2. L‟instabilità sociale: le strategie di controllo
2.2 Risposte non adattative: neoretribuzionismo
Alle risposte adattative si contrappongono le risposte non adattative, «[…]fondate sul recupero del principio morale di responsabilizzazione individuale, che rifiuta di giustificare o attenuare la responsabilità per il reato in nome dei condizionamenti sociali e psicologici che contrassegnano il vissuto dell‟autore»59
. Le risposte non adattative propongono un ritorno del potere d‟intervento in capo al legislatore. Il potere politico tende a riaffermarsi, ricercando nell‟istituzione carceraria la soluzione al problema del crimine, imponendo pene minime obbligatorie. Il tutto con un chiaro risvolto simbolico, infatti « sostituire l‟azione al pensiero (acting out) significa […] ricorrere a provvedimenti legislativi o a politiche […] che diano alla gente l‟illusione che si sta facendo qualcosa contro il dilagare del crimine. […] Ma come
tutte le risposte “populiste” anche queste tendono a essere emotive, regressive e catartiche»60
. I politici parlano, secondo questo filone di pensiero, del criminale come di essere umano emarginato e pericoloso, estraneo alla normalità della vita quotidiana. La cosiddetta criminologia dell‟altro. I corollari di questa corrente sono ravvisabili nella demonizzazione del criminale, con la conseguente percezione distorta dello stesso. La paura ritorna al centro del tessuto sociale che, sopraffatto dal pericolo, chiede all‟organo statale di intervenire, dando « […]vigore al potere statuale di punire»61. La vittima diviene oggetto d‟interesse politico.
Alla luce del malcontento sociale la risposta della classe politica è dover proteggere i più deboli dai delinquenti, mediante l‟inasprimento delle pene e il rafforzamento della logica generale preventiva. Il tutto al fine di attirare consensi.
Inizia a parlarsi di neoretribuzionismo, di un ritorno a un sistema di tipo monistico che si fonda sulla pena: si «[…] reclama una maggiore effettività della pena, intesa per lo più come certezza del momento applicativo e minore flessibilità dell‟esecuzione penale; istanze,
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Patalano, op. cit., pag. 15. 58 Pelissero, op. cit., pag. 23. 59Ibidem.
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Ceretti, op. cit., pag. 56. 61
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queste, notoriamente care alla concezione retributiva della pena»62. Partendo dal presupposto
che le strategie di prevenzione speciale non hanno svolto alcun effetto, la corrente neoretribuzionista spinge verso politiche più ferree di controllo della criminalità, senza però imporre pratiche autoritarie. Da qui l‟esigenza d‟una maggiore attenzione per l‟edilizia carceraria63. Mentre, infatti, nella logica preventiva l‟istituzione carceraria era stata trascurata, giacché vista come extrema ratio, adesso ritorna alla ribalta e con essa la necessità di dare un‟impronta umanizzante alla pena carceraria. Evidenzia Giunta che «anche certe correnti minimaliste sembrano sottendere un ritorno alla rigidità della pena in fase esecutiva, compensata, però, da un lato dalla relativa brevità della pena detentiva che può essere irrogata nel massimo, dall‟altro, dal rigoroso rispetto delle garanzie sostanziali e processuali di marca
liberale»64. Tuttavia, il neoretribuzionismo accentua la funzione speciale preventiva negativa
della pena, volta a neutralizzare il reo, al fine di annullare la pericolosità sociale dello stesso. La discrezionalità del giudice si riduce: un sistema che pone la retribuzione al centro della dinamica sanzionatoria non può ammettere che l‟organo giudiziario agisca in piena libertà. Per le stesse ragioni s‟irrigidisce la disciplina della recidiva, basata sul noto modello di esclusione del three strikes and you are out65. Non si parla più di rieducazione, ma di incapacitazione della sanzione, diretta a prevenire la commissione di ulteriori reati.
L‟incapacitazione può essere materiale o giuridica: la prima consiste nella restrizione fisica del singolo, funzionale a impedire che lo stesso commetta reati; è giuridica, invece, quando all‟interessato venga tolta una qualifica giuridica che gli permetteva di commettere illeciti in quell‟ambito ove esercitava una funzione. Il primo tipo d‟incapacitazione si realizza mediante la pena detentiva; quella giuridica, ad esempio, mediante il ritiro della patente nei confronti di un soggetto condannato per reati stradali. Entrambe le forme hanno un effetto preventivo, «[…]legato ai connotati di severità, certezza e prontezza della sanzione[…]66
». Quest‟ultima accezione ci permette di rilevare che, innanzitutto, la pena debba essere certa: ogni qualvolta si verifichino i presupposti per la sua applicazione deve essere irrogata; deve
62 F. Giunta, Quale giustificazione per la pena? Le moderne istanze della politica criminale tra crisi dei paradigmi preventivi e disincanti scientifici, in Pol. Dir., 2000,p pag. 275.
