3. L‟autore di reati, socialmente pericoloso
3.3 La legge Gozzini: il superamento delle presunzioni di pericolosità
3.3.2 Il regime penitenziario: oltre la legge
3.3.2.1 Pericolosità sociale e recidiva
Da questi presupposti si evince l‟intento del legislatore che, intervenendo sul momento esecutivo della pena, non soltanto palesa la volontà di appesantire la risposta sanzionatoria rispetto a determinate tipologie di reato, ma si mostra fautore di una politica legislativa volta a potenziare la funzione di prevenzione speciale negativa della pena. In questo senso, come vedremo, la riforma della recidiva della legge n. 251 del 2005.
130 Legge sull‟ordinamento penitenziario. 131
Pelissero, op. cit., pagg. 42-43. 132
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Prima di analizzare la novella legislativa di cui sopra, bisogna partire con delle considerazione preliminari. La disciplina della recidiva si trova nel titolo dedicato al reo, ossia nel capo II del titolo IV del libro primo del codice penale133, insieme alle figure di pericolosità qualificata viste prima. Mentre quest‟ultime sono presupposti per l‟applicazione delle misure
di sicurezza, la recidiva ha efficacia limitata all‟aggravamento della pena134
. La recidiva non rappresenta un sintomo della maggiore pericolosità sociale del soggetto; se così fosse non si giustificherebbe l‟inasprimento della pena, dovendosi prospettare, nella logica del doppio binario, l‟applicazione di una misura di sicurezza. Essa denota semmai una maggiore capacità a delinquere del reo e si basa sul presupposto che la precedente pena non abbia svolto alcun tipo di efficacia intimidatrice o di prevenzione speciale: per questa ragione si richiede un trattamento sanzionatorio più incisivo. Il presupposto per la sua applicazione è dunque quello di aver commesso una fattispecie criminosa dopo la sentenza di condanna relativa a un precedente reato.
Mentre il verificarsi dei presupposti delle figure di pericolosità qualificata permettono di constatare la pericolosità sociale del singolo, nel caso della recidiva questo, come visto, non
accade. Eppure, «[…]il legame della recidiva con l‟idea della pericolosità dell‟autore[…]»135
rimane. Parte della dottrina ha, infatti, visto nella recidiva una «condizione personale del soggetto»136, uno status del soggetto. Ciò confligge non soltanto con la tesi che vede nella recidiva un elemento accessorio proprio delle circostanze, ma anche con l‟articolo 69 c.p. quarto comma così come riformato dalla legge n. 251/2005 che introducendo un limite al giudizio di bilanciamento in presenza della recidiva reiterata, sembra confermare quell‟orientamento che evidenzia la mera natura circostanziale della stessa.
Dovendo puntualizzare il rapporto sussistente tra la pericolosità sociale e la recidiva, possiamo analizzare il fondamento di quest‟ultimo istituto, che può essere visto sotto due differenti aspetti: c‟è chi vede nell‟inasprimento della sanzione penale una risposta alla
maggiore colpevolezza del soggetto137, e chi invece sostiene che essa possa, nell‟ottica della
prevenzione speciale, distogliere il reo dal ricadere nell‟errore del reato138. L‟istituto, invero,
