5. Prospettive di riforma
1.3 Le misure di sicurezza nell‟ordinamento costituzionale
I limiti dell‟apparente compromesso si rinvengono anche nella Carta Costituzionale. A seguito dell‟avvento del sistema Repubblicano, la necessità di emanare un atto normativo fondamentale portò alla formazione di un‟assemblea costituente che elaborò un progetto di Costituzione repubblicana, pubblicata nel 1947 ed entrata in vigore il primo gennaio 1948. Durante le discussioni parlamentari, le divergenze tra sostenitori della Scuola classica e sostenitori della Scuola positiva si acuirono, rendendo l‟iter parlamentare particolarmente critico. Alla fine si pervenne a un testo costituzionale che, come il Codice penale degli anni 30, si pensava avesse realizzato un contemperamento fra le due scuole di pensiero. L‟articolo 25, comma 3 Costituzione, a tal proposito, sembrava aver recepito a livello costituzionale il sistema del doppio binario: “Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.
Nel consacrare il principio di legalità anche nei confronti delle misure di sicurezza, il costituente ha di certo mostrato una certa attenzione nei confronti di un tema che aveva suscitato un forte interesse nei primi anni del 900. La comunità giuridica aveva visto nell‟articolo 25 Cost. il riconoscimento delle pretese provenienti dalla Scuola positiva. Sembrava ormai realizzatosi quel lungo cammino che dalle prolusioni lombrosiane sino al c.d. progetto Ferri aveva spinto all‟introduzione di un sistema sanzionatorio di tipo dualistico. La conseguenza logica sarebbe stata quella della previsione, da parte del legislatore ordinario, di due modelli sanzionatori, evidenziando le differenze fra le due risposte al delitto proprie di un sistema dualistico.
Una tale considerazione incorre, però, in errore sostanziale: il concetto costituzionale di misura di sicurezza non può essere interpretato alla luce della legislazione ordinaria. Com‟è stato osservato da autorevole dottrina, «i concetti della Costituzione debbono servire da
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misura per le leggi ordinarie e non il contrario; essi debbono essere interpretati nel contesto costituzionale e non in quello delle leggi ordinarie, che possono mutare, evolvere e subire anche le vicende del sentimento giuridico»38. Se ne deve dedurre che il fine dell‟articolo 25, al comma tre, non è quello di costituzionalizzare il sistema dualistico, quanto quello di garantire che anche nei confronti delle misure di sicurezza sia rispettato il principio di legalità; il legislatore non è vincolato, dunque, a prevedere nel sistema sanzionatorio la misura di sicurezza, né tale possibilità gli è negata. Ne consegue che «[…] nel sistema costituzionale italiano non può ritenersi di per sé illegittima una reazione al reato che abbia anche una finalità preventiva e che sia fondata sulla pericolosità»39.
E‟ il legislatore che discrezionalmente decide l‟articolazione del sistema sanzionatorio, nonché i rapporti tra la pena e la misura, pur nei limiti dei principi costituzionali. Più precisamente, possiamo allora dire che «è certo per altro verso che al legislatore non può essere in tal modo consentita la realizzazione di una “frode delle etichette”: non è possibile che attraverso l‟introduzione di una misura di sicurezza che abbia lo stesso contenuto, le stesse finalità, e lo stesso ambito di applicazione della pena si eludano le garanzie stabilite dal legislatore costituzionale»40.
Un principio costituzionale di indubbia rilevanza, quando si tratta di misure di sicurezza, e quindi di prevenzione speciale, è l‟articolo 27, nella parte in cui dispone che le pene “ devono tendere alla rieducazione del condannato”. L‟interpretazione della disposizione costituzionale appare quanto mai ardua. Da un lato, se n‟è ravvisata la duplice natura: la pena
assume sia una funzione di prevenzione speciale che generale41. Altri invece hanno visto nel
disposto costituzionale un chiaro rapportarsi alla sola fase esecutiva, tale per cui la finalità
rieducativa sarebbe da ricercarsi nell‟irrogazione della pena42
. Sia che si aderisca alla prima concezione, sia che si aderisca alla seconda, o che si pervenga a una tesi intermedia, sembra palese che «il coerente perseguimento del principio costituzionale annulla, o comunque scolorisce, ogni possibile differenza tra pene e misura di sicurezza sul piano delle finalità»43. Emerge, nella concretezza dei fatti, un‟identità di funzioni e scopi tra la prima e le seconda,
38 Ivi, rinvio a Quadri, pag. 363. 39 Ibidem.
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Ivi, pag. 363-364.
