3. Le misure di sicurezza personali detentive, la colonia agricola e
3.2 Il riformatorio giudiziario
3.2.1 Minore non imputabile
Il codice penale distingue a seconda che il minore sia imputabile o non imputabile224. L‟ipotesi del minore non imputabile è disciplinata all‟art. 224 c.p., il quale si riferisce alle misure di sicurezza minorili applicabili «nei confronti dei minori prosciolti a seguito di incapacità di intendere e di volere, ex artt. 97 e 98, per immaturità[…]»225. Per applicare la
222 Cass. 16.01.1991, in Cass. Pen. 1992, pag. 1507. 223 Romano-Grasso-Padovani, op. cit., pag. 542. 224
Per quanto riguarda l‟imputabilità del minore vedi supra, Cap. I, sez. 2.5. 225
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misura ex art. 224, il giudice, preliminarmente, deve accertare che il fatto sia attribuibile materialmente al minore e che vi sia l‟appartenenza psicologica del fatto allo stesso. In presenza di tali presupposti, si potrà irrogare una delle misure previste dall‟art. 224 c.p., tenuto conto “delle condizioni morali della famiglia in cui il minore è vissuto”226
. Qualora entrambe le misure della libertà vigilata e del riformatorio, siano applicabili, «il giudice, nella scelta tra le due misure, dovrà ispirarsi all‟interesse del minore, preferendo la misura che risulti “più utile alle finalità rieducative del minore”, secondo la formula ripetutamente impiegata nel d.P.R. 448 cit.»227.
Prima dell‟intervento della Corte costituzionale, con la sentenza 324/1998, vi era la possibilità di applicare l‟internamento in O.P.G. nei confronti dei minori portatori di patologie psichiatriche gravi, infatti «il riferimento ex. art. 224 ai delitti dolosi risponde all‟esigenza di ragguagliare la situazione dell‟infradiciottenne immaturo ma pericoloso a quelle omologhe dei minori valutati maturi: perciò, alla luce della naturale instabilità dell‟età evolutiva, bisogna verificare che il non imputabile si sia trovato in una situazione psichica che, se non
condizionata dall‟accertata incapacità, coinciderebbe con lo schema doloso
dell‟imputabile»228
.Tuttavia, tale orientamento era stato osteggiato da altra parte della giurisprudenza, in ragione della necessità di disporre per i minori uno strumento meno rigido e più corrispondente alle particolari situazioni cui gli stessi venivano a trovarsi, ragion per cui la Corte costituzionale con la sentenza 324/1998, ha dichiarato l‟illegittimità costituzionale dell‟art. 222. c.p., commi 1, 2 e 4, chiarendo come le uniche misure astrattamente applicabili ai minori di età socialmente pericolosi debbano essere quelle previste dagli artt. 224 c.p. e 36 del d.P.R citato. Più precisamente, «l'assenza, negli ospedali psichiatrici giudiziari, di strutture ad hoc per i minori, correlata anche alla mancanza di casi di ricoveri di minori in tali istituti, […] conferma la diffusa consapevolezza presso gli operatori e gli stessi giudici minorili della incompatibilità di siffatta misura con la condizione di minore, […] le esigenze di tutela della personalità del minore coinvolto nel circuito penale non consentono in alcun caso, nemmeno dunque in quello di infermità psichica, di trascurare la condizione di minore del soggetto. Il minore affetto da infermità psichica è prima di tutto un minore, e come tale va trattato, tutelato nei suoi diritti in quanto persona in formazione, ed assistito, anche nell'ambito del
226 Art 224, comma 1 c.p.
227 Romano-Grasso-Padovani, op. cit., pag. 554. 228
Dolcini-Marinucci, op. cit., pag. 2344, con rinvio a sentenza cort. Cass. 17.01.1972, Cass. Pen. Mass. Ann. 1972, pag. 527.
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sistema giudiziario penale. Deve dunque dichiararsi l‟illegittimità costituzionale delle norme denunciate, che prevedono l'applicabilità ai minori della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario»229.
