5. Prospettive di riforma
1.1 La Scuola Positiva
I limiti della Scuola classica furono aspramente criticati dalla corrente di pensiero che maturò nei primi anni del 900 e che portò alla formazione di una nuova scuola giuridica, la Scuola positiva15. L‟azione come tale è rilevante solo se rapportata all‟agente, alla sua particolare composizione organicistica ed esperienziale. Il libero arbitrio non può essere che un‟invenzione astratta, non essendo scientificamente idoneo a giustificare le azioni dei consociati. La volontà, infatti, non è libera. Essa realizza un risultato che è il frutto di un concatenarsi di eventi, ambientali e non.
Al problema della causa del reato i positivisti hanno dato risposte differenti. Il padre fondatore della Scuola positiva, Cesare Lombroso, aveva evidenziato come il reato fosse l‟esito di una serie di anomalie di carattere organico del delinquente. Il delinquente è tale in sé, poiché diverso dagli altri uomini. «I delinquenti sono una specie del genere uomo e riproducono delle caratteristiche somatico – biologiche proprie ad una primitiva fase di sviluppo attraverso la quale – secondo le leggi dell‟evoluzione – l‟umanità sarebbe passata prima di arrivare all‟attuale stadio»16
.
I delinquenti, secondo questa accezione, sono persone non evolute che, a causa di determinati deficit organici, appaiono sprovvisti di quei freni inibitori capaci di opporsi agli impulsi. Nasce l‟antropologia criminale che pone in risalto determinati tratti somatici del delinquente (come ad esempio la forma del cranio, della faccia e delle braccia) millantando la presenza di costanti nell‟uomo delinquente, tali da determinarne un tipo d‟uomo, un uomo che nasce delinquente.
Cesare Lombroso, dopo un‟autopsia eseguita nei confronti del brigante Giuseppe Villella, rimase impressionato da alcune malformazioni che il bandito presentava. Notò, infatti, una fossetta sul cranio del medesimo, tipica degli animali primitivi, che lo portò a sostenere che la stessa fosse sintomo di un‟anomalia criminogena: «alla vista di quella fossetta mi apparve d‟un tratto, come una larga pianura sotto un infinito orizzonte, illuminato il problema della natura del delinquente, che doveva riprodurre ai nostri tempi i caratteri
dell‟uomo primitivo giù giù fino ai carnivori»17
. Si tipizzò un tipo criminale, differentemente che in passato ove ciò che contava era la tipizzazione dei reati.
15 Così chiamata in quanto ispirata dalla filosofia positiva maturata in Europa nel secondo ottocento. 16
Bettiol, op. cit., pag. 27. 17
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Nonostante l‟accuratezza delle ricerche condotte da Cesare Lombroso,le critiche mosse
nei suoi confronti furono smisurate. Innanzitutto, si evidenziava come non vi fossero prove scientifiche dell‟esistenza di relazioni specifiche tra la tendenza a delinquere e la struttura corporea. Infatti, l‟aver trovato un delinquente con deformazioni fisiche non permette di asserire che coloro i quali presentino le stesse anomalie siano criminali. Si sottolineava, poi, come non tutti gli uomini che delinquono sono stati sottoposti a esami antropometrici, venendo meno la certezza che anche questi mostrassero le stesse malformazioni o caratteristiche fisiche. Si aggiunga a ciò che molti soggetti considerati “normali” (non delinquenti) risultavano portatori di anomalie somatiche tipiche dei “delinquenti”, corroborando la veridicità dei postulati lombrosiani. Da un punto di vista prettamente sociologico, dobbiamo poi rammentare come queste teorizzazioni avessero portato a derivazioni ideologiche aberranti: si ricordi, a proposito, come l‟interpretazione del
darwinismo ad opera di Cesare Lombroso18 lo avesse indotto a sostenere che l‟uomo di colore
era l‟anello mancante tra la scimmia e l‟uomo bianco. Da qui, la formazione di una scala
gerarchica delle razze umane con a capo quella bianca19.
