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La partecipazione in associazione mafiosa e il concorso esterno: il dolo diretto

II Capitolo: Il concorso esterno in associazione mafiosa e la sua evoluzione giurisprudenziale

4. Uno nuovo intervento delle Sezioni Unite: il “caso Carnevale”

4.1 La partecipazione in associazione mafiosa e il concorso esterno: il dolo diretto

Come già rilevato, la pronuncia si soffermò sia sul profilo oggettivo del reato, sia su quello soggettivo. Per quanto riguarda il primo, la Corte cessò di considerare l’occasionalità del contributo come fondamentale discrimen tra il partecipe e il concorrente eventuale. Nella sentenza del 1994 il Supremo Collegio aveva ritenuto di poter distinguere la condotta del membro interno da quella dell’esterno dall’inserimento del primo nella struttura organizzativa. Inserimento desumibile proprio dal fatto che l’apporto di chi è parte dell’associazione è continuativo, duraturo e stabile; viceversa, il membro esterno – essendo un soggetto cui l’organizzazione si rivolge in momenti di fibrillazione ed emergenza – non può che fornire un contributo occasionale225.

La decisione del 2002 negò la rilevanza della durata nel tempo e della ripetitività del contributo. Si prescinde da tali elementi dal momento che ciò che assume rilevanza è l’effetto che tale condotta avrà sulla vita dell’associazione e la partecipazione psicologica che accompagna l’esterno nel porre in essere la sua attività.

Nel caso in analisi, infatti, all’imputato venne contestato di avere contribuito “non occasionalmente” al perseguimento degli scopi dell’associazione Cosa Nostra, strumentalizzando le sue funzioni di Presidente della prima sezione penale

224 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 353

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della Corte di Cassazione. Grazie al suo contributo, egli avrebbe determinato il rafforzamento e la conservazione del sodalizio, assicurando l’impunità agli esponenti di vertice e ai membri dell’associazione226.

La Corte ribadì che il concorrente esterno è colui che, privo dell’affectio societatis e non inserito all’interno del sodalizio mafioso, fornisce all’associazione un contributo concreto, effettivo, volontario e consapevole che, però, può essere indifferentemente occasionale o continuativo227. Affinché assuma rilevanza penale, è essenziale che il suo apporto risulti utile al rafforzamento o alla conservazione dell’organizzazione228. Riprendendo il concetto della fase “patologica” in cui deve versare l’associazione per ricorrere ad un soggetto estraneo, la Corte fece emergere i primi dubbi affermando la possibilità che il ricorso ad un esterno avvenga anche in una fase “fisiologica” e, per così dire, che tale contributo, utile al rafforzamento dell’associazione, sia ipotizzabile anche quando questa non sia entrata in fibrillazione229.

Inoltre, la Corte prese nuovamente le distanze da chi sosteneva che, qualora il contributo del terzo si concretizzasse in un’unica condotta, non sarebbe plausibile parlare di concorso esterno; il fulcro del problema sta nel verificare se l’attività (plurima o unica che sia) posta in essere dal soggetto esterno sia idonea a determinare causalmente il rafforzamento dell’associazione230. Questa è la soglia

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G. Denora, Sulla qualità del concorrente “esterno” nel reato di associazione di tipo mafioso, in

Rivista italiana di Diritto e Procedura Penale, 2004, p. 357

227 In dottrina C. F. Grosso, Le contiguità alla mafia tra partecipazione, concorso in associazione mafiosa ed irrilevanza penale, cit., p. 1192

228 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., pp. 331-333. È ben

possibile distinguere la condotta concorsuale da quella partecipativa, poiché il concetto del “far parte” (inserito al terzo comma dell’art. 416 bis c.p.) implica un inserimento strutturale nell’associazione e l’assunzione di un ruolo al suo interno. Il concorrente esterno è privo di tale caratteristica, ma il suo comportamento deve essere comunque sanzionato dal momento che risulta causalmente idoneo a contribuire all’associazione.

229 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 336 230 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 337

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del penalmente rilevante su cui devono concentrare la propria attenzione i giudici, di legittimità o di merito, nel momento in cui si trovano di fronte ad un ipotetico caso di concorso eventuale in associazione mafiosa. Il contributo del terzo deve essere percepibile in maniera oggettiva, deve aver apportato un vantaggio all’associazione, deve aver avuto rilevanza per la stessa. Poco importa se esso sia stato occasionale o reiterato, se si sia concretizzato in un unico atto o in più attività. Per poter affermare oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità dell’imputato a titolo di concorso esterno, è necessario dimostrare l’idoneità causale della sua attività rispetto all’associazione231 – non alla condotta di partecipazione del singolo associato232 – e che a seguito dell’impulso dell’organizzazione il soggetto si sia di fatto adoperato così come richiesto233.

La vera novità riguarda l’elemento psicologico in capo all’agente esterno. Nella sentenza “Demitry” la Corte aveva affermato che anche per i reati associativi si può avere concorso a dolo generico nonostante la fattispecie richieda il dolo specifico, tuttavia non aveva specificato i tratti del dolo generico. In particolare, si diceva soltanto che il concorrente esterno avrebbe dovuto avere la consapevolezza che il suo apporto si sarebbe rivelato utile per l’associazione. Si affermava addirittura che il detto concorrente avrebbe potuto avere la volontà di contribuire alla realizzazione dei piani del sodalizio, restando comunque un membro esterno. Con la sentenza “Carnevale” si affermò qualcosa in più: sulla base del fatto che ai

231 In dottrina C. Visconti, Il concorso “esterno” nell’associazione mafiosa: profili dogmatici ed esigenze politico criminale, cit., pp. 1319-1323

232 Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 333. Rileva la

Corte che, attribuire all’extraneus il fatto delittuoso collettivo (ossia l’esistenza dell’associazione) a fronte di una condotta rivolta ad agevolare un solo membro, rischierebbe di ledere il principio della personalità della responsabilità penale di cui all’art. 27, 1° comma, Cost.

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Corte di Cassazione, SS. UU., 30 ottobre 2002, n. 22327, Carnevale, cit., p. 337. Non è sufficiente che l’esterno dichiari la sua disponibilità ad agire a favore del sodalizio, bensì è necessario che egli abbia posto in essere specifici interventi esecutivi dell’accordo stipulato con l’associazione.

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sensi dell’art. 110 c.p. è necessario che tutte le condotte risultino finalisticamente orientate verso l’evento tipico di ogni figura criminosa, si richiede che il concorrente eventuale agisca con dolo diretto. Non è sufficiente che egli abbia la mera consapevolezza dell’utilità del suo apporto, ma deve avere anche la volontà che tale contributo risulti causale per la vita e il rafforzamento dell’associazione. Egli, quindi, deve rappresentarsi e desiderare sia gli elementi costitutivi della fattispecie tipica, sia quelli della sua condotta causale: “sa” e “vuole” che il suo contributo sia diretto alla realizzazione, anche soltanto parziale, del programma criminoso234.

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