4. La valutazione della pericolosità sociale
4.1 La pericolosità sociale alla luce delle neuroscienze
Il tema della pericolosità sociale ha assunto negli ultimi anni un‟importanza centrale non soltanto nella giurisprudenza, ma soprattutto nel mondo scientifico. Il continuo evolversi delle neuroscienze e le nuove acquisizioni della psichiatria hanno permesso il diffondersi di un nuovo orientamento nella scienza psichiatrica, che rimanendo nell‟ottica del c.d. metodo combinato, ripone maggior fiducia nella figura del perito. Come visto nel capitolo precedente, il perito ha il compito di individuare la presenza nell‟imputato, qualora vi siano dubbi sulla capacità di intendere e di volere dello stesso, di disturbi capaci di comprometterne le capacità volitive. Alla luce del tema qui in esame è bene puntualizzare che il perito, oltre a tale onere, ha anche quello di fare notare le caratteristiche del disturbo, nei suoi aspetti qualitativi e
160 Pelissero, op. cit., pag. 111.
161 In tal senso Pariente-Verucci-Marchetti, La pericolosità sociale da vizio di mente, a cura di Giusti, Trattato di medicina legale e scienze affini, Padova, 1999, pag. 682.
162
Pelissero, op. cit., pag. 112:«l‟incertezza e la complessità dei metodi rischiano di far prevalere il c.d. metodo intuitivo, nel quale concorrono a determinare il giudizio di pericolosità sociale l‟esperienza di vita, le conoscenze dell‟uomo, le personali pre-comprensioni di chi deve emettere il giudizio: si tratta, a ben vedere, di un criterio del tutto incerto, condizionato da fattori culturali non controllabili, estremamente soggettivo, dal quale purtroppo la prassi “celebra ogni giorno di trionfo”».
104
quantitativi163, al fine di «[…]rivelare una potenziale incidenza sulla concreta plausibilità che il soggetto commetta in futuro atti violenti»164.
Precisando quanto detto parlando di studio clinico-anamnestico del singolo, le moderne strumentazioni scientifiche hanno permesso di supportare il lavoro del medico nella valutazione della pericolosità dell‟imputato. In questo senso le moderne tecniche di neuroimaging, che «hanno rivoluzionato la ricerca e favorito, di fatto, la nascita delle moderne neuroscienze cognitive»165. È maturata l‟idea che sia possibile, attraverso la neuroanatomia, studiare il cervello nel suo complesso.
Le tecniche di neuro-immagine sono di due tipi: le strutturali e le funzionali. Le prime sono quelle capaci di evidenziare le anomalie di sviluppo o le lesioni provocate dalle patologie. Le seconde, invece, riescono a raffigurare la funzionalità biologica cerebrale in corrispondenza di determinate attività cognitive. Tra le apparecchiature strutturali vi sono la TAC, la RM e il TDI166. Tra quelle funzionali la PET, la SPECT e la FMRI167. Grazie all‟utilizzo di queste apparecchiature è stato possibile rilevare come nel cervello del soggetto sano le funzioni cerebrali operino in modo diverso rispetto a quello disturbato. In altri termini, «accade[…] che soggetti con un lobo frontale mal funzionante possano più facilmente commettere illeciti, anche se non esposti ad ambienti particolarmente sfavorevoli[…]. In questo modo è possibile distinguere stabilmente fra un soggetto infermo ed uno
normale[…]»168
. Mediante questi studi, sarebbe allora possibile accorgersi della disfunzionalità di aree del cervello che, presentando delle anomalie, potrebbero fornire un indizio valido sulla pericolosità del soggetto.
Lo stesso dicasi delle recenti acquisizioni di biologia molecolare e di genetica comportamentale. Gli studi in questo caso si collegano, rispettivamente, al genoma umano e all‟influenza che il patrimonio genetico può avere sulla personalità del singolo. A tal proposito, si ritiene che un‟influenza esagitante sul comportamento dell‟uomo possa essere
determinata da particolari geni, come il MAOA169. I soggetti che li possiedono potrebbero, se
163 A proposito vedi la già citata sentenza Raso. 164 Collica, ivi, pag. 18.
165 A. Lavazza-L.Sammicheli, Il delitto del cervello, la mente tra scienza e diritto, Torino, 2012, pag. 187. 166
Rispettivamente: tomografia assiale computerizzata, risonanza magnetica e tensore di diffusione
167 Rispettivamente: tomografia a emissione di positroni, tomografia a emissione di fotone singolo e la risonanza magnetica funzionale.
168
Collica, ivi, pag. 19 169
105
stimolati, avere una probabilità maggiore di svilupparli e dunque di commettere attività criminose. Da ciò il particolare interesse che questi studi suscitano in tema di pericolosità sociale.
