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4. La valutazione della pericolosità sociale

1.1 Disposizioni generali

1.1.6 Pericolosità sociale

Quale presupposto soggettivo per l‟applicazione della misura di sicurezza, la pericolosità sociale, si estrinseca, ai sensi del primo comma dell‟art. 203 c.p., nella probabilità che l‟interessato commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reato. Il secondo comma del summenzionato articolo, invece, prevede che “la qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell‟art. 133”, più precisamente «[…]dai coefficienti della capacità a delinquere, il cui contenuto intrinseco si presta per sua natura ad una valutazione prognostica»58.

L‟abrogazione dell‟art. 204 c.p. per opera della legge n. 663/86 ha eliminato dal nostro ordinamento59,le ipotesi di pericolosità presunta previste dalla legge, che subordinavano l‟applicazione della misura di sicurezza alla mera rilevazione di elementi sintomatici della pericolosità. L‟art. 31 della legge Gozzini ha inoltre stabilito che “tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa”, riagganciandosi al combinato disposto degli artt. 202 e 203 c.p.

Tuttavia, il riferimento dell‟art. 203 c.p. comma 2, al 133 c.p. per la diagnosi della pericolosità della personalità del soggetto e della prognosi criminale, ha posto non pochi problemi in giurisprudenza circa i rapporti sussistenti tra la capacità a delinquere e la pericolosità sociale del singolo.

Si possono distinguere due differenti orientamenti in proposito: in un primo momento, si era ritenuto che i due giudizi potessero realizzarsi in modo autonomo, «[…]potendo gli elementi dell‟art. 133 c.p. essere utilizzati per fini diversi ed essere valutati in senso opposto

56

Romano-Grasso-Padovani, Commentario, op. cit., pag. 466.

57 Padovani, Misure di sicurezza e misure di prevenzione, in Giustizia Criminale, radici, sentieri, dintorni, periferie di un sistema assente, 2014, Pisa, pag. 10.

58

Padovani T., Diritto, op. cit., pag. 351. 59

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in rapporto alla gravità della pena e all‟accertamento della pericolosità criminale»60. Quindi una valutazione della capacità a delinquere in chiave di prevenzione generale, orientata verso il passato. Un secondo orientamento, maggiormente ponderato e recepito di recente dalla

S.C.61, attento alla prospettiva specialpreventiva , ha evidenziato come nelle due

qualificazioni «[…]sarebbero rilevabili evidenti analogie, pur non potendosi giungere ad un‟identificazione sostanziale tra le due categorie, in quanto la capacità a delinquere, intesa come possibilità di commettere nuovi reati, ricomprenderebbe in sé la pericolosità sociale, quale più stringente probabilità di nuove azioni criminose»62; orientamento questo che ha posto in risalto la contraddittorietà dell‟esclusione della capacità a delinquere dell‟autore del reato nei confronti del quale sia stata accertata la pericolosità sociale, «in considerazione del livello più alto di capacità criminale che quest‟ultima esprime rispetto alla prima»63

.

È bene ricordare che, l‟eliminazione delle presunzioni di pericolosità ha posto il rischio di realizzare valutazioni arbitrarie della pericolosità sociale da parte del giudice, essendo quest‟ultimo limitato nel giudizio dalle sole clausole generali di cui all‟art. 133 c.p., ponendo l‟organo giudicante nelle condizioni di «[…]desumere le qualità indizianti della pericolosità sociale da qualsiasi elemento del fatto[…]»64

. Come ha evidenziato la Corte di Cassazione, «la pericolosità sociale, al cui concreto accertamento è subordinata l‟applicazione della misura di sicurezza, va desunta ai sensi degli art. 133 e 203 c.p., dovendosi ai predetti fini considerare soprattutto il reato o i reati nella loro obiettività e in ogni loro elemento principale

ed accessorio […]»65

, valutazioni che, se rapportare alle particolari condizioni degli infermi di mente, prendono in considerazione non solo il disturbo di cui questo sia affetto, ma anche

l‟ambiente ove lo stesso potrebbe essere inserito dopo aver scontato la pena66

.

