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Le modalità di manifestazione dell’accordo politico-mafioso e i limiti del previgente art 416 ter c.p.

II Capitolo: Il concorso esterno in associazione mafiosa e la sua evoluzione giurisprudenziale

5. L’accordo elettorale politico-mafioso: il “caso Mannino”

5.4 Le modalità di manifestazione dell’accordo politico-mafioso e i limiti del previgente art 416 ter c.p.

Vediamo in che modo, oggi, potrebbe concretizzarsi un accordo politico- mafioso.

Non causa particolari difficoltà l’ipotesi del politico che sia anche membro del sodalizio; l’eventuale patto elettorale sarà espressione del rapporto continuativo e reiterato nel tempo con lo stesso, nonché manifestazione delle dinamiche interne all’associazione. Non vi è alcun dubbio che tale ipotesi rientri perfettamente nell’applicazione dell’art. 416 bis c.p.293

Poi abbiamo il caso del politico che si accorda con il clan mafioso per ottenere voti in cambio dell’elargizione di una somma di denaro. Questa condotta integra gli estremi dell’art. 416 ter c.p. e rappresenta la forma originaria del patto politico-mafioso294.

292 A. Perini, S. Coda, L’accertamento del patto politico mafiosa, cit., pp. 950-951; R. Scibona, Il concorso esterno, in Rivista penale, n. 3, marzo 2011, p. 273. L’Autore ritiene che proprio per il

tipo di accertamento richiesto, ai fini della dimostrazione della responsabilità per concorso esterno in associazione mafiosa, non vi è la necessità che il contributo del politico avvenga in forma continuativa e costante. Anche un solo atto può essere penalmente rilevante qualora si traduca in un apporto concreto ed effettivo in funzione del rafforzamento dell’associazione.

293 C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, cit., p. 400; A. Perini, S. Coda, L’accertamento del patto politico mafioso, cit., p. 942; G. De Francesco, Gli artt. 416, cit., p. 67 294 C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, cit., p. 402; A, Perini, S. Coda, L’accertamento del patto politico mafioso, cit., p. 941; C. Visconti, Le contiguità alla mafia tra partecipazione, concorso in associazione mafiosa ed irrilevanza penale, cit., p. 1197. L’Autore

ritiene che, nonostante l’espresso riferimento all’erogazione di denaro, l’art. 416 ter c.p. possa essere applicato anche nel caso in cui il politico semplicemente prometta di corrispondere all’associazione la cifra pattuita.

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Infine, l’ipotesi dell’esponente politico, estraneo al sodalizio, che stipuli con quest’ultimo un patto che prevede la promessa di voti in cambio dell’assunzione di un impegno a svolgere attività utili per l’associazione qualora l’elezione abbia esito positivo. In questo caso il comportamento del politico risulterà funzionale al perseguimento di determinati fini oggetto del programma criminoso; tuttavia non si tratterà né di un’ipotesi perseguibile ai sensi del previgente art. 416 ter c.p., né, tantomeno, di una condotta partecipativa. Prima dell’approvazione della riforma dell’art. 416 ter c.p.295 (che avremo modo di analizzare più avanti), l’unico istituto cui sarebbe stato possibile far riferimento nel caso in esame era il concorso esterno296.

A tal proposito si contrapponevano, come evidenziato in precedenza, la posizione di chi non riteneva perseguibile una condotta che non si fosse concretizzata in un fatto concreto e tangibile297 e la posizione di chi riconosceva il disvalore offensivo della mera stipulazione di un accordo che fosse in grado, già di per sé, di produrre un potenziamento del sodalizio298.

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L. 17 aprile 2014, n. 62, Modifica dell’art. 416 ter del codice penale, in materia di scambio

elettorale politico-mafioso. Per un approfondimento sulla riforma si rinvia al cap. 3, par. 5.1: Le regole dell’esperienza nell’interpretazione dell’accordo elettorale politico-mafioso alla luce della recente riforma dell’art. 416 ter c.p.