Con il perfezionamento degli studi della Scuola positiva si passò dall‟analisi antropologica a quella dinamica del crimine. Non è tanto la struttura fisica dell‟uomo ha darci la misura del crimine, quanto la dinamica dell‟azione. Come precisa Bettiol, «gli antropologi troppo spesso hanno studiato il cadavere dell‟uomo delinquente, non questo nella sua
dinamicità. L‟uomo da queste ricerche è inesorabilmente sparito!»20
.
All‟estremismo lombrosiano si contrappose la più moderna teoria positivista di Enrico Ferri. Scettico nei confronti di quel sistema teorico tipizzante, s‟interessò di accentuare le particolari situazioni ambientali nelle quali il reato si esplica. Nasce la sociologia criminale che pone al centro dell‟azione delinquenziale l‟ambiente, inteso come insieme di condizioni oggettive e soggettive, nel quale il delinquente vive. Più chiaramente, si può dire che «le numerose anomalie organiche, biologiche o psichiche non creano un nesso deterministico col comportamento antisociale, tranne che in rare situazioni di evidente e radicale anormalità; ma nella generalità dei casi possono soltanto indurre delle “predisposizioni” più o meno
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Più chiaramente, Giuseppe Volpe, Storia Costituzionale degli italiani, Torino, 2009, pag. 116, in relazione all‟antropologia criminale.
19 Si veda a proposito la concezione della donna in rapporto alle considerazione sulle patologie femminili ne La donna delinquente: la prostituta e la donna normale, sempre di Cesare Lombroso.
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accentuate, le quali per attuarsi in concreti reati richiedono il simultaneo concorso di fattori esterni, tanto più determinanti quanto più riescono a debilitare la forza di volontà e la coscienza morale e sociale dell‟individuo»21
. La sociologia criminale rappresentò, sotto diversi punti di vista, un conglomerato di concetti che più razionalmente, rispetto all‟antropologia criminale, riuscì a spiegare la causa del crimine. Seppur ancorata a valutazioni razionali e concrete sulle cause del crimine, non si preoccupò di studiare le cause interne all‟uomo che potessero predisporlo al crimine.
Col passare degli anni e il continuo evolversi degli studi criminologici, si giunse a una nuova corrente di pensiero positivista, la psicologia criminale. È attraverso l‟indagine individuale sulla psiche del singolo che si potrà capire qual è la causa del crimine. Essa è il frutto della presenza di un‟anomalia psichica dalla quale il reato scaturisce22. I disturbi psichici condizionano le decisioni di chi ne è affetto, determinandolo al punto da spingerlo al crimine. Ma in cosa consistano queste anomalie non è dato sapere. Pure la psicologia criminale, se portata alle estreme conseguenze, lascia trasparire delle imperfezioni. Se, da un lato, si può ammettere che in determinate circostanze l‟infermità possa spingere al crimine, è anche vero che non sempre essa porti al crimine, come anche è vero che non sempre il protagonista dell‟azione delittuosa realizza un‟offesa in quanto infermo.
Seppur non esenti da critiche, le teorie positiviste riuscirono a imporsi nel contesto sociale dell‟epoca, rappresentando una valida alternativa alle teorizzazioni della Scuola classica.
Per ciò che attiene al versante sanzionatorio, la Scuola positiva, rifiutando l‟idea di uomo libero capace di autodeterminarsi senza essere condizionato da fattori esterni, esclude la possibilità di irrogare una pena meramente retributiva. La pena deve perdere le caratteristiche di mezzo volto a reprimere e castigare, dovendo evolversi in strumento idoneo a prevenire la reiterazione del reato. Non è quindi l‟imputabilità il vero nodo centrale della pena, ma la pericolosità sociale, che permette di applicare una misura di sicurezza. Quest‟ultima, a differenza del reato, non è proporzionata al male commesso, ma al grado di pericolosità del soggetto. La prevenzione generale viene sostituita da quella speciale che sovverte le dinamiche del sistema penale. Essa, diversamente dalla pena, non è predeterminata quanto alla durata, ma deve trovare esecuzione fino a quando sia riscontrabile nel reo un sintomo di
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Ivi, pag. 31. 22
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pericolosità sociale. Mentre la retribuzione realizzava una risposta sanzionatoria all‟azione delittuosa dettata dal libero arbitrio, la misura di sicurezza guarda al futuro ed è ordinata al recupero sociale del reo. Il giudice non è più un mero esecutore del legislatore; la sua discrezionalità nel giudicare si amplifica. La libertà personale non è più ristretta nei limiti temporali previsti della pena, ma perdura sino a che la pericolosità sociale persiste.
