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RETI SOCIALI, FILIERE CORTE E PRATICHE ALTERNATIVE DI PRODUZIONE E CONSUMO

DI S ILVIA S IVIN

Il processo di modernizzazione agricola, attraverso una intensificazione della produzione volta ad aumenta- re la produttività aziendale, ha prodotto un aumento dell’offerta di beni e una diminuzione dei prezzi dei pro- dotti agricoli percepiti dai produttori. Questo processo ha, di fatto, estromesso gli agricoltori dal controllo del- la filiera che viene integrata nel complesso agro-industriale (Goodman e Redclift, 1990). Il caso inglese appare significativo. Quattro multinazionali controllano il mercato dell’agri-chimica che si è andato strutturando in maniera da offrire all’azienda agricola pacchetti di prodotti collegati tra loro (semi, pesticidi, fertilizzanti ed er- bicidi) che legano con un doppio filo l’agricoltore all’acquisto di prodotti da imprese esterne. Diversi studiosi evidenziano come il processo di “sostituzione” in atto abbia, da un lato, ridotto i prodotti agricoli a semplici in- put industriali e dall’altro, come questi siano, sempre più, rimpiazzati da componenti e manufatti non agrico- li (Goodman et al 1987). La conoscenza dell’agricoltore è sostituita da quella specialistica e il controllo e il po- tere si sposta verso soggetti completamente estranei al mondo della produzione agricola.

Le contraddizioni di questo modello produttivo, negli ultimi anni, appaiono sempre più visibili. Possono con- siderarsi segnali della sua crisi:

• l’effettosqueeze (diminuzione costante dei ricavi e aumento dei costi sostenuti dalle aziende agricole) (Ploeg, 2007);

• il costo sempre più alto delle politiche di supporto ai prodotti agricoli (Sivini G., 2006); • l’impatto sull’ambiente che contrasta con la ricerca di sostenibilità (Shiva, 2005);

• la perdita della sovranità alimentare da parte di diversi paesi con gravi ripercussioni a livello sociale che sta producendo movimenti importanti di resistenza (Mc Michael, 2007);

• l’aumento costante e crescente dell’attenzione dei consumatori alla qualità del cibo (Marsden, 2000). A fronte di ciò, una parte degli agricoltori e dei consumatori stanno adottando delle pratiche di azione che pos- sono essere interpretate come modalità di resistenza al modello proposto dalla Green Revolution. Dal punto di vista dei primi le pratiche individuate, a livello micro, sono le attività di valorizzazione, differenziazione e rifondazione (Ploeg, 2006). Le prime implicano mettere in atto pratiche che accrescono il valore aggiunto del prodotto. Tra queste: la produzione biologica, la trasformazione dei prodotti in azienda e la creazione di filiere corte. Le seconde sono legate all’offerta di nuovi servizi, da quelli turistici a quelli legati all’agricoltu- ra sociale. Infine, le attività di rifondazione sono connesse alla creazione e all’impiego di nuovi meccanismi per la mobilitazione delle risorse. Questo “nuovo” modello di produzione contadino ecologico, durevole (Al- tieri 1991; Deléage 2004; Ploeg 2006) integra la riproduzione dei piccoli produttori, la tutela della biodi- versità, la pluralità delle culture produttive, la relazione con i mercati locali e la ricerca della qualità del ci- bo. Un ruolo centrale nel processo di produzione del cibo è riconosciuto all’azienda agricola che, adottando

nuove modalità di produzione, tenta di riappropriarsi del ruolo da cui era stata estromessa e di riacquisire il controllo della filiera.

Anche sul fronte dei consumatori si sono affermate delle pratiche di resistenza, in particolare in risposta al- le crescenti disuguaglianze economiche e sociali che l’attuale modello di globalizzazione economica produ- ce. L’atto di acquisto di prodotti leggeri, vicini, sani, giusti e durevoli diventa precisa scelta politica e il qua- dro teorico di riferimento è quello dell’economia solidale che si “propone di democratizzare l’economia lo- cale, di legittimare l’economia non mercantile, di valorizzare gli scambi non monetari ed informali” (Biolghini, 2007).