In tal senso, la Cassazione, nella sentenza del 7.12.1993, ha affermato che «ai fini del giudizio di pericolosità sociale, quando si tratti di infermi o seminfermi di mente, il riferimento, contenuto nel 2º comma dell‟art. 203 c.p., alle “circostanze indicate nell‟art. 133” non esclude affatto, ma anzi presuppone che dette circostanze vengano valutate tenendo conto della situazione obiettiva in cui il soggetto, dopo la commissione del reato e l‟eventuale

60 Gargani, op. cit., pag. 474.

61 Cass., sez. IV, 18.02.1999, in Cass. Pen., 2000, pag. 2121. 62

Padovani, codice, op. cit., pag. 1493.

63 Gargani, op. cit., pag. 474. Con rimandi alla sentenza Cass. Sez. II, 05.06.1990, Aresu, in CED, 1990/184786. 64 Ibidem.

65

Cass., Sez. I, 16.12.1992, Angiulli, sen. N. 193023 in Foro it. 66

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espiazione della pena, verrebbe a vivere e ad operare e, quindi, anche della presenza ed affidabilità o meno di presidi territoriali socio-sanitari, in funzione delle obiettive e ineludibili esigenze di prevenzione e di difesa sociale alla cui salvaguardia sono finalizzate - in difetto di altri strumenti d‟intervento e di controllo che assicurino pari o superiore efficacia - le misure di sicurezza previste dalla legge»67.

A tali considerazioni deve aggiungersi, oltre alla difficoltà dell‟accertamento scientifico della pericolosità sociale68, le novità sottese al d.l. 31.03.2014 n.52, conv. in l. n. 81/2014, circa le modifiche apportate all‟accertamento della pericolosità sociale ai sensi dell‟art. 133. c.p. La legge in esame stabilisce che la pericolosità sociale possa essere accertata facendo sì riferimento all‟art. 133 c.p., ma non ai parametri di cui al n. 4, comma 2 del medesimo. In altre parole, il giudice può accertare la pericolosità sociale del singolo basandosi sulle condizioni personali, soggettive della persona, senza, però, poter far riferimento alle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.

Rinviando a quanto si dirà in seguito a tal proposito69, possiamo già anticipare come la

novella legislativa abbia posto seri problemi circa l‟accertamento della pericolosità sociale del singolo. Infatti, «legare la valutazione della pericolosità sociale alla sola malattia mentale è […] riduttivo, dovendosi ormai considerare per assodata l‟assenza di consequenzialità necessaria tra le due nozioni, legate tra loro da un nesso di possibile correlazione, e solo rispetto ad alcune patologie, e in ogni caso mai in termini presuntivi. […] Il legame con la pericolosità sociale non può mai essere affermato in termini di certezza assoluta[…]. Ad incidere sulla pericolosità sociale è anche, e in maniera determinante, il contesto ambientale»70.

In definitiva, l‟istituto della pericolosità sociale sta attraversando un periodo di profonda crisi. L‟abolizione delle ipotesi di pericolosità presunta non ha dato al giudice alcun utile

67 Cass. pen., sez. I, 07.12.1993, Mitrugno, sen. N. 196113 in Foro it.; vedi anche Cass. pen., sez. I, 30-04-2003., : «Al fine di accertare l‟attuale pericolosità sociale del soggetto, nel momento in cui deve essere applicata in concreto una misura di sicurezza, il giudice deve tenere conto non solo della gravità del fatto-reato, ma anche dei fatti successivi, come il comportamento tenuto durante l‟espiazione della pena, quale risultante ad esempio dalle relazioni comportamentali e dall‟eventuale concessione di benefici penitenziari o processuali».

68

Supra cap. II, sez. 4.1. 69 Vedi infra, sez. 5.2

70 M.T. Collica, Verso la chiusura degli O.p.g: una svolta (ancora) solo annunciata?, pag. 308, in La Legislazione Penale, scaricabile a questo link: http://www.lalegislazionepenale.eu/wp-

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apporto ai fini del giudizio di pericolosità71. In tal senso, l‟art. 220, comma 2 c.p.p. ribadisce il divieto della perizia criminologica di cui all‟art. 314. c.p.p. abr. nella fase di cognizione,

contribuendo ad aggravare il quadro d‟insieme dell‟accertamento della pericolosità sociale72

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