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Il reato di assistenza agli associati ex art 418 c.p.

5. Le ipotesi di contiguità mafiosa tipizzate all’interno dell’ordinamento giuridico

5.2 Il reato di assistenza agli associati ex art 418 c.p.

Veniamo adesso ad un’altra forma tipizzata di contiguità: l’assistenza agli associati ex art. 418 c.p.122

Si tratta di una fattispecie residuale, che trova applicazione ogni qualvolta non sia possibile inquadrare la condotta criminosa come concorso nel reato o favoreggiamento123. La ratio dell’incriminazione si fonda sulla volontà di punire chi «dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano all’associazione». È interessante notare come il secondo comma fissi una pena più gravosa per coloro che prestano assistenza continuativa, determinando, così, una differenza significativa rispetto al favoreggiamento. Abbiamo osservato precedentemente che uno degli aspetti su cui si basa la differenza tra l’art. 378 c.p. e la condotta associativa è la continuità dell’apporto del terzo: se il contributo è reiterato nel tempo, viene meno la configurabilità del favoreggiamento poiché la perpetrazione della condotta di ausilio può far presumere l’assunzione di un ruolo stabile nell’associazione da parte del soggetto124.

In merito alla distinzione tra condotta partecipativa e condotta di assistenza agli associati, emerge come carattere distintivo l’aiuto prestato al singolo associato

121 G. Luciani, La condotta medico-assistenziale nei reati associativi: profili critici sulla qualificazione penale, in Cassazione Penale, n. 9, Settembre 2013, p. 3132

122Così come modificato dal d.l. 18 ottobre 2001, n. 374, conv. con modif. dalla l. 15 dicembre

2001, n. 438, in banca-dati Normattiva

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T. Padovani (a cura di), L’art. 418 c.p., in Codice penale, Milano, Giuffrè Editore, 2000, p. 1948; G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale. Parte speciale, cit., p. 477

124 Corte di Cassazione, VI sez. pen., 10 gennaio 1995, (dep. 16 marzo 1995), n. 200806, Salinitro,

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piuttosto che all’associazione nel suo complesso125. Come nell’ipotesi del favoreggiamento, qualora l’attività del terzo dovesse divenire causale, adeguata e congrua rispetto all’organizzazione e al suo programma, non sarebbe più possibile parlare di assistenza agli associati, ma sfoceremmo nella partecipazione vera e propria o, tutt’al più, nel concorso di persone – anche eventuale126.

Se il tratto distintivo per eccellenza è, dunque, la destinazione della prestazione assistenziale al membro del sodalizio in quanto singolo, si spiega l’inserimento dell’aggravante al secondo comma dell’art. 418 c.p. La condotta continuativa non rileva comunque a titolo di partecipazione, dal momento che resta rivolta ai singoli membri e non all’associazione nel suo complesso127.

Recentemente la VI sezione penale della Corte di Cassazione ha sottolineato che l’assistenza agli associati può aversi solo se realizzata da un soggetto esterno al sodalizio. Al contrario, subentrerà la punibilità ai sensi dell’art. 416 bis c.p., qualora la condotta di ausilio venga prestata da un aderente alla consorteria nell’ambito della solidarietà dovuta ai partecipi secondo il pactum sceleris, nonostante nel caso specifico sia funzionale alla mera salvezza del singolo e non alla sopravvivenza dell’associazione128.

125G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 366; G. De Francesco, Gli artt. 416, cit., p.

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126 A. Cavaliere, Il concorso eventuale nel reato associativo, cit., p. 189; G. Insolera, L’associazione per delinquere, cit., p. 198

127 G. De Francesco, Associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso, cit., p. 316; G.

De Francesco, Gli artt. 416, cit., p. 81. La reiterazione della condotta rappresenta soltanto un elemento di maggior disvalore, tale da giustificare il trattamento sanzionatorio più gravoso previsto al secondo comma dell’art. 418 c.p.; G. Insolera, Diritto penale e criminalità organizzata, cit., p. 101; G. Insolera, L’associazione per delinquere, cit., p. 199. Verrà incardinata la fattispecie partecipativa soltanto quando, a fianco della condotta di ausilio, riscontreremo attività materiali successive riconducibili alla partecipazione in associazione.

128 Corte di Cassazione, VI sez. pen., 23 aprile 2012, n. 15668, in Rivista penale, n. 7-8, 2013, p.

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5.2.1 L’assistenza agli associati rispetto al favoreggiamento

Come precedentemente detto, l’art. 418 c.p. non è sussidiario soltanto al reato associativo, ma anche al reato di favoreggiamento. Rispetto a questa ipotesi, infatti, la linea di demarcazione tra le due condotte va ritrovata nell’elemento psicologico129.

L’art. 378 c.p. puntualizza che l’azione di favoreggiamento deve esser destinata a far sì che l’associato eluda le indagini dell’autorità giudiziaria, mentre l’art. 418 c.p. non prevede niente di simile.

Ogni volta che il terzo presta un’assistenza tale da permettere al membro del sodalizio di fuorviare le indagini e sottrarsi alle ricerche, non si parlerà di assistenza agli associati, bensì del più grave reato di favoreggiamento130.

La novella del reato di cui all’art. 418 c.p., che ha ampliato le forme di assistenza inserendo «ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione», nacque per fronteggiare la fenomenologia criminale delle associazioni che, come sottolineato più volte, si manifestano continuamente in modalità differenti adattandosi alle realtà processuali in continua evoluzione131. Lo scopo era quello di non lasciare alcun vuoto di tutela ed evitare che vi fossero condotte non punibili, in quanto non integranti alcun fatto di reato, nonostante l’innegabile relazione con il sodalizio. Sembra quasi che il legislatore abbia voluto spingere

129 G. De Francesco, Associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso, cit., p. 316; T.

Padovani, L’art. 418 c.p. , cit., p 1948

130 G. Insolera, Diritto penale e criminalità organizzata, cit., p. 102; G. Spagnolo, L’associazione

di tipo mafioso, cit., p. 152

131 C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, cit., p. 122. L’autore mette in luce

come, già negli anni del terrorismo eversivo degli anni ’70 e ‘80, il legislatore abbia effettuato degli interventi normativi in ossequio a quanto sperimentato nella prassi, sia sotto il profilo sostanziale che processuale. Il diritto penale veniva utilizzato come «strumento di pronto intervento» al fine di fronteggiare situazioni di emergenza che altrimenti non avrebbero potuto essere contrastate.

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l’azione penale in un campo di comportamenti di per sé privi di autonoma rilevanza penale, mediante una marcata anticipazione di tutela132.

A ben guardare la fornitura di mezzi di trasporto e strumenti di comunicazione dà vita ad una prestazione che potremmo definire “di dare”, la quale esaurisce la propria carica offensiva nella consegna di tali oggetti. Se così è, ogni volta che ci troviamo di fronte ad una prestazione “di facere” – ad esempio il terzo che non si limita a fornire l’autovettura all’associato latitante, ma ne diviene l’autista per tutto il tragitto necessario per assicurarne la fuga – la condotta criminosa va ad integrare il concorso poiché risulta un apporto utile all’intera associazione e caratterizzato da un disvalore oggettivo decisamente maggiore.

In conclusione, solo se la condotta accertata si riduce alla fornitura materiale degli strumenti indicati nella norma, è destinata ad aiutare “taluno dei partecipanti all’associazione criminale”, non ha lo scopo di assicurare l’elusione delle indagini e non diviene un contributo causale all’organizzazione nel suo complesso, essa sarà perseguibile ai sensi dell’art. 418 c.p.133

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