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Corte di Cassazione, VI sez. pen., 9 novembre 2011, (dep. 22 novembre 2011), n. 43107, Pizzo e altro, in Rivista penale, n. 2, febbraio 2013, p. 208. In questa pronuncia la Corte conferma che ai fini della punibilità della condotta, ai sensi dell’art. 416 ter c.p., è sufficiente dimostrare un accordo elettorale avente ad oggetto la promessa di voti in cambio di denaro, mentre non è necessaria la prova di patti ulteriori che impegnino il politico a seguito della vittoria alle elezioni. Nel caso di un tal tipo di accordo, infatti, non si rientrerebbe più nel dettato dell’art. 416 ter c.p., bensì si dovrebbe andare alla ricerca degli elementi della partecipazione in associazione o del concorso eventuale.

297 C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, cit., p. 403; G. Fiandaca, Un’espansione incontrollata del concorso criminoso, cit.

298 A. Perini, S. Coda, L’accertamento del patto politico mafioso, cit., 942; C. F. Grosso, Accordo elettorale politico-mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa, cit.; vale la pena ricordare

che il disvalore offensivo del semplice accordo deve essere riscontrato, anche per i fautori di tale orientamento, alla stregua delle indicazioni della Corte di Cassazione in merito alla serietà e concretezza dell’impegno assunto dal politico e, soprattutto, alla capacità della mera promessa di rafforzare le capacità operative dell’associazione.

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Per spiegare le ragioni che hanno condotto a prevedere la sanzionabilità dell’accordo inteso come scambio favori/voti, è necessario osservare la ratio ispiratrice dell’art. 416 ter c.p.

L’articolo introdotto nel 1992 è la conseguenza della presa di coscienza dell’ampliamento degli spazi di intervento delle associazioni mafiose. Queste ultime sono risultate idonee ad incidere sull’apparato politico-istituzionale del territorio in cui sono radicate creando dei veri e propri rapporti sinallagmatici con il mondo politico299.

Le norme previste nel T.U. del 1957 in materia di elezioni alla Camera dei Deputati300 non furono sufficienti a contrastare una limitazione del libero esercizio del voto nei casi di coinvolgimento di associazioni mafiose301; da qui, la decisione di introdurre una nuova fattispecie all’interno del codice, contestualmente alla riforma dell’art. 416 bis c.p. che adesso, al terzo comma, precisa che l’associazione è di tipo mafioso anche quando i suoi membri si avvalgono della forza di intimidazione «al fine di impedire o ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali» 302.

L’art. 416 ter c.p. si rivolge a candidati in competizioni elettorali che restino esterni rispetto al sodalizio; ciò non toglie che anche un affiliato possa avere

299 A. Centonze, Contiguità mafiose e contiguità criminale, cit., p. 81; G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale. Parte speciale, cit., 475. La ratio della norma è proprio la volontà di evitare la

stipulazione di accordi tra le organizzazioni criminali e i politici in vista di competizioni elettorali.

300 Artt. 96-97, D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, “Testo Unico delle legge recanti norme per la elezione della Camera dei deputati”

301 C. Visconti, Il reato di scambio elettorale politico-mafioso, in Indice penale, 1993, p. 275 302 Comma modificato con il d.l. 8 giugno 1992, n. 306, Provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa, conv. in l. 7 agosto 1992, n. 356; C. F. Grosso, Le contiguità alla mafia tra partecipazione, concorso in associazione mafiosa ed irrilevanza penale, cit., p. 1196. Questo

importante intervento legislativo deriva dalla consapevolezza del legislatore che uno dei mezzi tipici impiegati dalla mafia è proprio la coartazione e l’interferenza sul voto elettorale.

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interesse a stipulare questo tipo di accordo, ma in tal caso risponderà del reato di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p.303.

