II Capitolo: Il concorso esterno in associazione mafiosa e la sua evoluzione giurisprudenziale
5. L’accordo elettorale politico-mafioso: il “caso Mannino”
5.2 La decisione delle Sezioni Unite alla luce della sentenza “Franzese”
Nel tentativo di far chiarezza su molti aspetti ancora oscuri del concorso esterno, le Sezioni Unite si soffermarono nuovamente sulla distinzione tra condotta partecipativa e condotta concorsuale eventuale.
Prima di tutto confermò la configurabilità del concorso esterno rispetto al delitto di associazione mafiosa. Si ribadì che la condotta del partecipe è caratterizzata da una stabile e organica compenetrazione nella struttura organizzativa tale da implicare l’assunzione di un ruolo funzionale al suo interno. Egli “prende parte” al fenomeno criminoso restando a disposizione dell’ente per il perseguimento dei suoi obiettivi.
La Corte non si limitò a delineare i tratti della condotta illecita, ma effettuò delle puntualizzazioni anche a livello processuale. Precisò, infatti, che sul piano probatorio rileva qualsiasi “indicatore fattuale” dal quale, sulla base di massime di
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Corte di Cassazione, SS. UU., 12 luglio 2005, in Cassazione penale, cit., pp., 3743-3744
252 A seguito del giudizio di rinvio Mannino venne assolto con sentenza del 22 ottobre 2008 e il 14
gennaio 2010 la Corte di Cassazione confermò la decisione dichiarando inammissibile il ricorso presentato dal Procuratore Generale.
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esperienza attinenti al fenomeno mafioso, possa dedursi lo stabile inserimento nell’associazione253.
Con questa definizione la Corte sembrò propendere per il c.d. modello organizzatorio254 con degli accorgimenti, però, non irrilevanti. Le Sezioni Unite confermarono quanto affermato il 22 aprile del 1985 dalla prima sezione penale255 che aveva individuato nella struttura organizzativa l’elemento più importante dell’associazione di stampo mafioso. Sulla scia di tale ragionamento l’entrare a far parte del sodalizio assume rilevanza in quanto assunzione di un ruolo, di una funzione.
Se si adottasse l’impostazione causale, la condotta partecipativa verrebbe integrata soltanto da un contributo apprezzabile ai fini della realizzazione del programma criminoso. In quest’ottica appare effettivamente difficile distinguere il partecipe dal concorrente eventuale, se non in virtù dell’atteggiamento psicologico.
L’impostazione opposta, invece, lascia spazio alla figura del “concorrente esterno” che potrà così essere individuato in colui che, pur non essendo inserito nell’organizzazione, fornisce un contributo utile per il suo rafforzamento256.
253 Corte di Cassazione, SS. UU. ,12 luglio 2005, (dep. 20 settembre 2005), “Mannino”, in Il Foro italiano, II, 2006, p. 96. Devono essere “indizi gravi e precisi” dai quali possa dedursi, senza
nessun tipo di automatismo probatorio, la permanenza del vincolo e la duratura “messa a disposizione” del partecipe a favore dell’associazione criminale. Tali indizi possono essere riscontrati ad esempio nell’affiliazione rituale, nell’investitura della qualifica di “uomo d’onore”, nella commissione di delitti-scopo, ma anche in facta concludentia che le indagini e i processi hanno individuato come indicatori del rapporto con la mafia.
254 Come visto in precedenza, si tratta della tesi secondo cui la rilevanza penale della condotta
partecipativa emerge già a livello di semplice affiliazione; l’aumento del numero degli affiliati costituisce di per sé un rafforzamento per il sodalizio e quindi il mero entrarvi a far parte rappresenta un potenziale pericolo per i beni che verrebbero lesi in caso di commissione dei delitti- scopo; G. Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, cit., p. 86. L’autore ritiene che la partecipazione consista nel ruolo assunto e nell’impegno preso ad agire a favore del sodalizio; così anche Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., p. 294
255 Corte di Cassazione, I sez. pen., 22 aprile 1985, “Aslan”, cit., p. 823
256 G. Fiandaca, C. Visconti, Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle Sezioni Unite, in Il Foro italiano, II, 2006, p. 88; T. Padovani, Art. 416 c.p., cit., pp. 1925-1926. Sottolinea l’autore
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In questo modo la Corte attribuì un senso “dinamico” e “funzionalistico” al “far parte” e, mentre da un lato escluse la rilevanza di dati meramente formali, dall’altro non elevò a rango di elementi costitutivi del reato lo svolgimento effettivo di attività materiali. La condotta partecipativa integra i caratteri della tipicità penale nel momento in cui il soggetto assume un ruolo strumentale per il raggiungimento degli scopi dell’associazione257.
