DI
A
LESSANDROS
CAZZIOTAVi racconto la nostra storia e quello che stiamo scoprendo in questi anni di ricerca insieme. È la prima volta che partecipiamo a questi incontri. Ascoltare gli interventi precedenti è stata un’enorme ricchezza. Alcune cose che stiamo scoprendo le abbiamo ritrovate nelle vostre parole, spiegate chiaramente. Questo incontro ha rappresentato anche un’opportunità per riflettere tra noi. Infatti, abbiamo preparato un piccolissimo la- voro insieme che proveremo a trasmettervi. È stato, quindi, uno stimolo alla crescita del gruppo e alla ri- flessione su quelle che sono le nostre esperienze.
La nostra storia è iniziata quasi 20 anni fa, nel centro storico della nostra città, Cosenza, insieme ad alcuni giovani. In quel tempo c’era un forte tasso di dispersione scolastica, molti ragazzi non riuscivano a comple- tare la scuola nell’età dell’obbligo, conducevano quindi vita di strada, erano ragazzi con forti problemi per- sonali e familiari, e da lì è nata un’esperienza di volontariato. Alcuni giovani poche volte a settimana tra- scorrevano il loro tempo lì per cercare di aiutare questi ragazzi. Il volontariato è stato un’esperienza molto forte che ci ha coinvolti direttamente, tanto che alcuni di noi dopo qualche anno scelsero di vivere lì insieme. Sono state scelte molto forti, da cui poi sono nate relazioni consolidate. Dal contatto diretto con i ragazzi so- no nate le relazioni con le famiglie, abbiamo scoperto realtà difficili, come ad esempio persone che rimane- vano chiuse in casa per difficoltà personali e strutturali. Il centro storico è arroccato su una collina, e per chi aveva difficoltà di deambulazione uscire di casa rappresentava una grossa difficoltà.
Questi incontri hanno stimolato la nostra crescita, ci hanno aiutato a maturare, e alcuni di noi compirono quella che chiamiamo una “scelta comunitaria”, cioè ci siamo stretti attorno a questa comunità, e insieme ad essa siamo cresciuti. Da iniziali attività aggregative, ludiche, abbiamo iniziato ad avviare momenti di stu- dio, alternati a pratiche di riscoperta culturale. Altre attività che conducevamo erano raccolta delle olive, del- le castagne, al fine di mantenere vivo il legame tra le persone coinvolte. Si trattava di piccole esperienze, sem- plici momenti aggregativi, da cui poi nacque il desiderio di intensificare il rapporto con la natura. Nessuno di noi era nato in “campagna” venivamo tutti da esperienze cittadine, ma proprio per questo si è trattato di una riscoperta del rapporto con la terra. Cresceva il desiderio di accentuare il rapporto con esseri viventi, che ve- niva percepito come un qualcosa di molto educativo. Ci rendevamo conto, inoltre, che queste dinamiche for- nivano molti stimoli sia alla nostra crescita personale, sia per i ragazzi.
Qualche anno dopo, nel ’95, ci imbattemmo nella realtà delle serre. Si trattava di un vecchio sistema di ser- ricoltura della fine degli anni ’50, abbandonato 15 anni prima, a causa di un fallimento. Si trattava di un ro- veto di circa 10 ettari di terreno situato sul fiume. Abbiamo chiesto a persone più competenti qualche consi- glio su come agire su quest’area, e ricordo in particolare mio fratello Benito, che ci disse che un ripristino di quella struttura per attività economiche non aveva senso, ci diceva che se volevamo fare qualcosa su quel ter- reno, dovevamo fare altro rispetto a pratiche economiche. Lo stato di degrado era troppo avanzato per re- cuperarlo a fini produttivi. Questo altro ci ha aperto la mente. Eravamo ragazzi, avevamo l’età in cui si co-
mincia a pensare di impostare la propria vita, e noi decidemmo di costruirci un percorso insieme, puntando su questo altro.
Dopo ricerche e riflessioni personali, abbiamo deciso di entrare nella realtà agricola con l’aiuto di persone, anche mamme di alcuni ragazzi, che ci insegnavano come fare. Abbiamo disboscato l’area, abbiamo pulito, abbiamo imparato a impiantare. È stata un’esperienza nuova e costruttiva.
Questa impossibilità della dimensione economica all’inizio è stata frustrante, perché da giovani speravamo che questo potesse essere un’opportunità per costruire il nostro percorso, ma alla fine lo abbiamo fatto co- munque, in altri modi, attraverso un percorso più libero, aperto ed avventuroso. La scoperta delle serre, le nuove opportunità, la tipicità del luogo, quel luogo e non un altro, non un terreno libero, pronto, o un ter- reno piano, ma le serre infestate dai rovi, questo ha caratterizzato la nostra crescita e ha dato un percorso particolare. Adesso sono passati 10 anni. Siamo riusciti a costruire qualcosa di concreto attraverso il passag- gio da una dimensione prettamente volontaria all’apertura a diverse forme di collaborazione e di lavoro con nuove opportunità. In queste serre c’è uno spazio dove noi abbiamo trasferito tutte le attività aggregative e di centro diurno che facevamo nel centro storico della città. Abbiamo collegato tutte le nostre attività a quel- la dimensione agricola legata a quel territorio. Ciò rappresenta la continuità con un’attività di accoglienza che vede in azioni diverse e non consuetudinarie stimoli per l’inserimento dei ragazzi. All’interno della nostra struttura abbiamo piccoli laboratori per il teatro, la didattica, la ceramica, ovviamente le attività agricole fanno da cornice.
