• Non ci sono risultati.

SVILUPPO, OCCUPAZIONE E NON SOLO: IL RUOLO DELLE COOPERATIVE

DI

G

IUSEPPE

G

AUDIO

Avevamo deciso, nell’organizzazione del seminario e quindi dei workshop, di dare spazio anche a questo ti- po di esperienze che a pieno titolo possiamo far rientrare in quella che oggi viene chiamata l’agricoltura so- ciale. Tematica, dibattuta, ma non abbastanza, anche in Calabria. Noi, al contrario, crediamo che meriti mol- to spazio sia all’interno delle politiche e sia all’interno delle ricerche universitarie.

L’INEA sta seguendo entrambe le esperienze all’interno di due progetti di ricerca: uno relativo alla forma in- novativa per l’inserimento dei giovani in agricoltura, l’altro relativo ai progetti integrati di filiera, a cui La Val- le del Bonamico ha partecipato dal 2000 al 2006.

Ne avevamo inserito una terza, la cooperativa Placido-Rizzotto di Palermo, per confrontare due esperienze diverse tra Calabria e Sicilia, ma per imprevisti non dipendenti dalla loro volontà il rappresentante della coo- perativa non è potuto essere qui oggi.

Il ruolo che svolgono questo tipo di cooperative è molto importante e va al di là di quelli che sono gli effetti strettamente economici perché esse si pongono anche obiettivi di carattere etico, solidale e di sviluppo sociale del territorio.

Senza voler ripercorrere la storia delle trasformazioni sociali ed economiche in Calabria, basti qui ricordare che nei contesti in cui operano le due cooperative convivono problematiche comuni (isolamento, elevati tassi di di- soccupazione, lavoro nero, tessuto economico debole, presenza della ‘ndrangheta, ecc.) e sistemi economici, assetti dei rapporti sociali, infrastrutturazione del territorio per certi versi opposti. Le ragioni di queste diffe- renze vanno ricercate, tra le altre, nella particolare fisionomia della struttura economica della Piana, che rap- presentava, nei secoli passati, una delle zone più ricche della Calabria e maggiormente integrate nel mercato nazionale ed internazionale (presenza di una relativa diversificazione delle attività produttive e di un’agri- coltura intensiva di esportazione), contrapposta all’agricoltura estensiva del latifondo tipica delle colline joni- che e dell’agricoltura contadina di autoconsumo delle aree più interne, come quella della locride.

Si tratta oggi di aree a ritardo di sviluppo, la locride, e in declino, la Piana di Gioia, dove storicamente la lo- gica dell’impresa è stata fortemente condizionata dai trasferimenti pubblici e dalla presenza della mafia e do- ve la forma del cooperativismo ha trovato un’espressione molto limitata.

Negli anni ’70, con la crisi economica internazionale ed il crollo dei progetti di industrializzazione, si è di- sintegrata definitivamente la Calabria rurale e contadina senza dar luogo a politiche di sviluppo, ma ad un rigonfiamento del terziario e ad una tendenza all’acutizzarsi della sottoccupazione e disoccupazione, cui è sta- to risposto con politiche assistenziali. Ha così preso forma il complicato combinarsi di un apparato politico e burocratico solo esteriormente moderno con una pervicace personalizzazione e privatizzazione delle istitu- zioni pubbliche. Il controllo delle risorse, da parte del potere politico, ha prodotto un’economia “assistita” che ha condizionato e limitato processi autonomi di sviluppo e capacità di azioni collettive.

In tale contesto, si è rafforzato il potere mafioso che si è riorganizzato partecipando direttamente all’attività politica, connettendola sempre più al circuito degli affari.

Questo modello di sviluppo distorto ha prodotto scarse relazioni di mercato e di produzioni, redditi ed occu- pazioni autonome dai sussidi statali, un eccesso di strutture di redistribuzione e un deficit di strutture di pro- duzione, con una dipendenza asfissiante da reti di relazioni verticali e con una povertà di reti orizzontali tra imprese ed istituzioni regionali.

La grande vera sfida che la Calabria ha di fronte è dunque quella di contribuire a costruire strutture istitu- zionali pubbliche efficienti ed efficaci, norme e valori condivisi ed economie di mercato. Per troppi anni si è creduto che incentivi finanziari e infrastrutture potessero essere sufficienti ad innescare processi di sviluppo. Oggi, la convinzione prevalente è quella che le opportunità di sviluppo debbano essere ricercate nella so- cietà e nelle istituzioni.