La norma in questione si riferisce all’ipotesi in cui il politico compri una prestazione da parte del sodalizio, il quale così si adopererà per assicurare i voti necessari a vincere le elezioni304. Si instaura un rapporto che ricalca la logica contrattuale: è come se nascesse un vero e proprio contratto illecito dove le parti contraenti sono rappresentate, da un lato dal potere politico, dall’altro dal potere mafioso305.

L’associazione criminale impiega la sua forza d’intimidazione in un’opera di coartazione della scelta elettorale dei cittadini ed è proprio il ricorso al metodo mafioso che giustifica l’introduzione di una nuova fattispecie di reato all’interno dell’ordinamento. Le modalità di coercizione non potrebbero essere apprezzate se punite alla stregua della semplice “corruzione elettorale” 306.

303

G. Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, cit., p. 146; G. Fiandaca, E. Musco, Diritto

penale. Parte speciale, cit., p. 476. Gli autori sottolineano che il soggetto attivo di tale reato può

essere chiunque, anche chi non agisce direttamente per sé, ma per un terzo candidato alle elezioni.

304T. Padovani (a cura di), Codice penale, Art. 416 ter, Milano, Giuffrè Editore, 2000, p. 1946. Il

denaro elargito dal politico deve esser corrisposto all’associazione nella sua interezza e non al singolo membro. Non avrebbe rilevanza penale l’accettazione da parte di un membro della cosca mafiosa di una somma di denaro senza l’impegno a mobilitare l’intera associazione per favorire l’elezione del candidato; in giurisprudenza Corte di Cassazione, VI sez. pen., 11 maggio 2012, n. 18080, Diana, in Rivista penale, n. 7-8, luglio-agosto 2013 p. 840. In questa pronuncia la Corte conferma che non è sufficiente l’elargizione di denaro ad un soggetto affiliato se questi non ricorre alla forza di intimidazione del sodalizio per ottenere voti a favore del candidato.

305 G. De Francesco, Dogmatica e politica criminale nei rapporti tra concorso di persone ed interventi normativi contro il crimine organizzato, cit., p. 1293; G. De Francesco, Gli artt. 416,

cit., p. 75. Secondo l’Autore la ratio della norma è di tipizzare una particolare forma di concorso eventuale nel reato associativo. L’accordo che si instaura tra il candidato e l’associazione si concretizza in un “baratto” avente ad oggetto la promessa di voti in cambio di una somma di denaro; C. Visconti, Il reato di scambio elettorale politico-mafioso, cit., p. 299. Anche secondo l’autore il delitto di scambio politico-mafioso può essere annoverato tra i c.d. “reati-contratto”.

306 G. Spagnolo, L’associazione di tipo mafioso, cit., p. 146; G. De Francesco, Gli artt. 416, cit., p.

73. L’esistenza della fattispecie incriminatrice della “corruzione elettorale” fornisce la conferma del fatto che l’art. 416 ter c.p. presuppone alle base l’esistenza di un’organizzazione mafiosa, cui sarà diretta l’elargizione di denaro; se così non fosse, non si comprenderebbe il motivo per cui il legislatore abbia voluto creare una nuova fattispecie per punire una condotta – di compravendita di voti – che già rientrerebbe nel reato di corruzione elettorale.

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Il candidato che si rivolge ad un’organizzazione mafiosa è consapevole del fatto che quest’ultima, oltre a garantire i voti dei propri membri, farà in modo di assicurare anche quelli di soggetti terzi mediante il ricorso a tecniche coercitive della volontà307. La promessa di voti non deve essere intesa come l’impegno personale di votare il candidato, bensì come l’impegno “di far votare” altri308.

Ecco che si spiega l’intervento legislativo mirato ad introdurre una fattispecie monosoggettiva, speciale rispetto alle norme-base di repressione della corruzione elettorale, ossia gli artt. 96-97, D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361309.

