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Il rapporto tra la circostanza aggravante e il concorso nel reato associativo

5. Le ipotesi di contiguità mafiosa tipizzate all’interno dell’ordinamento giuridico

5.3 La circostanza aggravante ex art 7 d.l n 152/1991.

5.3.1 Il rapporto tra la circostanza aggravante e il concorso nel reato associativo

Stabilito che l’aggravante non esclude la configurabilità del concorso per i reati associativi, non si può negare che dei profili di interferenza e sovrapposizione permangono.

Nella pratica sembra che il ricorso al metodo mafioso venga addebitato all’associato, una prima volta, come elemento costitutivo dell’associazione di stampo mafioso, una seconda volta, come modalità attuativa ed aggravante dei delitti scopo. Ebbene, contestare all’affiliato l’aggravante dell’utilizzo della forza d’intimidazione che, però, deriva dall’appartenenza al sodalizio, potrebbe in concreto determinare una violazione del ne bis in idem. Anche perché, si potrebbe

rafforzamento del sodalizio. Egli deve aver agito con la volontà di favorire l’associazione e di fortificarne la struttura organizzativa.

153 Corte di Cassazione, SS. UU., 28 marzo 2001, Cinalli e altri, cit., p. 21 154 Corte di Cassazione, SS. UU., 28 marzo 2001, Cinalli e altri, cit., p. 21

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contestare l’aggravante persino nel caso in cui il soggetto agente non eserciti di fatto alcun potere intimidatorio, ma, grazie alla fama criminale del sodalizio, causi comunque lo stato di assoggettamento ed omertà nella vittima155.

Contrariamente a quanto affermato finora, gli elementi di differenziazione, come abbiamo visto, sono plurimi; l’aggravante di cui all’art. 7 si distingue rispetto alla condotta di concorso nel reato associativo sia per l’oggetto del contributo, sia per l’obiettivo perseguito. L’aggravante richiede l’accertamento in capo all’agente della mera volontà di “agevolare l’attività dell’associazione” e non anche del concretizzarsi dell’apporto rafforzativo all’organizzazione, cosa invece necessaria per il concorso, anche esterno156. Tuttavia, laddove si sposti l’attenzione sul diritto processuale, questa peculiarità così evidente viene meno.

Il requisito psicologico richiesto dall’aggravante non è riscontrabile in modo altrettanto lampante, di conseguenza l’accertamento viene bilanciato dalla verifica ex ante dell’idoneità lesiva della condotta. Quasi inevitabilmente, però, questo porterà l’interprete a ricercare ex post, nel delitto commesso, un effettivo contributo causale all’organizzazione, come riscontro di tale idoneità lesiva, determinando così una convergenza sul medesimo fatto delle due fattispecie punitive157.

155 C. Garufi, nota a Corte di Cassazione, SS. UU., 28 marzo 2001, Cinalli e altri, cit., p. 298 156 G. De Vero, La circostanza aggravante del metodo e del fine di agevolazione mafiosi: profili sostanziali e processuali, cit., p. 53; G. De Vero, La circostanza aggravante del metodo e del fine di agevolazione mafiosi: profili sostanziali e processuali, cit., pp. 53-54. L’Autore riscontra la

differenza tra le due ipotesi criminose nel fatto che il concorso integra comunque una condotta caratterizzata da una certa stabilità e permanenza, mentre l’aggravante riguarda qualsiasi attività che sia la manifestazione fisiologica dell’associazione. Egli fa, dunque, riferimento alla sentenza del 5 ottobre 1994, che avremo modo di analizzare in seguito, quando le Sezioni Unite riconobbero la configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa. Per l’integrazione del concorso eventuale in particolare, è necessario che il contributo del concorrente risulti utile ai fini della sopravvivenza dell’associazione che, in fase di fibrillazione, è costretta a rivolgersi ad un soggetto esterno. Quest’impostazione verrà poi superata nel 2005, ma resterà l’idea di un contributo funzionale rispetto agli scopi e al rafforzamento dell’associazione.

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In concreto, risulta difficile distinguere il concetto di contributo permanente dell’affiliato allo scopo sociale, dalla mera volontà di favorire riferita al singolo episodio delittuoso. La ratio ispiratrice della condotta dell’agente resta quella di contribuire in modo apprezzabile alla vita dell’associazione158. La distinzione tra le due norme verte quasi totalmente su sfumature psicologiche di difficile accertamento in sede processuale e, come tali, rimesse alla valutazione del giudice caso per caso159.

