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Contenuto, disciplina e trasgressione della misura

2. Le misure di sicurezza personali non detentive, la libertà vigilata

2.3 Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato

2.3.2 Contenuto, disciplina e trasgressione della misura

Una volta analizzata la distinzione tra l‟art. 235 c.p. e le varie tipologie di espulsione previste nel nostro ordinamento, possiamo tornare all‟analisi dell‟espulsione e allontanamento dello straniero dallo Stato previste come misure di sicurezza.

L‟applicazione della misura in questione è ordinata dal giudice di cognizione e disposta dal magistrato di sorveglianza previo accertamento della pericolosità sociale del singolo. L‟esecuzione della stessa, invece, è predisposta dall‟autorità di pubblica sicurezza, nelle forme dell‟art. 182 bis disp. Att. c.p.p. per lo straniero extra-comunitario, e dell‟art. 182 ter disp. Att. c.p.p. per i cittadini comunitari. Nello specifico, nel primo caso vi è un accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica, nel secondo caso vi è un provvedimento di allontanamento, immediatamente esecutivo, eseguito dal Questore, con controllo giurisdizionale da parte del giudice di pace.

Il condannato che sia stato espulso ex art. 235 c.p., può essere ammesso al regime della semilibertà, di cui all‟art. 48 ord. pen. Infatti, essendo le misure applicate in tempi diversi, si permette di realizzare un controllo sullo straniero funzionale a lenire i possibili danni che dallo stesso potrebbero derivare. Come la Corte di Cassazione ha evidenziato, «non sussiste incompatibilità tra la misura di sicurezza della espulsione dal territorio dello stato italiano e la misura alternativa della semilibertà, sia perché non vi è ostacolo normativo, sia perché esse trovano applicazione in tempi diversi, sia perché le misure alternative trovano applicazione nei confronti di tutti coloro che si trovano ad espiare pene, inflitte dal giudice italiano in istituti italiani, senza differenziazione di nazionalità», puntualizzando a proposito che «la risocializzazione non può assumere connotati nazionalistici, ma va rapportata alla collaborazione fra gli stati nel settore della giurisdizione»178. La misura, però, non trova applicazione nei casi di condannato per pena sospesa, essendo in tal caso da ritenersi non sussistente la pericolosità sociale del singolo, ed è, inoltre, applicabile a «carattere perpetuo,

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Padovani, Misure, op. cit., pag. 120. 178

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sicché non ne è previsto un periodo di durata minima»179, salve le ipotesi di revocabilità della misura e di estinzione della stessa previste, rispettivamente, all‟art. 207 c.p. e 210 c.p.

Nonostante i rilievi testé evidenziati, sussistono altre fattispecie che delimitano l‟effettiva applicazione dell‟art. 235 c.p. L‟art. 19 del testo unico sull‟immigrazione prevede che “in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”. Al secondo comma dell‟art. 19 t.u.imm. si prevede altresì, che l‟espulsione non è consentita nei confronti dei minori di età, degli stranieri con carta di soggiorno, degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana e delle donne gravide o con bambino di età inferiore a sei mesi180.

Altri limiti sono previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell‟uomo all‟art. 8. In tal senso, La Corte Europea di Strasburgo ha sindacato l‟illegittimità di determinati provvedimenti qualora gli stessi attentino al diritto alla vita familiare. Il giudice, quindi, prima di disporre l‟espulsione dovrà verificare non solo l‟assenza dei limiti indicati all‟art. 19. T.u.imm., ma anche «valutare se l‟esecuzione della misura non contrasti con l‟art. 8 C.e.d.u., così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo»181.

Ulteriori limitazioni derivano dalla direttiva 2004 n. 38 CE, per ciò che attiene l‟allontanamento del cittadino comunitario. All‟art. 27 della direttiva si prevede che la libertà di circolazione di un cittadino possa essere limitata “per motivi di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica”, purché siffatti provvedimenti siano proporzionati e connessi al particolare comportamento tenuto dall‟interessato, “che rappresenti una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società”. A tal riguardo, l‟art. 28 della direttiva prevede delle limitazioni, precisando che l‟autorità procedente, ai fini dell‟applicabilità della misura, deve tener contro della “ durata del soggiorno dell‟interessato, della sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare ed economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e l‟importanza dei suoi legami con il paese d‟origine”, potendo allontanare il cittadino

179 Romano-Grasso-Padovani, op. cit., pag. 594. 180

Divieto che, a seguito della sentenza della C. Cost. 376/2000 , è esteso anche al marito convivente. 181

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comunitario con diritto di soggiorno dallo Stato solo quando vi siano motivi di ordine pubblico o di sicurezza pubblica.

Qualora, invece, si tratti di straniero residente da almeno dieci anni o di minore, si richiedono “motivi imperanti di pubblica sicurezza”, ai fini dell‟effettività della misura.

Il legislatore interno ha dato attuazione ai principi di cui sopra con il d.l. n. 30/2007. L‟art. 20 riprende, appunto, quanto previsto dagli artt. 27 e 28, aggiungendo che “i motivi di sicurezza dello Stato sussistono anche quando la persona da allontanare appartenga ad una delle categorie di cui all‟art. 18 della l. 22 marzo 1975, n. 152, ovvero vi siano fondati motivi di ritenere che la sua permanenza sul territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali” e, al comma 3, si precisa che sussistono “motivi imperativi di pubblica sicurezza quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all‟incolumità pubblica, rendendo urgente l‟allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza”.

Il legislatore ha imposto, quindi, che il giudice debba valutare la sussistenza dei requisiti di cui sopra, attraverso un‟analisi concreta sul singolo caso che può, qualora si ravvisino effettivi motivi di sicurezza pubblica, determinare l‟allontanamento del cittadino europeo dallo Stato italiano.

L‟art. 235 c.p. si occupa di disciplinare anche le conseguenze che dalla trasgressione del primo comma dello stesso conseguono. Al comma 3 è disposto che “il trasgressore dell‟ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni”. Si ha un arresto obbligatorio anche fuori dai casi di flagranza.

Il reato si può integrare in due differenti modi: rientrando in Italia, violando il divieto di reingresso o permanendovi nonostante l‟espulsione, purché il singolo sia effettivamente consapevole di star trasgredendo il provvedimento in esame. Cionondimeno, la trasgressione non si integra qualora lo straniero ritorni nello Stato al fine di comparire in giudizio, «infatti la citazione a comparire lo autorizza al rientro»182. A tal proposito, l‟art. 17 d.l. n. 286/1998 dà la possibilità all‟interessato di rientrare in Italia “ per il tempo strettamente necessario per

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l‟esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza”.

Terminata l‟analisi delle misure di sicurezza personali non detentive, passiamo a esaminare le misure di sicurezza personali detentive, ossia: la colonia agricola e la casa di lavoro (artt. 216-218 c.p.), la casa di cura e di custodia (artt. 219-221 c.p.), il riformatorio giudiziario (artt. 223-227) e l‟ospedale psichiatrico giudiziario (artt. 222 c.p.).

3. Le misure di sicurezza personali detentive, la colonia agricola e la casa di lavoro