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L’atipicità della condotta esterna: il concorso nell’altrui partecipazione

II Capitolo: Il concorso esterno in associazione mafiosa e la sua evoluzione giurisprudenziale

2. La prima pronuncia a Sezioni Unite: il “caso Demitry”

2.1 L’atipicità della condotta esterna: il concorso nell’altrui partecipazione

Se la figura del concorrente esterno è nata per estendere la punibilità a condotte considerate atipiche, tutto sta nell’individuare il concetto di partecipazione e capire se sia possibile distinguerlo dall’azione atipica del concorrente esterno. Se per partecipe si intende il mero far parte di un sodalizio, difficilmente si possono immaginare condotte atipiche che contribuiscano a tale “far parte”; ma se, invece, si intende l’assumere e lo svolgere concretamente un ruolo all’interno dello stesso, allora si può ipotizzare la condotta di un soggetto esterno che risulti utile nella realizzazione dei compiti affidati al partecipe188.

La Corte, nel seguire questo orientamento, partì dall’idea, ormai assodata, dell’associazione mafiosa come reato plurisoggettivo, dove le singole condotte dei membri contribuiscono alla realizzazione del piano criminoso e alla funzionalità dell’associazione stessa189. È difficile immaginare che l’inclusione di un nuovo membro avvenga come atto unilaterale di quest’ultimo, senza che vi sia il consenso e l’accettazione da parte degli altri190. Il neoassociato, infatti, si inserisce nella struttura organizzativa mettendo a disposizione le proprie forze e diventando un tutt’uno con il sodalizio.

187 F. M. Iacoviello, Il concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad associazione per delinquere, in Cassazione penale, 1995, p. 859

188 F. M. Iacoviello, Il concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad associazione per delinquere, in Cassazione penale, 1995, p. 861; V. B. Muscatiello, Il concorso esterno nelle fattispecie associative, cit., p. 77 e p. 151

189 G. Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, cit., p. 115; G. Insolera, Diritto penale e criminalità organizzata, cit., p. 62; G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 290; De

Francesco, Associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso, cit., p. 302

190 Valiante, L’associazione criminosa, cit., p. 82; Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, cit., p.

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È a questo tipo di condotte che si affianca il concorrente esterno, con un apporto consapevole a vantaggio dell’organizzazione nel suo complesso191. Un apporto che si concretizza in una condotta atipica che, per essere rilevante, deve contribuire alla realizzazione della condotta tipica posta in essere da altri192.

A questo punto resta solo da capire come distinguere la figura del partecipe da quella del concorrente eventuale. La Corte trova l’elemento di differenziazione nel motivo che spinge l’associazione a rivolgersi ad un extraneus: soltanto nei momenti in cui essa entra in fibrillazione si può ipotizzare la chiamata in causa di un soggetto esterno193.

In dottrina questo orientamento non convince fino in fondo, prima di tutto perché non risulta plausibile che una struttura organizzativa come un’associazione

191 Corte di Cassazione, SS.UU, 5 ottobre 1994, n.16, Demitry, cit., pp. 848-849.Il partecipe è un

soggetto inserito nella struttura criminale che svolge compiti determinati e continui. La sua condotta è “tipica” in quanto caratterizzata dall’affectio societatis e dalla stabile assunzione di un ruolo all’interno del sodalizio. Egli agisce al fine di contribuire alla realizzazione del piano criminoso. Una condotta che, al contrario, non presenta tali caratteri di tipicità non può minimamente essere equiparata a quella dell’affiliato, quindi non vi è ragione di escludere la punibilità di un condotta profondamente differente che, tuttavia, risulta significativa per l’intera associazione.

192 Corte di Cassazione, SS.UU, 5 ottobre 1994, n.16, Demitry, cit., p. 849. La Corte considera la

condotta del concorrente eventuale “atipica”, per cui afferma che soltanto se si riuscisse a dimostrare l’impossibilità di riscontrare una condotta atipica che contribuisca alla realizzazione della condotta tipica di partecipazione, allora si dovrebbe escludere la configurabilità del concorso esterno. Successivamente, però, (p. 439) la Corte riconosce che, mentre nell’ipotesi del concorso morale la condotta dell’agente sarà necessariamente atipica, e quindi più facilmente individuabile come contributo eventuale, nel caso del concorso materiale è possibile che l’esterno realizzi parte della condotta tipica complicandone, così, l’inquadramento giuridico. Tali difficoltà vengono superate dalla Corte dicendo che la figura del concorrente esterno e quella del partecipe sono «ontologicamente diverse», in virtù di quell’affectio societatis che caratterizza soltanto il secondo dei due.

