• Non ci sono risultati.

I GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDAL

DI

A

NDREA

S

AROLDI

Mi occupo dei Gruppi di Acquisto Solidale, i cosiddetti GAS. Mi ha fatto piacere che siano stati oggetto di una ricerca, perché questa indagine, di cui ci ha parlato la Dr.ssa Sivini, è risultata di estrema utilità in quanto ha fatto conoscere meglio questa realtà che è varia, sfuggente, ed è difficile da inquadrare.

Parlerò dell’importante esperienza dei GAS inserendoli in un quadro esplicativo, al fine di comprenderli me- glio. Comincerò commentando alcuni punti aperti emersi dalla presentazione: ovvero parlerò dell’evoluzio- ne che possono avere o che stanno avendo, e, in secondo luogo, vorrei riflettere sulle politiche e su come la governance si può agganciare a questi fenomeni. Infine procederei riassumendo alcuni punti caratteristici dell’esperienza dei gruppi di acquisto per capire in che direzione stanno andando e quali sono le questioni aperte per capire quali possono essere le politiche di sostegno a queste esperienze.

I GAS nascono da una critica al modello di consumo, questa è stata la prima motivazione che li ha animati. Quindi nascono su una forte spinta motivazionale ed è per questo che nascono tensioni quando si cerca di isti- tuzionalizzarli o inserirli in una logica economica di tipo tradizionale. Inoltre nascono come “meccanismo di auto-difesa”, cioè i singoli si mettono insieme perché si rendono conto che altrimenti non riuscirebbero a procurarsi del cibo sano a dei prezzi ragionevoli. Un aspetto importante è l’autodifesa rispetto a questo mer- cato impazzito, al quale contrappongono la logica di mercato solidale, la ricerca di una soluzione che possa funzionare per tutti. La loro, quindi, non è la difesa “dell’uno contro qualcun altro”, ma è la ricerca di una soluzione che possa andare bene per l’uno e per l’altro in una logica collaborativa, che si scontra con la lo- gica della competitività. Il punto cruciale per i GAS è che bisogna trovare una soluzione buona per tutti: per chi produce, per chi consuma e per il “benvivere” (come diciamo noi) di tutti, compreso l’ambiente e le risorse naturali. Il GAS ricerca soluzioni che ottimizzano un benessere non del singolo, ma della collettività. Un’altra cosa molto importante è il rapporto che essi instaurano con i produttori. Anche questo è emerso dal- l’indagine che ci è stata presentata, così come è emersa l’altra caratteristica dei gruppi d’acquisto, ovvero la capacità di dar luogo a profonde modifiche nel comportamento del singolo nel momento in cui entra a far par- te di un gruppo di acquisto di questo tipo. Si innescano, infatti, percorsi di partecipazione attiva da parte del singolo che si mette in gioco, e che finisce per dar vita ad una trasformazione sociale e culturale a partire dal cambiamento del proprio comportamento. In sintesi, se non c’è la disponibilità del singolo a modificare i pro- pri comportamenti nelle pratiche di consumo, il GAS non può nascere. Se non c’è un certo coinvolgimento del- le persone non si forma il gruppo.

Altra caratteristica dei GAS è che sono esperienze molto legate alla dimensione locale, all’idea di sviluppo di un territorio. Quando nasce un gruppo d’acquisto, infatti, si cerca di individuare quelli che sono gli atto- ri di un territorio e ci si chiede come si possano coordinare i vari attori (produttori, consumatori) per un’i- dea di sviluppo del territorio stesso. È importante considerare anche come questa idea viene percepita dal- le persone che vivono in quel territorio, che costruiscono reti, partendo da quelle che sono le loro esigenze di consumo, quindi indirizzano la ricerca dei produttori e gli acquisti in base a quelle che sono le esigenze

della vita quotidiana. Una cosa interessante è che, anche se con caratteristiche diverse, le esperienze di questo tipo di autodifesa, di resistenza, sia da parte dei produttori, sia da parte dei consumatori, si stanno sviluppando un po’ in tutto il mondo e stanno incominciando a nascere delle esperienze di scambio di co- noscenze a livello mondiale.