Nell’ambito delle pratiche di resistenza, la filiera corta rappresenta una modalità in cui l’incontro tra pro- duttori e consumatori si realizza permettendo sia la conoscenza della storia e dell’identità dei prodotti sia un maggior reddito per i produttori e, generalmente, anche un risparmio per i consumatori. Le modalità in cui la vendita si può articolare sono: direttamente in azienda/agriturismo; on-line; nei mercati dei produttori (farmers market); ai Gruppi di Acquisto Solidali (GAS), altro (ai ristoranti, alle mense, ecc.).

In particolare, in questo contributo, vengono analizzate le modalità di costituzione e di funzionamento dei GAS nonché il ruolo che questi hanno nell’affermazione di “altre” modalità di produzione e consumo. L’analisi presentata è frutto di una ricerca, realizzata dall’unità locale del Dipartimento di Sociologia e Scienza Poli- tica dell’Università della Calabria, nell’ambito del Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale “Reti Sociali in- novative per lo sviluppo rurale sostenibile”. I GAS sono, come si legge nel loro documento base (1999), “un gruppo di persone che decide d’incontrarsi per riflettere sui propri consumi e per acquistare prodotti di uso comune, utilizzando come criterio guida il concetto di giustizia e di solidarietà. La finalità di un GAS è prov- vedere all’acquisto di beni e servizi cercando di realizzare una concezione più umana dell’economia, cioè più vicina alle esigenze reali dell’uomo e dell’ambiente, formulando un’etica del consumare in modo critico che unisce le persone invece di dividerle, che mette in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porta alla condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo (di consumi)”. La loro stessa de- finizione chiarisce la posizione assunta dai partecipanti (i gasisti) nei confronti del modello di consumo do- minante. La sottolineatura della necessità di consumare criticamente e la riscoperta della socialità sono ele- menti che, al di là delle definizioni e delle affermazioni di principio, si è voluto approfondire per compren- dere quali trasformazioni si stanno producendo e come queste possano sostenere un modello di produzione agricolo “contadino, ecologico e durevole”.

La ricerca, articolata in più fasi, ha implicato oltre alla raccolta e all’analisi della letteratura sulla filiera cor- ta, la raccolta del materiale prodotto direttamente dai GAS, la realizzazione di un focus group con componenti di GAS e di produttori toscani, la realizzazione di interviste con componenti dei GAS del Lazio, del Piemonte e, naturalmente, della Calabria. Si è, inoltre, realizzata una survey nazionale, nel periodo settembre-di- cembre 2006. Il campione d’indagine è stato di 342 GAS che sono stati individuati, oltre che attraverso la re- te GAS nazionale, tramite la partecipazione a convegni, lettura di materiale documentale e libri. Chiara- mente questo dato, che si riferisce alla fine del 2006, sottostima l’attuale numero dei gruppi che è in conti- nuo aumento, confermando la tendenza in atto negli ultimi anni. I questionari validi sono stati 113.

La prima evidenza empirica della ricerca mostra una distribuzione geografica dei GAS assolutamente non uniforme a livello nazionale. Vi è una concentrazione più elevata nel Nord Italia (dei 219 gruppi censiti, 67 hanno risposto al questionario), una situazione intermedia al Centro (dei 100 gruppi individuati, 33 hanno risposto) e pochi gruppi nel Mezzogiorno (dei 23 gruppi individuati, 13 hanno risposto). La loro presenza è più elevata in alcune regioni: Lombardia (96 gruppi), Piemonte (42), Veneto (33). È ipotizzabile che le pra- tiche di consumo critico si siano sviluppate inizialmente, e in particolare, in quelle aree in cui le contraddizioni del sistema di sviluppo capitalistico sono emerse prima con maggiore evidenza.

Si tratta di un fenomeno in crescita negli ultimi anni: quasi il 27% dei GAS monitorati è nato nel 2005 e cir- ca il 17% nel 2004.

Perché nascono i GAS? Per rispondere a questa domanda si è chiesto di fare un rating tra le nove opzioni di- sponibili (1 più importante - 9 meno importante). La motivazione principale, aggregando le risposte con ra- ting da 1 a 3, è “cambiare modelli di consumo”. (figura 1)

Figura 1 - Perché nasce un GAS (somma dei rating da 1 a 3)

Le altre motivazioni prevalenti sono avere una alimentazione sana e sostenere i piccoli produttori nonché sta- bilire rapporti diretti con loro. Il risparmio sugli acquisti è una delle modalità che invece, non è tra le più im- portanti. Se si considera solo la percentuale delle risposte con rating 1, appena il 5% dei gruppi nasce aven- do come motivazione primaria la volontà di risparmiare sugli acquisti.