Nonostante l’innegabile collegamento con l’art. 416 bis c.p.310, non si può non ammettere che il legislatore abbia inteso dare origine ad un reato autonomo. La condotta incriminata con l’art. 416 ter c.p. non ha carattere associativo: il commercio di voti può avvenire anche mediante un solo atto di scambio tra un politico e il clan mafioso, mentre verrebbe realizzato un tutt’altro tipo di condotta

307 G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale. Parte speciale, cit., pp. 476-477. Il dolo dell’agente sta

esattamente nella volontà di ottenere la promessa di voti alle future elezioni, con la consapevolezza che l’associazione otterrà i voti di soggetti terzi mediante l’impiego del metodo mafioso. Il reato sarà, quindi, considerato consumato al momento della stipulazione dell’accordo, senza la necessità che i voti vengano concretamente conseguiti; così anche C. Visconti, Il reato di scambio elettorale

politico-mafioso, cit., p. 298 308

T. Padovani, Art. 416 ter, cit., p. 1946; G. De Francesco, Gli artt. 416, cit., p. 76

309 Corte di Cassazione, I sez. pen., 24 aprile 2012, (dep. 11 luglio 2012), n. 27655, in Cassazione penale, 2013, pp. 1482-1484; Corte di Cassazione, VI sez. pen., 9 marzo 2004, n. 10785, in Rivista penale, 2006, p. 91; G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, cit., pp. 223-224; C. Visconti, Il reato di scambio elettorale politico-mafioso, cit., pp. 301ss. In realtà secondo l’Autore l’art. 416 ter c.p. e l’art 96 del t.u. 361/1957 si trovano in un rapporto di specialità bilaterale bilateralmente

per specificazione. L’art. 416 ter c.p. specifica il soggetto con cui l’accordo è stipulato (il clan mafioso), mentre l’art 96 del t.u. specifica l’attività di procacciamento di voti (che si realizza con la promessa di votare in un certo modo). Appare scontato che se vengono integrati gli estremi dell’art. 416 ter c.p., quest’ultimo prevarrà sempre sull’applicazione dell’art. 96 t.u. Per quanto riguarda il rapporto con l’art. 97 del t.u. del 1957 non vi sono dubbi che l’art. 416 ter c.p. assorba il disvalore dell’attività di procacciamento, posta in essere con l’utilizzo di minacce e violenze, che già sarebbe rilevante ai sensi del t.u.

310 L’art. 416 ter c.p. recita: “La pena stabilita dal primo comma dell’art. 416 bis si applica anche a

chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416 bis in cambio della erogazione di denaro”.

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(partecipativa ex art. 416 bis c.p.) qualora si innestasse una rete di relazioni tale da far presumere l’inserimento del candidato nell’associazione311.

Al fianco delle tre forme di manifestazione del reato elencate, Visconti ne prendeva in considerazione una quarta. Egli concordava con Fiandaca nel dire che se il legislatore non aveva previsto la punibilità di un accordo basato sullo scambio favori/voti, era perché non vi aveva visto la necessità di un sanzionamento e aveva preferito optare per una scelta “riduzionistica” dell’ambito applicativo della fattispecie312.

L’accordo formale – basato sulla mera promessa di rivolgere verso l’associazione favoritismi futuri in caso di vincita alle elezioni – avrebbe potuto essere punito, solo nel caso in cui tali favori fossero stati effettivamente realizzati. Visconti, quindi, distingueva i casi in cui la promessa fosse rimasta ad un livello aleatorio e potenziale dai casi in cui essa avesse avuto un seguito e si fosse concretizzata nella realizzazione di un vantaggio per l’associazione313.

L’introduzione dell’art. 416 ter c.p. rappresentò soltanto un primo passo nel tentativo di arginare e debellare gli intrecci emersi tra mafia e politica.

Il limite della norma introdotta nel 1992 stava nel fatto che rendeva perseguibile, in quanto tipizzato, soltanto uno dei modi in cui l’accordo politico-mafioso può concretizzarsi. Era esattamente in questo che peccava l’art. 416 ter c.p.: escludeva

311 C. Visconti, Il reato di scambio elettorale politico-mafioso, cit., p. 295. L’Autore ritiene che il

legislatore nell’inserire il termine “promessa”, riferito al terzo comma dell’art. 416 bis c.p., volesse in realtà far riferimento al fatto che il politico ottiene la garanzia che l’associazione impieghi il metodo mafioso per coartare la volontà degli elettori.