Per questo motivo, azioni che incoraggiano la modifica dei comportamenti e delle relazioni tra soggetti in di- rezione dello sviluppo assumono un ruolo decisivo per la Calabria.

La scelta dei due casi studio muove da queste motivazioni: innanzitutto, perché operano con un’attività in- novativa e complessa in una zona ad elevata emergenza socio-economica e ad elevata presenza della cri- minalità organizzata. In secondo luogo, perché si prefiggono di raggiungere, accanto ad obiettivi di caratte- re economico, quello più ambizioso di risanamento sociale e culturale. In terzo luogo, pur partendo da obiet- tivi comuni (l’impegno sociale e culturale come forma di resistenza al potere mafioso, introdurre elementi di rottura e di trasformazione del contesto socio-economico), utilizzano strategie diverse e per certi versi con- trapposte per il raggiungimento degli obiettivi comuni.

Nel caso della locride, il processo è tutto dentro al territorio, viene costruito dal basso e poi si sviluppa anche tramite soggetti esterni all’area. Nel caso della Piana di Gioia, il fattore scatenante viene dall’esterno e suc- cessivamente coinvolge la popolazione locale.

L’idea principale che sta alla base delle iniziative è che il lavoro e l’impresa possono rappresentare il rime- dio al sottosviluppo ed al malessere sociale della Calabria. La Cooperativa Valle del Bonamico è la longa ma- nus della Pastorale Sociale del Lavoro diocesana, attraverso cui un gruppo di operatori fanno animazione ter- ritoriale. Organizzano i giovani disoccupati del territorio per offrire loro progetti di lavoro e di occupazione alternativi ad un destino di marginalità e di rischio di devianza mafiosa. Grazie a questa attività la solidarietà e la riscoperta della fiducia tra gli esseri umani prende il sopravvento sull’individualismo e sulla chiusura fa- milistica con un percorso di dialogo che diventa progetto concreto.

Nell’altro caso, è l’Associazione Libera, creata in Italia da Luigi Ciotti, prete piemontese, a farsi promotrice in Italia di un progetto economico per la riaffermazione delle libertà e dei diritti di cittadinanza e a sensibiliz- zare lo Stato ed il Governo ad emanare una Legge, la 109 del 1996, recante l’utilizzo dei beni confiscati al- la mafia, come presidio di legalità, creazione di posti di lavoro e di sicurezza sociale.

Da una parte, il lavoro nel sociale di un uomo di chiesa che come tale “si sporca le mani”, cerca di contami- nare il territorio e diffondere elementi di rottura e di trasformazione, cerca di entrare in contatto con perso- ne svantaggiate per redimere e recuperare i figli di mafiosi in un’area a forte criminalità mafiosa; dall’altra,

un altro uomo di chiesa che contrasta laicamente, promuovendo ed utilizzando una legge dello Stato, il po- tere mafioso. Da una parte, quindi una strategia di contaminazione dal basso, endogena e partecipata; dal- l’altra, una strategia nettamente di contrasto al potere mafioso.

Le due esperienze rappresentano all’interno della Calabria, dei tentativi di modernizzazione e di cambia- mento, seppur non lineare, ma complesso e problematico.

Io credo che il ruolo che stanno svolgendo le due cooperative nei rispettivi territori sia molto importante. En- trambe riescono comunque a svolgere un ruolo di forte contrasto alla mafia stessa, creando rete all’interno del territorio: legami tra cooperative diverse e anche tra settori diversi, ma anche legami all’interno del tes- suto sociale che permette di contrastare le attività illegali.

Non c’è dubbio che entrambe le cooperative svolgono un ruolo importante non solo dal punto di vista eco- nomico-produttivo in sé, creando opportunità sul mercato per i prodotti alimentari e opportunità occupazio- nali, ma soprattutto dal punto di vista delle capacità di creare collegamenti con il territorio e reti formali ed informali, capaci di rafforzare il contesto territoriale e contrastare così la criminalità organizzata.

C’era molta diffidenza quando hanno iniziato la loro attività. C’è meno diffidenza oggi avendone visti i ri- sultati. Ci diceva il presidente della Valle del Marro che uno degli aspetti più importanti è che molte persone, molti giovani si rivolgono alla cooperativa per cercare lavoro. Quando sono nate c’era molta diffidenza ri- spetto al territorio. Erano visti come un qualcosa che era impossibile da realizzare. Il lavoro eccezionale svol- to dalle cooperative ha prodotto risultati non solo dal punto di vista economico, di competitività sul mercato, ma soprattutto dal punto di vista sociale e culturale. Inoltre, sono riusciti a connettersi con il territorio e a va- lorizzare questo legame.