Nei prossimi giorni in Francia, vicino Marsiglia, ci sarà un incontro organizzato da una rete che si chiama “Urgency”, che è nata in Francia e che cerca di collegare le cosiddette CSA (Community Support on Agricol- ture) ovvero quelle esperienze che vedono gruppi di consumatori che adottano un contadino e che prenota- no una quota del raccolto, condividendo con il contadino rischi e vantaggi: se il raccolto va bene avranno una quota più alta, altrimenti avranno una quota più bassa. Esperienze di questo tipo si possono trovare in Francia, in Giappone, in Canada, ognuna ha le sue espressioni, si organizza in modo diverso attraverso reti e retine, però comincia ad esserci una percezione di queste esperienze a livello mondiale e si cerca, attraverso questi incontri, di scambiarsi esperienze.

Per tornare ai GAS, un altro elemento importante che stanno innescando riguarda la trasformazione sociale che in qualche modo stanno realizzando. Naturalmente non parliamo di trasformazione sociale nella loro organizzazione, ma di una trasformazione sociale nel modo di fare, nelle modalità che essi adottano nel- l’acquisto.

Tra fare la spesa al negozio, al mercato o al supermercato, si sta diffondendo un’altra pratica che è proprio quella proposta dai gruppi di acquisto solidali.

Abbiamo visto che è difficile definire che cos’è un GAS. Sono esperienze strane, diverse, ognuna è fatta a mo- do suo, però allo stesso tempo vediamo che questa esperienza si può diffondere, si può modificare attraver- so la conoscenza diretta e il contatto.

Ora, ci si chiedeva anche nell’analisi dei risultati dell’indagine, come mai ci sono più gas al Nord piuttosto che al Sud? La risposta vera non la conosco.

Altra questione aperta dallo studio sui GAS riguarda la certificazione, formale o informale, dei GAS stessi. Se- condo me, nell’analisi dei gruppi d’acquisto, siamo di fronte ad una trasformazione sociale con tutte le sue varianti e i suoi ibridi. La prima risposta data per spiegare la nascita di questi gruppi riguardava l’esigenza di cambiare modelli di consumo. È una risposta molto forte. Ci sono poi molte forme di organizzazione, co- me ci si organizza, come ci si costituisce, il tipo di produttori che si preferiscono, e tutto ciò ne accresce le va- rianti e le differenze.

In ogni modo questo tipo di esperienze sono interessanti perché racchiudono una serie di principi all’interno dei propri acquisti, ed è lì che ci si scontra e ci si confronta all’interno del gruppo. Sui principi si è tutti d’ac- cordo, però poi quello attraverso il quale si effettuano le scelte fa emergere quanto un soggetto sia disposto ad andare in una direzione piuttosto che in un’altra.

Infine le diverse risposte fornite dai GAS per quanto riguarda il sostegno pubblico è dovuta alle ragioni che dicevo prima: sono esperienze fragili che si basano sul volontariato, che nascono e che muoiono. Tra quei 300 gruppi a cui è stato mandato il questionario, quelli che non hanno risposto forse non lo hanno fatto perché quel gruppo non c’era più e, allo stesso tempo, forse ne sono nati altri e noi non lo sappiamo. Per tutti c’è

comunque la paura di confrontarsi o di avere a che fare con l’organizzazione pubblica che ha metodi e tem- pi di lavoro diversi che potrebbero ingabbiare o danneggiare questo tipo di esperienza. C’è, pertanto, una cer- ta diffidenza avvalorata probabilmente dall’insuccesso delle esperienze precedenti che hanno diffuso ap- punto diffidenza nei confronti delle istituzioni. Secondo me, è comunque importante che le politiche pubbli- che si occupino di questi argomenti, però bisogna che lo facciano con estrema cautela per non rischiare di per- dere un patrimonio sociale che si sta sviluppando. La prima cosa che dovrebbe fare la politica è mettere in atto pratiche trasparenti: non è possibile che il prodotto del contadino cha ha la sua azienda a 1000 m di di- stanza si confronti sullo stesso piano con un prodotto che ha percorso 2000 Km di distanza e che per questo ha un impatto ambientale e sociale negativo. Il costo negativo di questi prodotti, che è enorme, viene ma- scherato, per cui ci si trova di fronte prodotti a costi bassissimi, ma dei quali non si conosce la provenienza; per contro per i produttori locali la stessa produzione ha un costo maggiore. Ritengo che il primo intervento necessario sia quello di dotarsi di regole trasparenti, di una concorrenza corretta, e su questo il governo può intervenire.