• Non ci sono risultati.

L’attendibilità del collaboratore di giustizia e i “riscontri estrinseci”

III Capitolo: Il concorso esterno alla prova del processo

6. La chiamata in correità dei collaboratori di giustizia

6.1 L’attendibilità del collaboratore di giustizia e i “riscontri estrinseci”

In base a quanto affermato finora, è evidente che, ai fini dell’utilizzabilità della chiamata di correo in un processo, è necessario rispettare canoni valutativi ben precisi, sopratutto quando il dichiarante ha assunto il ruolo di collaboratore di giustizia. I suddetti criteri di valutazioni sono stati individuati giurisprudenzialmente519 e vertono su tre aspetti principali: il giudice deve

517 G. Silvestri, La valutazione della chiamata in reità e in correità, cit., p. 839; Magi, Chiamata in correità e metodo di individuazione del riscontro nei processi di criminalità organizzata, cit., p.

525

518 Corte di Cassazione, I sez. pen., 28 aprile 1997, (dep. 25 giugno 1997), n. 6182, Matrone, in Cassazione penale, 1998, p. 2420; Corte di Cassazione, 28 settembre 1998, Bruno, cit., p. 2510;

Corte di Cassazione, I sez. pen., 30 gennaio 1992, (dep. 16 giugno 1992), Altadonna, in

Cassazione penale, 1993, p. 1685 ; in dottrina A. Cisterna, Chiamata in correità, in Digesto delle discipline penalistiche, 2008, p. 98; sul potere valutativo del giudice si veda Codice di procedura penale commentato, Art. 192, IV edizione, Ipsoa, 2010, 192, pp. 1884-1885; in dottrina R. A.

Ruggiero, L’attendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia nella chiamata in

correità, cit., p. 50; P. Ferrua, Il giudizio penale: fatto e valore giuridico, cit., p. 326. Secondo

l’Autore l’art. 192, 3° comma non vieta la valutazione della chiamata, ma un certo esito della valutazione in assenza di riscontri esterni.

519 Corte di Cassazione, SS. UU., 22 febbraio 1993, Marino e altri, in Giurisprudenza italiana, II,

1993, pp. 800-803; Corte di Cassazione, SS. UU., 4 febbraio 1992, (dep. 4 giugno 1992), Ballan, in Cassazione penale, 1992, pp. 2696-2697; Corte di Cassazione, V sez. pen., 17 dicembre 1999, n. 14272, Cervellone, in Archivio nuova procedura penale, 2000, p. 720; Corte di Cassazione, V sez. pen., 18 gennaio 2000, (dep. 20 aprile 2000), n. 4888, Orlando, in Archivio nuova procedura

penale, 2000, p. 720; Corte di cassazione, IV sez. pen., 10 dicembre 2004, (dep. 16 febbraio 2005),

n. 5821, Alfieri, in Guida al diritto, n. 9, 2005, p. 100 Corte di Cassazione, V sez. pen., 5 luglio 2006, (dep. 21 settembre 2006), La Torre, in Cassazione penale, 2007, p. 3825

196

preliminarmente verificare l’attendibilità del dichiarante in relazione alla sua personalità, al suo passato, alla sua famiglia e ai suoi rapporti con i chiamati in correità. Successivamente dovrà passare all’analisi dell’estrinseca consistenza delle dichiarazioni rese, alla luce dei criteri di precisione, spontaneità e coerenza. Infine, alla stregua dell’art. 192, 3° comma c.p.p., dovrà esaminare i cc.dd. riscontri esterni520.

La tripartizione del metodo valutativo permette di dare il giusto valore alla chiamata in correità, in quanto, indipendentemente dalla sussistenza di elementi di riscontro, se venisse effettuata una valutazione globale senza chiarire gli eventuali dubbi sul dichiarante o sulle affermazioni rilasciate, si svuoterebbe di significato la prova in sé. Al contrario, ognuno degli aspetti sopraelencati deve essere esaminato in via autonoma: dall’attendibilità del dichiarante non può desumersi automaticamente quella delle dichiarazioni, né tantomeno da dichiarazioni inattendibili può desumersi l’inaffidabilità complessiva del soggetto521.

Nel tempo, tuttavia, si è affermato un diverso orientamento, fondato sull’idea che l’affidabilità del dichiarante e la veridicità delle dichiarazioni siano inevitabilmente connesse, per cui il convincimento del giudice deve esser scandito non più in tre tempi, bensì in due522, in quanto deriva dal vaglio complessivo degli

520 R. Magi, Chiamata in correità e metodo di individuazione del riscontro nei processi di criminalità organizzata, cit., pp.526-527; G. Silvestri, La valutazione della chiamata in reità e in correità, cit., p. 843; R. Casiraghi, La chiamata di correo: riflessioni in merito alla mutual

corroboration, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 2012; Corte di Cassazione, II sez. pen., 16

febbraio 2009, (dep. 25 maggio 2009), n. 21599, Emmanuello, in Cassazione penale, 2010, p. 4323.In questa pronuncia la Corte ha ribadito che per effettuare un controllo di natura estrinseca sull’oggetto della chiamata, si presuppone che la verifica “intrinseca” sia già avvenuta.