I soggetti promotori sono diversi: si va dal gruppo di persone, alle associazioni culturali, Bilanci di Giustizia, Re- te Lilliput, Parrocchie, Botteghe del Commercio Equo e Solidale; e in via minore anche da centri sociali, parti- ti/movimenti politici, colleghi di lavoro, associazioni ambientaliste e di volontariato, istituzioni pubbliche locali. I gasisti sono mediamente giovani, circa il 78% di loro ha un età compresa tra i 26 e i 40 anni. Le professioni più diffuse sono quelle di impiegato (36%), insegnante e ricercatore (13,0%), imprenditore e libero profes- sionista (11,8%).

La maggioranza dei GAS si costituisce come gruppo informale e solo il 21% di loro assume la forma di asso- ciazione legalmente costituita. Recentemente si è avviato un dibattito interno sulla costituzione del GAS in as- sociazione no profit per poter, tra l’altro, accedere a contributi pubblici in modo da avviare progetti sul ter- ritorio sui temi del consumo critico. Sembra che alcuni gruppi stiano cercando di superare la fase di speri- mentazione, che caratterizza tutte le iniziative innovative, dandosi un organizzazione formale. In questa di- rezione un ruolo è stato giocato anche dal riconoscimento legislativo dei GAS nell’art. 266 della legge fi- nanziaria 2008 che recita: “sono definiti «gruppi di acquisto solidale» i soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di so- stenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di sommini- strazione e di vendita” e la successiva disposizione che stabilisce che si tratta di associazione non soggette al- l’applicazione dell’IVA. Ampio dibattito si è avuto, nella mailing list della rete gas, sulla interpretazione di que- ste norme. Il passaggio è delicato e non esente da rischi nel senso che il carattere estremamente innovativo che contraddistingue l’esperienza potrebbe perdersi. Una istituzionalizzazione dei GAS, se non ben gestita, rischia, infatti, di depotenziare i meccanismi di opposizione al sistema di mercato dominante. (figura 2) Come vengono individuati i produttori? Per rispondere a questa domanda si è chiesto ai GAS di fare un ra- ting tra 7 opzioni (1 più importante - 7 meno importante). I risultati mostrano in maniera netta che la mo- dalità di scelta prevalente è la conoscenza diretta, indicata da oltre il 65% dei GAS come la più rilevante (ra- ting 1). Il rapporto creato tra gli acquirenti e i venditori non è un semplice rapporto di mercato, ma si con- nota per un alto contenuto di socialità; la creazione di relazioni sociali diventa un momento importante di que- sta esperienza e ne rappresenta una peculiarità che non è presente nel modello di consumo dominante. Le relazioni tra i produttori e i GAS producono un interscambio di conoscenze che sono anche alla base di mo- difiche nei comportamenti di entrambi gli attori.

La seconda modalità prevalente per l’individuazione dei produttori è costituita dalle segnalazioni di altri GAS; le relazioni che esistono tra i gruppi si fondano, dunque, su legami fiduciari. La presenza della rete GAS na- zionale, che ha un proprio sito internet, ha senza dubbio favorito la nascita di questi legami senza mai tra- sformarsi in una rete di tipo gerarchico; ciascun GAS mantiene, dunque, la propria autonomia di scelta negli

acquisti e la mailing list nazionale viene utilizzata per lo scambio di informazioni, la segnalazione di nuovi produttori, la discussione sulla valenza di alcuni prodotti. L’organizzazione di un incontro annuale, in cui i componenti dei gruppi di acquisto hanno la possibilità di confrontarsi e di conoscersi direttamente, rafforza ulteriormente i legami esistenti, anche attraverso l’attivazione di gruppi di lavoro su tematiche specifiche.

La terza modalità, che si sta affermando negli ultimi anni, è l’auto-presentazione dei produttori. Nelle parole di un gasista, intervenuto ad un workshop realizzato dai GAS a “Terra futura 2006”: “Si sta invertendo la ten- denza, prima erano i GAS a cercare i produttori, ora sta avvenendo il contrario”. Molti produttori hanno sco- perto i gruppi partecipando a fiere, quali “Terra futura” e “Fa la cosa giusta” e, probabilmente, è stata uti- le anche l’azione realizzata da AIAB per la promozione della filiera corta mirata, tra l’altro, a costituire i co- siddetti godo (gruppi di offerta organizzata). La presenza, sul sito della rete GAS, di uno spazio dedicato ai produttori per auto-segnalazioni ha contribuito ulteriormente al diffondersi di questa modalità.