63 Cfr. Pelissero, op. cit., pag. 25 «[…]la prospettiva di recupero della funzione di incapacitazione della pena detentiva piega il soggetto al soddisfazione di una pura logica di difesa sociale che, in nome del diritto alla sicurezza dei diritti, non è in grado di assicurare una più ampia e comprensiva sicurezza dei diritti[…]».
64 Ibidem. 65
Vedi a proposito Grande, il terzo strike. La prigione in America, Palermo, 2007. 66
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essere severa: una pena non severa non servirebbe a neutralizzare la pericolosità del reo; e deve essere tempestiva: prima si applica la pena meno possibilità avrà il colpevole di creare nuovi danni67.
L‟esigenza preminente è quella del recupero della legalità, da dover realizzare mediante un ristabilimento dell‟ordine. Politiche di tolleranza zero volte a prevenire la reiterazione del reato. Ritorna in risalto una strategia punitiva che «[…]è naturalmente statuale e politica, ma assume un appeal populista ogniqualvolta tratta le persone non tanto come cittadini di una democrazia, quanto come membri di una “comunità di vittime” e potenziali vittime che chiedono il “carcere duro” contro il dilagare del crimine»68
. Le risposte non adattative ristabiliscono la centralità del carcere e ne fanno oggetto di politica penale. Il rischio è quello
di un ritorno a un diritto penale simbolico69, ove «potrebbe paradossalmente nascondersi una
giustizia che non crede più al diritto, una giustizia disincantata»70.
In questo contesto sociale, le misure di sicurezza svolgono un ruolo cruciale: se, da un lato, le stesse nascono in funzione risocializzante, curatrice, dall‟altro, la loro efficacia neutralizzante agisce in modo dirompente. Lo strumento della misura è utile ai fini della logica neoretribuzionista. Anzi, è lo strumento migliore per impedire ipotesi di recidiva. La pericolosità sociale del ristretto in misura di sicurezza permette agli operatori giuridici di reiterare la permanenza dell‟internato in misura di sicurezza. Fintantoché il reo presenterà i caratteri della pericolosità, non vi saranno limiti alla sua restrizione. In conclusione, «da questo punto di vista le misure di sicurezza sembrano presentare una notevole capacità di adattamento alla crisi del sistema penale: pur partendo da presupposti antitetici a quelli delle
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Per maggior completezza, vedi Pagliaro, ibidem, dove parla di incapacitazione indifferenziata e selettiva:«La prima riguarda quei singoli individui dei quali si può riconoscere la notevole pericolosità sociale. L‟impedire loro di compiere reati farebbe diminuire, nel futuro, il tasso di reati. Però, è estremamente difficile effettuare previsioni attendibili sul futuro comportamento criminale di un singolo individuo. Perciò, questa forma di incapacitazione incontra nella pratica forti limitazioni. L‟incapacitazione indifferenziata (operata cioè a carico di tutti i soggetti che hanno commesso certi tipi di illecito o sono stati in procinto di commetterli) sembra, invece, che non abbia alcun effetto sul tasso dei reati».
68 Ceretti, op. cit., pag. 56.
69Per una maggior comprensione del tema si veda Eusebi, La «nuova» retribuzione, in Riv. it. Dir. Proc. Pen., 1983, 957«[…],crediamo che, per quanto riguarda quegli ambiti in cui si ritenga irrinunciabile la detenzione, possa competere al trattamento, inteso in senso lato, un ruolo legittimo nella strategia risocializzativa; deve invece radicalmente escludersi il fondare sulla detenzione per ragioni special preventive, la prassi sanzionatoria del sistema penale».
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correnti neoretributive, pervengono al medesimo risultato di neutralizzazione dell‟autore del reato»71.
Prima di analizzare gli sviluppi negativi della logica neoretributiva, soprattutto sul versante del congestionamento carcerario, bisogna concentrarsi sulle conseguenze che la strategia del controllo penale ha provocato nei riguardi della figura dell‟autore di reati, che si riveli socialmente pericoloso.