312 C. Visconti, Patto politico-mafioso e i problematici confini del concorso esterno, in Il Foro italiano, parte II, 1997, p. 446

313 C. Visconti, Patto politico-mafioso e i problematici confini del concorso esterno, cit., p. 446; C.

Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, cit., p. 402. Potrà configurarsi l’ipotesi di concorso esterno soltanto qualora il “sinallagma contrattuale” trovi un reciproco adempimento. Il politico, una volta eletto, dovrà quantomeno dare inizio all’esecuzione dell’impegno assunto. L’autore ritiene, inoltre, che l’eventuale reiterazione e stabilità della condotta costituiscano uno dei possibili facta concludentia denotanti l’inserimento del soggetto nella struttura associativa, così che il suo comportamento verrebbe perseguito alla stregua dell’art. 416 bis c.p.

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la rilevanza penale di condotte di indubbia illiceità che, se si fosse seguita l’opinione di chi non considerava perseguibili atti non espressamente previsti nel codice, non avrebbero trovato una risposta sanzionatoria neanche alla stregua del concorso esterno.

È ben possibile, infatti, immaginare che l’elargizione di denaro avvenga a titolo di riconoscenza in virtù di favori precedenti realizzati dall’associazione senza che sia chiesto qualcosa in cambio al sodalizio. Ma è ancora più plausibile che una promessa di voti venga prestata a seguito dell’impegno ad effettuare favoritismi verso l’associazione, ad assumere un determinato soggetto presso la pubblica amministrazione, ad assicurare un qualsiasi tipo di aiuto che, in sostanza, sia diverso dall’elargizione di denaro314.

L’art. 416 ter c.p. lasciava fuori del proprio spazio applicativo una serie di condotte collusive che, invece, meritavano di esser punite. Per questa ragione, nel tempo si era giunti ad ampliare la portata dell’art. 416 bis c.p. in combinato disposto con l’art. 110 c.p. e a potenziare l’istituto del concorso esterno, in quanto l’unico in base al quale risultava possibile perseguire quelle condotte precedentemente elencate315. Il politico che prometteva favori futuri in cambio di voti assicurati dalla mafia non poteva essere sanzionato né in forza dell’art. 416 bis c.p. – in quanto non risultava configurabile una condotta partecipativa – né tantomeno in virtù dell’art. 416 ter c.p. – che, come abbiamo visto, prevedeva una conseguenza punitiva soltanto per l’elargizione di una somma di denaro316.

314 G. De Francesco, Gli artt. 416, cit., pp. 76-77

315 A. Centonze, Contiguità mafiose e contiguità criminali, cit., p. 82

316 A conferma della presa di coscienza dell’insufficienza del sanzionamento del mero accordo

denaro/voti, possiamo osservare un importante cambiamento anche nell’interpretazione dello stesso art. 416 ter c.p. In più pronunce la Corte ha interpretato il concetto di “denaro” come qualsiasi bene che esprima un valore suscettibile di immediata commisurazione economica (restano comunque escluse quelle utilità che sarebbe economicamente qualificabili soltanto in via mediata). Corte di Cassazione, 20 dicembre 2011, n. 46922, Marrazzo e Corte di Cassazione, II

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Il concorso eventuale era così venuto ad affiancare il reato previsto all’art. 416 ter c.p. nel momento in cui si era riconosciuto che il semplice accordo poteva costituire, a prescindere dall’elemento della dazione di denaro, un apporto rafforzativo dell’associazione. Il sodalizio, infatti, trae spesso maggior vantaggio dalla sicurezza di poter contare su un soggetto con un determinato rango sociale e un determinato ruolo istituzionale poiché un concorrente di tal tipo è in grado di facilitare l’associazione nella sua opera di insediamento nel tessuto sociale ed economico del paese317.