Per comprendere il legame esistente tra GAS e produttori si è chiesto quali siano le modalità seguite per co- struire tra loro una relazione fiduciaria. La domanda prevedeva un rating (da 1 più importante a 6 meno im- portante) tra sei opzioni (nell’elaborazione dei dati non si è considerata l’opzione altro in quanto non è ri- sultata significativa). (figura 3)

La visita in azienda viene segnalata come la prima delle modalità seguite, conoscere direttamente il produt- tore, vedere come lavora e cosa produce, favorisce lo sviluppo di socialità e rafforza la consapevolezza di aver adottato un “altro” modello di consumo. Anche gli incontri periodici con i produttori, organizzati da diversi

Fonte: ns. elaborazioni su dati survey.

GAS, terza modalità più importante, persegue simili finalità. Gli argomenti di discussione vanno dalle modalità produttive e i canali di vendita adottati dai produttori, alla scelta di cosa produrre ma anche ai chiarimenti sulle cause di eventuali aumenti dei prezzi.

La garanzia offerta da componenti di GAS rappresenta la seconda modalità più importante; tra i gruppi esi- ste, dunque, un buon livello di fiducia sia internamente che con altri gruppi; in tal caso questa è alimentata anche dallo scambio reciproco di informazioni, che avviene, come già indicato, prevalentemente attraverso la mailing list nazionale.

Una questione aperta riguarda la certificazione biologica e l’autocertificazione del produttore. Rispetto a queste due opzioni i GAS si dividono in due gruppi, leggermente più numerosi sono quelli che attribuiscono alla certificazione un valore elevato. Si tratta di una scelta politica che i GAS fanno. Da un lato, coloro che comprano prodotti bio-certificati, riconoscono comunque una valenza di garanzia all’ente certificatore; dal- l’altro è ipotizzabile che quei gruppi che non considerano importante la certificazione biologica valutino l’o- nerosità della stessa per i piccoli produttori e dunque, volendo sostenere le micro aziende come modello pro- duttivo sostenibile e da salvaguardare, ritengono che le visite in azienda, gli incontri (Saroldi, 2001) e la garanzia offerta dai componenti dei gruppi siano strumenti appropriati e sufficienti per la produzione del le- game fiduciario con i produttori. Nelle parole di un gasista: “È il rapporto che c’è con il produttore la garan- zia migliore” e in quelle di un produttore “il bello del GAS è proprio questo: che acquistando dal produttore, loro si fidano, e per il produttore è un modo per superare la certificazione”

Fonte: ns. elaborazioni su dati survey.

Gli ordini d’acquisto nell’ottanta per cento dei gruppi sono effettuati per e-mail, prevalentemente sulla ba- se di elenchi predisposti dai GAS stessi, generalmente non esiste un obbligo di frequenza degli acquisti. Qua- si il 30% dei gruppi acquista cassette confezionate direttamente dai produttori. La frequenza media degli ac- quisti è mensile nella metà dei gruppi, gli altri (circa il 30%) fanno acquisti settimanali e (circa il 20%) bi- settimanali. La consegna avviene prevalentemente presso un componente del GAS, in subordine presso un centro di raccolta. La consegna direttamente a casa è prevista solo dal 10% dei gruppi e rappresenta la mo- dalità meno utilizzata.

Quali sono i criteri di scelta dei prodotti? Per rispondere alla domanda si chiesto di fare un rating (da 1 più importante a 6 meno importante) tra alcune opzioni. Ciò che emerge chiaramente è che il prezzo basso non gioca un ruolo primario nella scelta, anche se molti riconoscono che la maggioranza dei beni acquistati han- no un prezzo inferiore a quelli praticati sul mercato convenzionale. Gli acquisti si indirizzano verso i prodot- ti biologici e locali. I primi implicano una scelta con contenuti etici come spiega un gasista: “La scelta di par- tecipare al GAS è stata la naturale conseguenza del fatto che io avevo iniziato già da prima a mangiare bio- logico... per una questione di scelta etica. Una scelta etica a più livelli: nei confronti dell’ambiente; della ter- ra che ci nutre; nei confronti dell’essere umano perché l’agricoltura biologica si preoccupa di più di mettere al centro delle esigenze quelle che riguardano l’uomo...”; mentre i prodotti locali garantiscono una maggio- re sostenibilità ambientale, come ricorda un gasista:“La scelta dei GAS è quella di acquistare dai produttori in loco, quindi senza eccessivo inquinamento per i trasporti, per il fatto che la merce non ci deve arrivare da altre nazioni, ma la possiamo trovare qui dove siamo”. (figura 4)

Fonte: ns. elaborazioni su dati survey.