Ciò non esclude l’importanza di ricercare elementi ulteriori a conferma dell’inserimento del soggetto nella struttura organizzativa, ossia di quegli indicatori fattuali indicati in sentenza.
Successivamente, la Corte di legittimità riprese quanto stabilito in precedenza dalle Sezioni Unite in merito al concorso eventuale. È concorrente esterno colui che, non inserito nella struttura organizzativa e privo dell’affectio societatis, fornisce un apporto concreto, specifico, consapevole e volontario che abbia rilevanza causale per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione e che sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del suo programma criminoso.
La Corte indicò come necessaria la sussistenza degli elementi strutturali dell’istituto del concorso di persone nel reato, per cui l’azione dell’agente deve essere collegata agli elementi del fatto tipico descritti nella norma incriminatrice e deve risultare strumentale alla produzione dell’evento lesivo258.
che se si intendesse per partecipazione un contributo causale rispetto al perdurare dell’associazione, non vi sarebbe spazio per l’istituto del concorso esterno dal momento che le due condotte andrebbero a sovrapporsi.
257 P. Morosini, La creatività del giudice nei processi di criminalità organizzata, in Scenari di mafia. Orizzonte criminologico e innovazioni normative, Torino, 2010, Giappichelli Editore, p.
549; C. Visconti, Sui modelli di incriminazione della contiguità alle organizzazioni criminali nel
panorama europeo: appunti per un’auspicabile (ma improbabile?) riforma “possibile, cit., p. 197 258 Corte di Cassazione, 12 luglio 2005, in Il Foro italiano, cit., p. 96. Il bene giuridico nel caso di
specie è l’integrità dell’ordine pubblico che viene lesa dall’esistenza e dall’operatività sul territorio di un’associazione come Cosa Nostra
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Richiamandosi alla sentenza “Franzese”259, si richiese una valutazione della causalità che non fosse di tipo prognostico – ossia una valutazione ex ante della rilevanza potenziale della condotta dell’esterno ai fini del rafforzamento dell’associazione – ma piuttosto diagnostico260.
E’ necessario valutare ex post se l’apporto del terzo ha effettivamente avuto incidenza sull’attività mafiosa, altrimenti si rischierebbe di basare la decisione su un dato meramente probabilistico261.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato, il concorrente esterno deve essere consapevole dei metodi e dei fini dell’associazione mafiosa e dell’efficacia causale della propria condotta rispetto al rafforzamento o alla conservazione della stessa.
Viene esclusa la rilevanza del dolo eventuale poiché egli deve sapere e volere che il suo contributo sia rivolto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso262. Si confermò, dunque, l’orientamento fissato nel 2002 dalle Sezioni Unite, le quali avevano stabilito che si dovesse configurare in capo all’extraneus
259 Corte di Cassazione, SS. UU., 10 luglio 2002, Franzese, in Il Foro italiano, II, 2002, p. 623 260 G. Borrelli, Tipizzazione della condotta e nesso di causalità nel delitto di concorso in associazione mafiosa, in Cassazione penale, n. 12, Dicembre 2005, p. 3762. E’ opinione
dell’autore che già con la sentenza Carnevale la valutazione dell’efficacia causale del contributo dell’esterno dovesse essere effettuata ex post. Ciò sarebbe desumibile dal fatto che si andava a ricercare un rafforzamento effettivo del sodalizio, tanto che, in caso di contributi reiterati e costanti, non era necessario che le condotte avessero un esito positivo.