Certamente è da escludere il criterio di differenziazione che pretende di considerare la condotta come concorsuale soltanto se va ad integrare un fatto di reato. La ricerca di un’intrinseca criminosità dell’azione del terzo rischia, infatti, di dare origine ad una “depenalizzazione” di condotte che realizzano comunque un apporto utile all’associazione e al suo rafforzamento160. Si pensi ad un medico che presti assistenza sanitaria a dei boss latitanti: in questo caso non si ha l’integrazione di una precisa fattispecie incriminatrice, ma certamente si tratta di un contributo apprezzabile alla vita dell’associazione161.

158 C. Garufi, nota Corte di Cassazione penale, SS. UU., 28 Marzo 2001, Cinalli e altri, cit., p. 299

159 C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, cit., p. 258; C. Visconti, Sui modelli

di incriminazione della contiguità alle organizzazioni criminali nel panorama europeo: appunti per un’auspicabile (ma improbabile?) riforma “possibile, in G. Fiandaca, C. Visconti (a cura di), Scenari di mafia, Torino, Giappichelli Editore, 2010, p. 199. L’autore teme che i ripetuti interventi

normativi, volti a «fare terra bruciata» intorno alle organizzazioni mafiose, siano soltanto la dimostrazione della mancanza di una strategia coerente di contrasto alla mafia. Talvolta l’aggravante di cui all’art. 7 d.l. 152/1991, il reato di assistenza agli associati e il favoreggiamento aggravato tendono a sovrapporsi allo stesso concorso esterno e, così, determinano notevoli problemi di qualificazione giuridica delle condotte.

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C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, cit., p. 261

161 C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, cit., p. 263; G. De Vero, La circostanza aggravante del metodo e del fine di agevolazione mafiosi: profili sostanziali e processuali, cit., p. 52; in merito all’assistenza sanitaria vale la pena ricordare una recente

pronuncia della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna avverso un infermiere che aveva ripetutamente somministrato farmaci antitumorali al boss latitante B. P. In questo caso la Corte ritenne di non poter inquadrare la condotta incriminata nel reato di favoreggiamento aggravato ex art. 7 d.l. 152/1991 e di non dover far prevalere la scriminante di cui all’art. 51 c.p. per due ordini di motivi: in primis il comportamento dell’ infermiere professionista non fu occasionale e neanche giustificato da uno stato di necessità, si trattò di una serie ripetuta di interventi in grado di far presupporre un accordo con Cosa Nostra. In secondo luogo l’attività del terzo non si limitò alla prestazione di cure mediche – che peraltro permisero al boss mafioso di

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In verità, la differenza tra la fattispecie aggravante e il concorso eventuale è sostanziosa. Quando l’agente tiene una condotta rivolta ad agevolare l’attività di un’associazione mafiosa – ovviamente sempre che non sia un affiliato – l’aggravante di cui all’art. 7 d.l. 152/1991 ne garantirà un più severo sanzionamento, senza dover necessariamente ricorrere all’istituto del concorso esterno Se, però, tale finalità dovesse concretizzarsi in un apporto causalmente rilevante ai fini del rafforzamento o mantenimento del sodalizio, allora dovrebbe trovare applicazione il concorso esterno. Le due condotte sono molto differenti tra loro, per cui, tutt’al più, si potrà discutere dell’opportunità di applicare l’aggravante anche qualora la condotta incriminata rilevi alla stregua del concorso eventuale162.

In conclusione, la fattispecie aggravante funge da modello per un controllo sulle varie forme di contiguità criminali che possono di volta in volta palesarsi, rendendo, dunque, superflua la tipizzazione ex novo di ulteriori modalità di manifestazione di tale fenomeno. Essa si limita a sanzionare più pesantemente condotte, anche già integranti altre ipotesi delittuose, in virtù del maggior disvalore rivestito per la loro funzionalità nei confronti dell’associazione mafiosa. La circostanza aggravante, insomma, non fa altro che affiancarsi agli altri strumenti normativi esistenti, rendendo più gravoso il trattamento penale riservato

mantenere la sua capacità gestionale – ma si rivelò utile ai fini del collegamento epistolare tra P. e il sodalizio. Le azioni dell’imputato furono fondamentali per l’intera associazione mafiosa, essendo rivolte non ad un qualunque membro dell’organizzazione, bensì al massimo esponente di vertice di Cosa Nostra. Questo spiega la ragione per cui venne punito a titolo di partecipazione in associazione mafiosa. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, 6 dicembre 2011, n. 252406, in

Cassazione Penale, n. 9, Settembre 2013, pp. 3121-3122.

162 G. De Francesco, Dogmatica e politica criminale nei rapporti tra concorso di persone ed interventi normativi contro il crimine organizzato, cit., p. 1299

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a condotte che appaiono “più pericolose” in quanto dirette ad agevolare un’organizzazione di stampo mafioso163.

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II Capitolo: Il concorso esterno in associazione mafiosa e la sua

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