Seppur utili ai fini della valutazione della personalità (in senso lato) del reo, è bene sottolineare come le risultanze delle neuroscienze siano ancora poco utilizzate nel processo, anche perché «i risultati ottenuti con le nuove tecniche si rivelano veritieri in un buon numero di casi, ma non corrispondono al vero in un‟altra percentuale»170
. Soprattutto in Italia, le indagini di questo tipo sono pressappoco inesistenti. Solo di recente sono emerse, in alcune pronunce, aperture nei confronti di tali tecniche accertative.
Fra queste la sentenza Albertani del Tribunale di Como del 20.05.2011 n. 563. Il caso aveva ad oggetto un omicidio perpetrato da Stefania Albertani ai danni della sorella maggiore, segregata in casa e costretta ad assumere psicofarmaci che ne avrebbero compromesso la salute fino alla morte. Il Gip di Como ha condannato l‟imputata a venti anni di reclusione, a seguito dell‟accertamento di un vizio parziale di mente per la « presenza di “alterazioni” in “un‟area del cervello che ha la funzione” di regolare “ le azioni aggressive” e, dal punto di vista genetico, di fattori “significativamente associati ad un maggiore rischio di
comportamento impulsivo, aggressivo e violento” »171
. Si tratta del primo riconoscimento in Italia della validità nel processo delle neuroscienze, decisione supportata anche da ordinari accertamenti psichiatrici che ne hanno avvalorato il risultato.
La portata innovatrice della sentenza non deve però indurre in errore, dovendosi ribadire l‟indispensabilità dell‟esame del soggetto da parte del giudice, che può solo essere supportato dalle acquisizioni neuro-scientifiche, senza che queste si sostituiscano completamente al giudizio del magistrato. Infatti, l‟accertamento della pericolosità sociale psichiatrica ha come scopo principale quello di porre in luce la sussistenza di un‟anomalia che deve essere eliminata mediante una terapia, mentre l‟accertamento della pericolosità sociale normalmente intesa è utile ai fini del giudizio del giudice che, a seconda del caso che avrà di fronte, dovrà scegliere quale misura adottare per impedire gli effetti negativi che questa pericolosità può avere sui terzi172.
170
Collica, ivi, pag. 20.
171 Rinviando alla sentenza, si veda M.T. Collica, Il riconoscimento del ruolo delle neuroscienze nel giudizio di imputabilità, in Penale contemporaneo.
172
Sulla pericolosità giuridica e psichiatrica vedi Fornari, Attualità in presenza di pericolosità sociale psichiatrica, Relazione tenuta al congresso su “pericolosità sociale e società pericolosa”.
106
Quindi all‟esame clinico deve necessariamente seguire l‟esame sul reo a opera del magistrato173, volto a evidenziare le eventuali concause che lo hanno spinto al crimine. Ciò porta a considerazioni circa la cosiddetta pericolosità situazionale, già oggetto di studio nei primi anni del diciannovesimo secolo da Exner e Zimmerl: «ad attrarre l‟attenzione della dottrina non è dunque solo più il soggetto con le sue caratteristiche criminologiche, con i suoi disturbi, ma il contesto in cui il soggetto opera, le circostanze di vita che forniscono stimoli al soggetto e con le quali il soggetto interagisce»174.
Allora, se è pur vero che la presenza di determinati disturbi può essere sintomo di pericolosità, questa correlazione non può mai essere affermata con certezza, dovendosi analizzare il caso concreto, prendendo a riferimento tutti i dati di cui il giudice può disporre. Invero, accade spesso che il singolo portare di disturbo ritenuto pericoloso diventi innocuo una volta inserito in un contesto sociale o ambientale idoneo. Non per nulla, nei casi di revisione della pericolosità, si considerano le possibilità di accoglienza esterna alla misura di sicurezza che al singolo possono essere date. Paradossalmente, accade che i magistrati di sorveglianza, nel riesame, pur non rilevando elementi idonei ad attestare la pericolosità sociale dell‟esaminato, non procedano alla revoca della misura, per l‟assenza di sistemi assistenziali idonei ad accompagnare il singolo verso il reinserimento sociale.
E‟ indubbio, a tal proposito, come si necessiti di strutture assistenziali capaci di correggere, mediante l‟assistenza psichiatrica e attraverso programmi terapeutici ad ampio raggio, i comportamenti inclini alla violenza degli internati. A tal proposito, per la prognosi sul comportamento futuro del reo imputabile, nel procedimento di sorveglianza, si fa spesso riferimento a quei fattori ambientali e relazionali che possono porsi in contrasto con il
173 In un ottica comparatistica ricordiamo il caso Daubert v. Merrell Dow Pharmaceuticals del 1993 che a proposito ha evidenziato come accanto alle prove neuro scientifiche debba accostarsi la competenza decisionale del giudice basata su dati di verifica epistemologica della validità della prova scientifica: 1) La verificabilità: la teoria deve essere controllata mediante esperimenti; 2) La falsificabilità: seguendo Popper, una teoria è scientifica se è falsificabile; 3) Controllo della comunità scientifica: devono esserci studi comprovati da pubblicazioni specialistiche funzionali alla sottoposizione a controllo della comunità scientifica; 4) Identificazione della percentuale di errore noto o potenziale: che permette si soppesare la portata della prova scientifica; 5) la generale accettazione: il giudice deve tener conto del parare della comunità scientifica.