521 A. R. Ruggiero, L’attendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia nella chiamata in correità, cit., p. 62. Afferma l’Autrice che, pur non essendo ammesso alcun tipo di

automatismo, tra l’accertamento intrinseco e quello estrinseco sussiste un rapporto di proporzionalità inversa: più il chiamante si è rivelato attendibile, meno severo potrà essere il controllo sui riscontri esterni.

522 F. M. Iacoviello, La tela del ragno: ovvero la chiamata di correo nel giudizio di Cassazione,

197

elementi raccolti nel processo523. Una simile impostazione ha il difetto di spostare eccessivamente l’attenzione sui riscontri estrinseci, il che in virtù dell’art. 192 c.p.p. non è totalmente errato, se non fosse che se le dichiarazioni e colui che le ha rilasciate non superano il vaglio di attendibilità, si finisce col basare il mezzo di prova su elementi che di per sé sono carenti di fondamento; ne consegue che tali riscontri estrinseci saranno insufficienti a surrogare una sentenza di condanna poiché essi corroborano un qualcosa che non può essere corroborato524.

Il giudice, dunque, deve preliminarmente passare all’analisi della personalità del dichiarante525, la quale dovrà essere desunta dalla valutazione globale di una serie di elementi e potrà essere considerata indice della veridicità delle dichiarazioni che, a loro volta, saranno tanto più precise quanto più profondo è stato il suo coinvolgimento nei fatti526. Teniamo presente che, soprattutto nell’ambito di reati

cit., p. 510; In tal modo si valutano congiuntamente l’attendibilità del dichiarante e il contenuto della chiamata e successivamente se ne ricerca il riscontro in elementi estrinseci.

523 Corte di Cassazione, VI sez. pen., 13 marzo 2007, (dep. 19 marzo 2007), Pelaggi, in Giurisprudenza italiana, 2007, p. 2824; P. Maggio, Prova e valutazione giudiziale dei

comportamenti mafiosi: i risvolti processuali, cit., p. 512. Pur essendo d’accordo con la

valutazione individuale di ogni componente la chiamata in correità, l’Autrice ritiene che ai fini di una decisione improntata ai principi del libero convincimento e della formazione della prova nel contraddittorio fra le parti, sarebbe opportuna una valutazione logica contestuale della narrazione e degli elementi di riscontro. Ad esempio per dimostrare l’intervento del singolo nei reati scopo è opportuno trovare conferma dell’esistenza dell’associazione, delle sue modalità di azione e dell’effettivo contributo del singolo, altrimenti si rischia di determinare soltanto una lesione delle garanzie di difesa riconosciute all’imputato e di dare origine ad una sentenza priva di un contenuto idoneo a rispettare il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio; nelle stesso senso C. Esposito,

L’accertamento dell’inquinamento della prova testimoniale: art. 500, comma 4, c.p.p., in A. Bargi

(a cura di), Il «doppio binario» nell’accertamento dei fatti di mafia, Torino, Giappichelli Editore, 2013, p. 725, nota 45

524 G. Silvestri, La valutazione della chiamata in reità e in correità, cit., p. 845; E. M. Catalano, Requisiti investigativi, procedimento probatorio e decisione nei procedimenti di mafia, cit., p.

1041. Una siffatta impostazione permette di sanare l’inattendibilità intrinseca del dichiarante mediante la valorizzazione dei riscontri estrinseci, ma determina la dissolvenza dell’autonomia dei due requisiti. Un simile approccio si rivela azzardato perché dà eccessiva fiducia ai collaboratori di giustizia che al contrario, soprattutto in ambito di criminalità organizzata, dovrebbero esser visti con particolare diffidenza.

525 Corte di Cassazione, I sez. pen., 16 aprile 2003, (dep. 16 settembre 2003), Zungri, in Rivista

penale, 2005, p. 368; Corte di Cassazione, I sez. pen., 26 gennaio 2004, Erra, in Guida al diritto, fasc. 19, p. 83

526 F. M. Iacoviello, La tela del ragno: ovvero la chiamata di correo nel giudizio di Cassazione,

cit., p. 3456. È ovvio che il riconoscimento di attendibilità in un processo non ha valore universale, bensì il collaboratore dovrà essere riesaminato in ogni procedimento in cui viene ascoltato. Questo

198

di mafia, saranno sfruttate come criterio di verifica le massime di esperienza coniate dalla giurisprudenza. Non si può, infatti, prescindere dal contesto ambientale in cui determinati reati vengono commessi e non possiamo dimenticare che è grazie alle dichiarazioni dei “pentiti” che è stato possibile elaborare significative nozioni in merito alla struttura associativa e al codice di comportamento dei sodalizi527.

