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DI A DANELLA R OSSI , F RANCESCA G UID

PERCORSI DI INNOVAZIONE INTORNO ALLA PORDUZIONE-CONSUMO DI CIBO: ALCUNE RIFLESSIONI SULLA BASE DELL’ESPERIENZA TOSCANA

DI A DANELLA R OSSI , F RANCESCA G UID

Dopo tutto quello che abbiamo ascoltato finora, diventa difficile riuscire a dire qualcosa di originale e si corre il rischio di essere ripetitivi. Cercherò quindi di esporre il contributo dell’esperienza che abbiamo fatto in To- scana. Attraverso la nostra attività di ricerca abbiamo cercato di dare, appunto, un contributo conoscitivo su pra- tiche alternative di produzione e consumo, alimentari e non solo, guardando a quello che sta succedendo in To- scana nell’ambito di queste iniziative. Abbiamo cercato di capire le caratteristiche specifiche che hanno questi comportamenti alternativi nelle pratiche di consumo, individuando quelle che sono le condizioni che ne possono fare dei percorsi sostenibili, in grado di svilupparsi, e di dare un contributo al cambiamento.

L’idea è stata quella di andare ad analizzare il potenziale innovativo che hanno questi tipi di iniziative che, di fatto, si configurano come espressione della ricerca di un nuovo modo di pensare il cibo e di un nuovo modo di agire, di vivere e di comportarsi. Sono esperienze di innovazione che possono rappresentare in prima istan- za delle utili ed interessanti alternative strategiche, delle opportunità di diversificazione di quello che è il sistema agro-alimentare del cibo, ma anche qualcosa di ben più importante. Possono rappresentare, infatti, dei passaggi in un processo di transizione verso un nuovo paradigma agro-alimentare e di sviluppo rurale. (figura 1)

Guardare a queste esperienze per il loro potenziale innovativo, significa guardare a tutte le componenti del- l’innovazione. Innovazione, a sua volta, significa guardare alla sfera socio-culturale, dal momento che si parla di condivisione di nuovi valori, di nuovi principi, del nuovo ruolo che vengono ad assumere i soggetti, (i consumatori, i cittadini, potenzialmente anche le istituzioni che prendono parte attiva a questo processo) e, in tutto ciò anche le relazioni assumono un nuovo ruolo. Tutto questo, ovviamente, ha bisogno di una in- novazione anche di tipo tecnico: nuove pratiche, nuove conoscenze, nuove abilità, nuove soluzioni politico- istituzionali, nuovi modelli istituzionali, sia a livello locale che extra locale, nuove forme di regolazione. Ci tro- viamo di fronte, infatti, ad un’economia diversa, basata sulle relazioni, fortemente radicata socialmente, principalmente basata su valori alternativi.

La Toscana è un contesto ricco di spunti in questo ambito di analisi, ha una esperienza storica in fatto di pra- tiche alternative, soprattutto per quanto riguarda i mercati. I primi mercati contadini, anzi, la prima piccola fiera del pane risale alla metà degli anni ottanta, ma è in questi ultimi anni che si sta osservando un estre- mo dinamismo. In Toscana, adesso, c’è veramente un forte cambiamento in atto, sono rappresentate un po’ tutte le esperienze, e quello che è interessante è che stanno emergendo tutta una serie di problematiche. In- nanzitutto, sono cambiati i soggetti che sono coinvolti nel portare avanti questo tipo di esperienze; in modo particolare risulta coinvolto il soggetto pubblico, le amministrazioni locali.

Qui sono rappresentati una quindicina di mercati di produttori con diverse tipologie. Infatti, troviamo coin- volti sia i mercati contadini originali e sia i nuovi mercati che stanno sorgendo negli ultimi anni. Si stima che ci siano un centinaio di gruppi di acquisto e, anche se effettivamente ci sembra un numero molto alto, sono tutti concordi con questa stima. Ovviamente sul territorio ci sono diverse forme di vendita diretta, e poi ci so- no queste esperienze di integrazione che danno vita ai vari DES, RES, etc.

Io ora vi racconterò qualcosa sui mercati, poi Francesca continuerà parlando dei GAS e dei DES.