La spesa media mensile si attesta per circa l’80% dei gruppi sotto i 2000 euro; per il 12% arriva fino ai 3000 euro, per il 6% fino a 5000 e il restante 2% si divide tra quelli che arrivano ai 10.000 euro e quelli che li su- perano. È plausibile ritenere che la relativa recente costituzione di molti gruppi, nonché la frequente scelta di sdoppiare il GAS, quando arriva ad essere costituito da un numero di famiglie considerato troppo elevato per una gestione efficace (in termini di acquisti ma anche di capacità di sviluppare relazioni sociali consoli- date tra i suoi componenti), limitano la possibilità di acquistare un alto quantitativo di prodotti. Il pagamen- to dei prodotti è nella maggioranza dei casi effettuato alla consegna, ma si segnala comunque che circa il 10% dei gruppi effettua pagamenti anticipati, in questo richiamando l’esperienza della Community Supported Agricolture anglosassone.

I principali problemi incontrati dai GAS riguardano: la partecipazione attiva di tutti i componenti del gruppo (“Il problema è rendere ogni aderente al gruppo responsabile della gestione condivisa di tutte le attività or- ganizzative”) e la necessità di adottare delle modalità organizzative che facilitino il coinvolgimento, in par- ticolare nei gruppi più numerosi (“Problemi di tipo organizzativo per coordinare il grande numero di perso- ne che gravitano nel nostro GAS”); la distribuzione logistica è un’altra questione rilevante, in quanto vi so- no difficoltà sia per i trasporti delle merci che per individuare i luoghi di consegna, che sono di norma af- frontate sulla base di disponibilità individuali dei gasisti (“La necessità di fronteggiare problemi di ordine lo- gistico: trasporti, conservazione dei prodotti prima della consegna ecc.”). Infine, nonostante la maggior par- te dei gasisti partecipino a questa esperienza per cambiare modello di consumo, non è facile modificare le pro- prie abitudini d’acquisto e imparare ad acquistare non tutti i giorni ma secondo una programmazione delle proprie esigenze nel tempo (“La necessità di cambiare le proprie modalità di approvvigionamento dei pro- dotti di consumo, in particolare per quanto riguarda la periodicità e gli acquisti all’ingrosso”).

Si è chiesto ai GAS se ritenessero utile un supporto da parte dell’ente pubblico. La maggioranza dei gruppi va- luta positivamente un eventuale sostegno, in particolare chiedono, in coerenza con i problemi su elencati, in- terventi per le infrastrutture logistiche (si va dalla messa a disposizione di una sede, a spazi per lo smista- mento dei prodotti e per la realizzazione di iniziative e dibattiti), la realizzazione di iniziative che sostenga- no/facilitino la filiera corta, nonché campagne informative, dibattiti e seminari sui temi del consumo critico e, più in generale, dell’economia solidale. Una decina di gruppi non si sono espressi al riguardo mentre circa una trentina hanno esplicitamente risposto di non volere contributi/sostegni dell’ente pubblico. Dalle risposte da- te sembra emergere il timore che la presenza del pubblico possa limitare la loro autonomia (“Il Gas si regge sull’iniziativa dei singoli partecipanti, che in maniera consapevole e responsabile mettono a disposizione il lo- ro tempo e le loro competenze per rendere possibile questa esperienza. L’aiuto esterno (...) snaturerebbe la vita di un gruppo come questo che si fa forza della propria autonomia e capacità di collaborazione”). I GAS hanno già attivato autonomamente iniziative volte sia alla promozione e/o partecipazione a dibattiti, fiere e manifestazioni pubbliche sui temi del consumo critico, dell’agricoltura biologica, dell’economia solidale sia alla costituzione/partecipazione a reti, sia con altri gruppi che con altri soggetti. Il 91% dei GAS che han-