133 Intitolato: Della recidiva, dell‟abitualità e professionalità nel reato e della tendenza a delinquere.
134 Articolo 99 c.p.: ”Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo”.
135 Pelissero, op. cit., pag. 46.
136 Mantovani, diritto penale, parte generale, Padova, 2007, pag. 640. 137
Vedi E. Ambrosetti, Recidiva e recidiviamo, Padova, 1997. Pag. 49. 138
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appare ambivalente, «[…]si trova a cavallo del doppio binario, nel senso che le ragioni dell‟aggravamento della sanzione nei confronti di un soggetto rimasto insensibile alla prima sentenza di condanna sembrano debordare nel giudizio prognostico sulla possibile ricaduta nel reato[…]». A tal riguardo, l‟istituto della recidiva si accosta a quello delle misure di sicurezza, configurando entrambi «[…]un giudizio prognostico modulato in differenti livelli di rischio, che giustificano ora la sola applicazione della recidiva, ora (da sola o in aggiunta) la misura di sicurezza»139. In tal senso di recente si espressa la Corte Costituzionale, con la sentenza del 14.06.2007 n. 192, che ha dichiarato la natura facoltativa della recidiva. Tant‟è che «conformemente[…] ai criteri di corrente adozione in tema di recidiva facoltativa, il giudice applicherà l‟aumento di pena previsto per la recidiva reiterata solo qualora ritenga il nuovo episodio delittuoso concretamente significativo - in rapporto alla natura ed al tempo di commissione dei precedenti, ed avuto riguardo ai parametri indicati dall‟art. 133 cod. pen. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo»140.
La legge 251/2005 ha marcato quest‟ultime considerazioni, in relazione, soprattutto, alla possibilità che la recidiva possa fungere da sintomo della maggiore pericolosità del reo. La legge ex Cirielli si muove in un contesto storico che ha visto una delegittimazione del sistema preventivo delle misure di sicurezza per gli imputabili, causato soprattutto dalla perdita di valore delle basi teoriche delle misure di sicurezza, delegittimate dal principio di colpevolezza. L‟aumento dei delitti contro la persona e contro il patrimonio verificatisi in quegli anni hanno spinto verso la «[…]predisposizione di un circuito speciale riservato allo status di recidivo, in particolare reiterato (art. 99, quarto comma, c.p.) “ a sfondo sintomatico- presuntivo”»141
. Si tratta di una politica di intervento distonica rispetto a quella iniziata dalla legge 354 del 1975 che aveva predisposto misure alternative al carcere e attuato il principio costituzionale di rieducazione della pena. Infatti, la logica della pena detentiva intesa come extrema ratio aveva creato un eccessivo scollamento tra pena prevista in astratto e pena eseguita, privandola da quella funzione di prevenzione generale funzionale all‟inibizione del crimine.
Il nuovo regime sanzionatorio, allora, nasce dalla pretesa di attualizzare una prevenzione speciale negativa della pena nei confronti di quei soggetti che, a causa della
139 Pelissero, op. cit., pag. 47. 140
Corte Costituzionale Sentenza n° 192/07 del 14 giugno 2007 141
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reiterazione dei reati, abbiano mostrato una determinata pericolosità. In tal senso, la legge 251/2005 evidenzia la necessità di dare una risposta incisiva a queste tipologie di criminali. Per meglio capire, vediamone i contenuti: la facoltatività della recidiva è stata mantenuta, ad eccezione dell‟ipotesi prevista dall‟art. 99, quinto comma, c.p. avente a oggetto i reati di cui all‟art. 407, secondo comma, lett. a) c.p.p., denotando questi una maggiore pericolosità dell‟autore. A tal riguardo sono stati allargati i limiti massimi di aumento della sanzione penale. Una delle novità più importanti è quella che riguarda la discrezionalità del giudice: nella disciplina delle circostanze sono stati introdotti limiti al giudizio di bilanciamento, che non consentono al giudice di far prevalere le attenuanti in presenza della recidiva reiterata (art. 69, comma 4, c.p.); per quanto riguarda il concorso formale e il reato continuato sono stati introdotti limiti all‟aumento della pena per effetto del cumulo giuridico (art. 81, comma 3, c.p.), elevandosi poi i tempi di prescrizione dei reati (art. 161 c.p.).
In fase di esecuzione, è stato poi inserito un percorso penitenziario particolare per i recidivi reiterati, prevedendosi forti restrizioni all‟accesso alle misure alternative alla detenzione. Infatti, la concessione dei permessi premio è subordinata alla espiazione di una pena più elevata rispetto a quella prevista generalmente (art. 30 quater ord. penit.) e non è prevista la concessione della semilibertà immediatamente (art. 50 bis ord. penit.). E‟ stato, infine, inserito un limite alla concessione di misure alternative nei confronti dei recidivi reiterati, impossibilitati a beneficiare per più di una volta dell‟affidamento in prova al servizio sociale, della semilibertà e della detenzione domiciliare142.
