5. Prospettive di riforma
1.2 Approdo al Codice Rocco
Il Codice Rocco, promulgato il 19.10.1930, tentò di realizzare un compromesso tra le istanze della Scuola classica e quelle della Scuola positiva. Si assiste a una nuova stagione politica che pone al centro del sistema giuridico l‟autorità dello Stato, vista come autorità regolatrice e armonizzatrice. A fronte dell‟incapacità dell‟ordinamento, alla luce della legislazione allora presente, di realizzare una corretta difesa sociale, nacque l‟esigenza di creare un nuovo codice penale capace di provvedervi. L‟idea di fondo del nuovo codice consisteva nel contrastare la delinquenza, in nome della salvaguardia dello Stato, attraverso l‟irrogazione di sanzioni più severe e mediante la reintroduzione della pena di morte, avente chiare funzioni intimidatorie. In linea di tendenza poi con le spinte derivanti dalla Scuola positiva, vennero rafforzati gli strumenti di difesa contro la criminalità. È qui che per la prima volta le misure di sicurezza si affacciano al panorama giuridico. Misure che se, da un lato, con difficoltà riuscirono a realizzare una vera e propria funzione di prevenzione speciale, dall‟altro, permisero di tutelare la società da quei delinquenti che o per incapacità o per pericolosità si ponevano in contrasto con l‟ordine sociale. Quel che bisogna puntualizzare è pero che, a differenza dei positivisti, il codice Rocco non accolse un‟idea di soggetto
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pericoloso inteso come singolo avente determinate caratteristiche congenite, con ciò volendosi dire che non per forza un delinquente ristretto in misura di sicurezza presenta anomalie somatiche o psichiche tali da indurlo necessariamente al delitto.
Il codice Rocco pervenne a un apparente compromesso, tra le due correnti di pensiero, «da una parte, quindi, il diritto penale viene mantenuto in vita come “diritto penale del fatto” e non dell‟autore – sia poi esso l‟autore in senso criminologico o quello in senso normativo - ed il fatto stesso costituisce la base indefettibile per l‟individuazione e la quantificazione delle sanzioni; dall‟altra, però, accogliendo le istanze avanzate dai positivisti, viene indubbiamente attribuito al soggetto ed ai suoi motivi all‟agire illecito un peso notevole, sia attraverso l‟individuazione dei criteri generali per la scelta e la quantificazione della sanzione, sia ricorrendo al nuovo istituto delle circostanze28[…], alcune delle quali appaiono sicuramente incentrate sulla personalità del reo nei suoi aspetti criminologicamente rilevanti»29. Il codice delimita la disciplina penalistica cui assoggettare i non imputabili attraverso le misure di sicurezza, conservando pur sempre la pena, legata al fatto, agli imputabili.
In definitiva, la disciplina codicistica è il risultato di uno studio condotto da giuristi esperti che possono inserirsi all‟interno di una terza corrente di pensiero, quella della Scuola Tecnico -Giuridica, di cui Arturo Rocco e Vincenzo Manzini furono i più autorevoli esponenti. Preoccupazione costante del giurista deve essere quella di studiare un ordinamento sia da un punto di vista storico, sia sotto il profilo del suo operare in un dato contesto territoriale, «senza confondere tra l‟esistente e lo sperato come esistente, pur utilizzando, al giusto, i contributi offerti dalle altre scienze “collaterali” al diritto penale ed alla scienza che lo studia. Lo studio del diritto, pertanto, è attività scientifica in senso stretto e tecnico sia per l‟oggetto (il diritto positivo esistente in un certo contesto di spazio e di tempo), sia per il metodo (il “metodo tecnico – giuridico) sia per il fine (la conoscenza dei contenuti di un diritto positivo, storicamente dato)»30.
La Scuola Tecnico-Giuridica riuscì a realizzare un bilanciamento tra le due correnti di pensiero che la precedettero, attraverso una razionale presa d‟atto dei limiti del sistema giuridico; in particolare, come lo stesso Rocco aveva sostenuto prima dell‟emanazione del Codice del 1930, preoccupandosi di «studiare il delitto e la pena sotto il lato puramente e
28 Vedi supra capitolo I, sez. 1.2. 29
Marini, ivi, pag. 16. 30
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semplicemente giuridico, cioè come fatti giuridici di cui l‟uno è la causa e l‟altro l‟effetto o conseguenza giuridica, lasciando ad altre scienze, e precisamente all‟antropologia ed alla sociologia criminale, la cura speciale di studiarli, rispettivamente, l‟uno, come fatto individuale e sociale, cioè, sotto l‟aspetto naturale, organico e psichico, e sotto l‟aspetto sociale, l‟altro come fatto sociale».
Il diritto penale non deve avere la pretesa di conoscere tutto lo scibile, quanto di poter regolare solo i risvolti giuridici dell‟agire umano, « […] per la scienza del diritto penale si afferma che essa ha per compito lo studio della disciplina giuridica di quel fatto umano e sociale che si chiama delitto, e di quel fatto sociale e politico che si chiama pena, cioè lo studio delle norme giuridiche che vietano le azioni umane imputabili, ingiuste e dannose indirettamente produttive e rivelatrici di un pericolo per l‟esistenza della società giuridicamente organizzata, e perciò lo studio del diritto e del dovere giuridico soggettivo, cioè del rapporto giuridico penale, che da esse nasce in virtù di quelle norme[…]. Questo, dunque, è principalmente, se non esclusivamente, il compito e la funzione, della scienza del diritto penale: l‟elaborazione tecnico – giuridica del diritto penale positivo e vigente, la conoscenza scientifica, e non semplicemente empirica, del sistema del diritto penale quale e‟, in forza delle leggi che ci governano»31.