Appariva, dunque, opportuno un nuovo intervento legislativo che prevedesse espressamente la punibilità di qualsiasi accordo, che non integrasse l’art. 416 ter c.p., e di ogni altra forma di contiguità318. Del resto le Sezioni Unite con la sentenza “Mannino” avevano ufficialmente riconosciuto la rilevanza penale dell’impegno di un politico ad assicurare favoritismi alle associazioni criminali. La decisione in esame accoglieva la figura del concorrente eventuale che ponesse in essere una condotta atipica, ma pur sempre funzionale per gli interessi del sodalizio.

Contrariamente a questo, l’atipicità del contributo sfruttato dalle associazioni avrebbe potuto indurre a pensare che, forse, la strada da seguire non fosse quella della tipicità. La mafia ha dimostrato, e continua a dimostrare, di sapersi insediare

sez. pen., 21 dicembre 2011, n. 47405, D’Auria e altri, in Rivista Penale, n. 2, Febbraio 2013, p. 209; Corte di Cassazione, VI sez. pen., 30 maggio 2012, n. 20924, Gambino, in Rivista penale, n. 7-8, luglio-agosto 2013, p. 840

317 A. Centonze, Contiguità mafiose e contiguità criminali, cit., p. 83; C. F. Grosso, Accordo elettorale politico-mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa, cit. L’Autore segue

esattamente questo ragionamento e sottolinea che tutto sommato risulta più plausibile che l’associazione mafiosa tragga quel contributo concreto ed effettivo, che la Corte di Cassazione richiede per la configurabilità del concorso esterno, dalla promessa del politico che si rende disponibile ad avvantaggiarla nell’esercizio delle sue funzioni piuttosto che dall’elargizione di un somma di denaro che va semplicemente a sommarsi ai capitali sostanziosi che già possiede.

318

G. De Francesco, Dogmatica e politica criminale nei rapporti tra concorso di persone ed

interventi normativi contro il crimine organizzato, cit., p. 1296; G. De Francesco, Gli Artt. 416,

cit., p.77; A. Manna, Il concorso esterno (e la partecipazione) in associazione mafiosa: cronaca di

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nel tessuto sociale con estrema duttilità. I soggetti operanti su un territorio di interesse mafioso diventano il mezzo apparentemente legittimo con cui le associazioni perseguono i propri scopi illeciti e, nell’ambito politico istituzionale, è molto più frequente che i sodalizi scelgano, come loro “rappresentanti”, soggetti che ne restino all’esterno – come politici già affermati che possano consolidare la facciata di legalità – piuttosto che membri interni319.

La connivenza con il sodalizio può manifestarsi in così tanti modi che il ricorso alla tassatività avrebbe potuto risultare inutile, se non addirittura controproducente, dal momento che è impossibile pensare di individuare ogni singola forma di manifestazione della contiguità mafiosa320.

L’impiego dell’istituto del concorso esterno era, dunque, l’unico modo per estendere la punibilità anche a quelle condotte non tipizzate che necessitavano una conseguenza sanzionatoria321. Questo è il motivo che ha spinto la giurisprudenza ad ampliare l’ambito applicativo del “patto politico-mafioso”, tenendo presenti le limitazioni chiarite una volta per tutte con la sentenza del 12 luglio 2005322. Onde evitare, però, di lasciare eccessiva discrezionalità al giudice nella valutazione della condotta illecita, il legislatore ha preferito modificare l’art. 416 ter c.p. Infatti, una volta stabilito che il concorso esterno era ipotizzabile anche in questo caso, il problema si era spostato sulle modalità di accertamento probatorio. Un dato utile ai fini dimostrativi poteva essere la durata nel tempo dell’apporto del

319 A. Centonze, Contiguità mafiose e contiguità criminali, cit., pp. 90-92

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