La sentenza Kumho Tire del 1999 della Corte Suprema ha specificato alcuni aspetti generali del caso Daubert, evidenziando come i criteri della sentenza del 1993 devono estendersi anche a tutte le expert testimonies di tipo specialistico (per esempio le perizie mediche). Nel 2000 una nuova riformulazione ha permesso di inserire tre nuovi criteri, introdotti nella Rule 702 delle Federal Rules of Evidence. Si esplicita che la nuova prova scientifica può essere ammessa se è fondata su sufficienti dati fattuali, se è basata su principi e metodi affidabili e se questi sono stati efficacemente applicali al caso di specie. Per le ripercussioni di tali teorizzazioni nel contesto italiano si veda Lavazza-Sammicheli, op. cit., pag. 190 in riferimento agli studi di Dominioni.
174
107
processo di riabilitazione dello stesso. Valutazioni che determinano «problemi di accertamento della pericolosità sociale, specie in sede di valutazione sulla cessazione della misura, considerata la difficoltà di effettuare in istituto una prognosi sul comportamento del soggetto in libertà»175. Lo stesso per quanto riguarda i soggetti non imputabili autori di reato. Venuta meno, come visto, quel binomio che alla malattia mentale accostava la pericolosità sociale, si pone il problema di capire se la presenza della malattia mentale possa rappresentare un indizio sulla futura commissione di reati.
Gli studi, in tal senso, hanno fatto emergere talune linee guida. Dovendo precisare che la presenza di un determinato disturbo psichico non assume mai le stesse caratteristiche da parte di chi ne è affetto, sembra che, per individuate malattie, vi sia una correlazione tra patologia psichiatrica e azioni violente: ad esempio negli schizofrenici. E‟ emerso, mediante uno studio fatto sugli internati negli O.P.G. italiani, come gli affetti da psicosi grave rappresentano la categorie di infermi con il più alto tasso di manifestazioni violente, potendo, dunque, la patologia ad oggetto rappresentare un indizio prognostico sulla futura realizzazione di attività illecite, una volta cessata la misura di sicurezza.
Tuttavia, come già visto, «la correlazione tra patologia e violenza non è supportata da una legge scientifica di copertura dotata di validità scientifica universale» essendo l‟aggressività del malato di mente aspecifica. Con ciò si vuole mettere in mostra come vi possano essere fattori terzi capaci di combinarsi con la patologia incrementando il rischio che il singolo commetta attività violente. Quindi, «soggetto e contesto interagiscono in un duplice modo: è il soggetto che può essere pericoloso in un certo contesto o è un certo contesto a rendere più predisposto il soggetto a manifestazioni pericolose»176.
Il giudizio prognostico sulla recidiva, pertanto, dipende anche dall‟assistenza che al singolo può essere assicurata. Assistenza che deve provenire, anzitutto, dalla famiglia, qualora l‟interessato ne abbia una e questa sia disponibile a supportarlo. E poi dalle strutture sanitarie e assistenziali. Fra quest‟ultime si era cercato di inserire le misure di sicurezza, prima fra tutte la figura dell‟O.P.G. che, come vedremo, ha perso quei caratteri assistenziali per i quali era stata congegnata.
175
Ivi, pag. 117. 176
108
Capitolo III
Sezione I
Le misure di sicurezza personali
1. Considerazioni preliminari
Il titolo VIII del libro I del codice penale disciplina il tema delle misure amministrative di sicurezza, ed è suddiviso in due capi, attinenti, il primo alle misure di sicurezza personali e il secondo alle misure di sicurezza patrimoniali. Oggetto di questo capitolo sarà il capo I, ossia quello concernente le misure di sicurezza personali, a sua volta ripartito in due differenti sezioni: la sez. I, contenente le disposizioni di carattere generale applicabili a ogni tipo di misura di sicurezza personale, e la sez. II, che, invece, si occupa di definire le singole misure di sicurezza personali, siano esse detentive o non detentive.
Come si è visto, le misure di sicurezza personali nascono con la pretesa di porsi quale valida alternativa alla pena, al fine di prevenire la pericolosità sociale del singolo, mediante l‟uso di tecniche curative, qualora la pericolosità dipenda da un‟infermità, educative, qualora questa tragga origine dall‟immaturità del singolo, e rieducative, qualora la stessa derivi da soggetti imputabili1.