L‟introduzione delle misure di sicurezza si muove all‟interno d‟un processo di modernizzazione dei sistemi giuridici europei che parte dal progetto svizzero di Stoos, accolto anche dal codice penale spagnolo del 1928. Il codice Rocco, tuttavia, presentava già nella sua prima stesura «un grado di compiutezza e di coerenza sconosciuti ad altri progetti»32. Tuttavia, l‟opinione che vede nell‟accostamento tra le misure di sicurezza e la pena una sorta di bilanciamento degli interessi tra Scuola classica e positiva33 deve essere riveduta. Infatti, l‟introduzione delle misure è più una «concessione della scuola classica alle esigenze poste dalla moderna scuola sociologica in materia di trattamento di delinquenti abituali o
31 Rocco Arturo, Il problema e il metodo della scienza del diritto penale, in Riv. It. Dir. Pen., I, 1910, pag. 497 ss.
32 Romano-Grasso- Padovani, Commentario Sistematico del Codice penale, pag. 356.
33 A proposito, Fiandaca-Musco, op. cit., pag. 820 «L‟introduzione del “doppio binario”- quale (sia pur discutibile) risposta legislativa al problema di superare le lamentate insufficienze del diritto penale classico nella lotta alla crescente criminalità-sortì anche l‟effetto di favorire la riappacificazione tra la Scuola “classica” e la Scuola “positiva”, dopo anni di aspro dibattito sulla natura e la funzione della pena: la contemporanea presenza nel sistema di “pene” e “misure”- rispettivamente legate ai contrapposti paradigmi della (tradizionale) colpevolezza difesa dai “classici” e della pericolosità sociale propugnata dai “positivisti”- apparve infatti come una sorta di onorevole compromesso, che accontentava un po‟ tutti e non scontentava nessuno»
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professionali, per i quali si chiedeva con insistenza un inasprimento del trattamento sanzionatorio34».
Quel che si puntualizzava era che, se la pena saldata alla colpevolezza non può servir da monito nei confronti di determinate categorie criminali, allora bisogna che alla pena si accosti la misura di sicurezza, ancorata alla pericolosità di certuni. La misura di sicurezza, nel contesto storico di cui si tratta, è applicata, quindi, nei confronti dei soggetti imputabili e pericolosi. La misura era una risposta, nella maggior parte dei casi, aggiuntiva rispetto a quella della pena, che aveva uno scopo non dichiarato: eludere i limiti garantistici proprio di uno stato di diritto. Se la misura di sicurezza è applicabile a tempo indeterminato, finché la pericolosità sussiste, allora la stessa è strumentalizzabile per bypassare i limiti posti dalla legge. La misura di sicurezza è al servizio del potere statale.
Il sistema del c.d. doppio binario introdotto nel codice Rocco ha, dunque, «un grado di coerenza e di compiutezza tale da esaltarne i difetti»35. In esso non ritroviamo limiti all‟applicazione della misura di sicurezza; essa non si pone come alternativa alla pena, non essendovi ipotesi nelle quali la misura si sostituisce a essa per gli imputabili. Una volta accertata la commissione di un fatto di reato e verificata la pericolosità del suo autore esiste solo un‟applicazione cumulativa fra le due: «la misura si applica accanto alla pena e si esegue
dopo la pena»36. La misura di sicurezza è al servizio della difesa nazionale che, a causa delle
ipotesi di pericolosità, presunte e non, permette al giudice, in fase esecutiva, di eludere i principi posti a base di uno stato di diritto.
Sin dai primi anni dall‟entrata in vigore del codice Rocco, gli operatori giuridici e la dottrina hanno contestato l‟effettiva distinzione tra le due. Innanzitutto, da un punto di vista sistematico, si è evidenziato come la differenziazione tra pena e misura si basi su di un presupposto funzionale smentito dalla realtà dei fatti: se la pena è castigo, è pur vero che essa può fungere da emenda, non essendo alla stessa estranea una funzione di prevenzione speciale. Lo stesso dicasi per le misure di sicurezza: se la funzione delle stesse è quella di “ curare” il reo, non può non emergere come esse si estrinsechino in una restrizione della libertà, con ovvie componenti afflittive a essa connesse. Inoltre, nella fase attuativa, la misura di sicurezza è apparsa come una riproduzione della pena sanzionatoria: «la colonia agricola e
34 Ivi, pag. 357. 35
Ivi, pag. 359. 36
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la casa di lavoro vengono scontate in stabilimenti identici a quelli destinati all‟espiazione delle pene detentive»; si aggiunga che «gli interessati sono sottoposti ad un trattamento non diverso da quello cui sono sottoposti i condannati»37.
Appare chiara, dunque, l‟insussistenza di quel sistema a doppio binario che sembrava esser derivato dalla nuova stagione politica degli anni 30 del secolo scorso.