Anche su quest‟ultimo punto la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi
nei primi anni settanta del secolo scorso230, dichiarando l‟illegittimità dell‟art. 224 comma 2
c.p., nella parte in cui rendeva obbligatorio l‟internamento in riformatorio dell‟infraquattordicenne, «sottoponendolo allo stesso trattamento dell‟infra-diciottenne ed
omologando così due situazioni diverse e dal diverso sviluppo psicologico»231, in violazione
dell‟art. 3 cost., ipotesi presuntiva che, però, continuava a sussistere per i minori dai 14 ai 18 anni., almeno fino all‟intervento della legge Gozzini, che ha subordinato l‟applicazione delle misure speciali per i minori all‟accertamento della pericolosità sociale di questi.
Come già anticipato, la pericolosità sociale dei minori presenta una particolare accezione la quale, tenuto conto della lettera dell‟art. 224 c.p., si basa sulle condizioni morali della famiglia e sulla gravità del fatto-delitto commesso. Tali elementi permettono di evidenziare la singolarità dell‟accertamento della pericolosità del minore.
La nozione di pericolosità sociale del minore ci perviene dall‟art. 37 comma 2 d.P.R. 448/1988, il quale dispone che “la misura è applicata se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 224 del codice penale e quando, per le specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità dell'imputato, sussiste il concreto pericolo che questi commetta delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro la sicurezza collettiva o l'ordine costituzionale ovvero gravi delitti di criminalità organizzata”. Si fa riferimento, dunque, a una pluralità di elementi che tengono conto delle modalità e circostanze del reato, della possibile realizzazione della recidiva e della possibilità che il minore realizzi delitti particolarmente violenti. Reati che, normalmente, non trovano applicazione nei confronti dei minori, «data la difficile plausibilità di rinvenire in un minore di 14 anni una pericolosità così
specifica e qualificata»232.
Di particolare interesse, nella valutazione della pericolosità sociale del minore, sono gli artt. 6 e 9 del c.p.p.m. i quali permettono di realizzare, rispettivamente, indagini dei servizi minorili e accertamenti sulla personalità dell‟autore che, in deroga al divieto di perizie
229 Sent. Cort. Cost. 324/1998, Gdir. 1998, 32, 78. 230 C. cost. 1/1971, in Giur.Cost. 1971, pag. 3.. 231
Dolcini-Marinucci, op. cit., pag. 2336. 232
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criminologiche, danno la possibilità al giudice di avere un maggior numero dati, al fine di predisporre nei confronti del minore la misura di sicurezza più corrispondente alla sua
particolare situazione, in modo da contribuire alla sua educazione e cura233.
Una volta verificata la reale portata della pericolosità del singolo, il giudice deve scegliere quale misura di sicurezza applicare, potendo, al tal riguardo, decidere di irrogare la misura di sicurezza della libertà vigilata o la misura del riformatorio giudiziario che, come visto, si esplica nel collocamento del minore in una comunità educativa.
La misura che più frequentemente trova applicazione per i minori è la libertà vigilata, disposta dal magistrato di sorveglianza il quale impone talune prescrizioni al minore. Queste consistono nell‟imposizione di obblighi riguardanti il lavoro e/o allo studio. Obblighi che devono essere accompagnati «da un forte intervento e coordinamento dei servizi minorili e dei servizi sociali»234, al fine di impedire che il minore possa essere lasciato a se stesso, pena l‟insuccesso dello scopo educativo imposto dalla misura.
Il riformatorio giudiziario, invece, è applicato, nelle forme dei ricovero coattivo del minore in comunità educativa, in relazione ai delitti previsti dall‟art. 23 comma 1 del d.P.R. cit., ed è eseguito nelle forme dell‟art. 23, ossia qualora il minore abbia realizzato condotte particolarmente violente che determinano la reclusione per un minimo di almeno 9 anni, o nei casi di atti di violenza sessuale o di delitti tentati di cui all‟art. 380, comma 2 lett. e-f-g-h- del c.p.p.
Anche in questo caso l‟applicazione della misura non è automatica, una volta verificatisi i presupposti, quanto subordinata all‟accertamento della pericolosità del singolo che possa giustificare la restrizione della libertà personale. Finanche in queste strutture al giudice è data la possibilità di disporre «prescrizioni inerenti all‟attività di studio, di lavoro e a tutto quanto possa essere utile per la sua (ri)educazione»235.