Le dichiarazioni devono essere calate nella realtà operativa di riferimento, perché solo così sarà possibile attribuire loro il giusto valore. Al fine di interpretare correttamente le informazioni fornite, è fondamentale comprendere anche il ruolo e la funzione rivestita dal soggetto, poiché in simili organizzazioni il livello di conoscenza dei fatti varia continuamente in rapporto alle responsabilità rivestite528.

L’aspetto più delicato dell’analisi dell’intrinseca attendibilità del collaboratore di giustizia riguarda le motivazioni psicologiche che lo hanno spinto a rivelare le informazioni in suo possesso, poiché egli potrebbe anche esser stato animato dalla sola speranza di conseguire i benefici previsti dalla legislazione premiale. Un simile intento non può, tuttavia, escludere in automatico la credibilità del soggetto, poiché un conto è rilasciare dichiarazioni per ottenere uno sconto di pena, un conto è rilasciarle al solo fine di accusare altri529.

perché se una volta egli ha affermato il falso, non è detto che stavolta non stia dicendo il vero e viceversa.

527 G. Silvestri, I criteri di valutazione previsti dall’art. 192 c.p.p., in Cassazione penale, 1997, p.

901

528 R. Magi, Chiamata in correità e metodo di individuazione del riscontro nei processi di criminalità organizzata, in G. Fiandaca, C. Visconti (a cura di), Scenari di mafia. Orizzonte criminologico e innovazioni normative, Torino, Giappichelli Editore, 2010, p. 526

529 R. Magi, Chiamata in correità e metodo di individuazione del riscontro nei processi di criminalità organizzata, cit., p. 523. La cautela valutativa delle chiamate in correità è dovuta alla

presunzione dell’esistenza di un interesse del dichiarante. Gli interessi possono essere plurimi, dalla volontà di accrescere le responsabilità altrui per diminuire le proprie alla possibilità di accedere a benefici premiali, ed è quindi fondamentale accertarne la natura; nello stesso senso

199

Veniamo adesso all’analisi della capacità dimostrativa delle dichiarazioni in rapporto ai cc.dd. riscontri esterni. Questi possono consistere in qualunque elemento di prova e devono essere inseriti all’interno di una valutazione complessa, nel senso che i suddetti elementi devono essere coordinati e congiunti alla chiamata stessa per giungere ad un risultato probatorio soddisfacente530. Se il riscontro estrinseco fosse una prova autosufficiente non vi sarebbe, infatti, il bisogno di una dimostrazione ulteriore del fatto e la dichiarazione del collaboratore non avrebbe più valore531.

I suddetti riscontri devono essere individualizzanti: la conferma del racconto non può riguardare in termini generali il fatto oggetto dell’accusa, ma deve vertere su ogni specifica circostanza che collega il chiamato al reato contestatogli532. Quando, poi, le dichiarazioni riguardano più soggetti, la funzione garantista del terzo comma dell’art. 192 c.p.p. obbliga l’inquirente ad accertare singolarmente la veridicità dei dati raccolti rispetto ad ogni persona coinvolta, in quanto la

Corte di Cassazione, III sez. pen., 2 marzo 2010, n. 8161, La Delfa, in Rivista penale, 2011, p. 105; Corte di Cassazione, II sez. pen., 5 novembre 2010, Montesarchio, in Rivista penale, 2011, p. 1322; Corte di cassazione, IV sez. pen., 10 dicembre 2004, (dep. 16 febbraio 2005), n. 5821, Alfieri, cit., p. 100

530 F. M. Iacoviello, La tela del ragno: ovvero la chiamata di correo nel giudizio di Cassazione,

cit., p. 3459. Il riscontro ha una funzione normativa – perché in sua assenza non è possibile utilizzare la chiamata in correità – e logica – perché esso rafforza la dichiarazione e facilita il raggiungimento di una sentenza di condanna; Corte di Cassazione, II sez. pen., 30 gennaio 2013, (dep. 20 febbraio 2013), n. 8125, Ragaglia, in Guida al diritto, n. 17, 2013, pp. 82-83