Da quanto appena visto, si evince un cambio di rotta rispetto a quella politica di intervento che dal 1975, come detto, aveva cercato di deflazionare la centralità del carcere. La necessità di pervenire alla neutralizzazione di quei soggetti che, a causa delle reiterazione dei reati, abbiamo mostrato una accentuata pericolosità, si è realizzata grazie all‟accoglimento, da parte della legge n. 251/2005, di una definizione ampia di recidiva ai fini della differenziazione dei circuiti penitenziari dei recidivi reiterati, sotto due diversi profili: dal punto di vista qualitativo non vi sono criteri selettivi della tipologia dei reati per i quali può giustificarsi l‟irrigidimento del regime sanzionatorio, a differenza di quanto visto con l‟art. 4 bis ord. pen. Infatti, la mera limitazione ai delitti di natura non colposa non rappresenta un indice sufficiente per differenziare il trattamento penitenziario. Dal punto di vista temporale,
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poi, l‟assenza di limiti fra i reati precedenti e le sentenze di condanna ha posto il rischio di un‟amplificazione della portata applicativa della recidiva. La fase esecutiva della pena appare diversificata «non più in nome di precise linee di politica criminale e penitenziaria, aventi ad oggetto una decisa azione di contrasto alla criminalità organizzata o eversiva, bensì in attuazione di discutibili concezioni soggettiviste del diritto penale»143. La nuova disciplina della recidiva palesa «la riscoperta di un modello di controllo penale che ha, per più di mezzo secolo, improntato la disciplina del doppio binario: la pericolosità sociale, da presupposto per l‟applicazione della misura di sicurezza, è diventata anche ratio ispiratrice della disciplina della recidiva»144.
È bene precisare che se è vero che la nuova disciplina della recidiva ha diversificato l‟esecuzione della pena145
in ragione di esigenze di difesa sociale, volte a contrastare la pericolosità del singolo, è anche vero che la legge del 2005 non è rimasta immune alla nuova stagione di politica criminale iniziata dalla Gozzini. Infatti, la legge n. 251/2005 ha mantenuto, nella maggior parte dei casi, la facoltatività della recidiva, come sostenuto soprattutto dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 192/2007. Dello stesso avviso la Corte di Cassazione che a Sezioni Unite, 27.05.2010 sent. 35738, ha posto alcuni punti fermi in
tema di facoltatività o meno della recidiva146. Nel caso di specie, la Corte ha ribadito che la
recidiva, anche quella reiterata, ha natura di circostanza aggravante facoltativa, con la possibilità del giudice di escluderne l‟applicazione qualora essa non sia sintomo di maggiore pericolosità del reo e di una maggiore colpevolezza, eccezione fatta per l‟ipotesi di cui al comma 5 dell‟articolo 99147
. Più precisamente, «è dunque compito del giudice, quando la
143
Fiori, op. cit., 2006 p. 315 144 Pelissero, op. cit.,pag. 52.
145 C. Fiorio, Recidiva e prescrizione dei reati: le novità della legge ex - Cirielli (II). Le disposizioni esecutive e penitenziarie, in dir. Pen. Proc., 2006, p. 315., il quale sostiene che questa diversificazione è dettata «non più in nome di precise linee di politica criminale e penitenziaria, aventi ad oggetto una decisa azione di contrasto alla criminalità organizzata o eversiva, bensì in attuazione di discutibili concezioni soggettivistiche del diritto penale».