Insieme a noi collaborano persone che si avvicinano a questa esperienza non solo per vivere momenti ag- gregativi, di vicinanza, o per bisogno prettamente personale, ma anche perché sono motivate e coinvolte in percorsi di socializzazione con persone che vengono da momenti di solitudine, da disagi particolari, da espe- rienze di de-istituzionalizzazione. Si tratta di persone che sono state ricoverate in istituti psichiatrici da tan- to tempo e che lentamente si stanno inserendo in questo tessuto grazie all’accoglienza e ad opportunità che l’attività agricola offre. Noi attiviamo anche percorsi di inserimento lavorativo. Qui ci sono degli amici che fan- no parte di un progetto di inserimento nel mondo del lavoro come prima esperienza per poter uscire da di- mensioni di assistenza ed entrare in una realtà di lavoro produttivo.
Questo è un passaggio importante. Naturalmente, all’inizio avevamo paura di affrontare cose troppo gran- di per noi e di perderci per strada. Credo che nella diversità si riesce a crescere, la diversità non è qualcosa che disperde, anzi, fa crescere le radici e permette di andare più a fondo nelle esperienze che si vivono. Ognuno provato ad esprimere qualcosa su quello che è l’agricoltura sociale per noi e su quello che stiamo sco- prendo, anche attraverso il lavoro di ieri e l’incontro di oggi, di seguito le nostre riflessioni:
BENEDETTA, una ragazza che vive con noi l’esperienza del servizio civile, sottolinea la caratteristica del lavoro
agricolo, che condivide con gli altri, come esperienza concreta caratterizzata una dimensione didattica, educati- va, quindi stimolante per la crescita delle persone.
CHIARA, che si ricollega alla riflessione di Benedetta, parla dell’intensità del lavoro manuale inserendola in una
dimensione sociale che favorisce la vicinanza e l’intensità del rapporto fra le persone. La fatica del lavorare in- sieme è un’importantissima esperienza personale di crescita, una possibilità di creare un gruppo unito. GABRIELLAmette in evidenza la grande capacità dell’agricoltura di attuare pratiche di inserimento nel ciclo del-
la vita. Si ha a che fare con la vita, quindi si collabora alla creazione di qualcosa che è più grande di noi, attra- verso cui si può imparare e accrescere la responsabilità personale. Inoltre Gabriella sottolinea il valore dell’a- gricoltura biologica come sapore della vita, questa ricerca della naturalezza dei cicli della vita come capacità di entrare nella vita stessa e di assaporarla. L’esperienza agricola, quindi, rientra in una dimensione pedagogica davvero particolare.
ERNESTOsottolinea la capacità dell’agricoltura di proporre sempre cose nuove e di dare la gioia del vivere im-
parando, quindi l’opportunità di comprendere l’importanza di rimanere sempre nella posizione di chi impara. EUGENIOsottolinea l’opportunità offerta dagli spazi agricoli di essere condivisi tra una molteplicità di soggetti:
l’agricoltura dà l’opportunità a tutti di esprimere le loro potenzialità e ognuno con le proprie peculiarità può di- ventare parte di qualcosa più grande di noi. Nelle attività agricole c’è bisogno di tutti, quindi l’agricoltura ri- chiede e stimola la partecipazione di tutti, ognuno con le proprie peculiarità.
GIANFRANCO, parlando delle fattorie sociali, sottolinea l’importanza dell’agricoltura nel proporre i rapporti di ti-
po familiare.
GIACOMO, che si ricollega al discorso di Gianfranco, pone enfasi sulla centralità della persona che vuol dire ri-
spetto delle potenzialità e dei tempi di ognuno, e sull’opportunità che l’agricoltura dà per mettere a frutto, co- me per le piante e gli animali, anche per noi, le nostre capacità.
STEFANIAparla della dimensione sociale del nostro lavoro: il sociale nell’agricoltura, accoglie gli altri, permettendo
a chi vi partecipa di collaborare e di confrontarsi.
MARAsottolinea l’esperienza del conflitto come opportunità di crescita.
MICHELEdice che la realizzazione delle attività agricole rappresenta per lui un’opportunità di realizzazione per-
sonale ed è il contributo di ognuno di noi alla crescita della società (mi sembra che questo racchiuda bene tutto il senso di questa nostra piccola esperienza).