531

G. Silvestri, La valutazione della chiamata in reità e in correità, cit., pp. 850-851; R. Magi,

Chiamata in correità e metodo di individuazione del riscontro nei processi di criminalità organizzata, cit., p. 527; A. Sanna, L’interrogatorio e l’esame dell’imputato nei procedimenti

connessi, Milano, Giuffré Editore, 2000, p. 290; Corte di Cassazione, sez. fer., 23 agosto 1990, Carollo, cit., p. 875; Corte di Cassazione, VI sez. pen., 26 marzo 1992, Pellegrini, in Archivio

nuova procedura penale, 1993, p. 170; Corte di Cassazione, I sez. pen., 16 ottobre 1990, (dep. 14

dicembre 1990), Andraous, in Cassazione penale, 1991, p. 872; in contrasto con l’importanza dei riscontri M. Nobili (Associazioni mafiose, criminalità organizzata e sistema processuale, cit., p. 239) il quale ritiene che i collaboratori di giustizia dovrebbero soltanto condurre ad altre prove da assumere come obiettivo e base dell’accertamento.

532 E. M. Catalano, Requisiti investigativi, procedimento probatorio e decisione nei procedimenti di mafia, cit., p. 1037; Corte di Cassazione, SS. UU, 24 novembre 2003, Andreotti, in Rivista italiana diritto e procedura penale, 2004, p. 622; Corte di Cassazione, 20 ottobre 2006, (dep. 18

gennaio 2007), Alabiso, in Rivista penale, 2007, p. 1066 Corte di Cassazione, I sez. pen., 16 ottobre 1990, (dep. 14 dicembre 1990), Andraous, cit., p. 872; Corte di Cassazione, III sez. pen., 10 dicembre 2009, (dep. 26 gennaio 2010), n. 3255, in Rivista penale, 2011, p. 106

200

valutazione di attendibilità è limitata alle sole parti indicate e non può estendersi automaticamente alle altre533.

Al fine di incentivare racconti attendibili e maggiormente affidabili il legislatore ha ritenuto opportuno inserire specifiche regole sull’acquisizione delle dichiarazioni dei “pentiti”. Ai sensi dell’art. 16 quater del d.l. 15 gennaio 1991, n. 8 come modificato dalla legge n. 45 del 2001534, per poter accedere alle misure di protezione, alle attenuanti indicate nel codice penale e ai benefici penitenziari il soggetto deve comunicare entro centottanta giorni da quando ha manifestato la volontà di collaborare «tutte le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei fatti e delle circostanze sui quali è interrogato nonché degli altri fatti di maggiore gravità ed allarme sociale di cui è a conoscenza oltre che all’individuazione o alla cattura dei loro autori» e, nel verbale illustrativo della collaborazione, egli deve addirittura attestare di non avere ulteriori informazioni processualmente utilizzabili535. Salvo i casi di irripetibilità, il mancato rispetto della previsione determina l’utilizzabilità contra alios dei dati pervenuti in un momento successivo

533 G. Silvestri, La valutazione della chiamata in reità e in correità, cit., p. 852; V. Grevi, Le “dichiarazioni rese dal coimputato” nel nuovo codice di procedura penale, in Rivista italiana diritto e procedura penale, 1991, p. 1182; A. Sanna, L’interrogatorio e l’esame dell’imputato nei procedimenti connessi, cit., p. 288; Corte di Cassazione, I sez. pen., 16 ottobre 1990, (dep. 14

dicembre 1990), Andraous, cit., p. 872; Corte di Cassazione, I sez. pen., 8 novembre 2000, (dep. 19 gennaio 2001), n. 467, Cannella, in Guida al diritto, 2001, fasc. 12, p. 100; Corte di Cassazione, I sez. pen., 13 gennaio 2001, (dep. 25 luglio 2001), n. 29679, Chiofalo, in Cassazione

penale, 2003, p. 227

534 D.l. 15 gennaio 1991, n. 8, conv. con modif. in l. 15 marzo 1991, n. 82, Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizi, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia,

così sostituito dall’art. 14 della l. 13 febbraio 2001, n. 45, Modifica della disciplina della

protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza

535 P. Maggio, Il verbale illustrativo della collaborazione giudiziale, cit., p. 635. Si parla di “atto di

notorietà” mirato a cristallizzare il contenuto delle dichiarazioni per misurarne l’attendibilità durante il dibattimento. L’affermazione del collaboratore di non essere in possesso di altre informazioni potrebbe, infatti, essere usata in giudizio, mediante l’istituto delle contestazioni ex art. 500 c.p.p., per minare la sua credibilità; si tenga presente che ai sensi dell’art. 16 quinquies del d.l. n. 8 del 1991 (modificato dalla l. 45/2001) la collaborazione può aversi anche direttamente in dibattimento e che anche in tal caso i collaboratori avranno diritto di accedere ai benefici della legislazione premiale..

Outline

Documenti correlati