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Il segreto d’ufficio della camera di consiglio

II Capitolo: Il concorso esterno in associazione mafiosa e la sua evoluzione giurisprudenziale

4. Uno nuovo intervento delle Sezioni Unite: il “caso Carnevale”

4.3 Il segreto d’ufficio della camera di consiglio

La vera differenza tra i tre gradi di giudizio è rinvenibile nel valore attribuito ai mezzi di prova a disposizione. La Corte di legittimità affermò che «la prova certa

239 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., pp. 338-339; V.

Maiello, Concorso esterno in associazione mafiosa: la parola passi alla legge, in G. Fiandaca e C. Visconti (a cura di), Scenari di mafia. Orizzonte criminologico e innovazioni normative, Torino, Giappichelli Editore, 2010, pp. 165-166. In questo saggio l’Autore teme che un siffatto distinguo finisca con il dare eccessivo peso a circostanze estrinseche e casuali. Un rapporto episodico seguirebbe una logica di accertamento causale-condizionalistico, dal momento che la rilevanza penale della condotta dipenderebbe dal concreto verificarsi di un vantaggio per Cosa Nostra. Un rapporto continuativo, invece, sarebbe improntato ad una logica di vantaggio-presunto, essendo sufficiente che il terzo semplicemente si attivi su richiesta del sodalizio. Ciò significa aprire la strada alla punibilità del «tentativo di partecipazione»; nello stesso senso A. Cavaliere, I reati

associativi tra teoria, prassi e prospettive di riforma, in G. Fiandaca e C. Visconti (a cura di), Scenari di mafia. Orizzonte criminologico e innovazioni normative, Torino, Giappichelli Editore,

2010, p. 156. Secondo l’Autore con la sentenza “Carnevale” si è asserita la possibilità di punire il semplice tentativo di concorso eludendo, così, la dimostrazione della rilevanza causale del contributo concorsuale.

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(…) non poteva pervenire solo dal pur concordante racconto di più collaboratori di giustizia ancorché riscontrato da anomalie dei provvedimenti giurisdizionali e da altri elementi denotanti la disponibilità del dott. Carnevale verso il sodalizio, ma abbisognava di un quid pluris»240.

La Corte di merito in effetti tale quid pluris l’aveva trovato nelle dichiarazioni accusatorie dei magistrati del collegio del processo Basile e nelle risultanze di intercettazioni telefoniche e ambientali241.

Tutto questo per le Sezioni Unite non fu sufficiente e il 30 ottobre del 2002 annullarono senza rinvio la sentenza di condanna impugnata dai difensori del dott. Carnevale.

Ammettendo in via di principio la configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa, negarono di poterlo rinvenire nella vicenda in esame: non vi erano elementi per dimostrare l’efficacia causale delle azioni dell’allora Presidente della prima sezione penale della Corte di Cassazione rispetto al mantenimento in vita e al rafforzamento di Cosa Nostra.

Fu contestato in primis il valore probatorio dato alle dichiarazioni dei membri del collegio giudicante.

Partendo dal presupposto che l’art. 125 c.p.p. stabilisce al quarto comma che la deliberazione del giudice in camera di consiglio è segreta, la Corte affermò che il segreto della camera di consiglio è una particolare specie del segreto di ufficio e ad esso, in quanto tale, si applica l’art. 201 c.p.p.242

240 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 340

241 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 352. Con

riferimento alle intercettazioni, la Corte ritenne che i giudici dell’appello non ne avessero fornito una motivata valutazione sui contenuti, giungendo, così, alla decisione finale in assenza di un idoneo apparato logico-dimostrativo.

242 Art. 201, 1° comma c.p.p.: «Salvo i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità

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Il procedimento formativo delle decisioni dei collegi deve rimanere segreto, per garantire la libertà, l’autonomia e l’indipendenza dei giudici nel rispetto degli art. 101 e 104 della nostra Costituzione243.