Uno dei metodi per uscire dalla dipendenza, dalla marginalità e creare sviluppo, inteso non come crescita eco- nomica, ma come processo sociale, è proprio la creazione di fiducia. Entrambe le cooperative all’interno del loro territorio, anche tramite il raggiungimento di risultati economici, stanno creando un tessuto sociale che ha fiducia nel futuro.

Credo che aspetti importanti da sottolineare ed enfatizzare con forza siano il tema dello sviluppo inteso co- me processo, il tema del legame tra agricoltura, territorio e solidarietà, la creazione di reti sul territorio per rafforzare il tessuto sociale e creare condizioni favorevoli alla commercializzazione dei prodotti. Le due coo- perative hanno creato canali di commercializzazione connettendosi all’esperienza di Cooperative esterne al- l’area (la Sant’Orsola del trentino) o utilizzando il marchio di Libera Terra. Successivamente entrambe stan- no cercando di realizzare una propria autonomia in questa direzione, al fine di favorire la crescita del valo- re aggiunto sul territorio. La Valle del Bonamico punta sul recupero dei prodotti tipici locali e cerca di inse- rirsi in canali commerciali locali, laddove la Valle del Marro cerca contatti con altre imprese del territorio e con i GAS, il commercio equo e solidale, ecc.

Credo che queste due esperienze rappresentino buoni esempi, buone prassi sia sul territorio sia per le poli- tiche. Esse sono in grado di creare sviluppo, occupazione, economia, ma anche percorsi etici, solidali, legali all’interno di due territori a forte concentrazione mafiosa. Queste esperienze potrebbero essere, secondo me, esportate come modelli di riferimento anche in altre realtà (Campania, Puglia, Sicilia). Altro elemento im-

portante da sottolineare, nell’ambito di ciò che esse fanno quotidianamente, è il fatto che, coinvolgendo tan- ti giovani, stimolano in loro la consapevolezza della propria identità e delle proprie capacità, aumentando an- che il desiderio di restare in Calabria, di lavorare per il proprio territorio, di creare qualcosa di duraturo e au- tonomo all’interno del proprio territorio di origine. Tutti questi sono aspetti fondamentali in una regione co- me la nostra dove, pur essendoci le risorse per generare sviluppo, non riusciamo a creare le condizioni fa- vorevoli.

Ieri, nell’intervento sulle opportunità delle politiche, dicevo che le attuali politiche possono essere, così come sono disegnate, utilizzate per sostenere questo tipo di cooperativa. Inoltre, come diceva la Prof.ssa Cavazzani, non bisogna disegnarle all’esterno del territorio, per cui è importante identificare i soggetti beneficiari delle politiche in coloro i quali operano sul territorio. Le politiche dovrebbero accompagnare quello che esiste sul territorio. Quindi il ruolo delle politiche potrebbe rafforzare questo processo in corso sul territorio dando un’opportunità ai giovani di utilizzare l’agricoltura a fini economici, sociali, etici, solidali che non mi sembra un risultato di poco conto.

Un altro problema è che passano circa 20/25 anni tra la data del sequestro dei terreni e la concessione alla cooperativa. In 20 anni un terreno agricolo si degrada, ed è difficile poi recuperarlo senza un forte sostegno finanziario, per cui il primo passo che le politiche potrebbero fare è accelerare i tempi, potrebbero sostene- re queste iniziative, consentendo ai giovani di creare sviluppo sul territorio, occupazione avendo finalità so- ciali.

Si tratta di un ruolo importantissimo, e le politiche, per svolgerlo adeguatamente, devono: • identificare un chiaro modello di sviluppo;

• individuare i beneficiari (le cooperative sociali di tipo B);

• individuare quelle cooperative che hanno, oltre a quello economico, finalità sociali sul territorio; • cambiare mentalità e definire in modo chiaro questi obiettivi.

Credo che su questo bisogna riflettere per modificare la realtà e favorire il cambiamento dei territori e del- le politiche verso forme innovative. Se vogliamo fare agricoltura in Calabria, nel nostro territorio, ma anche se vogliamo fare altro, dobbiamo staccarci dalle pratiche convenzionali che perseguono obiettivi strettamente economici. Bisogna creare un clima di fiducia tra i giovani e mostrare loro che un futuro diverso, migliore è possibile. Vi ringrazio.

TESTIMONIANZE