41 Così Enzo Musco, La misura di sicurezza detentiva: profili storici e costituzionali, Milano, 1978, pagg. 256 ss. 42 Così Molari, il problema dell‟unificazione delle pene e delle misure di sicurezza nella Costituzione italiana, in AA.VV., Sul problema della rieducazione del condannato, 1964, pag. 159.
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come già puntualizzato sopra. Il sistema dualistico appare come delegittimato, la misura di sicurezza è «una forma di sanzione destinata a coprire spazi non riservati alla pena»44, dovendosene dedurre un ritorno a un sistema sanzionatorio di tipo monistico.
Entrando più nel particolare, l‟articolo 27 della Costituzione, al primo comma, sancisce il principio della personalità della responsabilità penale. Le misure di sicurezza, applicandosi in conseguenza alla violazione di un precetto normativo, rientrano nella nozione di sanzione penale. Appare logico, allora, estendervi il principio di cui sopra. Non sarebbe, quindi, concepibile una misura di sicurezza applicata ad un fatto altrui. Come visto in precedenza45 un‟interpretazione corretta dell‟articolo 27 evidenzia come, oltre ad escludere la responsabilità per fatto altrui, esso implichi che vi sia un diretto legame tra fatto e autore del
reato46. E‟ quanto mai doveroso chiedersi, quindi, se esso richieda l‟estensione alle misure di
sicurezza del principio di colpevolezza.
Con riguardo a quelle misure di sicurezza applicabili ai soggetti non imputabili, una tale conclusione è da escludere, essendo l‟imputabilità un presupposto della colpevolezza. Essa dunque, in tali ipotesi, almeno idealmente, è una misura di tipo terapeutica volta a curare l‟autore del reato. Diversamente quando si tratti di applicare una misura di sicurezza nei riguardi degli autori imputabili pericolosi. In questi casi, la misura di sicurezza presenta gli stessi connotati della pena, eludendo il principio di colpevolezza, essendo, le misure di sicurezza uno strumento del diritto penale di tipo preventivo. «La conclusione è allora che il principio di personalità della responsabilità penale, consacrato nell‟art. 27, co. 1º Cost., si pone in insanabile contrasto con una sanzione che, sotto l‟etichetta della misura preventiva, consente di applicare un trattamento sanzionatorio sproporzionato rispetto al fatto di reato e
alla colpevolezza[…]»47
.
A ciò deve aggiungersi che, il tentativo di presentare le misure di sicurezza come uno strumento diverso dalla pena, al fine di renderle immuni da quei limiti costituzionali rappresentati dall‟irretroattività della legge e della necessaria predeterminazione della durata, «appare solo[…] una frode delle etichette», ponendosi in contrasto non soltanto con il principio della responsabilità penale personale di cui all‟articolo 27, comma 1, ma anche «con il combinato disposto dei co. 2 e 3 dell‟articolo 25 cost. stessa, che nel distinguere pena e
44 Musco, op. cit., pag. 272.
45 Si veda la sezione I del capitolo I. 46
Vedi sent. C. Cost. 1988/364. 47
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misura di sicurezza […] non consente un‟arbitraria sovrapposizione dei due istituti. Anche sotto tale profilo, trova quindi conferma l‟esigenza di assegnare alla misura di sicurezza
un‟area d‟applicazione che non può essere coperta dalla pena»48
.
Il riconoscimento del finalismo rieducativo della pena ha compromesso quella distinzione di scopi che prima della novella costituzionale aveva permesso di giustificare lo «sdoppiamento del sistema sanzionatorio nell‟assetto codicistico del ‟30 (pena = retribuzione e prevenzione generale; misura di sicurezza = prevenzione speciale a mezzo di incapacitazione e/o risocializzazione)»49.
In conclusione, possiamo mettere in evidenza come l‟avvento della Costituzione non si pose quale risposta alle perplessità che la dottrina aveva sollevato a proposito di un sistema che accanto alla sanzione penale dove accostare quella terapeutica della misura di sicurezza. Rappresentò una mera appendice storica che s‟insinuò all‟interno di un contesto sociale dilaniato dall‟esperienza dei conflitti mondiali e che crebbe in una situazione di profondo sconforto collettivo, destinato a incrinarsi sempre più col passare degli anni.