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Corte di Cassazione, SS.UU, 5 ottobre 1994, n.16, Demitry, cit., p. 856. Lo spazio proprio del concorrente eventuale, afferma la Corte, non può che essere quello dell’emergenza dell’associazione. Soltanto in uno stato di fibrillazione, talmente grave da far temere per la sopravvivenza della stessa, si può ipotizzare che il sodalizio decida di rivolgersi ad un soggetto esterno. Quanto detto rafforza l’idea di un contributo che può anche essere isolato, purché sia idoneo a far rimanere in vita l’associazione; Visconti, Il tormentato cammino del concorso

“esterno” nel reato associativo, cit., p. 571. La condotta dell’esterno è atipica in quanto non

caratterizzata dal livello di compenetrazione nell’associazione tipico della condotta partecipativa. Il tratto distintivo è la funzionalità rispetto al mantenimento in vita o al rafforzamento del sodalizio. Può concretizzarsi in un contributo episodico, o persino unico, proprio perché la reiterazione di tale attività non ha rilevanza, essendo posta in essere da chi non vuole entrare a far parte dell’associazione.

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mafiosa non preveda un sistema di protezione e salvaguardia per i “momenti di crisi”.

Si contesta che il partecipe non è soltanto colui il quale ha superato il rito di iniziazione – o ha posto in essere facta concludentia – bensì è colui che entra a far parte di un’organizzazione complessa con le sue procedure di ingresso, il suo programma, le sue regole, le sue gerarchie, la sua suddivisione dei compiti e molto altro. Il partecipe acquisisce uno status che si caratterizza per l’insieme di tutto questo194.

Il concorrente eventuale, invece, prescinde dall’occasionalità del suo intervento - non sarebbe inusuale un contributo continuativo dato da chi resta all’esterno del sodalizio – e dall’effetto di consolidamento o mantenimento dell’organizzazione. Quest’ultimo è in re ipsa: il concorrente esterno concorre con uno o più membri nel reato di partecipazione, partecipazione intesa come assunzione e svolgimento di un ruolo specifico. È, dunque, la condotta del partecipe a dover essere presa come termine di confronto rispetto al contributo del concorrente, dal momento che quest’ultimo è tale in quanto agevola la realizzazione della condotta del membro interno195. Inevitabilmente, però, il raggiungimento di tale risultato comporterà un potenziamento e un vantaggio per l’intera organizzazione. Ne consegue che ai fini della distinzione tra partecipe e concorrente esterno non conta se il contributo sia

194 G. Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, cit., p. 86; G. De Francesco, Associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso, cit., p. 291. L’Autore individua la condotta associativa

nell’assunzione di un ruolo, di una funzione in prospettiva della realizzazione di un programma criminoso.

195

Contra G. Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, cit., pp. 139-141. Certamente, afferma l’Autore, il partecipe è colui che svolge un ruolo all’interno della struttura organizzativa, ma il concorrente è colui che dall’esterno porta un contributo significativo all’associazione nel suo complesso e non all’attività di singoli associati.

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occasionale o reiterato oppure se intervenga in situazioni di emergenza o meno, quanto piuttosto se vi è stata l’assunzione dello status di cui sopra196.

In contrasto con quanto appena riferito, De Francesco, il quale si allontana da un’interpretazione in chiave causale della figura del concorrente, poiché ritiene che la condotta del terzo sia perseguibile se, nel caso concreto, gli scopi associativi sono stati raggiunti anche grazie all’intervento del concorrente. Un siffatto contributo, quindi, risulterà “strumentale” per il sodalizio e non meramente causale197.

La Suprema Corte, al fine di individuarne la rilevanza penale, rapporta la condotta dell’extraneus a quella tipica del partecipe. De Francesco non condivide tale impostazione e sottolinea l’esigenza di valorizzare la dinamicità dell’associazione: quest’ultima non può essere concepita come un evento in chiave statica, poiché essa è un’entità funzionalmente rivolta al perseguimento di uno scopo. Il concorrente, dunque, è colui che dà un apporto di cui il sodalizio si avvale per realizzare i suoi piani. Pertanto, non sarà necessario valutare ex post se vi sia stato il rafforzamento dell’associazione, poiché la condotta del terzo assumerà rilevanza semplicemente in virtù della decisione dell’associazione di sfruttarne il contributo198.

196 F. M. Iacoviello, Il concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad associazione per delinquere, cit., pp. 862-863

197 G. De Francesco, Concorso di persone, reati associativi, concorso nell’associazione: profili sistematici e linee di politica legislativa, in G. Fiandaca e C. Visconti (a cura di), Scenari di mafia. Orizzonte criminologico e innovazioni normative, Torino, Giappichelli Editore, 2010, p. 132. Egli

sostiene che la fattispecie concorsuale nasce e si sviluppa grazie al comportamento dei soggetti agenti e all’intersecarsi delle loro condotte. Ogni azione acquisisce una funzione che risulterà strumentale rispetto al reato. La domanda da porsi pertanto non è più: «Che cosa sarebbe successo in assenza di quella condotta?» bensì: «Ci si è avvalsi di quel contributo per la realizzazione dell’illecito?».

198 G. De Francesco, Concorso di persone, reati associativi, concorso nell’associazione: profili sistematici e linee di politica legislativa, cit., pp. 134-135. Il secondo termine di riferimento deve,

quindi, essere l’associazione nel suo complesso che, per realizzare i propri scopi, si è avvalsa del contributo esterno. A sostegno di tale tesi, viene fatto il classico esempio del “complice maldestro”: il palo che non è in grado di avvertire per tempo i propri complici deve comunque

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