261 C. Visconti, nota a Corte di Cassazione, SS. UU., 12 luglio 2005, in Il Foro italiano, II, 2006,
p. 81; A. Perini, S. Coda, L’accertamento del patto politico mafioso, in A. Bargi, Il “doppio
binario” nell’accertamento dei fatti di mafia, Torino, Giappichelli Editore, 2013, p. 945. Le
sentenze “Demitry” e “Carnevale” permettevano di valutare la rilevanza penale della condotta dell’esterno sulla base dell’idoneità a facilitare e aumentare la probabilità di verificazione dell’evento, a prescindere dalle effettive conseguenze del’azione. Questo atteggiamento viene abbandonato a favore della teoria causale-condizionalistica, sulla scia della sentenza “Franzese”, anche perché la totale assenza di una valutazione ex post della condotta dell’agente finiva con l’estendere l’applicabilità dell’art. 56 c.p. alle ipotesi di concorso.
262 G. Fiandaca, C. Visconti, Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle Sezioni Unite, cit.,
p. 94. Gli autori osservano che con il riferimento al programma criminoso, le Sezioni Unite finiscono con l’inserire fra gli elementi costitutivi del reato un dato rappresentativo-volitivo che avvicina il concorrente esterno al partecipe. Tuttavia è innegabile l’importanza dell’aver escluso la rilevanza del dolo eventuale; in questo modo, viene osservato, la Corte ha preso una posizione in merito ai limiti della punibilità delle condotte contigue con il fenomeno mafioso.
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quantomeno il dolo diretto263. Si escluse anche la necessità che il contributo del terzo intervenisse in un momento di fibrillazione o emergenza dell’associazione. La scelta di ricorrere a soggetti esterni al sodalizio può benissimo rientrare nelle modalità operative dello stesso264.
A questo punto è necessario concentrarsi sul concetto di “evento lesivo”.
Qual è l’evento alla cui realizzazione contribuisce la condotta dell’esterno? Sulla base di quanto affermato finora dovrebbe essere il “rafforzamento” o la “conservazione” dell’associazione. Questi due concetti, però, non sono facilmente definibili; certamente nessuna legge penale li individua come elementi costitutivi o aggravanti di un reato. Escludiamo, dunque, il concetto di evento inteso in senso naturalistico, ossia come modificazione del mondo esterno determinata causalmente da una condotta specifica265.
In senso giuridico, invece, l’evento verrebbe inteso come la conseguenza offensiva della condotta illecita rispetto all’interesse tutelato dalla norma. Nel caso in questione, quindi, l’evento consisterebbe nella lesione dell’ordine pubblico, violato dall’esistenza del sodalizio e dalla possibilità che vengano realizzati i delitti-scopo266.
A ben guardare la condotta dell’estraneo potrà essere apprezzata solo come eventuale incremento della potenzialità lesiva dell’associazione e non come condizione necessaria della stessa. L’associazione mafiosa, infatti, integra un reato permanente e preesiste rispetto al sostegno dato dal terzo, ma soprattutto
263 Corte di Cassazione, 12 luglio 2005, in Il Foro italiano, cit., p. 97 264
A. Perini, S. Coda, L’accertamento del patto politico mafioso, cit., p. 952
265 G. Fiandaca, C. Visconti, Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle Sezioni Unite, cit.,
p. 90
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continuerà a rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico a prescindere dall’effettivo intervento di quest’ultimo.
In questo caso, dunque, l’evento assume un significato coniato ad hoc in sede giurisprudenziale per colmare le carenze strutturali di una fattispecie dai contorni indefiniti.
I concetti stessi di “conservazione” e “rafforzamento” non sono facili da individuare, ma la loro definizione è fondamentale perché è da questa che bisogna partire per poter risalire alla responsabilità dell’extraneus.
Se per “conservazione” s’intende una forma di salvataggio della vita associativa, sorge spontanea una domanda: è davvero plausibile che l’intervento di una singola persona, per quanto influente, sia in grado di evitare il dissolvimento dell’associazione? Ed è davvero ipotizzabile che un’associazione come Cosa Nostra non abbia altri modi per preservare la propria esistenza?