Attraverso le immagini, cercherò di spiegare quelle che sono le caratteristiche specifiche e innovative di quel- le che noi chiamiamo “nicchie”, ovvero di quegli spazi dove possono avvenire quei processi di apprendi- mento, di creazione di relazioni sociali che sono quelli che poi supportano l’innovazione dei modelli di solu- zioni istituzionali. Queste nicchie, però, non sono né stabili, né uniformi. Siamo, infatti, in una fase di pas- saggio. Si tratta di nicchie che devono strutturarsi, che devono crescere e consolidarsi. Attualmente sono mol- to eterogenee e con caratteristiche estremamente diverse. Anche i mercati sono diversi: ci sono mercati sto- rici, con una forte carica emozionale espressa dai soggetti contadini (i contadini autentici); poi c’è il biologi- co, c’è una fortissima integrazione con altri tipi di esperienze e, infine, ci sono nuovi mercati di recente for- mazione, promossi negli ultimi due anni dal soggetto pubblico che sono i “mercatali”11. Si tratta di un pro- getto che è stato portato avanti direttamente dalla Regione Toscana. L’ampliamento di questa esperienza ad altri soggetti, sta complicando quelle che sono state le considerazioni finora assunte da questi mercati. Pri- ma c’erano i mercati contadini, ora ci sono questi altri tipi di mercato.

Quello che è interessante è vedere, non solo le diverse caratteristiche di questi nuovi mercati, ma anche i processi evolutivi che derivano dall’ampliamento di queste esperienze. Il progetto regionale del “mercatale”, è un progetto di filiera corta rivolto a promuovere lo sviluppo delle filiere stesse, all’interno delle quali si collocano i mercati.

Nella prima fase è stata effettuata la sperimentazione di questi progetti pilota rappresentati dai mercati. Ne sono stati istituiti due, fortemente sostenuti sul piano finanziario con cifre molto elevate. Anche le strutture, gli allestimenti sono stati finanziati per renderli anche esteticamente uniformi. Su questo tipo di iniziativa è stata fatta una intensa azione di comunicazione, da parte degli Assessori regionali. In particolare, Susanna Cenni ha fatto una propaganda pubblicitaria incredibile, tanto da portarli al Salone Del Gusto nel 2006, do- ve c’era un intero padiglione destinato al mercatale, in cui sono stati portati fisicamente tutti i produttori. Adesso siamo nella fase di attuazione del progetto. Nel maggio 2007 c’è stato un bando per il finanziamento di queste iniziative: i mercati, lo spaccio dei produttori, i punti di filiera, i punti vendita ecc. Però l’iniziativa più importante, dove si vuole investire di più, è proprio questa dei mercati.

I soggetti che vengono individuati come coordinatori dei mercati sono le amministrazioni pubbliche provin- ciali. Al bando hanno partecipato 72 enti locali, e tra questi sono stati finanziati 67 progetti. Attualmente c’è grande fermento, c’è una grande animazione e mobilitazione generale da parte delle amministrazioni pro- vinciali, che stanno tutte cercando di mettere su i mercati, anche senza produttori. La politica è quella di ade- rire sperando in seguito di individuare i produttori!

A parte le modalità con le quali si implementeranno queste pratiche, c’è da dire che comunque siamo in una fase in cui questo passaggio, questo cambiamento che si è innescato, è stato motivo di rivitalizzazione impor- tante, ha sviluppato un intenso dibattito all’interno del movimento dei produttori che partecipano ai mercati, e quindi si sta portando avanti una forte riflessione, che trascina con se tante questioni: che significato dare a queste iniziative, quali sono i valori che stanno alla base, quali possono essere i modelli organizzativi, etc. Quanto detto ha innescato anche un dialogo con le istituzioni pubbliche, a livello locale, dove devono essere risolti tanti problemi. Importante è l’incursione, in particolare nell’ultimo anno, della ASL nei vari mercati. Ci sono problemi reali da gestire, in parte attraverso una negoziazione a livello locale, in parte in una dimen- sione più verticale, a livello regionale. Questo è quello che sta caratterizzando l’esperienza toscana. A questo punto quello che ci sembra l’unico contributo originale che l’esperienza da noi presentata può da- re alla discussione, è quello di far emergere che è in atto un processo di riorganizzazione e di ridefinizione di questo tipo di esperienze, grazie al coinvolgimento delle istituzioni. Nel caso dei mercati, forse meno per i GAS, infatti, c’è un contatto con le istituzioni, che diventa una vera e propria negoziazione per risolvere dei punti nodali. Fare un mercato presuppone avere un certo numero di produttori disponibili, che dispongano di una certa quantità di prodotto e di tempo per partecipare al mercato stesso. È grottesco ciò che si sta ve- rificando sul territorio: da una parte ci sono mercati deserti perché non ci sono i produttori, e, dall’altra par- te, ci sono produttori spaesati e disorientati.