Un sistema teorico così congegnato urtava con la matrice liberale propria dei primi anni del secolo scorso. La politica criminale positivista, desiderosa di introdurre le misure di sicurezza nell‟ordinamento giuridico, venne avversata, infatti, dalla diffidenza del regime liberale che faceva capo alla Scuola classica. Lo stato liberale «è tutto permeato dal concetto di due sfere di attività che, o per diritto di natura o per contratto sociale, spettano l‟una allo Stato l‟altra al cittadino, di modo che lo Stato solo nei casi espressamente consentiti dalla legge può per fini repressivi violare la sfera individuale»23.
Su queste basi, la Scuola positiva tentò un primo timido approccio con il c.d. Progetto Ferri del 1921. Esso s‟impose in modo razionale al mondo giuridico, profilandosi come un disegno di legge non dichiaratamente frutto di quel pensiero positivo tendente all‟eliminazione della figura della pena intesa come afflizione. Infatti, continuava a tipizzare i reati, «indice dell‟insufficienza di un criterio di pericolosità generico quale criterio esclusivo di difesa sociale»24. Il Ferri, attento alle critiche della cultura liberale, aveva ben arguito d‟evitare l‟introduzione di misure di sicurezza, parlando piuttosto di “sanzioni criminali”, con ciò volendo creare una crasi tra la figura della pena e quella della misura: «esso denota un provvedimento repressivo che assumendo su di sé anche compiti di difesa o di sicurezza, è
come tale tendenzialmente determinato nel minimo, ma indeterminato nel massimo»25.
Fra i punti nodali del progetto Ferri vi era il c.d. principio di responsabilità legale: la sanzione criminale è la risposta che lo stato appresta al consociato pericoloso che ha provocato un danno. Essa rappresenta la negazione del libero arbitrio: «non è la volontà libera che ci fa responsabili, ma la legge, espressione della volontà sociale. Non più responsabilità
morale, dunque, ma “responsabilità” legale o sociale»26. L‟attenzione spostata sulla figura del
delinquente permise di approfondire la personalità dello stesso, portando a una classificazione tipologica dei delinquenti. Cesare Lombroso aveva articolato la figura del criminale, 23 Ivi, pag. 37. 24 Ivi, p. 38. 25 Ibidem. 26 Ivi, pag. 39.
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distinguendo tre categorie: 1) il delinquente nato tale, con caratteristiche fisiche specifiche; 2) il delinquente d‟occasione, con caratteristiche psico-fisiche più attenuate rispetto al primo gruppo; 3) il delinquente per passione, il quale presentava un‟immediata e momentanea attenuazione dei freni inibitori.
Ferri perfezionò la classificazione del padre della Scuola positiva, ponendo in essere una nuova categorizzazione : 1) il delinquenti pazzo, impossibilitato al vivere comune per anomalie psichiche precise; 2) il delinquente sprovvisto dalla nascita dei freni inibitori funzionali al controllo degli impulsi; 3) il delinquente divenuto tale a seguito di condizionamenti esterni; 4) il delinquente occasionale; 5) Il delinquenti per passione27.
Ferri si preoccupò di analizzare la natura del crimine pervenendo a una classificazione innovativa rispetto a quella del Lombroso, che seppur non basata su solidi presupposti scientifici, permise di studiare dei meccanismi di prevenzione del reato appositi, che sfociarono nell‟introduzione delle misure di sicurezza.