Abbandonata l’idea di una situazione di emergenza che può essere superata soltanto grazie all’intervento salvifico del terzo, l’attività dell’extraneus sarà rilevante nel momento in cui permette all’associazione quantomeno di non aggravare la sua posizione267.
Più semplice appare il riscontro del nesso causale tra l’attività del terzo e il rafforzamento, inteso come aumento della potenzialità lesiva e della funzionalità dell’organizzazione268.
Queste incertezze definitorie si traducono nella difficoltà di dimostrare nel processo l’utilità che l’associazione ha tratto dall’attività del concorrente
267 A. Perini, S. Coda, L’accertamento del patto politico mafioso, cit., p. 949
268 G. Fiandaca, C. Visconti, Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle Sezioni Unite, cit.,
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esterno269. Se l’accertamento probatorio nel caso del concorso esterno deve avvenire nel rispetto del principio emanato con la sentenza “Franzese” – ossia sulla base di un giudizio controfattuale effettuato mediante l’utilizzo di regole di esperienza e leggi scientifiche270 – ciò significa che sarà necessaria la prova dell’idoneità rafforzatrice del singolo contributo rispetto all’intera organizzazione271.
Notiamo, a tal proposito, un importante cambiamento di posizione da parte della Suprema Corte, rispetto a quanto affermato con il “caso Demitry”.
La sentenza del 1994, infatti, definiva “atipica” la condotta del concorrente, ma rilevante in quanto in grado di contribuire alla condotta tipica del partecipe. L’illiceità di tale comportamento stava nel fatto che il concorrente esterno risultava utile alla realizzazione della condotta partecipativa posta in essere da un membro del sodalizio272.
Nel 2005 questa impostazione venne totalmente modificata. Il contributo del concorrente non deve più accedere all’azione di altri soggetti per assumere rilevanza penale. Essa si innesta in un reato già esistente, che è appunto
269 A. Manna, Il concorso esterno (e la partecipazione) in associazione mafiosa: cronaca di una “nemesi” annunciata, in A. Bargi (a cura di), Il “doppio binario” nell’accertamento dei fatti di mafia, Torino, Giappichelli Editore, 2013, p. 176. Secondo l’Autore anche il mero rafforzamento
risulta estremamente difficile da provare come diretta conseguenza dell’azione del terzo. Ritiene che si corra il rischio di pretendere una probatio diabolica; nello stesso senso F. De Leo,
Aspettando un legislatore che non si chiami Godot. Il concorso esterno dopo la sentenza Mannino,
in Cassazione penale, 2006, p. 2267
270
Corte di Cassazione, SS. UU., 10 luglio 2002, Franzese, cit., p. 619
271 G. Fiandaca, C. Visconti, Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle Sezioni Unite, cit.,
pp. 93-94. I due Autori temono che sia tutt’altro che facile dimostrare la causalità rafforzatrice dell’accordo politico-mafioso. In ambito di contiguità mafiosa è assai arduo raggiungere, come richiesto dalla sentenza “Franzese”, un rigorismo probatorio idoneo a fornire parametri valutativi del nesso causale sicuri in senso quasi assoluto. L’oggetto stesso dell’accertamento risulta vago ed ambiguo; trattandosi di patti di scambio non ancora produttivi di un vantaggio tangibile, non è possibile effettuare una valutazione certa ed univoca in merito alla loro potenzialità rafforzatrice del sodalizio.
272 In dottrina F. M. Iacoviello, Il concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad associazione mafiosa per delinquere, cit., p. 858; così anche V. B. Muscatiello, Il concorso esterno nelle fattispecie associative, cit., pp. 155-156
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l’associazione mafiosa, e quindi il suo livello di offensività deve essere ravvisato in relazione all’impatto che il suo apporto ha sulla struttura dinamica dell’organismo criminale273.
Non è tanto il favorire la partecipazione nell’associazione a dover essere perseguito quanto la condotta di chi permette al sodalizio di continuare a rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico274.