È importante anche chiarire le finalità che devono avere questi mercati. I mercati possono avere caratteristiche molto diverse. Possono essere mercati contadini, mercati del biologico, mercati delle produzioni locali non ne-

cessariamente biologiche. Allo stesso tempo possono esserci motivazioni diverse dietro il mercato, che ov- viamente rispondono a finalità diverse: sostegno alla piccolissima agricoltura, all’agricoltura locale, etc. A questo si collega la questione relativa all’identità dei partecipanti: sono contadini o sono altro? Sono agri- coltori convenzionali, o sono altro? Attualmente siamo in una fase importantissima, in cui è necessario defi- nire il tipo di organizzazione, più o meno formalizzata, che è fondamentale per attuare pratiche chiare e tra- sparenti, e per poter esprimere ciò che i contadini sono e fanno. Su questo gli stessi contadini stanno discu- tendo. Bisogna darsi un’organizzazione per la gestione di questi mercati, formare dei comitati di gestione, sta- bilire dei regolamenti, ciò serve a creare una interfaccia con le istituzioni locali, e a mantenere il controllo su queste iniziative, piuttosto che assistervi dall’esterno.

Ovviamente bisogna affrontare tutta una serie di problematiche, prima ancora di occuparsi delle regole da darsi. In primo luogo è cruciale il rispetto delle norme igienico-sanitarie dei mercati, argomento estrema- mente attuale, organizzare le forme di certificazione per le norme di produzione biologiche. Altro ambito di cui occuparsi è la questione relativa alle conoscenze, alle pratiche a cui si fa riferimento, quali sono quelle ri- conosciute e legittimate e quali no, il tipo di rapporto che si instaura con i consumatori, etc. (figura 2)

Figura 2

Noi pensiamo che, se si vuole che questi processi effettivamente vadano avanti e non si blocchino sul nasce- re, sia necessario mantenere il potenziale innovativo di queste esperienza.

di auto gestione dei soggetti non locali che hanno già messo su questo tipo di iniziative, o che sono chiama- ti a metterle in atto, a gestirle. Quindi rispettare la capacità di auto gestione, valorizzare la capacità di au- to-organizzazione, valorizzare le specificità locali, creare dei sistemi di governance orizzontali e verticali, creare quindi le condizioni perché ci sia una effettiva opportunità di dialogo, di partecipazione alla messa a punto dell’organizzazione di queste nuove iniziative.

Nell’ambito della stessa indagine che stiamo conducendo da un paio di anni in Toscana, abbiamo censito cir- ca un centinaio di GAS. I primi sono nati intorno al 2000, si sono diffusi nelle aree urbane e in quelle im- mediatamente circostanti, molto meno nelle aree rurali. Così come ha sostenuto il Prof. Saroldi, queste realtà nascono in contesti locali abbastanza circoscritti e con i quali intrattengono profonde relazioni. Anche in To- scana abbiamo registrato questa caratteristica che vede il GAS molto legato al territorio in cui si sviluppa. Abbiamo analizzato esperienze molto diversificate fra di loro, a seconda che fossero GAS formatisi in aree ur- bane o in aree rurali. Abbiamo quindi censito GAS che contavano cinque o sei famiglie, e Gas che contavano un numero di famiglie molto più elevato. Le motivazioni legate al contesto locale, i criteri di scelta dei pro- duttori e la gestione degli approvvigionamenti, è diversificata ma simile rispetto alle altre esperienze ana- lizzate in altri contesti a livello nazionale.

In questa sede analizzeremo tre esperienze molto diverse tra di loro: i GAS di Grosseto, (quelli della zona del- la Maremma e della provincia), i GAS di Firenze e i GAS di Pisa, andando però prima a vedere le caratteri- stiche delle singole aree. (figura 3)

Grosseto è un’area rurale, scarsamente abitata, caratterizzata ancora da problemi di “digital divide”, in cui si registrano diverse attività culturali, ma concentrate soprattutto nel periodo turistico estivo, in cui vi è un li- mitato dinamismo sul territorio e una scarsa conoscenza di queste pratiche di consumo emergenti da parte della popolazione locale. I gruppi che si sono sviluppati in questa area, quindi, sono piccoli gruppi, costituiti da cinque o sei famiglie, che non hanno dato vita ad altre attività collaterali oltre a quelle della semplice ge- stione degli approvvigionamenti.

Quello che è emerso è che in quest’area si è verificato un forte coinvolgimento delle persone, e si sono ve- nuti a creare dei legami sociali che prima erano assolutamente inesistenti sul territorio.