146 Vedi anche Cass., sez. IV, 11 aprile 2007, CED 236412; sez. IV, 19 aprile 2007, CED 235835 147
Vedi a proposito Marco Panzarasa, Dalle Sezioni Unite alcuni punti fermi in tema di recidiva reiterata, in penale contemporaneo, 26.11.2010, a questo link: http://www.penalecontemporaneo.it/area/3-/16-/-/183- dalle_sezioni_unite_alcuni_punti_fermi_in_tema_di_recidiva_reiterata/, che precisa a proposito che :«[…] la Corte esclude che il principio di facoltatività della recidiva possa subire “scissioni” con riferimento agli effetti che conseguono al riconoscimento della stessa; non è cioè ammissibile che il giudice riconosca la recidiva in capo al condannato, aumentando la pena, ma si astenga dall‟applicare tutte le altre conseguenze che dal riconoscimento della stessa derivano (ad es., non aumenti la nella misura prevista dall‟art. 81 c.p. in caso di reato continuato)».E ancora Più di recente la Corte di Cassazione ha affermato che «la recidiva prevista dall‟art. 99, comma 4 c.p. […] deve ritenersi tuttora facoltativa – salvo che si tratti di uno dei delitti previsti dall‟art. 407,
100
contestazione concerna una delle ipotesi contemplate dai primi quattro commi dell‟art. 99 c.p. e quindi anche nei casi di recidiva reiterata […] quello di verificare in concreto se la reiterazione dell‟illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità […]. All‟esito di tale verifica al giudice è consentito negare la rilevanza aggravatrice della recidiva ed
escludere la circostanza, non irrogando il relativo aumento di sanzione[…]»148
I punti critici però restano149. Come evidenziato sopra, la logica neoretributiva non è riuscita a concretizzare gli effetti sperati. L‟eccessivo congestionamento carcerario non ha permesso di realizzare quell‟effetto deflazionistico del crimine posto a base di questa fase politica. La legge ex Cirielli «[…] ci propone una “pena-carcere”, sempre più segregativa e
sempre meno risocializzativa»150, che sembra non tener conto dei limiti del sistema
penitenziario. Queste le ragioni che hanno spinto la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 257/2006, ha rievocare il principio di rieducazione della pena di cui all‟articolo 27 della Costituzione. Nello specifico, ha dichiarato l‟illegittimità costituzionale dell‟articolo 30 ter ord. pen. «nella parte in cui non prevede che il beneficio del permesso premio possa essere concesso sulla base della normativa previgente nei confronti dei condannati che, prima dell‟entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto»151, sottolineando la prevalenza del principio rieducativo sulle presunzioni di pericolosità della ex- Cirielli.
L‟istituto della recidiva permette di sottolineare la crisi in cui versa il sistema del doppio binario, in riferimento agli autori non imputabili. Infatti, il venir meno della strategia preventiva delle misure di sicurezza personali nei riguardi dei soggetti imputabili, a seguito dell‟abolizione delle presunzioni di pericolosità, ha incrinato la funzionalità delle misure di sicurezza, inducendo il legislatore a spostare le politiche di difesa sociale sul fronte dell‟inasprimento sanzionatorio. Rileva Pelissero a riguardo che «[…] in Italia la logica della
comma 2, lett. a), c.p.p. (art. 99, comma 5, c.p.) – con la conseguenza che allorquando il giudice ritenga di non apportare alcun aumento di pena per la recidiva , non reputandola espressione di maggiore colpevolezza o di pericolosità sociale, non è operante il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti […]», cass. Sez. V, 15.05.2009, n. 22871, Di Popolo, in Cassazione penale 2010, pag. 615.
148 Corte di Cassazione, Sez. Unit., 27.05.2010., 35738, punti 20 e 21. 149
Vedi a proposito, Messina, La Corte di Cassazione contro il nuovi diritto penale dell‟ ”autore recidivo” rifiuta l‟applicazione obbligatoria della recidiva reiterata, in riv. Italiana di diritto e procedura penale, 2008, pag. 881 ss. 150 Pelissero, op. cit., pag. 55.
151
Vedi A. Pennisi, La consulta fissa i limiti alle scelte (clemenziali e repressive) del legislatore in materia penitenziaria, in dir. Pen. Proc., 2006, p. 1235 ss.
101
difesa sociale, avendo perso la scommessa sul terreno delle misure di sicurezza […]» si ripropone su quello delle pene, «con un aggravio della risposta punitiva […]»152.