I consiglieri, colleghi di Carnevale nei processi incriminati, non avrebbero dovuto rivelare quanto emerso nella segretezza della camera di consiglio – in particolare le opinioni e i voti espressi dai singoli componenti – e per questa ragione le loro testimonianze erano inutilizzabili, ex art. 191 c.p.p.244

Fu un’affermazione particolarmente significativa, se si pensa che nell’ambito della “vicenda Basile” la Corte palermitana aveva attribuito valenza decisiva proprio a tali testimonianze, definendole «l’elemento cardine dell’impianto accusatorio»245.

Secondariamente, la Corte affermò che la decisione del collegio è unitaria e imputabile a tutti i suoi componenti. Per poter dire che in quel caso fu il risultato della coartazione operata da Carnevale, capace di alterare il formarsi della volontà collegiale, si sarebbe dovuto dimostrare una condotta di concreto condizionamento e prevaricazione. La capacità di influenzare gli esiti di un processo – sostenne la Suprema Corte – non poteva ricavarsi dalla (pur innegabile) autorevolezza di cui godeva il dott. Carnevale, la sua forte personalità non poteva avere un peso tale da giustificare una sentenza di condanna. Era stato richiamato il fatto che il giudice era sempre molto preparato e persuasivo nelle sue

l’obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del proprio ufficio che devono rimanere segreti».

243 Art. 101, 2° comma Cost.: «I giudici sono soggetti soltanto alla legge».

Art. 104, 1° comma Cost.: «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere».

244 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 342

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argomentazioni in camera di consiglio, ma questo non poteva influire negativamente sulla sua posizione di imputato246.

Per quanto riguarda la composizione del collegio, la presenza di un magistrato piuttosto che di un altro non fornisce alcuna certezza sull’esito di un processo, a meno che non vi sia la prova di un atteggiamento predeterminato del prescelto.

Ma tale atteggiamento dovrebbe derivare o da un accordo o quanto meno da un’opera di condizionamento nei suoi confronti. Condizionamento di cui non vi era prova, così come non vi era la prova che le sostituzioni fossero state fondamentali per il raggiungimento degli scopi di Cosa Nostra. Non vi era motivo di escludere che le scelte effettuate non avessero avuto «fini diversi da quelli della corretta amministrazione della giustizia» 247.

Non vi erano elementi per esplicitare come i giudici fossero stati condizionati e soprattutto che lo fossero stati davvero, se non le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che, sulla base di quanto affermato finora, non trovavano riscontro. Pertanto, ai sensi dell’art. 192, 3° comma, c.p.p., tali dichiarazioni non potevano acquisire rilevanza, se non valutate unitamente ad altri elementi di prova che ne confermassero l’attendibilità.

In definitiva, per le Sezioni Unite la decisione dalla Corte di appello di Palermo fu basata su elementi inidonei a dimostrare il condizionamento operato sull’intero

246 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 343-344 247 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 344

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collegio da parte dell’imputato248. Per cui, non delineandosi neanche la possibilità di nuove emergenze processuali, la sentenza fu annullata senza rinvio249.

Fu una sentenza significativa e, finalmente, non veniva più negata la configurabilità del concorso eventuale in associazione mafiosa. Gli unici dubbi che permanevano riguardavano i confini della punibilità della condotta, la soglia del penalmente rilevante.

Le certezze acquisite sul piano sostanziale, tuttavia, non avevano riscontro sul piano processuale. I principi di diritto emanati dalla Corte di legittimità non trovavano applicazione e i processi terminavano in assoluzioni dovute ad insufficienza di prove. Tutti i dubbi e le perplessità che avevano caratterizzato il diritto penale sostanziale nei vent’anni precedenti stavano riaffiorando nei processi. Non si riusciva a far trasmigrare i progressi fatti sul fronte del diritto sostanziale all’interno del processo. Il concetto dell’oltre ogni ragionevole dubbio era uno scoglio insormontabile che quasi mai si riusciva a superare.

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