che l‟obbligo del cedente nei confronti del fisco sorge a prescindere dall‟avvenuto esercizio della rivalsa: esso si fonda nella realizzazione dell‟operazione imponibile, nella sua oggettività.75

Secondo tale orientamento, dunque, il mancato depauperamento economico consentito dall‟esercizio della rivalsa non consente di affermare l‟assenza del

74 in tal senso, FANTOZZI, Presupposto e soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, in

Dir. Prat. Trib, 1972, n. 5, p. 725; Operazioni imponibili, non imponibili ed esenti nel procedimento di applicazione dell’I.V.A., in Riv. dir. fin. Sc .fin. 1973, n. 1, p. 138; INGROSSO

M. Le operazioni imponibili ai fini dell’I.V.A., in Dir. Prat. Trib., 1973, n. 3, p. 338; MICHELI G.A. I presupposti dell’I.V.A., Relazione tenuta al seminario di studi sull’IVA, Napoli, 3-4-5 febbraio 1973; ID., L’IVA dalle direttive comunitarie al decreto delegato (Considerazioni di un

giurista), in Riv. Dir. Fin. E sc. Fin., 1973, n. 3, p. 431; CESAREO F. Considerazioni sulla natura e sui presupposti dell’IVA, in l’IVA e gli altri tributi erariali, aprile 1972, p. 441.

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In tal senso, SAMMARTINO, op. cit., 19-22, secondo il quale, tra l‟altro, “è da condividere il pensiero del PARLATO (Cedente e Cessionario nel meccanismo dell’IVA, Relazione tenuta al Seminario di studi sull‟IVA, Napoli, 3-4-5 febbraio 1973) circa le possibili strutture che i rapporti giuridici in tema di IVA siano suscettibili di assumere. L‟autore individua un rapporto giuridico “tripolare”, intercorrente tra fisco, cedente e cessionario, e più rapporti giuridici “bipolari”, intercorrenti tra fisco e cedente o tra fisco e cessionario. In seno al rapporto giuridico tripolare, per il quale in capo al cedente sorge l‟obbligo del pagamento dell‟Iva in favore dell‟Amministrazione finanziaria e in capo al cessionario, che ha subito la rivalsa, nasce un credito di pari ammontare nei confronti della stessa amministrazione, l‟autore ravvisa la presenza di rapporti giuridici collegati. In particolare, un frammento della fattispecie relativa al rapporto tra cedente e fisco viene assunto quale elemento della fattispecie che si realizza tra cessionario e fisco.

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presupposto, in quanto l‟istituto della rivalsa deve essere circoscritto ai rapporti tra soggetti passivi.76

Ed inoltre, circoscrivendo l‟attenzione al momento temporale in cui viene effettuata l‟operazione, si deve riconoscere che si verifica un effettivo arricchimento da parte dello Stato, in quanto, il rapporto tributario, singolarmente considerato con riferimento all‟operazione effettuata, sotto il profilo dell‟esistenza dell‟obbligazione tributaria, lascia emergere un obbligo di pagamento a vantaggio dell‟erario, restando dunque irrilevante la speculare circostanza, attinente al rapporto tra lo Stato e l‟altro soggetto passivo intervenuto nell‟operazione, della contestuale esistenza di un obbligo alla restituzione dell‟imposta assolta, in quanto per quest‟ultimo detraibile, poiché i due rapporti giuridici, seppur oggetto di taluni collegamenti, sotto altri aspetti si presentano come indipendenti ed inoltre non devono essere necessariamente simmetrici.

Sotto tale profilo, infatti, si potrebbe ipotizzare per disparate ragioni sia connesse alla tecnica ed alle fattispecie normative, sia con riferimento ad eventi rispetto ad esse terzi (si pensi all‟accertamento di una maggiore imposta), l‟esistenza di un obbligo al pagamento senza un diritto di credito nei confronti dell‟altro soggetto (caso delle esenzioni), ovvero, per converso, l‟inesistenza di un obbligo al pagamento, pur in presenza di un diritto di credito d‟imposta da parte dell‟acquirente (ad esempio nelle operazioni intracomunitarie). L‟individuazione del presupposto impositivo, secondo tale percorso di analisi (giuridico) non è dunque influenzata dalla circostanza, di carattere economico, della necessità di determinare l‟imposta effettivamente dovuta all‟erario eseguendo la somma algebrica delle operazioni attive e passive77 in quanto il presupposto impositivo non deve essere ricercato nella fase finale della serie, ma in quella iniziale.

76 Ed infatti, l‟obbligo del cedente nei confronti del fisco sorge automaticamente, e non è in alcun

modo ricollegato all‟effettuazione o meno della rivalsa, la quale, pur dovendo qualificarsi anch‟essa come obbligo, non condiziona l‟esistenza del debito di imposta il quale trova la sua ratio nella realizzazione dell‟operazione imponibile.

77 Come sostiene, al contrario, FANTOZZI, secondo cui “il carattere saliente della nuova imposta

è dato […] dall‟assoluto formalismo del suo meccanismo applicativo che consente di prescindere, in una indagine giuridica, da qualunque giudizio circa la bontà della denominazione ovvero

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