Firenze ha un’area urbana di grande dimensioni, è intensamente popolata, condizionata dal traffico. È una città universitaria, quindi culturalmente in fermento, esistono numerose associazioni attive sul territorio: commer- cio equo e solidale, associazioni culturali e ambientaliste. Ad oggi nel contesto cittadino i GAS sono circa una ventina. Si tratta di piccoli gruppi, organizzati a livello di quartiere, proprio per le difficoltà di poter gestire de- gli approvvigionamenti a livello cittadino. Molti promotori sono comunque legati al movimento, vi è una rete di relazioni molto ramificata e complessa nel contesto cittadino. Le relazioni con le istituzioni sono limitate, ma è da citare che in questa città è stato promosso dal comune lo sportello ECOEQUO, a cui partecipano una ven- tina di associazione, tra cui anche i GAS, che promuove le buone pratiche negli stili di vita quotidiani. Pisa è un’area urbana di piccole e medie dimensioni. È una città universitaria culturalmente molto attiva, anche in questo caso abbiamo la presenza di numerose associazioni sul territorio, ma sono tutte legate a dei centri sociali, a degli spazi sociali gestiti collettivamente. Questo fa si che la sede del GAS si trovi all’interno di uno di questi centri sociali e questo permette un vero legame non soltanto con il territorio, ma anche con le numerose attività locali. Dunque è un gruppo di notevole dimensione, perché nella mailing list (uno degli strumenti che maggiormente permette di mantenere le relazioni tra gli aderenti al gruppo), ci sono più di 270 iscritti, divisi in più gruppi di distribuzione. Dal nucleo centrale del GAS di Pisa, sono partite delle diramazioni, sono nati altri gruppi nelle zone circostanti e in provincia intorno a Pontedera. I promotori del Gas, che so- no una cinquantina e che sono nati nel periodo del forum sociale, fanno parte anche di altre associazioni. Que- sto fa si che vi sia un coinvolgimento attivo dei GAS in numerose attività promosse dalle altre realtà: per esempio, il GAS ha un banchetto al mercato contadino di Pisa, partecipa all’organizzazione di molti eventi sul territorio in maniera congiunta con altre realtà. Dal punto di vista dell’approvvigionamento dei prodotti, si assiste ad un ampliamento sia dei prodotti che dei servizi, e vi sono anche numerose iniziative attivate sul ter- ritorio: l’attivazione di baratto e della banca del tempo, il sito web, la mailing list, la realizzazione di eventi specificatamente dedicati, uno scambio di esperienze, etc.

L’esperienza del GAS a Pisa rappresenta un punto di riferimento per molti che vivono la partecipazione al gruppo come un momento in cui ci si può scambiare saperi ed informazioni. Ciò è confermato anche dal fat- to che sia attraverso i messaggi scambiati con la mailing list, ma anche attraverso gli incontri mensili, si ani- mano interessanti dibattiti relativi oltre che alla gestione del gruppo, anche ad altri temi di attualità, ad altre iniziative specificatamente promosse. Ad esempio il GAS ha appoggiato il mercato contadino in momenti di difficoltà, durante i primi controlli che il mercato ha avuto dalle ASL in merito ai problemi igienico sanitari.

Infine molte di queste realtà presenti sul territorio hanno animato dei tavoli promotori a livello regionale che hanno portato, e stanno portando, alla formazione, per ora informale, di reti di economia solidale. Nel caso di Pisa, in particolare, tra i maggiori promotori del mercato vi sono proprio i produttori.

Da questa realtà è nato un progetto che si chiama “Economia solidale, economia partecipata”, finanziato dalla regione Toscana, la cui prima attività è stata relativa all’attivazione della filiera del pane, come sta ac- cadendo per esempio in Brianza. Questo progetto ha vari obiettivi e avrà varie attività sul territorio, anche all’interno dell’università.

Queste esperienze che abbiamo analizzato, hanno un forte potenziale innovativo. Sono esperienze nate co- me iniziative spontanee e traggono la loro forza dalla loro capacità di autogestione e di auto-organizzazio- ne. Si stanno evolvendo, e probabilmente presto intraprenderanno percorsi più strutturati, consolidati. Si tratta di nicchie strategiche che però stanno iniziando ad avere un importante ruolo nei rapporti con le isti- tuzioni, che stanno cominciando ad avere un’importante interazione con esse, e speriamo che tutto questo porti ad un nuovo paradigma, a nuovi stili di consumo.

WORKSHOP 6